8
presto in tutto il mondo, dove nascono Istituti e centri di ricerca bioetica
(par. 1).
Si procederà ad un’analisi dei paesi, europei e nordamericani, che
hanno dato validità giuridica al testamento biologico (e la categoria delle
direttive anticipate, che lo comprende). Si analizzeranno tanto le leggi in
vigore, quanto alcune pronunce giurisprudenziali rilevanti .
L’analisi si estenderà anche a quei paesi che stentano ad accogliere
tale istituto (sia per motivi giuridici che socio-culturali), e a quelli che
hanno dimostrato negli ultimi anni un concreto interesse verso questi temi
(parr. 1.2. e 1.3.).
Nel paragrafo 1.4. si analizzerà il “consenso informato” quale
condizione necessaria per la liceità dell’intervento medico, affinché la
“relazionalità asimmetrica” tra medico e paziente si trasformi in una
“alleanza terapeutica”. L’asimmetria nel rapporto medico-paziente è un
elemento caratteristico del modello paternalistico della medicina, in cui il
medico-padre decide cosa è bene per il paziente. Nella concezione
moderna, invece, il paziente ha una parte attiva nelle decisioni sulle cure
mediche. In realtà il paternalismo non è del tutto superato, a conferma del
fatto che non basta scrivere nuove regole per cambiare secoli di pratica.
Si definiranno poi i requisiti del consenso informato e le sue
distorsioni, come l’eccessiva burocratizzazione dell’atto medico.
9
Nel paragrafo 1.5. si metterà in luce la differenza che esiste tra il
diritto al rifiuto delle cure e l’eutanasia. I due concetti, infatti, spesso
generano confusione.
Trattandosi di una tesi in Diritto Privato Comparato, si metteranno a
confronto ordinamenti giuridici diversi, sia di common law che di civil law.
In particolare nel secondo capitolo si analizzerà la situazione negli Stati
Uniti. Qui prima che altrove, sono sorti quesiti di bioetica relativi alla fine
della vita, e a questi quesiti sono state date risposte giuridiche. Si
esamineranno i leading case, cioè i casi fondamentali della giurisprudenza
americana e lo sviluppo della legislazione. Osserveremo come sono stati
affrontati nelle norme, i problemi riguardanti il living will.
Il primo caso rilevante è il “caso Quinlan”, dove per la prima volta una
Corte tratta argomenti di bioetica; inoltre per la prima volta viene
riconosciuto il diritto a non ricevere trattamenti indesiderati anche ad un
soggetto non in grado di esprimere le sue volontà.
Il primo testo legislativo che dà valore giuridico al living will è il
Natural Death Act, emanato dallo Stato della California nel 1967, in
seguito al caso Quinlan. Vi si definiscono tutti i criteri di redazione del
documento per la sua validità.
Sarà poi analizzato un altro importante caso: il “caso Cruzan”, in
seguito al quale molti affermeranno l’esistenza di un “right to die”.
Infine, la legge federale, valida quindi in tutto il territorio statunitense,
il Patient Self Determination Act del 1991.
10
Il terzo capitolo è dedicato alla situazione in Italia. Qui il dibattito sulla
bioetica e sulle direttive anticipate è iniziato negli anni ’80. Vedremo la
divisione esistente a livello politico, giurisprudenziale e dottrinario, tra chi
vede nel riconoscimento giuridico delle direttive anticipate una
riaffermazione di principi fondamentali quali l’autodeterminazione, la
dignità, l’informazione, e chi, al contrario, pone ostacoli di ogni genere
all’accoglimento di simili documenti.
Saranno analizzati alcuni casi famosi in tema di rifiuto delle cure, che
hanno avuto esiti diversi fra loro (par. 3.4.).
Seguirà un commento ad alcune delle numerose proposte di legge
che, a partire dal 1984, hanno cercato di legalizzare testamento biologico
e direttive anticipate (par. 3.5.).
