VI
Infine, si analizzeranno altre forme di cooperazione tra gli Stati volte
all’internazionalizzazione dell’aviazione civile come, per esempio,
l’Eurocontrol.
1
CAPITOLO I
IL FENOMENO DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
1.1. L’ORIGINE DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
Al finire della seconda guerra mondiale, con la conferenza di San
Francisco del 1945, che ha istituito l’Organizzazione delle Nazioni Unite, si è
assistito ad un deciso sviluppo delle organizzazioni internazionali sia a
carattere universale che a tendenza settoriale come ad esempio nella
navigazione marittima e aerea, tipologia di organizzazioni, queste ultime, a
cui è dedicato questo studio.
Il modello dell’organizzazione internazionale segna una svolta nei
tradizionali modelli di accordo per le relazioni e la cooperazione
internazionale e per il raggiungimento di obiettivi comuni. Gli Stati, pur
disponendo sempre del sistema degli accordi multilaterali, decidono di
istituire enti con propri organi ai quali attribuire mezzi, competenze e poteri
opportuni per gestire con carattere di stabilità la cooperazione che gli Stati
intendono instaurare tra loro.
Tali enti si sono moltiplicati sempre più nel secondo dopoguerra,
diventando lo strumento principale di cooperazione per gli Stati tanto che
oggi se ne contano oltre 300 tra organizzazioni internazionali a vocazione
generale e particolare.
2
1.2. LE FUNZIONI
Per quanto riguarda le competenze e le funzioni delle organizzazioni
internazionali bisogna sottolineare una fondamentale differenza tra i poteri
attribuiti agli Stati ed a tali organizzazioni in quanto i primi sono i titolari
delle funzioni da loro esercitate quali enti politici territoriali dotati di
sovranità, mentre le organizzazioni internazionali, create dagli Stati stessi per
il perseguimento di obiettivi comuni, hanno competenze e poteri strumentali
rispetto a questi ultimi.
Tali competenze hanno limiti di carattere funzionale agli scopi e
obiettivi dell’ente, nonché limiti di carattere territoriale riguardanti l’ambito
geografico dove l’organizzazione può svolgere la propria attività delimitabile
con il territorio degli Stati membri dell’organizzazione.
Uno dei primi tratti comuni alle competenze di qualsiasi ente
internazionale è quello di essere competenze di attribuzione in quanto
“attribuite” alle organizzazioni dagli Stati membri nell’atto istitutivo.
1
Bisogna precisare che con questo sistema di attribuzione gli Stati
delegano spesso agli enti funzioni che avrebbero potuto svolgere nell’ambito
dei loro poteri. Potrebbe allora sorgere un problema in relazione alle
competenze dell’ente ed alle competenze degli Stati membri. A tale proposito
si potrebbe obiettare che se le competenze dell’ente fossero delineate
chiaramente nell’atto istitutivo, si dovrebbe quasi certamente evitare
l’insorgere di un eventuale conflitto e infatti così è in tutte quelle
organizzazioni a competenza settoriale dove le competenze e le funzioni sono
sempre ben definite e delimitate.
2
1
L’espressione è stata utilizzata anche dalla Corte Internazionale di giustizia: Le organizzazioni
internazionali “…sono dotate, da parte degli stati che le istituiscono, di competenze di
attribuzione, i cui limiti sono determinati dagli interessi comuni che l’ ente persegue” (sentenza 8
luglio 1996, in CIJ, Recueil, 1996, pag. 25).
2
Vedi per IMO 2.1.1.; per ICAO 3.1.1.
3
Il problema invece insorge in quelle organizzazioni a vocazione
generale come l’ONU, alle quali gli Stati membri hanno assegnato poteri e
competenze molto ampi ed obiettivi con contorni non ben definiti.
3
Tanto premesso, si procede ora ad analizzare la ripartizione tra funzioni
normative, funzioni esecutive o di governo e funzioni di controllo.
