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stato qualcosa di molto dinamico, ha assunto forme diverse e
caratterizzazioni specifiche.
La Politica di Non Allineamento è imprescindibile dagli avvenimenti
che, all’epoca della sua nascita, dominavano lo scenario internazionale.
La “guerra fredda” è stata l’occasione che ha creato un’attiva solidarietà
tra gli Stati non impegnati e che rifiutavano questa rivalità.
Non bisogna però dimenticare che ci troviamo in un periodo del
secolo scorso molto delicato anche per altri motivi che hanno aumentato le
tensioni fra le due superpotenze. Era da poco finito il secondo conflitto
mondiale e le sue conseguenze erano evidenti: l’Europa, fino ad allora
centro del mondo, fu ridimensionata da due potenze mondiali, Stati Uniti
ed Unione Sovietica. L’emergere di questa nuova realtà ampliò l’area
geografica delle decisioni storiche. Inoltre, altro fattore di importanza
fondamentale fu l’introduzione delle ideologie come fattore dominante
nelle relazioni internazionali. Ideologie profondamente diverse.
Al di là dell’affermazione di queste due superpotenze, la seconda
guerra mondiale ha portato alla concretizzazione di quanto già era iniziato
con la fine della prima guerra mondiale, una rivoluzione storica di enorme
portata: la decolonizzazione definitiva dei continenti asiatico e africano. Si
è trattato di una rivoluzione nel vero senso della parola: mai prima di
allora così tanti nuovi paesi e tanti nuovi popoli, acquisendo la propria
indipendenza, entrarono a far parte della comunità internazionale e a
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relazionarsi in questo nuovo contesto. Ciò avvenne in modi e tempi diversi
come diverse erano le culture e la storia delle genti coinvolte. I nuovi
protagonisti della storia erano uniti però, nell’intento di far emergere la
propria voce e rivendicare i propri diritti, per troppo tempo calpestati.
Infatti, già quando combattevano negli eserciti delle loro madri patria,
vedevano nella guerra l’occasione per ottenere la libertà nazionale e per
non essere più un’appendice economica e politica delle grandi potenze.
Una delle manifestazioni di questo volere essere uniti e presenti
nella ribalta mondiale è stata il Non Allineamento. Nell’analisi di questo
fenomeno sarà necessario quindi, soffermarsi sulle sue origini, sui perché
della nascita, su che cosa li ha portati a cooperare, sui loro principi e
obiettivi. Tutto questo ci aiuterà a comprendere meglio il suo successo
immediato.
Il rifiuto di identificarsi con le posizioni dell’Est e dell’Ovest trovò a
Bandung, nella prima Conferenza afro–asiatica del 18–24 aprile del 1955,
la prima manifestazione concreta dell’atteggiamento neutralista di questi
paesi.
Partendo da una matrice essenzialmente asiatica delle posizioni di
equidistanza, è stato interessante analizzare come si è poi arrivati ad una
prevalenza di caratterizzazioni africane, in seguito soprattutto alla
conquista dell’indipendenza da parte di gran parte dei paesi africani.
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In questi anni inizia a prendere forma quello che in seguito, nel
1961 a Belgrado, verrà chiamato Movimento dei Non Allineati, una vera
struttura organizzata a livello internazionale con propri principi, criteri
d’appartenenza ed obiettivi.
Ma come è possibile che paesi tanto diversi fra loro siano riusciti a
formare un gruppo affiatato, in grado di condizionare in certe occasioni la
direzione della politica internazionale? Rispondere a tali domande non
sembra facile, ma non bisogna trascurare nell’analisi del Non
Allineamento africano fenomeni caratteristici del continente nero quali il
panafricanismo e l’Organizzazione per l’Unità Africana. Sia l’uno che
l’altra sono stati importanti per creare quella solidarietà continentale che
ha unito questi paesi nella lotta per l’affermazione di principi quali
l’autodeterminazione dei popoli o la condanna dei regimi di apartheid.
Ma, oltre a sottolineare i meriti dell’O.U.A. , ne sono stati evidenziati i
limiti, limiti che hanno in seguito messo in discussione la sopravvivenza
dell’organizzazione stessa.
La parte centrale di questo lavoro prende in esame il ruolo dei paesi
africani non allineati nella politica internazionale. Non pochi cambiamenti
li hanno visti protagonisti e promotori. Questo, soprattutto grazie
all’organizzazione internazionale per eccellenza: le Nazioni Unite.
I Paesi Non Allineati hanno riconosciuto in questo organismo il
mezzo, e ovviamente, il luogo per far valere i propri principi e per lottare
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per i propri obiettivi. Cambiamenti a livello istituzionale
dell’Organizzazione hanno agevolato l’azione dei Non Allineati, ma anche
l’unione e l’appoggio di organizzazioni regionali e nazionali sono stati
fondamentali.
