3
ed España es diferente furono gli slogan lanciati per dimostrare al popolo e
al mondo intero che il paese poteva – ed era tenuto a farlo – resistere agli
attacchi internazionali.
Quest’ostilità si sarebbe dovuta combattere in primo luogo con un
buon gioco di politica estera: la Spagna concentrò infatti la propria
attenzione e i propri sforzi alla costruzione di rapporti politici, economici e
culturali, su quei paesi dell’America “hispanica” che, anche grazie al
sorgere di regimi dittatoriali e populisti come quello argentino, aiutarono il
Paese iberico alla sopravvivenza e mitigarono il clima sfavorevole al
regime.
Su questa base trovò sempre più spazio la politica di cui il Consejo
de la Hispanidad prima, e l’Istituto di Cultura Ispanica poi, furono
promotori negli anni Quaranta.
Voluta fin dall’inizio dallo stesso generale Franco con il preciso
compito di superare le divisioni tra i popoli ispanici e di eliminare il
«pulviscolo politico cui sono oggi ridotti i paesi dell’America spagnola», la
politica della Hispanidad – con posizioni volutamente ambigue fra
un’esigenza utopica di ricostruzione dell’Impero spagnolo tramontato nel
XIX secolo e l’attuazione di una più “semplice” egemonia culturale e
spirituale – riuscì a far avvicinare la Spagna all’America Latina e a trovare
ascolto e appoggi prima di tutto in Argentina.
Con il riconoscimento della esistenza di una matrice comune, data
dalla medesima lingua, cultura e religione, il governo peronista della metà
degli anni Quaranta avrebbe aiutato in modo determinante la Spagna ad
arginare l’opposizione internazionale contro il regime e a sostenere,
diplomaticamente ed economicamente, il governo franchista.
Ma furono questi i fattori essenziali che fecero superare la crisi –
economica e diplomatica – successiva alla seconda guerra mondiale e a far
sopravvivere la dittatura di Francisco Franco?
Personalmente sono profondamente convinto del grande peso che la
propaganda dell’Hispanidad ebbe durante il regime franchista – soprattutto
grazie al tema centrale dell’imperialismo e della ricostruzione del potere di
quella Spagna conosciuta un tempo come Gran Potencia. La riscoperta del
passato e delle matrici comuni con l’America Latina costituivano la base di
un progetto che avrebbe dovuto collocare il Paese iberico in un punto di
convergenza della comunità ispanoamericana.
4
Quello dell’Hispanidad fu, pertanto, uno dei temi chiave per la
ricostruzione del consenso interno: gli elementi centrali di tale politica
favorirono in un primo tempo, la stabilizzazione del potere da parte di
Francisco Franco dopo i tre terribili anni della guerra civile; in un secondo
tempo, la stessa Hispanidad si caratterizzò come strumento utilizzato dal
regime franchista per legarsi a livello cultural-spirituale ai territori
oltreoceano.
Ma fu anche grazie al ruolo giocato dall’Argentina peronista e
all’inizio della guerra fredda che gradualmente si giunse al ripristino delle
relazioni internazionali – l’accordo più importante, con gli Stati Uniti, nel
1953 – tali da accrescere il rilancio dell’economia e del Paese.
Fu così, che la Spagna poté integrarsi nella comunità internazionale –
sia pure mantenendo i propri elementi distintivi per quasi un quarto di
secolo – fino al 1975, anno in cui ebbe termine la dittatura del generale
Francisco Franco Bahamonde.
5
CAPITOLO I
LA SPAGNA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Qual è stato il ruolo che la Spagna e il regime franchista hanno
ricoperto durante la seconda guerra mondiale? Davvero tante, e disparate, le
risposte possibili.
Tra le altre, c’è quella di Paul Preston, autore di uno dei più recenti
saggi sulla vita di Francisco Franco, che del Caudillo de España dà
un’immagine di uno scaltro generale che, dopo aver trionfato nella
sanguinosa guerra civile contro i repubblicani “stalinisti”, riuscì a
preservare il Paese iberico dalla tragedia della guerra, destreggiando la
propria politica attraverso l’influenza dell’Asse e senza compromettere i
propri rapporti con i Paesi alleati.
1
C’è poi lo storico catalano Javier Tussel, che nel suo saggio Franco,
España y la II guerra mundial: entre el Eje y la neutralidad, descrive il
Generalissimo come un astuto statista contemporaneo che, grazie a ben
congegnati giochi di equilibrio, tenne fuori se stesso e il suo Paese dal
catastrofico conflitto.