Il quarto e ultimo capitolo è dedicato alle interviste. Ho preparato le
domande cercando di considerare sia le parti più strettamente tecniche,
riguardo al testamento biologico, che le questioni etico-filosofiche ad esso
inerenti. Ho intervistato, telefonicamente o tramite e-mail, personaggi che
si sono occupati dell’argomento. Si tratta di esponenti del mondo politico,
accademico, religioso, medico, ecc. Lo scopo è quello di offrire una
panoramica il più pluralista possibile.
“Liberauscita”, un’associazione per la depenalizzazione
dell’eutanasia, si è molto interessata alla mia tesi. Il presidente, Giancarlo
Fornari, dopo aver risposto alle domande della mia intervista, mi ha
chiesto il file per poterla pubblicare sul sito dell’associazione, dopo la
11
discussione, citandomi anche nel loro giornale “Il Punto”, numero 9 del 12
gennaio 2005.
Altre persone mi hanno risposto di non poter interessarsi
personalmente all’intervista, per motivi di lavoro, ma mi hanno gentilmente
suggerito materiale da visionare. Voglio ricordarli, per ringraziarli
dell’interessamento: Umberto Veronesi, oncologo, ex ministro della
Sanità; Amedeo Santosuosso, giudice presso il Tribunale di Milano;
Francesco D’Agostino, presidente del Comitato Nazionale di Bioetica.
12
Capitolo 1
LA BIOETICA E LE DIRETTIVE ANTICIPATE
13
1.1. Breve storia della bioetica
La bioetica affonda le sue radici ideologiche nelle rovine della
seconda guerra mondiale. L’orrore della tragedia di proporzioni planetarie,
degli orrendi crimini commessi contro l’umanità, stimolarono le coscienze
alla riflessione. L’attenzione fu posta sull’esigenza di stabilire alcuni
principi irrinunciabili sui quali basare la legalità, diritti inderogabili di ogni
uomo, validi in ogni momento storico. Documenti di Organismi
internazionali enunciarono questi diritti, che saranno successivamente
ampliati: il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza della persona
1
; la
Dichiarazione di Helsinki (1964)
2
e il Codice di Norimberga
3
, riguardanti la
sperimentazione sull’uomo, la Dichiarazione di Tokio sulla tortura
4
,
contribuiscono a creare una normativa sulla tutela dei diritti umani.
La bioetica si sviluppa quindi come movimento, negli Stati Uniti,
intorno agli anni 60, alimentato dai fervori della “contestazione”, con il
moltiplicarsi di movimenti d’opinione e di liberazione, orientati tra le altre
cose, alla protezione dei diritti dei pazienti, criticando il modello
1
Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, proclamata dall’Assemblea generale delle
Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
2
Dichiarazione Adottata dalla XVIII Assemblea Generale dall’Associazione Medica Mondiale a
Helsinki, Finlandia, nel giugno 1964. “Principi etici per la ricerca medica che coinvolge soggetti
umani”.
3
Il Codice è stato formulato nel contesto del processo United States vs. Karl Brandt, all’indomani
della seconda guerra mondiale.
4
Dichiarazione dell’Associazione Medica Mondiale (1975).
14
paternalistico della medicina
5
. Inoltre, il vorticoso sviluppo della medicina,
consentendo all’uomo possibilità di intervenire sulla vita in un modo
straordinario, mai realizzato prima (nel 1952 il medico Gregory Pincus
mette a punto i primi contraccettivi chimici; nel 1959 nasce il primo
bambino concepito per inseminazione artificiale; in quegli anni vengono
effettuati i primi trapianti di cuore), fece emergere l’esigenza di una analisi
etica dei problemi medici
6
.
Ma perché la bioetica è nata negli Stati Uniti? Perché, essendo
all’avanguardia nel settore della ricerca, lì prima che altrove si sono posti
interrogativi sulle implicazioni etiche del progresso della medicina; e le
risposte giuridiche a questi interrogativi riflettono le caratteristiche della
società americana: pratica e pronta ad esaltare sempre l’autonomia
individuale, come espressione di libertà
7
.
In questo clima di fermento, nel 1967, su proposta del Congresso
americano viene fondato il primo comitato di bioetica, il Comitato Belmont.
