8
dell’agricoltura classica, risolvendo in parte, gli attuali problemi relativi alle produzioni
eccedentarie, con recupero di terreni a produttività marginale.
Per quanto detto finora, e per la presenza nella regione Toscana, di una delle aziende più
avanzate nella produzione di questo biocarburante, la Novaol di Livorno, oltre alla
Estereco di Umbertide nella vicina Umbria, la Toscana potrebbe rappresentare un
“laboratorio per lo svliluppo della filiera agro-industriale del biodiesel”.
Nella prima parte del lavoro si definirà l’oggetto dell’analisi facendo una digressione
sulla filiera dei biocarburanti nel mercato mondiale, europeo ed italiano, mettendo in
risalto i processi di produzione, l’impatto ambientale e il bilancio energetico del
biodiesel, oltre che all’evoluzione del percorso normativo sui biocarburanti, con
particolare attenzione alle scelte fatte in sede di Comunità Europea.
Nella seconda parte del lavoro si lascerà spazio alla descrizione dei progetti di
investimento della fase agricola del processo di produzione del biodiesel, inerente alla
filiera delle materie prime, cioè dei semi delle colture energetiche, dai quali si ricavano
gli oli vegetali da trasformare in biocarburanti. Grande importanza per la filiera delle
colture energetiche hanno le possibilità offerte dalla recentissima riforma della Politica
Agricola Comunitaria, che verrà approfonditamente analizzata.
La terza parte si concentrerà invece sulla fase di trasformazione, dalla lavorazione
industriale dei semi oleosi tramite le industrie di triturazione, agli impianti di
produzione del biodiesel, di cui verranno analizzate caratteristiche e fasi del processo
produttivo.
Verrà analizzato inoltre un programma di utilizzo degli oli esausti come materia prima
per la produzione di biodiesel (progetto Oleico), che si propone come uno dei progetti
più innovativi del settore.
Infine verrà analizzato progetto pilota relativo alla coltivazione, trasformazione e
commercializzazione del girasole alto-oleico e dei suoi derivati a scopi ambientali e
produttivi nella regione Toscana, attraverso una bozza di legge regionale.
Molte sono ancora le problematiche di carattere economico e strutturale, legate allo
sviluppo della filiera agro-industriale del biodiesel e al raggiungimento della
competitività con il mercato dei prodotti petroliferi; tuttavia, dimostreremo le grandi
potenzialità di questo settore e i vantaggi che può determinare dai punti di vista
ambientale, energetico ed economico e pertanto la necessità di dedicare, a livello
nazionale e regionale, grande attenzione allo sviluppo del comparto.
9
1. CARATTERISTICHE DELLA FILIERA DEI
BIOCARBURANTI IN EUROPA E IN ITALIA
1.1. Energia rinnovabile e biomasse
Per valutare le opportunità di una filiera di biocarburanti in agricoltura è opportuno
introdurre il tema delle colture energetiche contestualizzato in un’epoca, la nostra, dalla
quale dipendono decisioni di grande importanza e responsabilità nei confronti delle
generazioni future. L’Italia, uno dei 170 paesi coinvolti nel protocollo di Kyoto, si è
assunta l’impegno di ridurre tra il 2008 e il 2012 l’emissione dei gas serra dell’8%
rispetto al 1990, in particolare lo sforzo richiesto al nostro paese si quantifica in un
taglio del 6,5 % pari a 100 milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica.
Non tutti i paesi sono responsabili in ugual misura della stessa quantità di gas serra
emesso ed è opportuno distinguere fra paesi ad alto tenore di vita che hanno raggiunto
una maturità economica anche grazie all’emissione di ingenti quantità di gas serra e
paesi in via di sviluppo, non disponibili ad appesantire una già difficile crescita
economica con l’utilizzo di diversi sistemi di produzione o con carburanti più puliti ma
più costosi. Una possibile soluzione a questa problematica potrebbe essere un modello
di sviluppo sostenibile in cui la crescita del benessere collettivo possa essere sostenuta
nel lungo periodo permettendo la ricostituzione delle risorse utilizzate e salvaguardando
al tempo stesso le possibilità delle generazioni future, attraverso nuove tecnologie
ovvero attraverso l’utilizzo di energie alternative.