2
A più di cinquant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale,
dunque, ancora ferve l’attività degli studiosi volta a dare una risposta a
quella che, evidentemente, resta una domanda molto sentita dalla
storiografia contemporanea.
Ma per disaminare l’incognita spagnola nell’ambito del secondo
conflitto mondiale si deve arrivare fino al 1931, anno in cui inizia la
“predicazione” di Ramiro Ledesma Ramos, un giovane studente che, dalle
colonne della rivista da lui fondata “La conquista dello stato”, aveva tentato
di favorire la diffusione in Spagna di un movimento politico mutuato dai
1
Paul Preston, Francisco Franco. La lunga vita del Caudillo, Mondadori,
Milano, 1995, p. 2.
2
Javier Tusell, Franco, España y la II guerra mundial: entre el Eje y la
neutralidad, Temas de hoy, Madrid, 1995.
6
fascismi europei.
3
Gli sforzi di Ledesma Ramos porteranno infine alla
realizzazione della parte più conservatrice del progetto da lui ideato: il 29
ottobre 1933 José Antonio Primo de Rivera fonderà la Falange,
un’organizzazione politica e culturale ispirata al modello fascista italiano e
basata sulla triade “autorità, gerarchia, ordine”.
4
In quegli anni, però, la penisola spagnola si trovava in una situazione
di profonda arretratezza economica e di grave conflittualità sociale;
l’esperienza di governo di ispirazione fascista, inaugurata dal generale
Miguel Primo de Rivera, si era conclusa con la sconfitta monarchica alle
elezioni del 1931.
Il 14 aprile dello stesso anno venne proclamata la “seconda
Repubblica spagnola”
5
e successivamente si formò un governo di coalizione
all’interno della quale militavano esponenti dell’opposizione borghese,
repubblicani, radicali e socialisti. La dirigenza repubblicana, guidata da
Manuel Azaña, tentò di avviare una serie di riforme tendenti a trasformare
la Spagna in un Paese democratico, basato su un modello politico laico: la
chiesa cattolica, che in passato aveva ricoperto un ruolo di primaria
importanza, veniva temporaneamente esclusa dal ricoprire funzioni civili e
pubbliche. L’esecutivo di Madrid, inoltre, favorì l’autonomia delle regioni
economicamente più avanzate, ovvero la Catalogna e i Paesi Baschi, e cercò
di sviluppare una politica agraria atta a limitare lo strapotere che i grossi
latifondisti avevano fino ad allora esercitato in qualità di forza dominante
nel Paese.
Nonostante tali riforme, questa seconda Repubblica non riuscì
comunque a spegnere il dissenso che covava nelle classi popolari. Anche
perché ai cambiamenti si opponevano, oltre all’aristocrazia terriera, la
Chiesa – direttamente minacciata dall’azione governativa di sinistra – e
sempre più consistenti strati della borghesia imprenditoriale e del ceto
medio urbano, spaventati dai disordini. La loro volontà di reazione venne
3
Per un chiarimento sulla vita e sui testi politici di Ramiro Ledesma Ramos, fare
riferimento a: Luciano Casali, Società di massa, giovani, rivoluzione. Il Fascismo di
Ramiro Ledesma Ramos, CLUEB, Bologna, 2002.
4
Per un chiarimento sui contenuti della Falange riferirsi a: Luciano Casali,
Fascismi, Partito, società e Stato nei documenti del Fascismo, del Nazionalsocialismo e
del Franchismo, CLUEB, Bologna, 1995, pp. 297-309; oppure a: Sheelagh Ellwood,
Prietas las filas. Historia de la Falange española, Critica, Barcelona, 1984.
5
Dal punto di vista cronologico la Repubblica proclamata nel 1931 è la seconda
in Spagna, in quanto succede a più di mezzo secolo di distanza dalla prima, nata nel 1873
e morta una decina di mesi dopo.
7
espressa chiaramente alle elezioni del 1933, – le prime a suffragio
universale – quando la destra, ricompattata su un unico fronte, conquistò la
maggioranza dei seggi a discapito dei socialisti che uscirono decisamente
ridimensionati.