Nel 1969 il filosofo Daniel Callahan e lo psichiatra Willard Gylin fondano
The Hasting Center, il primo Istituto per la Società, l’Etica e le Scienze
della Vita (Institute of Society, Ethiche and Life sciences), allo scopo di
trattare le questioni etiche, individuando soluzioni ai problemi emersi con
le nuove conquiste in campo biomedico, educare la società alle
5
Per il modello paternalistico - ippocratico della medicina vedi infra, par. 1.4. pag. 28.
6
Russo, Giovanni, “Storia della bioetica”, in Leone, Salvino - Privitera, Salvatore (a cura di),
Dizionario di bioetica, edizioni Dehoniane, Bologna, 1994, pagg. 947-953.
7
Concetto sintetizzato da Emanuele Calò nella prefazione del libro di Iapichino, Lucilla,
Testamento biologico e direttive anticipate, Milano, IPSOA, 2000.
15
innovazioni scientifiche e alle relative implicazioni morali (tralasciando gli
aspetti ideologici e religiosi).
Nel 1971 il ginecologo cattolico di origine olandese Andrè E.
Hellegers e il teologo protestante Paul Ramsey fondano The Kennedy
Institute of Ethics, presso la Georgetown University di Washington.
L’Istituto si propone di definire una concezione della bioetica come
“antropologia morale” fondata sulla ricerca di ciò che è universalmente
umano. Lo stesso Istituto pubblica nel 1978 l’Encyclopedia of Bioethics
8
,
uno dei più autorevoli e completi strumenti per chiunque tratti i temi della
bioetica.
La coniazione del termine “bioetica” si deve all’oncologo Van
Resselaer Potter il quale, nel suo libro “Bioethics: bridge to the future” del
1971
9
, afferma la necessità di coniugare la realtà, caratterizzata dal forte
sviluppo delle biotecnologie, con l’etica, considerata fino ad allora solo un
settore degli studi umanistici, destinata ad un approccio meramente
teorico. Lo stesso Potter dichiara di aver tratto ispirazione dagli studi di un
ecologista americano, Aldo Leopold (nato nel 1887). Egli, considerando le
teorie di Darwin e di Freud, colse l’importanza dei costumi antropologici
per l’equilibrio dell’intero ecosistema. In altre parole, l’ordine naturale è
condizionato dai modelli di qualità della vita dell’essere umano.
Icasticamente, il termine scelto da Potter vuole rappresentare un
tentativo di realizzare un collegamento tra scienza della natura (biologia) e
8
Reich, W.T., Encyclopedia of Bioethics, The Free Press, New York, 1978.
9
Potter, Van Resselaer, Bioethics: bridge to the future, Prentice, Englewood Cliff, 1971.
16
scienza dello spirito (etica). Egli intende il termine come criterio al quale
l’uomo si deve riferire nella determinazione dei valori umani, per migliorare
tutto l’ecosistema. Esiste infatti la bioetica medica, che afferisce alla vita
biologica dell’uomo, dal suo concepimento alla morte; la bioetica
ambientale, che concerne tutti i problemi circa l’uso delle risorse naturali
nel rispetto dell’ambiente; e la bioetica animalista che riguarda i problemi
della vita degli animali.
Da allora la nuova disciplina è stata introdotta nelle Università: il
primo corso di bioetica si è tenuto nel 1973 presso la Georgetown
University di Washington
10
.
10
Russo, Giovanni, “Storia della bioetica”, op. cit.; Marinelli, Massimiliano, “La bioetica come
rinnovata tradizione etica”: www.clerus.org Aramini, Michele, Introduzione alla bioetica,
Giuffrè, Milano, 2001. Bompiani, Bioetica in medicina, CIC, Roma, 1996.
17
1.1.1. La bioetica come sfida
La domanda di bioetica nasce dall’esigenza di migliorare le
condizioni socio-culturali esistenti. Il mondo culturale e scientifico che l’ha
promossa vuole progettare una sempre migliore qualità della vita, per la
singola persona e per l’intera umanità. In questo senso la bioetica è stata
definita “…l’intima luce che…può guidare… il progresso biomedico…verso
il fine cui è naturalmente orientato, cioè, il pieno benessere dell’uomo”
11
.