L’ingresso nelle Nazioni Unite fu visto dai Paesi afro–asiatici come
uno strumento attraverso il quale esercitare il diritto di tutti gli Stati
all’uguaglianza e ad un’attiva partecipazione agli affari internazionali.
Fondamentale per questa loro missione in seno all’Organizzazione fu la
risoluzione del 1950 “Uniti per la pace” con la quale nell’ipotesi in cui il
Consiglio fosse stato posto nell’impossibilità di agire per mancata
unanimità dei suoi membri permanenti, in caso di minaccia o violazione
della pace o di atto di aggressione, consentiva all’Assemblea Generale di
sostituirsi al Consiglio mediante la propria convocazione in sessione
speciale d’emergenza al fine di adottare le misure collettive necessarie
(anche la forza armata) per ristabilire la pace e la sicurezza
internazionale.
Parallelamente al progressivo affermarsi di una funzione
preponderante dell’Assemblea Generale nel mantenimento della pace e nel
campo politico, si è intensificato l’afflusso dei piccoli Stati di recente
indipendenza. Questa coincidenza ha potenziato l’influenza degli Stati
minori, ma numericamente più forti, che trovavano l’opportunità di
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pronunciarsi in merito a questioni importanti su cui verteva il contrasto,
all’epoca molto acceso, delle grandi potenze.
Lo sviluppo di una tendenza democratica nelle Nazioni Unite attraverso il
potenziamento di un’assemblea rappresentativa di tutti gli Stati membri in
contrapposizione all’oligarchia dei “grandi” nel Consiglio di Sicurezza,
ha favorito sia il gioco di massa dei piccoli Stati sia il prestigio singolo di
ognuno di essi. Nel ’63 questi paesi riuscirono ad affermare ulteriormente
la loro presenza e importanza all’interno dell’Assemblea Generale
dell’O.N.U. grazie alla risoluzione n°1991 dell’Assemblea, relativa alla
modifica dello Statuto dell’Organizzazione che stabiliva un aumento del
numero di paesi sia al Consiglio di Sicurezza sia al Consiglio Economico e
Sociale, riservando determinate quote proprio agli afro–asiatici.
Bisogna sempre tener presente un fattore di importanza cruciale:
la“guerra fredda” fra USA e URSS. Tutto ciò di cui si è parlato fino ad ora
è avvenuto in un momento storico molto delicato per gli equilibri
internazionali, caratterizzato da questa rivalità che si è riflessa sul
continente nero e sui suoi interessi. Non è stato facile per i nuovi Paesi
africani, inesperti e con scarse cognizioni politiche, scegliere la via
dell’equidistanza, rifiutare di far parte di un mondo piuttosto che di un
altro, in un periodo in cui il proprio paese aveva bisogno di nascere e
svilupparsi. Si vedrà, quindi, come le due superpotenze sono intervenute
nel neutralismo africano e come lo scontro tra di esse, in primo luogo in
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seno alle Nazioni Unite, ha condizionato i Paesi Non Allineati africani.
Queste tensioni hanno fatto sì che spesso si verificassero incomprensioni e
contrasti all’interno del movimento.
Si è scelto di dedicare una piccola parte del lavoro ad un particolare
atteggiamento che all’epoca era frequente all’interno dell’Assemblea delle
Nazioni Unite. Vista la maggioranza dei Paesi afro-asiatici, uniti spesso in
coalizioni - “Gruppo dei 77” e “Non Allineati” - sia le superpotenze sia le
altre nazioni praticavano il “voto di scambio” con questi: i termini dello
scambio erano il voto in cambio di aiuti economici. Anche l’Italia non si
tirò indietro alla possibilità di chiedere appoggio “condizionato” a questi
paesi e il caso verrà proposto ad esempio del “do ut des” in seno
all’Assemblea.
L’ultima parte del lavoro sarà dedicata a come il Movimento dei
Non Allineati ha affrontato la distensione tra le due superpotenze e, quindi,
a come si è saputo relazionare con una realtà storica diversa da quella
presente al momento della sua nascita. Fondamentalmente sono state
analizzate le cause che hanno portato i Paesi Non Allineati ad assumere
posizioni tra loro diverse su questioni importanti e soprattutto, di come la
mancanza dell’unità in seno al movimento abbia segnato l’inizio della sua
fine.
Ciò che poi contribuì all’esaurimento dell’azione dei Non Allineati
fu anche il fatto che, essendo venuto meno il contrasto tra USA e URSS,
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essi non erano più una pedina cruciale nella politica internazionale.
Quando, con la caduta del muro di Berlino, fu chiaro a tutto il mondo che
l’Unione Sovietica di lì a poco sarebbe implosa su se stessa, i Paesi
africani furono abbandonati a loro stessi e i termini del confronto spariti.