È a questo punto che ha inizio il cosiddetto Bienio negro: una sorta
di “risposta sociale” alla sconfitta elettorale, nella quale le forze di sinistra e
i sindacati si provano a contrastare il governo con scioperi e manifestazioni
anche violente, spesso represse con durezza dalla maggioranza. Nell’ottobre
del 1934 fallisce un moto indipendentista in Catalogna, mentre
un’insurrezione dei minatori delle Asturie viene soffocata nel sangue: alla
fine si conteranno 1300 morti e oltre 3000 feriti.
6
L’accanita azione antigovernativa della sinistra da un lato e,
dall’altro, una forte spinta nazionalista dei settori più conservatori fecero sì
che la Falange spagnola potesse crescere e svilupparsi come movimento
politico e di lì a pochi anni, imporsi come modello di riferimento sociale.
Nel 1936, la Spagna era ormai divisa in due blocchi contrapposti e
alle elezioni del febbraio dello stesso anno, le sinistre si unirono in un unico
schieramento chiamato “Fronte Popolare”: un’alleanza dove confluivano
più forze politiche, quali i repubblicani, i socialisti, i comunisti e perfino
alcuni componenti del movimento anarchico;
7
un’unione nata per
contrastare il grosso successo politico che i movimenti di destra stavano
riscuotendo sia in Spagna che in Europa.
Il Fronte Popolare vinse di stretta misura e grazie al sistema
elettorale maggioritario, lo schieramento di sinistra poté disporre di una
forte maggioranza parlamentare a Las Cortes (la camera dei deputati
spagnola) e formare un nuovo governo.
Il Paese, dopo questo risultato elettorale, si trovò maggiormente
diviso. Le masse proletarie videro nella vittoria l’incipit di una rivoluzione
sociale, una sorta di rivincita nei confronti di proprietari industriali, nobili
terrieri e del clero cattolico. Mentre allo stesso tempo, la parte più
conservatrice del Paese non riusciva a capacitarsi della sconfitta elettorale e
cercò, attraverso l’appoggio dei militari, di superare l’impasse politico.
6
Per chiarimenti sul periodo repubblicano spagnolo: Guy Hermet, Storia della
Spagna nel Novecento, Il Mulino, Bologna, 1992. pp. 103-161.
7
In realtà, il movimento anarchico, non avrebbe partecipato direttamente alla
campagna politica del 1936, ma diede la possibilità ai suoi componenti di votare alle
elezioni politiche per lo schieramento del “Fronte Popolare”.
8
Il 4 maggio 1936, José Antonio Primo de Rivera nella “lettera ai
militari di Spagna” lanciò un proclama nel quale esprime l’idea di avviare
una cospirazione unificata per arginare l’“orda rossa” e ristabilire il potere
conservatore: un progetto politico che coincideva, passo dopo passo, con il
concetto di colpo di stato quale “operazione chirurgica” – lo stesso pensiero
che avrebbe guidato i preparativi della rivolta militare del generale Franco
in Marocco.
8
Quest’ultimo, infatti, iniziò in Africa, nel luglio del 1936, una
sollevazione militare contro il governo repubblicano e con l’appoggio di
alcuni reparti dell’esercito e dell’aviazione, riuscì a sbarcare in Spagna
avviando l’assalto al Paese. Fu il principio della guerra civile, nella quale
erano schierati da un lato i nacionales, come si definivano i franchisti, i
falangisti e i monarchici, e dall’altro i repubblicani, i socialisti e i
movimenti di sinistra che lottavano per il mantenimento della Repubblica.
9
Le prime fasi dello scontro sembrarono favorevoli al fronte
repubblicano che, appoggiato da un settore delle stesse forze armate e
sostenuto da una massiccia mobilitazione popolare (si organizzarono corpi
volontari e si distribuirono armi alla popolazione), riuscì a mantenere il
controllo della capitale e della maggior parte del territorio. Ma ciò che, di lì
a poco, fece pendere la bilancia a favore dei nazionalisti, fu il
comportamento delle grandi potenze europee.
10
La Francia, nelle prime fasi dello scontro, si dimostrò favorevole a
un intervento armato per appoggiare i repubblicani, ma in un secondo
momento il governo di Parigi si astenne per divisioni interne dell’esecutivo
e, in seguito, perché ricevette pressioni da parte di Londra che temeva il
dilagare dell’onda rivoluzionaria socialista. Diverso fu poi l’atteggiamento
dell’Unione Sovietica, la quale, sia direttamente e sia grazie all’appoggio
dell’Internazionale Comunista, riuscì a sostenere con armi, munizioni e
aiuti la sponda repubblicana.