E’ necessario, a questo scopo, il coinvolgimento di diverse discipline
scientifiche: la medicina, la psicologia, la biologia, la sociologia,
l’etnologia, l’economia e tutte quelle che, in un modo o nell’altro, hanno a
che fare con la vita, in tutte le sue svariate manifestazioni. La bioetica
infatti fa suoi tutti i problemi morali che riguardano la vita non solo fisica,
ma anche quella psico-spirituale.
La bioetica si presenta come una sfida che l’uomo lancia a se stesso,
alla capacità di programmare il futuro, suo e delle generazioni a venire.
Deriva dalla consapevolezza delle proprie capacità, dalla fiducia nelle
proprie forze e dal desiderio di essere protagonista del suo presente e del
suo futuro. Questa sfida consiste nel farsi carico delle problematiche
etiche che emergono, in maniera diversa, tanto nei Paesi più
tecnologicamente avanzati, quanto nei Paesi sottosviluppati
12
.
11
Leone, Salvino- Privitera, Salvatore, “Bioetica”, in Leone, Salvino - Privitera, Salvatore (a cura
di), Dizionario di bioetica, edizioni Dehoniane, Bologna, 1994, pag. 94.
12
Leone, Salvino- Privitera, Salvatore, Op. ult. cit.
18
1.2 Le direttive anticipate nel Nordamerica
Una direttiva anticipata è un documento, redatto da persona capace,
contenente istruzioni per gli operatori sanitari, sulla scelta dei trattamenti
medici cui si vuole, o non si vuole, essere sottoposti. Analizziamo i vari tipi
di direttive anticipate in uso nel Nordamerica.
Il living will
13
è una dichiarazione scritta con la quale un soggetto, nel
pieno possesso delle proprie facoltà mentali, sceglie i trattamenti medici
che desidera ricevere e quelli che intende rifiutare, nel caso in cui fosse
incapace di esprimere il proprio consenso.
Riguardo alla forma, alcuni Stati propongono uno schema semplice
e generico, nel quale ognuno può scrivere di suo pugno le scelte delle
cure mediche; ad esempio all’University of Michigan Health System il
modello proposto prevede: “My desires concerning medical treatment are:”
segue uno spazio libero
14
.
In altri Stati si segue invece uno schema molto dettagliato, alla
stregua di un questionario; il documento previsto dalla legislazione
dell’Ontario
15
contiene, tra le altre voci, una tabella con dati incrociati
dove, alle voci “salute attuale, ictus lieve, demenza grave, coma
13
Il termine è stato coniato da Luis Kutner nel 1967. Kutner (Chicago, 1908- Illinois, 1993), noto
giurista, si è occupato della difesa dei diritti umani. È stato, tra le altre cose, co-fondatore di
Amnesty International nel 1961.
14
In Appendice 4c). Dal sito dell’University of Michigan Health System www.med.umich.edu
15
Cecioni, Riccardo-Singer, Peter A., “Un approccio canadese al testamento di vita: il Consent to
Treatment Act dell’Ontario”, in Rivista Italiana di Medicina Legale, 3, 1996.
19
permanente, malattia terminale” corrispondono le caselle “rianimazione
cardiopolmonare, respiratore automatico, dialisi, chirurgia d’urgenza,
trasfusione di sangue, terapia antibiotica, alimentazione artificiale”, in
modo da consentire di effettuare le scelte possibili
16
.
Così anche nello Stato del Maine, dove si prevede un documento
prestampato, con varie caselle del tipo: scelta di prolungare la vita/scelta
di non prolungare la vita
17
.
Il durable power of attorney for health care è un documento legale
che consente di nominare un soggetto come proprio sostituto, nella scelta
di cure mediche, in caso sopravvenga uno stato di incapacità.
Questo documento è più flessibile di living will, e può riguardare ogni
decisione sulle cure mediche, anche nel caso in cui non si versa in una
condizione terminale o in stato di incoscienza permanente. Consente
inoltre di nominare un patient advocate, non previsto nel living will.