La domanda energetica continua a crescere così come i costi del petrolio; nel 2004 si è
raggiunto il prezzo record di 0,901 euro con un aumento del 20,7% in più dell’anno
precedente.
Le ragioni dell’impennata del gasolio risiedono nella combinazione di diversi fattori,
riconducibili alla forza della domanda e alle difficoltà dell’offerta. Nel 2004 la ragione
fondamentale della crisi petrolifera è stata l’impennata della domanda di petrolio della
Cina, circa 0,8 milioni di barili in più al giorno, di cui la metà di diesel. Cresce anche in
Europa il consumo di gasolio, non solo in virtù dell’aumento di immatricolazioni di
auto diesel, ma anche per l’inarrestabile crescente domanda degli autotrasportatori. Se a
tutto ciò si aggiunge che il sistema raffinativo mondiale dà già da tempo segnali
inequivocabili di scarsità di capacità produttiva e che in Europa è entrata in vigore la
10
Direttiva 2003/17/CE sui nuovi limiti per l’emissioni di zolfo, che aggravano
sensibilmente i costi produttivi, si evince che l’aumento del prezzo del gasolio è da
considerarsi assolutamente fisiologico. Di fronte a questo scenario preoccupante è
necessario puntare su fonti di energia e tecnologie svincolate dai combustibili fossili.
Le biomasse rappresentano la soluzione oggi più realistica insieme a idrogeno ed
energia nucleare; nei prossimi decenni l’impegno della Comunità Europea, in linea con
quello dei grandi paesi, deve volgere allo sviluppo della tecnologia e della filiera nel suo
insieme, per rendere competitiva la bioenergia e consentire il suo sviluppo in funzione
delle sue elevate potenzialità e opportunità. Lo sviluppo di un mercato delle energie
rinnovabili su scala globale, e in particolare delle biomasse come fonte energetica, avrà
negli anni a venire effetti benefici a livello macroeconomico ma anche sociale, in
particolare la bioenergia rappresenta un’occasione di crescita economica, sociale e
culturale per i paesi in via di sviluppo e di prossima industrializzazione, dai quali
arriverà una sempre maggiore richiesta energetica.
Tabella 1.1 Domanda mondiale di petrolio
1
.
Domanda mondiale di petrolio (milioni di barili al giorno)
2002 2010 2020 2025
OECD 47,7 51,2 54,5 55,8
Developing Countries 24,7 32,3 45,3 52,5
Economie di transizione 4,5 5,3 6,0 6,3
Totale mondiale 77,0 88,7 105,8 114,6
Le biomasse, a differenza delle altre rinnovabili, rappresentano una fonte di energia
polivalente il cui impiego trova spazio nel settore della generazione elettrica, della
produzione di calore e dei trasporti come biocarburante. Le stime indicano che tra 50
anni le biomasse potrebbero soddisfare il 35-40% del consumo energetico mondiale.
Proprio per questo motivo lo sviluppo dell’intera filiera è un’opportunità da non
sottovalutare.
1
Fonte: presentazione di Pumomo Yusgiantoro, presidente dell’OPEC al Congresso mondiale dell’energia, 2004
11
Negli Stati Uniti in un solo anno è cresciuta la domanda di carburante del 5%, la Cina
ha visto aumentare del 40% il numero di automobili sulle sue strade nell’ultimo anno e
le raffinerie di tutto il mondo sono al massimo delle loro capacità produttive; tutti gli
studi realizzati a partire dall’ultimo decennio indicano come oggi siamo già arrivati, con
un anticipo di quindici anni rispetto alle previsioni, all’apice della curva di disponibilità
di petrolio a livello mondiale; la soluzione risiede nello sviluppo dei biocombustibili,
con vantaggi economici, sociali e ambientali indubbi.
La conferma arriva dall’esperienza del Brasile, che già dal 1973 in piena crisi
energetica, ha iniziato a sviluppare la tecnologia per produrre bioetanolo completamente
ricavato dalla canna da zucchero e oggi si attesta come primo produttore mondiale con
14,5 miliardi di litri all’anno di bioetanolo che non viene utilizzato come semplice
additivo della benzina, ma come vera e propria fonte energetica sostitutiva a costi
inferiori rispetto ai combustibili di origine fossile.