Ma decisamente più consistente e influente fu l’aiuto che i franchisti
ricevettero dai “volontari” mandati da Mussolini e Hitler, che si unirono ai
8
Paul Preston, Francisco Franco. cit., p. 120.
9
Sulla guerra civile e gli anni ‘30 in Spagna: Paul Preston, La guerra civile
spagnola, 1936-1939, Mondadori, Milano, 1999; Giuliana di Febo, Claudio Natoli.
Spagna anni Trenta: società, cultura e istituzioni, Franco Angeli, Milano, 1993.
10
Ufficialmente, i diversi governi, compreso quello italiano, tedesco e sovietico,
aderirono ad un patto di non intervento nella guerra civile spagnola (agosto 1936).
9
falangisti nella loro lotta nazionalistica.
11
Oltre a ingenti quantità di
materiale bellico, inviato sia dall’Italia che dalla Germania, il regime
nazista, in particolare fornì aerei e piloti, e si servì di quella guerra per
sperimentare l’efficienza della sua aviazione. (È quel che avvenne a
Guernica, la città basca completamente distrutta dalla Lufhtwaffe nel 1937
e immortalata dal quadro di Pablo Picasso in mostra all’Esposizione
Universale di Parigi dello stesso anno.)
Le forze repubblicane, inoltre, furono minate da innumerevoli
contrasti interni: le formazioni di estrema sinistra e i movimenti anarchici si
rifiutavano di sottomettersi a compromessi politici e crebbe a sua volta,
all’interno dello schieramento di sinistra, l’influenza del partito comunista
guidato da Dolores Ibarruri detta “la Pasionaria”, che fin dal settembre 1936
– il primo in tutto l’occidente – partecipava direttamente ad una coalizione
di governo. Nel maggio 1937, a Barcellona, si giunse ad uno scontro aperto:
dopo varie ribellioni, avvenne la completa emarginazione dei gruppi più
estremisti, fra i quali quello degli anarchici, che vennero perseguitati e
incarcerati.
Con lo spaccarsi della formazione repubblicana e il progressivo venir
meno degli aiuti internazionali, le forze franchiste giunsero ad avanzare e a
conquistare la quasi totalità della Spagna. Nel gennaio 1939 le Guarnigioni
nazionalistiche arrivarono a Barcellona e il 28 marzo 1939 entrarono a
Madrid.
«En el día de hoy, cautivo y desarmado el ejército rojo, han alcanzado sus
últimos objetivos militares las tropas nacionales. La guerra ha terminado. Burgos
1 de abril de 1939. Año de la Victoria. Firmado: El generalíssimo Franco.»
12
Con queste parole, il generale Franco sancì la fine della guerra civile:
uno scontro che si era concluso con la vittoria del fronte franchista e che
lasciava alle proprie spalle una grossa scia di sangue e un enorme numero di
vittime da entrambe le parti. Decine di migliaia di repubblicani rimasti in
11
Sull’intervento tedesco e italiano nella guerra civile spagnola: Angel Viñas, La
Alemania nazi y el 18 de julio, Alianza, Madrid, 1977; Raymond Carr, Estudios sobre la
Republica y la guerra civil española, Ariel, Barcelona, 1974, pp. 213-238; John
Coverdale, I fascisti italiani nella guerra civile di Spagna, Laterza, Bari, 1977.
12
Carme Molinero, Pere Ysàs, José Maria Marín, Historia politica de España
1939-2000, Istmo, Madrid, 2001, p. 17.
10
libertà presero la via dell’esilio e quelli rimasti in patria, a loro volta furono
perseguitati e giustiziati durante la progressiva instaurazione del regime.
13
Per molti aspetti la guerra civile spagnola può essere vista – è stato
detto più volte – come un “prologo” della futura battaglia mondiale, una
sorta di primo scontro tra democrazia e Fascismo. Fu proprio il Caudillo a
dichiarare, nel giugno 1940, che la lotta nazionalistica in Spagna non era
stata altro che la prima battaglia per il “nuovo ordine europeo”.