Quali conseguenze ciò ha provocato per i paesi africani?
Questo stato di cose si è riflesso negativamente all’interno dei Non
Allineati che si sono illusi, nonostante gli eventi internazionali che stavano
cambiando gli equilibri mondiali, di poter mantenere il posto che avevano
sempre occupato nell’arena internazionale. Inoltre si dimostrarono ingenui
nel pensare che avrebbero continuato a ricevere gli aiuti, soprattutto
economici, sia dagli Stati Uniti che dall’ormai ex – Unione Sovietica. Tutto
questo invece, è venuto a mancare improvvisamente provocando prima di
tutto crisi economiche, seguite da crisi istituzionali e sociali che hanno
contribuito all’instabilità odierna del continente africano.
Il Movimento del Non Allineamento è stato un protagonista della
politica internazionale dagli anni ’60 fino alla fine degli anni ’80, quando
ormai la sua azione si era conclusa e quando doveva mettersi in gioco
come forza autonoma.
La sua storia è stata caratterizzata da alcuni successi nel campo dei diritti
umani, in particolare per la lotta contro l’apartheid e per l’affermazione
dell’auto determinazione dei popoli, ma non è stato esente dal collezionare
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fallimenti, primo fra tutti la mancata approvazione del Nuovo Ordine
Economico Internazionale.
Il movimento dei non allineati ha continuato ad esistere e i Paesi si
riuniscono periodicamente per discutere problematiche nuove, specchio
della contraddizione nord -sud del mondo di oggi; ma l’attività del NAM
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non è tenuta nella giusta considerazione nell’ambito della politica
internazionale e il suo valore politico–sociale non riesce sempre ad
emergere.
Concludendo, si può dire che i paesi non allineati hanno svolto in un
certo periodo storico preciso un ruolo fondamentale nella politica
internazionale, riuscendo a dare impulsi nuovi e ad introdurre tematiche
che li hanno visti protagonisti. Sono stati in grado di mettere in discussione
le decisioni prese dall’arena internazionale senza i loro contributi, quando
ancora non erano indipendenti. Poi, con la scomparsa dei termini del
confronto, la loro azione è progressivamente venuta meno, lasciando una
testimonianza importante di un periodo storico ben determinato.
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NAM: Non Aligned Movement – Movimento del Non Allineamento.
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CAPITOLO PRIMO:
“LA POLITICA DEL NON ALLINEAMENTO”
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Paragrafo 1. Definizione di “non – allineamento”.
Il non allineamento è stato un fenomeno storico, politico ed
ideologico, consistito nel rifiuto da parte dei Paesi di nuova indipendenza,
dapprima dell’Asia e in seguito dell’Africa, di schierarsi a fianco dei due
blocchi contrapposti durante la guerra fredda.
In questo modo si è realizzata la manifestazione principale della scelta dei
Paesi Non Allineati, ma fermarsi a questa spiegazione piuttosto superficiale
del fenomeno è riduttivo e non ne aiuta a capire i suoi sviluppi.
Analizzando in maniera più approfondita il non allineamento si
scopre che questo fenomeno, nuovo e unico nella politica internazionale di
quel periodo, ha assunto diversi profili, da quello storico a quello politico, e
ancora, da quella ideologico a quello puramente strategico.
Innanzitutto è necessario collocare storicamente e geograficamente il
non allineamento.
Il sentimento che si sarebbe poi manifestato e concretizzato in questo
fenomeno era nato e cresciuto già durante la seconda guerra mondiale, o
meglio, nei rapporti interni alle forze che parteciparono al conflitto. I
popoli coloniali vedevano la guerra, che stavano combattendo a fianco
delle loro madrepatria, come l’occasione per ribadire la propria voglia di
indipendenza, autonomia e libertà. Fra queste genti la guerra si era
trasformata in guerra di liberazione dei popoli, in lotta per la
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democratizzazione dei rapporti internazionali e per il progresso sociale,
aprendo nuovi orizzonti per lo sviluppo delle relazioni internazionali e
della storia.
Con la fine della seconda guerra mondiale fu decretata la fine
dell’imperialismo e la possibile affermazione del socialismo, con la
conseguente occasione di rendere reali i principi che tale dottrina
promuoveva: uguaglianza, cooperazione fra le genti e assistenza reciproca
fra i popoli liberi. Questi cambiamenti hanno prodotto e sviluppato un
potente sentimento di emancipazione dei popoli. Inoltre, hanno fatto sì che
potesse continuare, rafforzarsi e concludersi definitivamente la
decolonizzazione dell’Asia e dell’Africa, processo già iniziato con la fine
della prima guerra mondiale.
I popoli non volevano più essere oggetto passivo nell’ambito della
nuova spartizione del mondo che si stava prospettando all’orizzonte.