Negli Stati Uniti la destinazione del mais verso una filiera non alimentare di “energy
crop” è la più importante come giro d’affari dopo la mangimistica e l’export.
In uno scenario orientato al 2040 l’input è lo sviluppo di tecnologie e di infrastrutture
per creare un mercato consolidato della bioenergia e garantire un tasso di crescita e
sviluppo socioeconomico a tutte le popolazioni, obiettivo raggiungibile solo attraverso
la cooperazione internazionale e politiche di governo coerenti con gli indirizzi
internazionali di sviluppo delle fonti rinnovabili.
1.1.1. L’importanza di investire nel capitale naturale
L’umanità affacciatasi sul 21° secolo è da tempo consapevole che i capitoli di un
secolo ancora tutto da scrivere non riguarderanno più solamente guerre, terrorismo e
sconvolgimenti sociali, come ingredienti di una tormentata storia di sopravvivenza;
nuove difficili sfide si preparano fra uomo e la sua capacità di sopravvivere in un’era
nella quale il fattore limitante non è più il capitale prodotto dall’uomo, ma quel che
rimane del capitale naturale.
Oggi stiamo vivendo la transizione da un’economia da “mondo vuoto” a un’economia
da “mondo pieno”; in questa delicata fase l’unica strada di sostenibilità passa
dall’investire nella risorsa più scarsa, nel fattore limitante. Sviluppo sostenibile significa
quindi investire nel capitale naturale e nella ricerca scientifica sui cicli biogeochimici
globali che sono la base stessa della sostenibilità della biosfera. Le biomasse occupano
in tal senso uno spazio privilegiato nel contesto di sostenibilità ambientale, come
12
confermano le nuove teorie dello sviluppo sostenibile e della eco-economia che ci
propongono accanto all’economia tradizionale fondata su lavoro e capitale,
un’economia ecologica che riconosce l’esistenza di tre parametri: lavoro, “capitale
naturale” e “capitale prodotto dall’uomo”. Tiezzi nella sua brillante interpretazione
estetico scientifico della natura
2
, muovendo dalle teorie di Herman Daly, sostiene a gran
voce l’indispensabilità di investire nella direzione di questo capitale naturale e cioè
nell’insieme dei sistemi naturali (territorio, fauna, flora, mari, laghi, fiumi e foreste) ma
anche i prodotti agricoli, della caccia, della pesca, della raccolta e il patrimonio
artistico-culturale presente nel territorio.
Daly
3
introduce due fondamentali principi di sviluppo sostenibile: il primo detto del
“rendimento sostenibile” dice che la velocità di prelievo dovrebbe essere pari alla
velocità di rigenerazione, il secondo afferma che la velocità di produzione dei rifiuti
dovrebbe essere uguale alle capacità naturali di assorbimento da parte degli ecosistemi
in cui i rifiuti vengono emessi. In un’ottica di sostenibilità debole, nella quale capitale
naturale e capitale umano sono perfettamente sostituibili, il saccheggio del capitale
naturale è accettabile se ha come contropartita una equivalente produzione di capitale
umano; in un’ottica di sostenibilità forte invece i due capitali sono complementari e la
produttività dell’una dipende dalla disponibilità dell’altra.
E’ evidente come capitale naturale e capitale prodotto dall’uomo si possono considerare
intercambiabili solo in misura marginale, per cui è in un’ottica di sostenibilità forte che
occorre analizzare lo scenario energetico mondiale e nazionale, descritto nei paragrafi
successivi.
1.1.2. Lo scenario energetico mondiale e i principali problemi ambientali
L’energia è una delle più importanti risorse naturali che incidono direttamente sul
benessere dell’umanità. Senza energia non sarebbero possibili le presenti attività
industriali e sociali. La maggior parte dei problemi ambientali, sia regionali che globali
sono correlati anch’essi all’energia. Più del 75% di tutta l’energia primaria proviene da
rilevanti giacimenti di combustibile fossile con conseguente produzione di emissioni
nocive. In particolare di tutta l’energia prodotta nel mondo il 35% proviene dal petrolio,
il 24% dal carbone, il 20% dal gas naturale, l’11% dalle biomasse, il 2%
2
E. Tiezzi, Fermare il tempo, Raffaello Cortina Editore, Milano 1996
3
H.E. Daly, Lo stato stazionario, tr. It. Sansoni, Firenze 1981
13
dall’idroelettrico, il 7% dal nucleare, lo 0,6% dal geotermico, lo 0,45% dal solare, lo
0,05% dall’eolico.