14
Questo piano, al quale le potenze di ideologia fascista si riferivano,
consisteva in una serie di progetti preliminari comuni, che iniziavano con il
rifiuto della democrazia seguito dalla lotta alle organizzazioni del
movimento operaio e al socialismo e che sfociavano nell’idea della
costruzione di un apparato propagandistico in grado di pilotare le masse,
proponendo strumenti di partecipazione e mobilitazione di massa (partito,
sindacato, organizzazione del tempo libero, etc.). L’ordine mondiale, infine,
prevedeva la costituzione di uno Stato autoritario europeo dove la Germania
nazista avrebbe avuto il ruolo principale. Nel 1943 un generale spagnolo di
nome Alfredo Kindelán lo descriveva con queste parole:
«Europa necesita una nueva ordenación; no es posible seguir en este
régimen anárquico, de minúscolos estados soberanos que se creen con derecho a
desarrollar sus políticas, como si ocuparan una isla apartada y no fueran, como
son en realidad, piezas de putzle.»
15
E ancora:
«De España han de salir, probablemente, los ingredientes del nuevo
mundo, porqué en ninguna parte consérvanse tan frescos y sanos.»
16
Proprio in queste affermazioni si possono individuare i capisaldi cui
si rifaranno la Spagna e le potenze dell’Asse durante il conflitto mondiale:
la difesa della razza, il perseguimento del modello imperialistico e la lotta
13
Per un chiarimento sulle cifre dei caduti nella guerra civile spagnola: Santos
Juliá, Victimas de la guerra civil, Temas de Hoy, Madrid, 1999.
14
Stanley Payne, The Franco regime, Phoenix, London, 2000, p. 269.
15
Citato in: Manuel Loff, El franquismo ante del nuevo orden europeo (1938-44),
oportunidad histórica y adhesión volontaria, Universidade do Porto, Porto, 1997, p. 240.
16
Sui testi politici di Kindelán: Alfredo Kindelán, España ante la esfinge,
Editorial plus-ultra, Madrid, 1943.
11
contro la democrazia – fattori che, per quanto riguarda il Paese iberico,
trovavano le loro origini e ragioni di essere nell’epoca delle conquiste
coloniali ed erano stati poi riproposti in modo propagandistico durante
l’instaurarsi della nascente dittatura franchista.
I nuovi dirigenti spagnoli pianificarono già dal 1936 delle strategie di
politica estera molto precise, basate, oltre che sul modello propagandistico e
imperialistico,
anche su tre idee fondamentali che lo storico Javier Tusell,
nel suo libro Politica exterior española en el siglo XX,
17
riassume in questo
modo:
1) La durata e la sopravvivenza del futuro regime politico
doveva essere indipendente dalle condizioni interne del Paese
e dai boicottaggi diplomatici internazionali.
2) Per il nuovo Stato spagnolo bisognava assolutamente ricercare
e ottenere il riconoscimento della diplomazia internazionale.
3) Il comunismo andava combattuto e avversato senza tregua.
Quest’ultimo punto era stato uno degli argomenti principali utilizzati
per giustificare l’inizio delle sollevazioni militari del 1936 e,
successivamente, per motivare la «lotta legittima per la difesa della
civilizzazione occidentale, in primo luogo in Europa.»
18
La stabilità della nascente dittatura era messa a dura prova dalle
divisioni interne del partito, ma anche e soprattutto dalle conseguenze della
guerra civile: il Paese, infatti, aveva perso grosse infrastrutture e gli scontri
avevano fatto un numero incalcolabile di vittime sia tra i militari che tra i
semplici cittadini. Così il governo di Franco, per consolidare l’equilibrio
interno, cercò – in applicazione del succitato secondo punto – il
riconoscimento diplomatico a livello internazionale: già dall’anno 1939
iniziò a stipulare una serie di trattati politici ed economici particolarmente
importanti, come l’accordo di amicizia e di non aggressione firmato il 17
marzo 1939 con il Portogallo, l’adesione al patto anti-komintern del 27
17
Javier Tusell, Juan Avilés, Rosa Pardo, La política exterior española en el siglo
XX, Biblioteca Nueva, Madrid, 2000, p. 108-109.
18
Javier Tusell, Historia de España en el siglo XX, Taurus, Madrid, 1998, p. 154.
12
marzo 1939, e la firma dell’alleanza spagnola-tedesca di amicizia e non
aggressione, datata 31 marzo 1939.
Italia, Germania e Portogallo riconobbero il governo franchista fin
dalla sua nascita, legittimandone l’autorità; seguirono Guatemala ed El
Salvador l’8 novembre 1936, il Nicaragua il 27 novembre dello stesso anno.