Seppure il loro compito non sia quello di emanare norme direttamente
vincolanti ma di facilitare i rapporti tra gli Stati membri, l’attività delle
organizzazioni si svolge quasi sempre in una fase che ha scarso valore
giuridico, consistendo nella mera elaborazione di progetti di convenzioni che
gli Stati membri sono poi liberi di recepire o non in norme giuridiche
attraverso la ratifica delle convenzioni stesse.
4
Altro strumento usato è quello delle raccomandazioni (c.d. soft law),
cioè atti che hanno valore di esortazione e che come tali non vincolano gli
Stati cui si indirizzano.
Comunque è innegabile che alle organizzazioni sia stata attribuita una
potestà normativa che trae origine dall’atto istitutivo. Rientrano nella funzione
normativa “interna” tutti quegli atti che nascono dal potere di auto
organizzazione conferito all’ente stesso. Le norme di autoregolamentazione
come, per esempio, quelle contenute nei regolamenti interni dei singoli organi
oppure quelle contenute nei regolamenti del personale o ancora nei
regolamenti di natura finanziaria, non sono esplicitamente previste
nell’accordo istitutivo, ma sono facilmente desumibili da quest’ultimo.
Esiste anche una funzione normativa “esterna” che ha come fine quella
di avere effetto nell’ambito della comunità internazionale.
3
Per esempio il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. A riguardo gli Stati
hanno inserito, nello Statuto delle Nazioni Unite, norme idonee per tutelare il loro “dominio
riservato”; nel par.7 dell’art. 2 si legge “nessuna disposizione del presente Statuto autorizza le
Nazioni Unite ad intervenire in questioni che appartengono essenzialmente alla competenza
interna di uno Stato, ne obbliga i Membri a sottoporre tali questioni ad una procedura di
regolamento in applicazione del presente Statuto; questo principio non pregiudica però
l’applicazione di misure coercitive a norma del capitolo VII”.
4
CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, 1999
5
, pag.139.
4
Alcune organizzazioni infatti, in virtù delle materie tecniche che
rientrano nella loro competenza, si sono viste attribuire un potere molto
esteso; come per esempio la formulazione o la modifica di standards da
segnalare a tutti gli Stati membri. Classico è l’esempio, come si vedrà,
5
degli
Annessi tecnici elaborati dall’ICAO per il raggiungimento di un livello di
sicurezza sempre maggiore nella navigazione aerea.
Un’altra funzione normativa esterna è quella della conclusione di
accordi, convenzioni e altri atti analoghi.
6
Bisogna sottolineare come questi atti, realizzati e promossi dalle
organizzazioni internazionali, una volta entrati in vigore, si ritengano conclusi
fra Stati e devono rispettare le norme generali del diritto internazionale e più
precisamente le disposizioni della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto
dei trattati.
A prescindere dalle disposizioni contenute nell’atto istitutivo di una
organizzazione, niente impedisce che essa proponga l’elaborazione di una
convenzione internazionale e definisca il luogo nel quale si svolgerà poi il
negoziato. Ovviamente è difficile che una simile competenza venga attribuita
ad un’organizzazione che disponga già di un ampio potere decisionale come,
per esempio, la Comunità Europea che nella fattispecie non avrebbe la
necessità di promuovere convenzioni visto che potrebbe procedere con norme
obbligatorie.
Le convenzioni, concluse sotto gli auspici di un’organizzazione
internazionale, interessano prima di tutto gli Stati membri della medesima,
pur essendo consentito anche a Stati terzi di ratificarle
7
5
Vedi cap. 3 par. 3.2.
6
Questi proprio perché si fanno rientrare nella sfera classica del diritto internazionale non sono atti
dell’organizzazione ma sono classificabili nella categoria degli accordi internazionali dai quali si
diversificano per le diverse modalità e procedure con le quali sono stati elaborati, negoziati e
conclusi.
7
Cfr. ad esempio la Convenzione europea di estradizione 13 dicembre 1957 (art. 30)
5
Un’altra funzione, attribuita a molte organizzazioni internazionali, è la
funzione di controllo
8
avente come obiettivo quello di monitorare gli obblighi
assunti in sede internazionale. Tali obblighi vanno distinti a seconda
dell’accordo internazionale dal quale derivano. Si crea così una bipartizione
che individua da una parte gli obblighi che derivano dall’atto istitutivo
dell’ente e dagli atti adottati in applicazione del medesimo e dall’altra gli
obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali negoziate e concluse
nell’ambito dell’organizzazione e dalle raccomandazioni che sono state
rivolte agli Stati.