Fig. 1.1: Consumi mondiali fonti primarie di energia (1997)
Tabella 1.2: Fonti energetiche a livello mondiale
4
PAESI SVILUPPATI PAESI IN VIA DI SVIL. TOTALE MONDIALE
FONTI ENERGETICHE
EJ % EJ % EJ %
Olio 97 37 32 23 129 33
Carbone 66 25 39 28 105 26
Gas 59 23 10 7 69 17
Biomasse 7 3 48 35 55 14
Idroelettricità 16 6 7 6 23 6
Nucleare 17 6 1 1 18 4
TOTALE 262 100 137 100 399 100
% sul totale mondiale 66 34 100
Popolazioni (miliardi) 1,2 3,8 5
% di popolazione 24 76 100
4
Fonte: World Energy Conference (1989)
20%
35%
24%
7%
2%
12%
Gas naturale
Petrolio
Carbone
Nucleare
Idroelettrica
Altre fonti
14
L’Unione Europea importa il 50% del proprio fabbisogno energetico e più del 75% di
petrolio grezzo con una domanda in crescita a un tasso dell’1,9% annuo, alla quale si
potrà far fronte, in mancanza di alternative, solo a costo di ulteriori rischi ambientali.
A livello di Unione Europea il mercato ammonta a circa 1.370 Mtep (milioni di
tonnellate equivalenti di petrolio) dei quali il 42% derivanti da petrolio e la rimanente
parte fornita dal gas naturale, dai combustibili solidi e da altre fonti. Ciò corrisponde a
consumi pro – capite variabili fra 2,5 t/anno per la Spagna e 11,9 t per il Lussemburgo
(Italia 2,9 t) con una media di 3,7 t.
Fig. 1.2: Distribuzione del fabbisogno EU in dipendenza del tipo di fonte energetica
45%
5%
13%
19%
18%
Petrolio
Rinnovabile
Nucleare
C.Solidi
Gas
L’utilizzo indiscriminato dei combustibili fossili contribuisce largamente al fenomeno
dell’effetto serra, causato dall’aumento della concentrazione di anidride carbonica
nell’atmosfera; tale concentrazione di CO2 è da sola responsabile di almeno metà
dell’effetto serra di origine umana e deriva soprattutto dalla combustione di fonti di
energia fossile (circa 23 miliardi di tonnellate) e dalla combustione di fonti di energia
fossile (circa sei miliardi di tonnellate).
15
Fig. 1.3: Emissioni di CO2 per macro settori energetici
33%
15%
22%
26%
4%
Combustione - energia
e industria di
trasformazione
Combustione - non
industriale
Combustione -
industria
Trasporti stradali
Altre sorgenti mobili
Nel corso degli anni ’80 la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è cresciuta in media di
1,5 ppmV (una parte su un milione di parti per unità di volume) all’anno arrivando a
365 ppmV. L’aumento della concentrazione nell’atmosfera dei gas che aggravano
l’effetto serra provoca un riscaldamento globale che ha come conseguenza
incontrollabili cambiamenti di clima con tutte le devastanti conseguenze che ne
derivano, in particolare lo scioglimento dei ghiacciai e fenomeni di desertificazione.
Inoltre negli ultimi decenni, in seguito al forte incremento nel consumo di combustibili
fossili, si è registrato un notevole aumento nel tenore di acidità delle precipitazioni. Il
fenomeno delle piogge acide sta decretando la morte di migliaia di ettari di foreste
boreali; in Germania esse hanno danneggiato seriamente circa la metà del patrimonio
boschivo mentre in Svezia e Norvegia hanno portato il ph a valori estremamente bassi,
circa 4-5 (a fronte di un ph neutro di 7 e il ph naturale della pioggia di circa 5,6),
favorendo la scomparsa di numerose specie animali e vegetali. Anche in Italia si
cominciano a sentire effetti negativi, in particolare a Milano al secondo posto nella
graduatoria delle città europee più inquinate e nella pianura padana nella quale la
produzione di anidride solforosa (SO2) supera le 200.000 tonnellate l’anno.
