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Più di una volta Galdós fece il deliberato sforzo di fuggire
dalla realtà tangibile con il fine di far luce sulle misteriose
zone che sfiorano il fantastico, ma ogni volta veniva
portato indietro, con i piedi ben piantati a terra dal
“naturale”, inteso come opposto al “sovrannaturale”.
Questa doppia tendenza galdosiana, apparentemente
paradossale, ha una sua logica spiegazione quando ci
rendiamo conto che Galdós, mentre utilizza elementi
fantastici nella sua opera, non vuole allontanarsi dalla
realtà visibile, bensì desidera “scandagliare” il mondo
delle forze misteriose che molte volte appaiono come le
governatrici ed i motori che fanno funzionare la realtà,
specialmente per quanto riguarda i comportamenti umani.
Egli sapeva bene che esiste uno strato del mondo reale che
non è possibile conoscere con mezzi puramente razionali o
sensibili. In questa zona misteriosa sono situate quelle
forze incomprensibili che governano l’animo umano.
Molto interessante è il fatto che, a differenza degli
scrittori del XX secolo, Galdós non disponeva delle grandi
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scoperte in ambito psicologico e psicoanalitico dell’era
freudiana. Le caratteristiche e le cause delle malattie
mentali erano, per la maggior parte, un mistero
nell’Ottocento. Soltanto verso la fine del XIX secolo, la
medicina iniziò ad interessarsi dei fenomeni del
comportamento umano da una prospettiva diversa da
quella meramente organica o genetica utilizzata fino ad
allora. Soprattutto in Spagna il campo della psichiatria era
davvero un terreno incolto. L’interesse di Galdós per
l’esplorazione dell’animo umano lo porta a spostare lo
sguardo apparentemente verso argomenti fantastici, ma in
realtà non è così.
La prima opera che analizzeremo, La Sombra, del
1870, non è soltanto il primo romanzo pubblicato dal
nostro autore, bensì è anche il primo racconto in cui
utilizza atmosfere fantastiche per scandagliare il carattere,
la personalità, il comportamento umano. Inteso come tale,
il romanzo è pertanto uno dei primi in Europa che presenta
l’intera vicenda di un uomo malato, il dottor Anselmo, con
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il proposito di spiegare i suoi “autoinganni”, riuscendo,
così, a scrivere un romanzo che potremmo chiamare
“freudiano” molto prima che Freud avesse iniziato la sua
ricerca nel campo della psiche umana. Arrivò senza ombra
di dubbio ad una conoscenza psicoanalitica con
un’impressionante precocità, come possiamo notare
leggendo attentamente La Sombra, e potè fare tutto questo
grazie alle sue straordinarie doti di acuto osservatore.
La seconda opera che tratteremo è La loca de la casa,
scritta nel 1892, quando il nostro autore, ormai nell’età
matura, entra in un periodo in cui sente il bisogno di
riorganizzare le sue idee.
Le sue creazioni iniziano ora a prendere una strada diversa,
ne risente tanto la tecnica con cui scrive i suoi romanzi,
quanto la visione della vita che vuole trasmettere. Presenta
anche un caso totalmente diverso da quello di Anselmo cui
abbiamo accennato: Victoria, la protagonista dell’opera,
non è malata; sembra in preda alla follia se analizziamo
superficialmente le decisioni da lei prese nel corso della
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sua vita, ma se scaviamo più in profondità ci rendiamo
conto che il senno non l’ abbandona mai.
I componenti della sua famiglia e le persone che le sono
vicine non riescono a capire perché una ragazza con un
grande senso della spiritualità, che sta per prendere i voti
ed entrare in convento, voglia rinunciare alla sua profonda
vocazione per sposare un uomo rude ed egoista, un
popolano ex servo nella casa del padre, arricchitosi in
America, una sorta di barbaro. Non la capiscono, quindi la
reputano pazza. Forse possono soltanto arrivare alla
conclusione che tutto ciò che ha fatto lo ha fatto per
salvare la sua famiglia, caduta in disgrazia, dalla miseria:
l’uomo è un bruto, ma almeno è ricco.
In superficie potrebbe sembrare così anche a noi, ma la
verità è un’altra: Victoria e suo marito Cruz rappresentano
le due forze che muovono il paese, lo spirito nobile
dell’antica Spagna e la forza di volontà espressa nel duro
lavoro delle classi più umili.
