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mente stordito da un “ingorgo visivo” di cui moda e fotografia sono i
promotori principali.
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L’unione di questi due mostri e profeti del nostro tempo, i loro
rapporti, la loro estensione senza confini ed i loro esiti ci sembrano
degni di un’analisi rigorosa. Tale analisi si propone di adottare un
approccio interdisciplinare che sfrutti gli apporti della semiotica,
della filosofia e dell’estetica, della sociologia, della psicologia,
della storia e del marketing, riconducendoli di volta in volta agli am-
biti più specifici della fotografia e della moda. Questo perché la ric-
chezza di punti di vista aiuta sempre; ancor di più in questo caso in
cui si sta fondamentalmente parlando di comunicazione (oltre che di fo-
tografia, moda, arte ed economia). E la comunicazione è in sé un’inter-
disciplina. Questa posizione esige però che questo essere “inter” non
si svaluti nell’essere ovunque e in nessun luogo.
Esiste una letteratura sterminata riguardo la moda, una letteratura
smisurata riguardo la fotografia e lo stesso vale per l’arte ed anche
per le più recenti formulazioni del marketing, ma troppo spesso i con-
fini di queste discipline sono poco disponibili alle intrusioni. Tra i
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“…perché la fotografia ha un occhio solo, e questo pure privo di movimento. E mentre la fotografia guarda e crede di vedere, capita a lei
come all’ubriaco, che crede di portarsi la bottiglia alla bocca, e invece se la poggia alla tempia”. Alberto Savinio, Fasti e nefasti della foto-
grafia, in Diego Mormorio (a cura di), Gli scrittori e la fotografia, Editori Riuniti, Roma 1998, pag. 37.
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propositi di questo studio c’è quindi anche quello di fondere e siste-
matizzare competenze e caratteri comuni.
Ad ogni modo lo scenario che ci si presenta davanti è quello compo-
sto dai quattro campi di forza di fotografia, moda, arte ed economia.
Ciascuno di essi è immaginabile (magari con l’aiuto dello schema propo-
sto qui sotto) come una sfera mobile i cui confini sono costituiti dal-
la sostanza più permeabile che si conosca.
Fotografia
Economia
Arte
Moda
Arte
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Ne scaturisce una commistione ed una contaminazione di forme, si-
gnificati ed intenzioni il cui senso non è intuibile se si tralascia
anche uno solo di questi quattro territori sfuggenti.
L’anima di tutto ciò è nel puzzle del loro incontro ed è tra queste
tessere che questo lavoro pone i propri obiettivi e quindi la propria
ragion d’essere. All’interno di questo mosaico, infatti, abbiamo isola-
to due tasselli che sono risultati subito essere i due discriminanti
imprescindibili per una fotografia di moda che voglia essere significa-
tiva nei confronti di chi la produce e di chi la fruisce. Nel mondo del
fashion non mancano certo il denaro, né le professionalità, né la tec-
nologia e nemmeno i canali per un’adeguata visibilità (le riviste prima
di tutto). Tuttavia in troppi casi manca, ed è un paradosso grottesco,
una certa attenzione verso l’estetica e l’emozione. Ci riferiamo ad
un’attenzione autentica che sposti il fulcro di tutto il sistema in re-
lazione a questi due principi.
Per estetica intendiamo le possibilità d’essere del “Bello” in fo-
tografia ed in particolare ci sembra fondamentale (oltre alla straordi-
naria attuale dilatazione delle sue forme e combinazioni: dal classico
al kitsch all’artificiale al surreale al bello d’uso nel design, ecc…)
la dimensione del “gioco” quale momento profondo di costruzione del
senso estetico. Riguardo all’emozione vogliamo parlare, oltre che di
semiotica delle passioni, di fotografia di moda come avventura e come
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punctum (nell’accezione illuminante di Barthes nei confronti di una
fotografia che rispettivamente “mi avviene” e “mi punge”):
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in defini-
tiva, ci riferiamo alle possibilità della fotografia di moda di essere
guidata, tanto nel contesto produttivo quanto in quello ricettivo, dal
pathos emotivo, dall’amore che lascia ad un’analisi successiva qualsia-
si vivisezione culturale. Mi pongo davanti ad una foto in modo selvag-
gio: se essa mi colpisce e mi emoziona resterà in me per sempre al di
là di qualsiasi approfondimento culturale, storico, sociologico poste-
riore. E’ il cuore della fotografia e il cuore dell’uomo: il cuore
dell’uomo non come muscolo cardiaco ma come intima sensibilità; la fo-
tografia non come problema, ma come ferita.