Per quanto concerne agli obblighi derivanti dall’accordo istitutivo e
dagli atti ad esso conseguenti ci si muove sempre nell’ambito
dell’ordinamento dell’ente ed è quindi giusto che lo stesso ordinamento, se da
una parte prevede obblighi per gli Stati membri, dall’altra istituisca organi e
procedure di controllo nell’ambito del medesimo ordinamento.
Quanto detto non si applica invece alle convenzioni internazionali
perché queste, seppur negoziate e concluse nell’ambito dell’organizzazione,
rappresentano normali trattati internazionali multilaterali.
9
Nell’ambito delle organizzazioni internazionali, l’oggetto tipico del
controllo è il comportamento degli Stati riguardo agli impegni dagli stessi
assunti
10
.
8
Per esempio il Voluntary IMO Member State Audit Scheme (vedi 2.1.1.).
9
Nell’analizzare il lavoro svolto dalle organizzazioni internazionali si identificano tre tipologie:
la prima riguardo l’attività svolta per l’elaborazione di convenzioni internazionali è lo strumento
più importante tramite il quale l’organizzazione raggiunge i suoi scopi, la seconda dove
l’elaborazione di accordi internazionali non è lo strumento principale di attività dell’organizzazione
ma solo una delle possibili vie con cui si persegue l’obiettivo (qui rientrano le convenzioni
concluse nella sfera di competenze UNESCO e FAO) e la terza, infine, è quella prevista dall’art 13
dello Statuto delle Nazioni Unite che attribuisce all’Assemblea Generale il compito di promuovere
lo sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione, esempi chiari a riguardo
sono stati la conclusione della convenzione di Montego-Bay, del 1982 o le convenzioni di Vienna
sulle relazioni diplomatiche e sul diritto dei trattati. A tal proposito si veda ZANGHI’, Diritto delle
organizzazioni internazionali, Torino, 2001, pag. 54.
10
In questo caso anche se l’attività degli Stati si manifesta in atti, non si potrà parlare propriamente
di controllo su atti poiché sono generalmente atti interni dello Stato, non importanti come atti
giuridici per l’ordinamento dell’organizzazione considerata. Sulla funzione di controllo nelle
organizzazioni internazionali vi è un’ ampia bibliografia. Si veda ad esempio, CASSESE, Il
controllo internazionale, Milano, 1971.
6
Così per realizzare tale funzione, gli organi delle organizzazioni
vengono dotati di mezzi idonei, fra i quali la prima categoria è certamente
costituita da quegli strumenti predisposti al fine di consentire all’organo di
controllo la conoscenza degli atti e dei comportamenti sui quali esplicare la
propria attività.
La necessità di realizzare una serie di poteri ed obblighi giuridici per
permettere agli organi di controllo di individuare l’oggetto del loro sindacato
è necessaria in tutti quei casi dove l’oggetto di valutazione è il
comportamento dello Stato.
11
Infine, anche se il controllo sul comportamento degli Stati membri
costituisce l’aspetto più significativo del controllo esercitato nel contesto delle
organizzazioni internazionali, questo non esaurisce le funzioni di controllo
riscontrabili negli enti internazionali. Tra le procedure dei controlli interni,
quella che di solito è prevista in tutti gli enti è la procedura del controllo
finanziario e contabile disciplinato per lo più nell’atto istitutivo o in
regolamenti interni.
Questa procedura non riguarda solo gli interessi dell’ente, ma anche
quelli degli Stati membri, in quanto tende a garantire un attento monitoraggio
sulle operazioni finanziarie effettuate dall’ente e anche sulla utilizzazione
delle sue risorse. La loro destinazione, infatti, interessa direttamente gli Stati
membri essendo le risorse costituite, quasi interamente, da versamenti di
questi ultimi.