Successivamente anche l’Uruguay (17 febbraio 1937), il Perù (18 febbraio
1937), la Bolivia (24 febbraio 1937), il Venezuela (25 febbraio 1939),
l’Argentina (26 febbraio 1939) e il Paraguay (2 marzo 1939) dichiararono
Franco governatore unico della Spagna – cosa che fecero anche Francia e
Gran Bretagna nel marzo del 1939.
19
Ma gli inevitabili disaccordi diplomatici emersi tra le potenze
europee durante gli scontri civili in Spagna e, successivamente, durante la
Conferenza di Monaco,
20
portarono, dopo una prima fase in cui
l’appeasament britannico aveva permesso diverse usurpazioni da parte delle
nazioni fasciste, a una irrinunciabile dichiarazione di guerra da parte delle
democrazie Europee. In seguito all’invasione della Wehrmacht dei territori
polacchi, il 1° settembre 1939, i nazisti danno ufficialmente inizio alla
seconda guerra mondiale ed il 4 settembre dello stesso anno, la Spagna
dichiarerà la sua “estricta neutralidad”.
Le cause che portarono il Paese iberico all’iniziale “imparzialità”
furono molteplici. Primo tra tutte il fatto che la guerra, nel periodo che va
dal settembre 1939 al giugno 1940, si svolse esclusivamente nell’Europa
orientale, vedendo schierati la Germania da un lato e dall’altro, Francia
Gran Bretagna e Polonia. Perciò la Spagna non aveva alcun interesse – né
politico, né militare – a intervenire nel conflitto. Ma ciò che contò fu
soprattutto la preoccupazione dei dirigenti spagnoli di salvaguardare i
rapporti diplomatici con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, da cui il Paese
iberico dipendeva economicamente e commercialmente, in particolare per
quanto riguardava gli indispensabili rifornimenti di generi alimentari e
petrolio, necessari alla Spagna per risollevarsi dalle disastrose condizioni
economiche e dalla precaria situazione del dopoguerra. Per ultimo, i
franchisti temevano la relativa facilità con cui gli Alleati avrebbero potuto
19
Ibidem, p. 152.
20
A Monaco si svolse il 29 ed il 30 settembre 1938, una Conferenza
internazionale dove Chamberlain (Gran Bretagna), Daladier (Francia), Hitler (Germania)
e Mussolini (Italia), decisero le sorti dei Sudeti e della Repubblica Ceca, territori che
vennero occupati nei mesi successivi dalle truppe del Terzo Reich.
13
sferrare un attacco alle isole dell’Atlantico e ai possedimenti coloniali in
Nord Africa.
In definitiva l’opzione scelta dalla neonata dittatura franchista era la
più sicura: la politica del “esperar y ver”; in altre parole, quella della
temporanea neutralità.
21
Ma l’evolversi della guerra europea porterà, nel giugno 1940, a un
cambio della situazione internazionale. Il Terzo Reich occuperà
militarmente la Danimarca, la Norvegia, i Paesi Bassi, il Lussemburgo, il
Belgio e, infine, anche la Francia. Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra
al fianco della Germania e l’intervento di Mussolini, insieme all’arrivo delle
truppe della Wehrmacht sul versante francese dei Pirenei, provocò una
correzione di rotta della politica spagnola.
Il governo franchista (al cui interno si creò una corrente interventista
“pro-Eje”, guidata da Serrano Suñer) cambiò la sua posizione e si dichiarò,
non più “neutrale”, ma “non belligerante”.
22
La volontà interventista di
Madrid verrà poi palesata senza altri indugi il 14 giugno 1940, quando
l’esercito spagnolo stanziato nel Nord dell’Africa occupò Tangeri. A questa
città, che in passato godeva del privilegio di essere governata da un
organismo internazionale, venne applicata la dura legge militare falangista e
imposto un governatore spagnolo. Per cui, con l’insediamento spagnolo
sulla città africana, il Paese iberico conquistò un tassello importante nello
scacchiere internazionale, poiché Tangeri, con il suo entroterra,
rappresentava una posizione strategica di grosso valore nel contesto
mediterraneo; inoltre l’invasione, salutata con toni trionfalistici dalla
Falange, parve segnare la prima conquista della Nueva España, votata
ormai a realizzare la sua missione imperialistica.