Secondo gli studi di enti autorevoli come l’Agenzia Nazionale per la Protezione
dell’Ambiente (ANPA) in uno scenario invariato, la concentrazione di CO2 atmosferica
potrebbe raggiungere i 560 ppmV entro l’anno 2050, portando a imprevedibili
sconvolgimenti climatici.
16
L’inquinamento dell’aria dovuto a gas di scarico (CO, SOx, NOx, benzene, ecc.) degli
autoveicoli e degli impianti di riscaldamento ha raggiunto livelli insostenibili per la
salute pubblica, soprattutto nelle aree metropolitane, nonostante l’impegno
dell’industria petrolifera ad immettere sul mercato combustibili a minor impatto
ambientale. Nella Conferenza di Kyoto del 1997 si sono delineati obiettivi mirati alla
riduzione dell’impatto ambientale dei sistemi di conversione dell’energia.
L’intendimento comune di tutti i paesi partecipanti è stato quello di ricorrere a un
massiccio uso delle fonti di energia rinnovabile al fine di contenere l’inquinamento di
CO2. L’obiettivo dell’Unione Europea consiste nella riduzione, entro il 2010, delle
emissioni di un 15% rispetto al 1990, mentre per l’Italia tale riduzione è del 6,5%.
L’Agenzia Europea dell’ambiente (European Environment Agency) riporta, nella sua
relazione annuale sul trend delle emissioni, dal 1990, anno di base deciso dalla
conferenza di Kyoto, al 2002, che le emissioni nei 15 paesi dell’UE sono scese di un
2,9%, un risultato molto modesto e da migliorare ad ogni costo. Le emissioni di CO2
sono aumentate di un 1,4 % a causa della crescente domanda di traffico autostradale;
d’altra parte questo aumento è stato compensato da riduzioni di emissioni di metano
(CH4) e di N2O. Le emissioni di metano sono scese del 23% nell’intero periodo, mentre
le emissioni di anidride solforosa sono scese del 16,5%, grazie alla riduzione della
produzione di acidi adipici, utilizzati nella manifattura del nylon.
Fig. 1.4: Riduzioni di emissioni inquinanti dal 1990 al 2002 in Europa
5
In conclusione di tutti i vincoli imposti all’energia, quello ambientale sarà
probabilmente il fattore che condizionerà maggiormente i criteri della pianificazione
energetica per il futuro. Un più sostenibile futuro energetico, con diminuzione delle
5
Fonte: European Environment Agency, “Annual European Community greenhouse gas inventory 1990 – 2002 and
inventory report 2004”
17
emissioni di inquinamento, può essere realizzato soltanto attraverso una miscela
radicale di opzioni tecnologiche e di indirizzi politici, che dovrebbero comprendere: un
uso finale più efficiente dell’energia e maggiori economie di combustibile, l’abbandono
del combustibile carbone in favore del gas naturale e un maggior uso di fonti
energetiche rinnovabili.
1.1.3. Lo scenario energetico italiano
L’Italia importa dall’estero l’80% delle materie prime energetiche e il 15%
dell’elettricità. Questa situazione di forte dipendenza rende il Paese molto vulnerabile
rispetto alle continue oscillazioni del prezzo dei combustibili fossili.
Al contempo la superficie agricola coltivata è passata dai 18 milioni di ha del 1966 ai
13,2 milioni del 2000 (5° Censimento generale dell’agricoltura, ottobre 2000),
dimostrazione di un fenomeno accentuato di spopolamento rurale e di fragilità del
comparto agricolo, con conseguenza di squilibri di natura economico sociale, problemi
di gestione del territorio, rischi idrogeologici ecc. E’ urgente e necessario riuscire a
convertire questa tendenza orientando l’agricoltura nazionale verso produzioni non
eccedentarie e promuovere fonti integrative di reddito a partire dalle zone più
svantaggiate.