11
A tal proposito sono previste due procedure: da una parte si ha l’obbligo di presentare un
rapporto periodico,d da parte degli Stati, sull’attività svolta, dall’altra si attribuiscono all’organo,
incaricato del controllo, determinati poteri d’informazione, volti a completare le notizie ricevute
(questionari) ed a conoscere quei fatti che non figurano nei rapporti. Per quanto attiene, invece, ai
controlli previsti da specifiche convenzioni internazionali, il sopraccitato meccanismo dei
questionari è stato ampiamente utilizzato sui Patti internazionali sui diritti umani.
7
1.3. LA STRUTTURA
Affinché si possa parlare di struttura,
12
ovvero di un apparato organico,
bisogna riferirsi ad una organizzazione istituzionalizzata, cioè dotata di un
complesso di organi riferibili all’organizzazione stessa e non agli Stati
membri.
13
Gli organi, di cui si tratta, sono quelli esplicitamente appartenenti
all’ente da non confondersi con eventuali riunioni di organi di Stati, quali
possono esistere al di fuori del contesto delle organizzazioni internazionali.
14
Naturalmente, dove la riunione degli organi di Stati coincida con la
composizione di un organo dell’ente, niente esclude che la riunione, in un
determinato momento, si trasformi in organo dell’ente e adotti le delibere di
competenza. Il caso si è più volte verificato in alcuni Vertici europei.
Per quanto riguarda la scelta della struttura organizzativa, questa è
guidata da un criterio funzionale nel senso che, visto che gli Stati danno vita
ad una organizzazione internazionale in funzione di certi obiettivi che
intendono raggiungere, anche l’organizzazione interna della medesima, e
quindi la struttura organica, sarà guidata dagli stessi criteri di funzionalità.
12
Nonostante le poche consuetudini internazionali, che costituiscono la base dell’ordinamento
internazionale, questo è costituito da un’ampia libertà dei soggetti che lo compongono nello
stabilire e regolare i rapporti reciproci.
Le tante convenzioni di codificazione, sviluppatesi per lo più nella seconda metà del secolo, hanno
sicuramente limitato la libertà negoziale e di comportamento dei soggetti, ma non hanno sovvertito
il principio di libertà sopra richiamato. Inoltre le principali codificazioni (dal diritto bellico al
diritto del mare, ecc) non hanno coinvolto l’attività degli Stati volta a creare forme di cooperazione
o ad istituire enti internazionali. (Visto anche che le due convenzioni di codificazione che
riguardano le organizzazioni internazionali, quella del 14 marzo 1975 sulla rappresentanza degli
Stati presso le organizzazioni internazionali e quella del 26 marzo 1986 sul diritto dei trattati
applicabile alle organizzazioni internazionali, non sono ancora oggi in vigore.). Quindi gli Stati
continuano ad avere una ampia libertà di scelta nel decidere come organizzare, come strutturare la
cooperazione internazionale che hanno determinato di realizzare, istituendo a riguardo uno
specifico ente ed attribuendo a quest’ultimo poteri e mezzi idonei al perseguimento degli obiettivi.
13
Cfr.2.1.2. e 3.1.2.
14
Ciò non toglie che in qualche caso una riunione di organi di Stati potrebbe interagire con le
attività di una specifica organizzazione internazionale senza che ciò contraddica al carattere
istituzionale della medesima o alla sua autonomia.
8
Questo ha implicato una notevole varietà delle soluzioni fino ad oggi
realizzate
15
.
La situazione attuale permette di individuare una serie di soluzioni che
vanno dall’organizzazione più semplice, che si sviluppa, ad esempio, in un
solo organo,
16
ad altre molto più complesse che possono anche articolarsi in
alcune decine di organi (fra principali e sussidiari). La varietà delle soluzioni
riguarda anche la composizione degli organi, i poteri agli stessi attribuiti e le
rispettive norme di funzionamento.