A questo punto, per scongiurare la possibile entrata nel conflitto del
Paese iberico, la diplomazia britannica avviò negoziati con Madrid che
sfociarono in accordi economici e commerciali relativamente importanti;
sull’altro fronte, italiani e tedeschi puntavano sulla propaganda
21
Sulla posizione del governo franchista nella seconda guerra mondiale: Carme
Molinero, PereYsàs, José Maria Marín, Historia politica de España 1939-2000, cit. pp.
17-86; Javier Tusell, Franco, España y la II guerra mundial: entre el Eje y la
neutralidad, cit., 1995.
22
Sulla situazione e sul cambiamento della posizione spagnola negli anni ’40:
Victor Morales Lezcano, Historia de la no-beligerancia española durante la segunda
guerra mundial. Ed. de Mancomunidad de Cabildos, Las Palmas, 1980.
14
antibritannica per soffiare sul fuoco del nazionalismo spagnolo e indurre
Franco a scendere in guerra.
Durante un viaggio a Madrid compiuto nel marzo 1940, in
coincidenza con l’inaugurazione dell’Istituto Italiano di Cultura, il
presidente del Senato Luigi Federzoni dichiarerà:
«Se la provvidenza ha fatto della Spagna, ai fini della civiltà universale, un
ponte verso l’Africa, ora che Franco è a capo della nazione risolta, questo ponte
non può più rimanere assoggettato a una forma occulta di servitù di passaggio.»
23
Evidente era il riferimento allo stretto di Gibilterra, dove la rocca
inglese costituiva motivo di forte risentimento da parte del governo
franchista e oggetto di discordia tra Londra e Madrid.
Gibilterra rappresentava per gli Inglesi l’avamposto più importante
nell’area mediterranea e, con il successivo mancato tentativo del Terzo
Reich di invadere le isole britanniche, il baricentro del conflitto si spostò
proprio in questi territori. Su questo sfondo nuovo, la neutralità spagnola
divenne un fattore preziosissimo per la Gran Bretagna e fu perseguita
attraverso una serie di prudenti concessioni unilaterali, applicati nella
speranza di persuadere Madrid a resistere alle sirene tedesche. Berlino, a
sua volta, alimentava il nazionalismo franchista affinché il Paese entrasse
nel conflitto con il fine ultimo di occupare militarmente la piccola penisola
per poi restituirne la sovranità alla Spagna.
Inoltre, con la sconfitta italiana in Grecia e l’intervento tedesco nei
Balcani, il baricentro del conflitto si dislocò ulteriormente verso il
Mediterraneo. Dato che l’Italia, secondo gli strateghi tedeschi, era
impreparata ad affrontare da sola il conflitto, si presentò per la Germania il
complesso problema di ottenere l’intervento spagnolo entro il più breve
tempo possibile.
24
Hitler, dopo aver scritto a Mussolini che «il possesso dello stretto di
Gibilterra era basilare perché la situazione nel Nord e nel Nord-Ovest
dell’Africa potesse considerarsi risolta definitivamente», iniziò l’azione
23
Massimo Guderzo, Madrid e l’arte della diplomazia. L’incognita spagnola
nella seconda guerra mondiale. Manent, Firenze, 1995, p. 56.
24
Sulle strategie belliche tedesche e sugli aspetti delle relazioni militari ispano-
tedeschi: Andreas Hillgruber, La strategia militare di Hitler, Rizzoli, Milano, 1986.
15
diplomatica “pro-Franco”, che venne chiamata “Plan Felix”.
25
Questo
piano, elaborato da Berlino, prevedeva come fine ultimo l’occupazione
della penisola di Gibilterra, in modo da scongiurare in questo modo, il
blocco marittimo del Mediterraneo da parte alleata.
Per definire le condizioni dell’intervento spagnolo, i due dittatori si
incontrarono a Hendaya. Era il 23 ottobre 1940.
Il proposito del Führer era quello di stabilire un’alleanza ufficiale
con la Spagna, affinché le sue truppe potessero transitare in territorio
iberico e si potesse giungere all’occupazione congiunta della rocca inglese.
Il Generalissimo, a sua volta, esigeva che, prima della possibile entrata in
guerra del suo Paese, la Germania si impegnasse a rispettare alcune
condizioni di non poco conto: in particolare Franco pretese, oltre allo stretto
di Gibilterra, il Nord dell’Africa francese e un ulteriore lembo di terra a Sud
del Marocco spagnolo; oltre a ciò il Caudillo richiese che fosse la Germania
a fornire i prodotti bellici e le materie prime necessarie, al fine di sollevare
il precario stato dell’economia spagnola.