Fig. 1.5: Distribuzione del fabbisogno italiano in dipendenza del tipo di fonte energetica
25%
7%
4%
8%
56%
Petrolio
Rinnovabile
Nucleare
C.Solidi
Gas
18
In seguito alla conferenza di Kyoto la nuova sensibilità verso le problematiche
ambientali ha contribuito alla stesura del Programma Nazionale Energia Rinnovabile
da Biomasse – PNERB (1998) elaborato dal Ministero per le Politiche Agricole e
Forestali e alla realizzazione della Conferenza Nazionale Energia e Ambiente (CNEA),
tenutasi a Roma nel novembre 1998 con l’intento di impostare una politica chiara in
tema di rapporto fra Energia e Ambiente.
Il Libro Verde per la Valorizzazione Energetica delle Fonti Rinnovabili (1998)
costituisce la prima tappa di un percorso di valorizzazione delle energie da fonti
rinnovabili, di cui, per la prima volta venivano stimate le effettive potenzialità. Nel 1999
fu presentato il Libro Bianco per la Valorizzazione Energetica delle Fonti Rinnovabili
che affronta una valutazione critica del Libro Verde messo in relazione con Istituzioni
pubbliche e private. Al Libro Bianco fanno riferimento le attività di ricerca in tema di
sviluppo di energie alterative.
1.1.4. Le fonti rinnovabili
Un importante contributo al futuro energetico viene offerto dalle fonti rinnovabili. La
radiazione solare costituisce il motore primo di tutte le fonti rinnovabili. L’energia
solare, in alcuni casi in modo diretto (termico e fotovoltaico) ed altri in modo indiretto
attraverso processi metereologici di trasformazione nella troposfera, si trasferisce in
nuove fonti di energia (cinetica nel vento, idraulica nella pioggia, chimica nella
vegetazione e fotosintesi, termica nei fluidi riscaldati, elettrica nei semiconduttori). Da
notare che persino l’energia chimica contenuta negli idrocarburi deriva dalla radiazione
solare attraverso processi di trasformazione delle biomasse avvenuti in tempi geologici.
Ogni anno il sole invia sulla Terra una quantità di energia radiante pari a 5,6 x 10² joule,
in proporzione oltre 10000 volte superiore a tutta l’energia che l’umanità consuma ogni
anno.
Non a caso quindi la fotosintesi è chiamata da Tiezzi (1996) il “Talismano verde della
vita”, in grado di garantire un flusso di energia proveniente da una fonte esterna per gli
esseri viventi.
Si hanno così i seguenti giacimenti di energia rinnovabile che nella accezione corrente
vengono anche identificati con la fonte:
•Idraulico
•Eolico
19
•Biomassa
•Termico
•Fotovoltaico
Si può considerare energia rinnovabile quando il ricambio dell’energia erogata avviene
in tempi brevi, confrontabili almeno con quelli delle altre attività umane, cioè con la
durata di vita di una generazione.
Un corollario di questa definizione mette in luce un altro aspetto essenziale delle fonti
rinnovabili: se l’uomo preleva energia dai rispettivi giacimenti con un ritmo compatibile
con la costante di tempo di rinnovabilità, l’energia del giacimento non si esaurirà mai.
Ciò equivale a dire che le fonti rinnovabili sono inesauribili. Questa considerazione
spiega immediatamente perché gli idrocarburi non possano essere considerati come
fonte rinnovabile. Infatti, il prelievo umano sta avvenendo con un ritmo di gran lunga
più veloce del tempo di rinnovabilità, che si misura in milioni di anni, e pertanto, i
giacimenti si esauriranno presto.
E’ bene ricordare anche che l’uso degli idrocarburi produce una gran quantità di
effluenti inquinanti, mentre le fonti rinnovabili o non producono alcun affluente durante
l’uso o producono anidride carbonica che viene recuperata nel ciclo naturale della fonte,
come è nel caso delle biomasse.
In definitiva le fonti rinnovabili sono caratterizzate da due attributi:
•Sono pulite
•Sono inesauribili
1.1.4.1. Risorse mondiali, europee e nazionali di biomassa
Tra le fonti rinnovabili le biomasse occupano un posto di rilievo sia per il loro
contributo al soddisfacimento dei fabbisogni energetici mondiali, sia per le loro
implicazioni in settori extraenergetici. Infatti la biomassa può offrire una possibile
soluzione ai diversi e scottanti problemi derivanti dall’uso delle fonti tradizionali,
nonché contribuire alla risoluzione dei problemi dell’agricoltura ed allo smaltimento dei
rifiuti urbani ed agricoli.