Nonostante la pluralità delle scelte, sono normalmente più organi che
consentono una migliore distribuzione dei poteri e delle funzioni all’interno
delle organizzazioni; struttura questa che si accompagna anche ad una
capacità evolutiva delle organizzazioni internazionali che può adeguarsi alle
mutate esigenze. Così si può assistere alla modifica di organi preesistenti o
alla nascita di nuovi organi rispetto a quelli originariamente previsti ogni qual
volta le esigenze dell’organizzazione lo rendano necessario.
17
Un secondo principio generale è quello della collegialità dell’organo,
più seguita rispetto all’ipotesi dell’organo individuale, in quanto, essendo le
organizzazioni internazionali create da una molteplicità di Stati, queste
preferiscano dar vita a organi nei quali la totalità, o almeno un certo numero
di membri possa essere presente, piuttosto che delegare le funzioni ad un solo
individuo.
La soluzione dell’organo individuale è riservata essenzialmente a quelle
funzioni che non possono essere espletate da un collegio, ma inevitabilmente
da un singolo individuo. Ed è questa la soluzione ricorrente per la funzione
della rappresentanza legale dell’ente, per quella del capo del personale e così
via.
15
Sulla struttura delle organizzazioni internazionali, cfr. DECLEVA, Studi sugli organi
internazionali, Trieste, 1986.
16
E’ il caso del “Consiglio” nel Consiglio Nordico. Cfr. in proposito: MARESCA, Il Consiglio
nordico, in Riv. Dir. Int., 1954, p. 325.
17
Come per esempio la creazione, nel 1972, del Facilitation Committee che agisce in relazione al
lavoro dell’IMO per eliminare le formalità non necessarie nello shipping internazionale.
9
Una terza caratteristica, che si trova nella maggior parte dei casi, è
quella che riguarda la composizione degli organi e in particolare la scelta tra
gli organi composti da Stati membri oppure quelli composti da individui scelti
o eletti secondo procedure ad hoc. A riguardo la scelta più ricorrente è
certamente quella degli organi composti da Stati membri poiché: gli Stati, che
hanno deciso di realizzare una forma di cooperazione attraverso la creazione
di un ente internazionale, pur avendo delegato il perseguimento di tali
obiettivi all’ente istituito, ne vorranno certamente indirizzare le scelte,
decidere le iniziative, controllarne l’attività, ecc. Questo può essere meglio
realizzato quando gli organi dell’ente sono composti da Stati e consentono a
questi ultimi di contribuire, attraverso i meccanismi di formazione della
volontà, alle scelte operative ed alle determinazioni dell’ente considerato.
Se invece l’organo è composto da individui, la capacità di ciascuno
Stato di incidere sulla volontà dell’ente viene meno fino a scomparire del
tutto, a seconda che si tratti di individui che hanno ancora qualche
collegamento con lo Stato di origine oppure di individui che sono chiamati ad
esercitare le loro funzioni nel contesto dell’organo, in piena autonomia e
indipendenza dagli Stati. E’ certo quindi che nella varietà delle soluzioni, gli
Stati cercheranno di limitare al massimo l’uso degli organi composti da
individui allo scopo di evitare che l’attività dell’ente possa sfuggire del tutto
al loro controllo. Seppur sporadici sono comunque da segnalare l’esistenza di
organi composti da individui, ma generalmente si tratta di organi consultivi o
di organi di natura tecnica, per lo più privi di poteri decisionali. Un esempio,
come si vedrà,
18
è costituito dalla Commissione per la navigazione aerea
dell’ICAO, composta da 15 membri scelti a titolo individuale ed il Comitato
per la sicurezza marittima dell’IMO, composto da 14 membri scelti sempre a
titolo individuale.
18
Per MSC vedi cap. 2 par. 2.1.3., per ICAO vedi cap. 3 par. 3.1.3.
10
Dalle considerazioni svolte si possono identificare alcuni principi
generali che guidano gli Stati nella determinazione della struttura delle
organizzazioni internazionali.
Il primo criterio è quello funzionale che riguarda la scelta del numero,
della natura, della composizione, ecc. degli organi di un ente. Da questo si
deduce anche il corollario relativo alla capacità della struttura dell’ente ad
adeguarsi alle mutate esigenze nel corso della vita dell’ente medesimo.
Un secondo criterio è quello orientato verso la pluralità degli organi.