26
L’incontro tra i due, descritto come molto teso e difficile,
27
sembrava
ormai risolversi con una “fumata nera”; Francisco Franco affermò, al
termine della conversazione con il Führer:
«Vogliono trascinarci in guerra senza darci niente in cambio. Non
possiamo fidarci di loro se non si impegneranno formalmente, qualunque sia il
documento che sottoscriveremo, (…) che ci garantisca adesso quei territori che,
come ho spiegato, ci spettano di diritto. Altrimenti non entreremo in guerra ora.»
28
Tuttavia, si giunse alla stesura di un protocollo di convenienza che
sembrava almeno in parte accontentare entrambi i dittatori. Il contenuto
dell’accordo venne sintetizzato da Serrano Suñer con le seguenti parole:
25
Ibidem, pp. 366-380.
26
Sull’Incontro di Hendaya fare riferimento a: Gonzalo Ridondo, Política,
cultura y sociedad en la España de Franco, EUNSA, Pamplona, 1999, pp. 314-318; si
veda anche: Paul Preston, Francisco Franco, cit., pp. 393-405.
27
L’incontro si rivelò critico poiché Hitler ricevette il rifiuto per il transito delle
sue truppe sul territorio spagnolo e perché a sua volta non era disposto a concedere alla
Spagna i territori nordafricani francesi, dato che doveva consolidare le sue buone
relazioni diplomatiche con il maresciallo Pétain, con il quale doveva incontrarsi il giorno
dopo, 24 ottobre, a Montoire (Francia).
28
Paul Preston, Francisco Franco, cit., p. 398.
16
«Nuestras enmiendas desvirtuaban el grave texto propuesto por los
alemanes en Hendaya, y en nuestro texto quedó establecido: 1°, la adhesión de
España al Pacto tripartitico; pacto de alianza militar, (...) 2°, el compromiso que
España contraría de entrar en la guerra junto a las potencias del Eje se llevaría a
efecto sólo cuando la situación general lo exigiese, la de España lo permitiera, y
se diera cumplimiento a las exigencias puestas por nosotros para dar aquel
paso.»
29
Hendaya segnò uno dei punti più difficili nella storia della
diplomazia franchista, messa alle strette dalle minacce di invasione da parte
di Hitler. Il Caudillo riuscì a stornare i bellicosi propositi del dittatore
tedesco acconsentendo a presenziare con navi militari lo stretto di Gibilterra
e a firmare un protocollo in cui lasciava alla Spagna libertà di scelta
sull’entrata in guerra. Ma le smanie espansionistiche e guerresche di Hitler
mal si conciliavano con il disegno, molto semplice e scontato, del dittatore
spagnolo: ottenere, con il minimo sforzo, il massimo in termini di vantaggi
internazionali e, sul fronte interno, conservare il potere.
Per cui, dopo gli accordi “cartacei” ispano-tedeschi, insieme al
relativo scivolamento della Spagna verso l’Asse, il governo franchista
sembrava prossimo a una entrata in guerra. Ma proprio questo
avvicinamento verso la Germania indusse i dirigenti spagnoli a una
maggiore prudenza e funse da campanello d’allarme. La prospettiva di una
guerra corta propagandata da Hitler e Mussolini si stava allontanando: la
Gran Bretagna, che aveva resistito ai duri attacchi tedeschi, aveva fatto sì
che il termine del conflitto si spostasse sempre più lontano e allo stesso
tempo la società civile spagnola, ancora sofferente di vari mali, era lontana
dall’aver trovato una sua stabilità.
Stohrer, Ambasciatore tedesco a Madrid, aveva dichiarato nel
febbraio 1941:
«La situazione interna del Paese si è aggravata notevolmente nelle ultime
settimane. In questo momento manca il pane in molti posti e la scarsità di prodotti
aumenterà. Si temono rivolte a causa della fame. Come conseguenza della carestia
e dell’incremento simultaneo della disoccupazione, sono aumentati i casi di assalti
29
I testi politici di Ramón Serrano Suñer sono contenuti in: Ramón Serrano
Suñer, Entre Hendaya y Gibraltar, Nauta, Madrid, 1947.