Tenendo sempre a portata di mano questi due momenti, come se fosse-
ro due bussole e al tempo stesso due mete, la struttura di questo lavo-
ro prende il via dal medium fotografico per analizzare la portata della
sua rivoluzione e le sue peculiarità e funzioni all’interno dello spa-
zio comunicativo ed economico/commerciale. Si passa poi alla trattazio-
ne del fenomeno moda in sé da un punto di vista sociologico (circoscri-
vendo ovviamente l’amplissima letteratura), tenendo in conto anche gli
stereotipi e le deviazioni di quello che i suoi detrattori definiscono
“l’impero dell’effimero” e dando uno sguardo al mercato della moda come
business. Alla luce di tutto ciò si giungerà finalmente all’incontro:
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Barthes Roland, La camera chiara.Nota sulla fotografia, Einaudi, Torino 1980.
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la fotografia di moda. Se ne traccerà un breve profilo storico e ver-
ranno affrontate le sue specificità, la pari dignità raggiunta rispetto
agli altri campi fotografici, le relazioni tra artisticità e committen-
za, i canali di distribuzione, gli ultimi sviluppi ed i modelli veico-
lati. Per concludere verrà dato rilievo, tenendo presenti gli attuali
ed incombenti pericoli dati dall’eccesso di stimoli e dall’assuefazio-
ne, a possibili strategie di differenziazione (rispetto al marketing) e
di sperimentazione (rispetto ad arte e comunicazione). E ovviamente,
essendo questo l’obiettivo ultimo di questo lavoro, verranno riproposti
i due fattori discriminanti sopra citati (estetica ed emozione) quali
fondamenti dell’immagine fotografica presente e futura.
Pur essendo per sua natura una riflessione fondamentalmente teori-
ca, questa tesi farà ampio ricorso alle immagini: naturalmente non come
ausilio o gruccia della parola scritta,
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ma come referente immediato ed
insostituibile e come doveroso omaggio a ciò che ha saputo esprimere
tanti talenti e tante idee che hanno scritto la storia per immagini del
nostro tempo.
3
“Per abolirlo o per fermarlo, per abolirlo fermandolo, la fotografia si può dunque dirla una guerra contro il tempo: non illustre, umile e
quotidiana piuttosto; ma appunto nel suo essere umile, nel suo essere quotidiana, nel suo essere oggi ovunque in agguato e invadente, in un
certo senso violenta, raggiunge e sorpassa – anche nei suoi risultati più grezzi, più brutali o banali – le altre forme, già illustri, di guerra
contro il tempo: la storia, il romanzo”, prefazione a Diego Mormorio (a cura di),Gli scrittori e la fotografia, cit., pag.IX.
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Un’ultima precisazione: la forza che muove questo studio risiede
nella consapevolezza dell’immensa complessità dell’argomento, nonché
della povertà di studi sistematici al riguardo. Parallelamente tutta-
via, questa stessa forza si nutre del fatto che appare del tutto insen-
sato fare di questa complessità un facile alibi e che risulta molto più
costruttivo affrontare questo tema con passione. E’ quindi l’equidi-
stanza tra giustificazioni, coscienza e amore per l’argomento il vero
motore di questa ricerca.
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Capitolo 1
Proposte:
i fattori discriminanti
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1.1 – Introduzione
Nello svolgimento dei capitoli successivi tenteremo di precisare
progressivamente le due macroentità in oggetto (fotografia e moda). A
tal fine, riguardo la fotografia approfondiremo il suo apporto in ter-
mini di rivoluzione linguistica, le sue specificità espressive e le sue
potenzialità artistiche; rispetto alla moda cercheremo di illustrare le
sue implicazioni sociologiche, le sue negatività (presunte e reali) ed
il particolare peso economico che essa assume in Italia. Successivamen-
te, operando con metodo deduttivo, andremo oltre la loro considerazione
isolata per precisare il loro suggestivo matrimonio nella fotografia di
moda. Ne tracceremo un breve profilo storico e tenteremo di indagarne i
meccanismi espressivi e le strategie comunicative, le valenze e i mo-
delli culturali che veicola e i media di cui si serve, legandoci di
volta in volta agli esiti concreti e alle opere che meglio ne hanno sa-
puto rappresentare l’essenza. Ora, prima di sviscerare quello che nelle
nostre ipotesi costituisce (o almeno in alcuni casi, dovrebbe costitui-
re) la natura più intima della fotografia di moda, sono necessarie al-
cune puntualizzazioni preliminari: nello specifico, una metodologica e
l’altra di raccordo.