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Rappresentano, inoltre, le due facoltà più importanti
dell’animo umano: l’immaginazione, il sentimento,
predominanti in Victoria, e la ragione, incarnata dalla rude
praticità e concretezza di Cruz. Secondo Galdós
l’equilibrio permette all’uomo di sopravvivere, per questo
motivo nessuno può prevalere sull’altro; è necessario
tentare di conciliare gli opposti. “Armonia”, questa è la
parola che ci suggerisce l’autore attraverso quest’opera.
Per quanto riguarda la tecnica narrativa, assistiamo
ad un cambiamento significativo nell’arte del nostro
scrittore: i suoi sforzi si concentrano principalmente verso
la contemplazione, verso l’analisi dettagliata dell’animo
dei personaggi che crea. Anche se sembra che questo
sforzo lo abbia già fatto con La Sombra, quando poi
analizzeremo a grandi linee la successiva produzione, ci
accorgeremo che quello fu un caso a parte, raro nella sua
opera, in cui predilige la finzione realista, a tratti
naturalista, anche se in maniera più attenuata rispetto al
rappresentante della corrente, il francese Zola.
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A suo avviso, la tecnica drammatica a questo punto è ciò
che più si avvicina a soddisfare le nuove esigenze.
La loca de la casa è la prima creazione drammatica di
Galdós, o meglio, la prima di quello che lui chiamò, non
senza ironia, “un sottogenere, nato dalla fusione del
romanzo con il teatro”.
1
Il desiderio di sintesi, che caratterizza la produzione
nel periodo della maturità, lo porta a mostrare gli elementi
antitetici della realtà spagnola alla ricerca di una possibile
unità. Avverte come nel profondo di ogni lotta e sotto ogni
contraddizione, esista una latente mutua attrazione degli
opposti, per questo è convinto che possa esistere armonia e
conciliazione. Il cambiamento della forma espressiva
coincide esattamente con questa nuova concezione della
vita e dell’uomo.
Le due versioni de La loca de la casa, quella fatta per
essere letta e quella adattata alla rappresentazione, si
differenziano appena.
1
Cfr. Á. DEL RÍO, Estudios galdosianos, New York, Las Americas Publishing Company, 1969, p.31.
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In tutte le opere di questo periodo abbondano le parti
dialogate e gli elementi simbolici facilmente trasmettibili
attraverso i mezzi scenici del teatro. Il salto risulta molto
breve. La nuova concezione, però, non presuppone un
cambiamento ideologico, anzi, dona più respiro ed
ampiezza di vedute alle idee di sempre. Galdós non
rinunciò mai al suo liberalismo, alla sua fede
nell’uguaglianza di tutti gli uomini, alla convinzione che le
forze della Natura e la volontà umana si avvicendino come
in una sorta di gioco che ha come sfondo la vita reale.
Da questo momento in poi la sua missione sarà tentare di
armonizzare gli opposti, anche se ciò significa, come
vedremo ne La loca de la casa, scatenare una lotta
rivoluzionaria che conduce alla distruzione di parte della
vita, per poi crearne una nuova, migliore, più equilibrata.
Prima di analizzare le due opere sopra citate, è
opportuno soffermarsi sull’evoluzione del romanzo
spagnolo nel XIX secolo. Questo ci permetterà di capire
meglio ciò che portò Galdós alla particolare visione del
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mondo che lo caratterizza e che fa di Galdós il più grande
romanziere dell’Ottocento. È necessario, inoltre, analizzare
a grandi linee la vita del nostro autore e la sua opera, per
comprendere i diversi modi di presentare la realtà che
differenziano la produzione letteraria giovanile da quella
dell’età più matura.
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Il romanzo nel XIX secolo
Il periodo che va dal 1800 fino al 1830 si considera
tradizionalmente come un periodo di “vacío novelístico” ,
di vuoto nel genere romanzesco per quanto riguarda il
panorama letterario spagnolo. Con questa affermazione
non si vuole dire che non ci siano state manifestazioni di
carattere romanzesco, il problema è che tali manifestazioni
furono di scarso interesse per lo sviluppo di quella che
oggi chiamiamo “novela española” moderna. Anche se in
tempi recenti una parte della critica si sta impegnando nel
recupero di questo trentennio, ci sono dei motivi per i quali
gli autori spagnoli dei primi anni del XIX secolo
provarono scarso interesse per il genere del romanzo. Nel
secolo precedente, il secolo caratterizzato dal
Neoclassicismo e dalle idee conservatrici di L. F. de
Moratín, il romanzo non era considerato un genere
classico, perciò fu sottoposto ad una sorta di disprezzo, di
“olvido”, fu volutamente dimenticato dagli autori di
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maggior spicco del XVIII secolo, etichettato come genere
secondario poiché facente parte della letteratura di
fantasia, di creazione, da loro considerata di poca utilità,
visto che era priva del fine morale o didattico. Non c’era
spazio quindi per l’evasione, per l’immaginazione,
elementi imprescindibili per il romanzo. Non che non
esistesse un genere narrativo. Il romanzo morale, ad
esempio, continuò a sopravvivere con l’intento di educare,
ma gli autori riproponevano sempre più spesso gli stessi
concetti, quindi si capisce perché fu un genere destinato ad
esaurirsi molto presto. Oltre a quello morale, in Spagna
nacque e si sviluppò il romanzo storico, sulla scia degli
altri paesi europei, ma fu un altro genere che non resistette
a lungo nel tempo. Più interessante e con esiti quantomeno
più soddisfacenti, fu l’insieme di opere che va sotto il
nome di quadro di costumi, o semplicemente
Costumbrismo.