Queste caratteristiche ne fanno lo strumento maggiormente
raccomandato, come chiarito dall’ ABA Commission on Legal Problem of
the Elderly
18
, sfatando un mito che vorrebbe il living will come advance
directive preferibile.
Il sistema dell’appointment of proxies prevede il conferimento di una
procura legale, per questo richiede una formalità che ne fa uno strumento
poco usato.
16
Calò, Emanuele, Il ritorno della volontà, Milano, Giuffrè, 1999, pag. 138.
17
Bailo, Roberta-Cecchi, Paolo, “Direttive anticipate e diritto a rifiutare le cure:aspetti etici e
giuridici”, Rassegna di diritto civile, 3, 1998, pag. 498.
18
Sul sito dell’American Bar Association (associazione degli avvocati americani): www.abanet.org
20
Anche le disposizioni riguardo alla donazione di organi rientrano, con
le dovute differenze, tra le direttive anticipate. Negli Stati Uniti questo
documento si chiama anatomical gift.
Questi documenti possono contenere i c.d. DNR order (do not
resuscitate order), cioè ordini di non resuscitare, di non rianimare
19
,
quando sia considerato inutile o non in accordo con il miglior interesse del
paziente.
Tutti i modelli visti sono disciplinati in apposite leggi negli Stati Uniti.
Il loro utilizzo sembra però limitato
20
.
Alcune province del Canada
21
, a partire dagli anni ’90, hanno
approvato leggi per disciplinare l’utilizzo dei living will. Il Canada è un
Paese che ha dimostrato un fervido interesse nei confronti della bioetica,
del rispetto dei diritti umani
22
, dei temi dell’etica di fine vita. La Canadian
Medical Association ha promosso una politica in favore della diffusione dei
testamenti di vita
23
.
19
Questa prassi è diffusa, oltre che negli Stati Uniti, nella British Columbia del Canada e in Gran
Bretagna. Anche il documento proposto dalla Consulta di Bioetica (biocard) nel 1998, tra le
disposizioni particolari prevede: “Dispongo che, in caso di arresto cardiorespiratorio…sia praticata
su di me la rianimazione cardiopolmonare se ritenuta possibile dai curanti SI/NO” cfr. Appendice
4a).
20
Santosuosso, Amedeo, “A proposito di ‘living will’ e ‘di advance directives’: note per il
dibattito”, in Politica del diritto, num. 3, 1990, pag. 479. “E’ un dato ormai statisticamente
verificabile che, anche nei paesi che hanno da tempo legittimato formalmente le direttive
anticipate, solo una minima parte dei cittadini è portata a sottoscriverle.” Dal Documento del
Comitato Nazionale di Bioetica sulle “Dichiarazioni anticipate di trattamento” approvato il 18
dicembre 2003.
21
Qui, a differenza degli Stati Uniti, manca una politica uniformatrice e ogni provincia decide in
modo autonomo sulla questione.
22
E’ al primo posto nella classifica elaborata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, sul rispetto
dei diritti umani e lo sviluppo delle strutture sociali.
23
Singer, Peter A.- Del Grosso, Margherita - Cecioni, Riccardo, Testamento di vita, Joint Center
for Bioethics, University of Toronto, 1996.
21
Il contenuto delle leggi in materia è sostanzialmente omogeneo; varia
la terminologia adoperata, ad esempio in Manitoba il testamento biologico
è chiamato health care directive (direttiva per la tutela della salute),
nell’Ontario si parla di power of attorney for personal care (procura di
delega per la cura della persona), ecc.; variano i requisiti di età per
redigere il documento e per essere nominato delegato: nell’ Advance
Health Care Directives del Newfoundland, si prevede che il testatore
debba aver compiuto sedici anni e il delegato diciannove. In Manitoba l’età
si abbassa: anche i minori di sedici anni possono compilare tali documenti
e il delegato può essere nominato se ha compiuto diciotto anni; altri
elementi di diversità sono di importanza secondaria.
È importante sottolineare che, fino a quando il soggetto è capace, è
sempre necessario il suo consenso per ogni trattamento medico,
indipendentemente dall’esistenza di una advance directive
24
.
24
“10 Legal Myths About Advance Medical Directives”, www.abanet.org