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1.1.1 – Premessa metodologica: l’estetica regionale fotografica e
l’estetica globale dell’immagine
Dal punto di vista metodologico, è opportuno precisare come la fo-
tografia, ed in particolare quella di moda, rappresenti soltanto una
delle molteplici esplicitazioni possibili del concetto più ampio
d’immagine. Esiste l’immagine fotografica, quella pittorica, quella
virtuale. Esiste l’immagine frutto della rappresentazione e quella
frutto della simulazione, quella unica e quella multimediale, fissa e
in movimento, concreta e mentale, e così via. In tal senso, l’estetica
della fotografia si configura come un tassello di una più estesa este-
tica dell’immagine da costruire induttivamente proprio a partire da
questa ed altre porzioni costitutive. In altri termini, l’estetica fo-
tografica è uno dei molteplici anelli concentrici che s’intersecano e
precisano la natura complessa e complessiva dell’immagine. Non è compi-
to di questo lavoro definire lo statuto estetico attuale dell’immagine
considerata nella sua totalità, ma queste riflessioni preliminari ri-
sultano fondamentali se si pensa al peso che la fotografia riveste e a
quello che vorrà rivestire in futuro rispetto al “visivo” globale che
ci circonda. Ignorare tutto ciò, e di conseguenza perdere la dimensione
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che soggiace all’intuizione di uno scatto, concepire male la realizza-
zione di un altro o comprenderlo in modo distorto in fase di ricezione,
rappresenta un danno smisurato da un punto di vista strettamente econo-
mico e soprattutto in una prospettiva sociale e culturale.
1.1.2 – Premessa di raccordo:
comunicazione, arte e business: contaminazioni
Al di là di questo, per legittimare in modo critico questa tesi e
insieme le aspirazioni di una fotografia di moda che voglia ancora es-
sere espressione piena del proprio tempo, ci sembra inevitabile allac-
ciare la dimensione estetica della fotografia fashion alla sua più evi-
dente funzione strumentale e comunicativa. Questa, come vedremo più ap-
profonditamente nel paragrafo 4.2.2, è finalizzata a svolgere soprat-
tutto una funzione d’appello emotiva: pertanto tra i due fattori che
abbiamo definito discriminanti il versante emozionale si difende da so-
lo ed è unicamente il momento estetico a dover essere in qualche modo
legittimato e proposto con decisione quale vitale possibilità espressi-
va. In maniera più semplice: non sono i diretti scopi strumentali a
rendere efficace una comunicazione fotografica nel campo della moda, ma
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sono gli autentici impulsi estetici ed emotivi a renderla, oltre che
efficace, di valore. Solo in tal modo la fotografia di moda potrà evi-
tare di risolversi semplicemente in pubblicità mediocre e potrà rin-
tracciare la propria specificità: quella di non essere solo strumento
di vendita; quella di non essere “solo” arte. Inoltre, questa polifun-
zionalità della fotografia di moda (strumentale-comunicativa, emotiva
ed estetica) rappresenta un efficace antidoto contro l’idea di “compen-
sazione” di cui tanto si è abusato in una grande quantità di tentativi
di spiegazione dell’arte moderna e dell’estetica filosofica. Infatti,
secondo Odo Marquard
1
, a partire dall’Illuminismo e contro il predomi-
nio della ragione, l’arte e l’estetica avrebbero assunto il compito di
compensare il disincanto del mondo indotto dall’incalzante progredire
della scienza e della tecnica, andando a svolgere una funzione di ri-
sarcimento e salvataggio dei diritti della sensibilità e della bellez-
za. Queste avrebbero trovato così rifugio nella creazione artistica,
sganciandosi progressivamente dalla realtà e dal quotidiano. Al contra-
rio, sempre secondo Marquard, l’arte contemporanea nel tentativo di ri-
cucire questo strappo ha trasformato la centralità del momento estetico
in un’eccessiva estetizzazione della realtà che ha finito per essere
paradossalmente un potente anestetico che innalza il reale all’ebbrezza
di un sogno artistico illusorio e degrada la tensione artistica verso
1
Marquard Odo, Estetica e Anestetica, Il Mulino, Bologna 1994.