Anche la pluralità degli organi obbedisce a criteri di funzionalità dell’ente e
non è quindi accostabile, come accade invece negli altri ordinamenti interni,
al ben noto principio della separazione dei poteri.
19
Un quarto criterio è poi quello della prevalenza e della preferenza degli
organi composti da Stati piuttosto che di quelli composti da individui.
Guidati dai principi generali sopra esposti, gli Stati, nel dar vita alle
diverse organizzazioni internazionali esistenti, hanno realizzato una varietà di
organi che non obbediscono, né possono obbedire, ad uno schema uniforme.
Ulteriori argomentazioni possono essere svolte in ordine alla
classificazione degli organi stessi
20
.
Nella maggior parte delle organizzazioni internazionali
istituzionalizzate vi è la presenza di almeno tre organi principali. E’ così
entrato nell’uso comune indicare la struttura degli enti come “ternaria”.
La scelta di tale soluzione è determinata da tre diverse esigenze
fondamentali che si riscontrano nella quasi totalità delle organizzazioni.
Innanzi tutto, considerato che qualsiasi organizzazione internazionale è
costituita da un gruppo di Stati che tendono al perseguimento di obiettivi
comuni, è sembrato irrinunciabile costituire un organo al quale tutti gli Stati
19
Nelle organizzazioni internazionali, a parte numerosi casi nei quali la funzione giurisdizionale è
esclusiva di un organo, per quanto attiene ai poteri normativi ed esecutivi, vige, semmai, il
principio opposto alla confusione degli stessi. Gli organi principali, infatti, svolgono
frequentemente e contemporaneamente funzioni normative e funzioni esecutive.
20
Tra le diverse classificazioni degli organi, avanzate dalla dottrina italiana, si rinvia a quella
adottata dal SERENI, Le organizzazioni, Torino, 1994, p. 270 ss.
11
possono presiedere, esprimere la propria volontà e contribuire alla formazione
delle scelte dell’ente.
21
Si tratta dell’Assemblea nella quale tutti gli Stati
membri vengono indistintamente rappresentati. Negli enti a tendenza
universale, quest’organo diventa inevitabilmente molto numeroso tanto che ad
esso non può essere certo affidata la gestione operativa e l’adozione dei
singoli provvedimenti necessari all’attività dell’ente.
Sorge così una seconda esigenza che è quella di dar vita ad un organo a
composizione ristretta al quale affidare funzioni esecutive: il “Consiglio”.
Esso si caratterizza, per esigenze di funzionalità dell’ente, nella
composizione limitata ad un numero ristretto di Stati e nella attribuzione al
medesimo di funzioni esecutive o attuative delle linee di indirizzo deliberate
dalla assemblea. Il delicato problema che si è posto è quello di individuare i
criteri per la composizione dell’organo stesso, nell’obiettivo di salvaguardare,
da un lato, le esigenze di funzionalità dell’ente, ma, dall’altro, anche il
principio generale della uguaglianza sovrana degli Stati.
Infine la terza esigenza, comunemente presente in tutti gli enti
internazionali, è quella di dotarsi di un apparato burocratico, di personale,
uffici, servizi, ecc. indispensabile per il funzionamento concreto di qualunque
organismo. La risposta a tale esigenza si ritrova nella istituzione di un organo,
generalmente a carattere individuale, comunemente chiamato “Segretario
generale”, che è al tempo stesso il capo del personale dell’intera struttura
burocratica dell’ente, ma è anche l’organo al quale vengono attribuite altre
funzioni rilevanti che vanno dalla rappresentanza legale dell’ente a taluni
poteri di iniziativa o ad altre specifiche funzioni.
A questa generale presenza di una struttura tripartita in ogni
organizzazione internazionale, fatte salve poche eccezioni, si accompagna la
presenza di un organo con funzioni giurisdizionali per la soluzione delle
controversie tra agenti e funzionari dell’ente stesso.
21
Tale esigenza è talmente connaturata al fondamento stesso dell’organizzazione internazionale
che si ritrova anche negli ordinamenti interni, in qualunque forma associativa di persone