Il Costumbrismo fu una tendenza letteraria
largamente diffusa in Spagna.
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Si tratta di un genere letterario che per carattere è in
relazione intima con la realtà immediata; è fondato
sull'osservazione attenta e particolareggiata della vita
reale, di costumi, personaggi, scene quotidiane, festività
locali, superstizioni di piccoli centri provinciali e rurali,
con vasto impiego di termini dialettali, coloriti,
direttamente presi dalla vita vera. Mariano José de Larra fu
probabilmente l’autore più importante per quanto riguarda
il Costumbrismo. Fu un grande giornalista che scrisse tra il
1830 ed il 1837. I suoi articoli ci offrono un’acuta satira
della società spagnola e sono dei veri capolavori. Lui
stesso ci parla del proprio intento:
“Reírnos de las ridiculeces: esta es nuestra
divisa; ser leídos : este es nuestro objeto ; decir la
verdad : este es nuestro medio.”
2
Ma Larra non fu solo un geniale giornalista. Egli capì
anche a livello critico l’importanza del giornalismo, ed in
2
M. J. DE LARRA, El pobrecito hablador, revista satírica de costumbres, in Artículos completos,
Madrid , Aguilar, 1974.
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particolare degli articoli di “costume”, per lo sviluppo del
romanzo ottocentesco. In una recensione del 1836 alla
prima raccolta di articoli pubblicata da un altro
rappresentante del giornalismo costumbrista, Ramón
Mesonero Romanos (Madrid 1803-1882), dopo aver
ricordato Addison come inventore del genere e la Francia
come il paese in cui aveva avuto il massimo rigoglio, Larra
mette esplicitamente in relazione questo giornalismo
costumbrista con lo sviluppo del grande romanzo
borghese, e cioè con Balzac, di cui “Figaro”(così Larra
firmava i suoi articoli) colse acutamente la funzione di
testimone della società francese in caotico sviluppo.
Anche nella letteratura spagnola il gran numero di
articoli di costume che si scrissero a partire dal 1830 ebbe,
nei confronti della rinascita in Spagna del romanzo, una
funzione di stimolo, ma non solo; fu anche una sorta di
ostacolo. Si parla di stimolo se si intende l’allenamento
dello scrittore a mettere a fuoco realtà contemporanee e a
pensare ad un pubblico, quello piccolo e medio borghese
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che leggeva i giornali, che sarebbe stato poi il pubblico dei
lettori di romanzi. Si intende per ostacolo il limite del
taglio del pezzo di costume che induceva, come disse bene
Larra, “a poggiare più che sul fondo delle cose, sulle forme
esteriori” e a descrivere un tipo o una situazione in sé,
fuori della dinamica storica e privi di quella concretezza
che solo le interrelazioni con altri tipi e altre situazioni
potevano dare
3
. Il protagonista, ad esempio, non subisce
alcuna trasformazione nel corso della storia narrata, l’eroe
diventa un tipo con caratteristiche statiche, l’universo un
quadro privo di dinamicità. Il risultato è sicuramente
superficiale.
Nonostante i limiti del genere letterario giornalistico,
il legame tra Costumbrismo e lo sviluppo del romanzo è
senza ombra di dubbio profondo. Non esito ad affermare
che il Costumbrismo è il seme da cui nascerà il romanzo
spagnolo del XIX secolo.
3
Cfr. M. DI PINTO, R. ROSSI, La letteratura spagnola dal Settecento ad oggi, Milano, Biblioteca
Universale Rizzoli, 2001, pp. 294-295.