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il basso. La moda, e il mezzo fotografico al suo servizio, sono piena-
mente esposti ai rischi di questi eccessi e spesso cadono nella trappo-
la;
2
tuttavia, proprio l’opportunità della fotografia di moda di pre-
sentarsi come attività liminare e giocare con questi suoi confini sfug-
genti permette ad essa di attestarsi di fronte a chi la osserva come un
qualcosa di incisivo. Chiaramente solo a patto di un’assunzione non
marginale di un approccio estetico e al fine di porsi quale terreno di
ricomposizione ideale tra alto e basso, tra commercio e arte, tra con-
sumi e contemplazione, tra tutto ciò insomma che troppo spesso si sfio-
ra senza vera partecipazione. Di modo che, tra le altre cose, il siste-
ma dell’arte si alleggerisca inserendovi quello della moda e viceversa
quello della moda acquisti spessore inserendovi il sistema dell’arte.
2
Cfr. paragrafo 5.1.
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1.2 – L’emozione: passione, “punctum”
e avventura
Nel paragrafo precedente abbiamo appena avuto modo di notare, tra
le altre cose, come gli aspetti emotivi nella comunicazione pubblicita-
ria della moda non abbiano bisogno di alcuna giustificazione, essendo
il nucleo della sua fondamentale funzione d’appello.
3
Abbiamo cioè or-
mai piena consapevolezza del fatto che “non si compra un vestito o un
paio di scarpe ma uno stile di vita e un profondo contatto emotivo”.
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Ciò non significa che proprio a questi aspetti, ai suoi meccanismi e
alle sue implicazioni non si possa e non si debba prestare particolare
attenzione attraverso un ulteriore approfondimento, di tipo prevalente-
mente semiotico, che ne ribadisca l’assoluta centralità. Non si tratta
di riproporre la vecchia contrapposizione tra cognitivo e passionale,
5
ma al contrario di riproporne l’integrazione (perché tale è la reale
natura della loro relazione) liberandone le forze da qualsiasi impac-
cio.
3
Cfr. paragrafo 4.2.2.
4
Klein Naomi, No Logo, Baldini&Castaldi, Milano 2001, pag.134.
5
E tanto meno vogliamo riproporre quella (ancora più sottile, ma ancora più inaccettabile) tra approccio emotivo ed estetico, come vedre-
mo meglio nelle conclusioni di questo lavoro.
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In tema di passione, basilare è stato l’apporto della semiotica
greimasiana
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che per prima ha posto l’accento sul fatto che rispetto al
consumatore la persuasività della pubblicità si muove su un piano non
di un semplice “far fare”, ma di un sottile e profondo “far volere”. E’
tutto qui il grande balzo da una semiotica degli “stati di cose” ad una
semiotica degli “stati d’animo”, che analizzando la presenza di una di-
mensione specificatamente patemica all’interno di qualunque forma di
significazione ripropone la passione quale componente fondamentale di
ogni tipo di discorso: da quello letterario a quello televisivo, da
quello teatrale a quello fotografico-pubblicitario. Si può quindi par-
lare, riguardo alla fotografia pubblicitaria di moda, di “comunicazione
appassionata”.
A questo punto si può penetrare ancora più a fondo la natura della
passione nella fotografia di moda sia rispetto alle strategie e alle
manifestazioni testuali concrete che si danno in ogni singola opera,
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sia rispetto alla sua origine timica (dal greco thýmos, ‘anima’) in
termini di ritmo, intensità e tensione. Difatti la passione si configu-
ra innanzitutto come un movimento di un soggetto verso un oggetto com-
posto da tre elementi:
6
Ci riferiamo qui in particolare a Greimas J.Algirdas e Fontanille Jacques, Semiotica delle passioni, Bompiani, Milano 1996.
7
Ciò si collega ai meccanismi sintattici e retorici del messaggio visivo (Cfr. paragrafo 4.2.3).