Con il termine “biomassa” si intende quindi l’insieme di tutte le sostanze di origine
biologica non fossile: materiale e residui di origine agricola, forestale, prodotti
secondari e scarti dell’industria agro-alimentare, ma anche rifiuti urbani organici. Più
sinteticamente possiamo usare la definizione di Grassi (2004): materiale organico
prodotto con il materiale di fotosintesi.
20
Tali sostanze possono essere trasformate in combustibili solidi, liquidi o gassosi oppure
in prodotti chimici sostitutivi di altri prodotti derivati dal petrolio. Specificatamente nel
contesto italiano, fra le principali risorse di biomassa troviamo i residui agricoli (paglie
di cereali, residui verdi), residui forestali e della lavorazione del legno (frascumi,
ramaglie, scarti), residui agro-industriali e dell’industria alimentare (vinacce, sanze,
panelli oleosi), rifiuti organici, reflui zootecnici e colture energetiche erbacee ed arboree
dedicate.
Nell’ottica di diversificazione delle fonti rinnovabili, lo sfruttamento a fini energetici
delle biomasse rappresenta per l’Italia un importante giacimento energetico potenziale,
che potrebbe permettere di ridurre la vulnerabilità nell’approviggionamento delle risorse
energetiche e limitare l’importazione di energia elettrica.
Attualmente le bioenergie coprono circa il 14% dell’energia consumata in tutto il
mondo e circa il 3-4% del fabbisogno energetico europeo e rappresentano il 70%
dell’intero apporto delle fonti rinnovabili. Il contributo energetico delle biomasse varia
notevolmente da nazione a nazione. Nei paesi più avanzati la percentuale di biomassa
oscilla dallo 0,2% del Belgio a valori di punta di rispettivamente 17, 15 e 12% di
Finlandia, Svezia e Austria con un valore medio generale di 3,5%. Nella seguente
tabelle vediamo il grafico delle bioenergie (comprendenti biomasse) relativo ai singoli
paesi:
Fig. 1.6 Bioenergie relative ai singoli paesi dell’UE
1,0%
1,2% 1,3%1,3%
2,0%
2,0%
3,3%
3,4%
3,5%
3,8%
4,6%
8,5%
9,1%
10,0%
15,7%
19,4%
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
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Bioenergy Other RES
21
Per quanto riguarda l’Italia la produzione di energia da biomasse e da rifiuti è una realtà
consolidata nel tempo.
I soli residui e rifiuti organici ammontano ogni anno in Italia a circa 67 milioni di
tonnellate di sostanza secca, con un contenuto energetico di 335 TWh pari a circa 27
milioni di tep, di cui è utilizzato come potenziale energetico soltanto un 10 – 15%. Il
contributo della fonte biogenica alla copertura del bisogno energetico nazionale (circa
180 Mtep/anno) è modesto e rappresenta solo il 2%. Nell’UE si producono 65
Mtep/anno di energia da biomasse, ma si prevede che tale produzione possa passare a
130 Mtep/anno entro il 2010. Nei paesi in via di sviluppo, invece, le biomasse coprono
mediamente il 48% del fabbisogno energetico interno con punte superiori al 90%,
costituendo uno scenario ben differente dai citati paesi “sviluppati”.
Il Libro Bianco Europeo sulle Risorse Rinnovabili (1997) prevede che l’utilizzo della
biomassa potrà consentire, entro il 2010, un risparmio di combustibili fossili di almeno
45 Mtep/anno, di cui i 2/3 attraverso il recupero di residui e sotto prodotti forestali,
agricoli e dell’industria del legno, ed 1/3 di colture dedicate.
Tab. 1.3: Risorse mondiali di biomassa
Stock mondiale di biomassa ~ 370 Md TEP/a
Terrestre: ~ 80 Md TEP/a
Produzione di biomassa Acquatica: ~ 20 Md TEP/a
Min: ~ 2,1 Md TEP/a
Med: ~ 6,6 Md TEP/a
Stime potenziali residui di biomassa (nel 2100)
Max: ~ 28,3 Md TEP/a
Consumo totale energia (2000): ~ 9 625 Md TEP/a
Md TEP: miliardi di Tonnellate Equivalente di Petrolio (~ 2,4 t biomassa secca)
Fonte: Guidi (2004)