Quando questi nuovi Stati indipendenti emersero sulla scena politica
internazionale, i rapporti tra le grandi potenze avevano già preso forma.
L’equilibrio politico mondiale si basava su due superpotenze che si
contendevano le grandi zone di influenza. I nuovi Stati ereditarono una
posizione in un mondo con determinati schemi che non avevano
collaborato ad elaborare, ma nei quali dovevano necessariamente inserirsi
per non restare esclusi e invisibili nella ribalta internazionale. Essi erano
consapevoli che la proclamazione dell’indipendenza politica non era
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sufficiente ad eliminare la disuguaglianza, in termini soprattutto di sviluppo
economico, creata dal colonialismo. Allo stesso tempo però, si rendevano
conto che schierarsi con l’uno o l’altro blocco e accettare “aiuti” da questi
paesi, non gli avrebbe permesso di affermare la loro più completa
autonomia, con il rischio poi di riportarli ad una condizione di nuova
sottomissione.
Nonostante le profonde differenze tra i nuovi Paesi, c’era un sentimento
che li accomunava tutti e su cui concordavano: la necessità di affermare la
propria identità di Stati indipendenti, la propria autonomia e la libertà di
godere della parità dei diritti, anche e soprattutto con gli altri Stati. Per
poter rendere reali i propri bisogni i paesi afro – asiatici erano certi nel
sostenere che tutto ciò sarebbe stato possibile solo e unicamente in un
clima di pace e di coesistenza pacifica. Il loro obiettivo era quindi tutto
l’opposto di quello che, invece, stava accadendo nel mondo, ossia
l’affermazione di un equilibrio tra le due potenze, Stati Uniti ed Unione
Sovietica, basato sul terrore che l’una potesse annientare, non solo l’altra,
ma tutto il pianeta.
Consapevoli del pericolo che tutta l’umanità stava correndo, gli afro
– asiatici scelsero di continuare e concludere, prima di tutto, la loro lotta
per la definitiva liberazione dal colonialismo, per poter poi promuovere la
pace e il disarmo. Nell’attuare questa loro politica non si allinearono né con
l’uno né con l’altro schieramento, in virtù soprattutto dell’incompatibilità e
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dell’inconciliabilità dei rispettivi obiettivi e delle rispettive posizioni. Anzi,
dal bisogno di manifestare la propria volontà differente, nacque una terza
via, quella dei non allineati con le superpotenze, ma degli schierati contro
le minacce che la guerra fredda portava alla loro indipendenza, alla
sicurezza internazionale e, in definitiva, alla pace.
Quindi si è passati da un accezione negativa del non allineamento, in
quanto negazione, rifiuto di prendere una posizione, ad una accezione
positiva, perché propositiva di qualcosa di diverso. Questi paesi, unendosi e
coordinando le loro azioni, ribadivano il fatto di non rappresentare
assolutamente quel “vuoto di potere” necessario da colmare, secondo la
politica egemonica delle superpotenze, ed in particolare degli Stati Uniti.
Piuttosto, affermavano la loro presenza, promovendo con forza i principi in
cui credevano. La loro scelta è sembrata essere una delle possibili vie per
poter esercitare, seppur nell’evidente debolezza di ognuno di questi Stati,
una qualche influenza in ambito internazionale.
Il non allineamento ha costituito il substrato politico – ideologico di
quello che stava emergendo come “Terzo Mondo”, inteso come quel
grande insieme di Paesi espressione di una tendenza socio – storica unica e
nuova, in lotta per la conquista della propria personalità. La loro visione del
futuro, le loro necessità, i loro obiettivi e, principalmente, la loro storia era
diversa e incompatibile con l’idea che il mondo potesse essere o solo
democratico in senso occidentale o solo comunista in senso sovietico.
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Una delle principali caratterizzazioni che il non allineamento ha
assunto sin dalla sua prima comparsa è stata quella di neutralismo. Bisogna
chiarire che per neutralismo si intende indipendenza nelle scelte, non
disinteressamento. In questo senso il neutralismo è stata una delle
principali, se non la principale, caratteristica del non allineamento. Si è
trattato del rifiuto di aderire all’uno come all’altro degli schieramenti, ma
anche e soprattutto, di impegno nell’intervenire in quella situazione di
tensione internazionale per modificarla e per far sì che sempre più zone del
mondo resistessero all’influenza delle grandi potenze. Quindi neutralismo
non come fatto statico e passivo, ma come qualcosa di dinamico, di forza
attiva.
In più, sia ragioni di carattere economico, come la paura che
l’adesione ad un blocco precludesse la possibilità di ricevere assistenza
finanziaria e tecnica dall’altro blocco, sia ragioni di strategia diplomatica,
quale il desiderio di mantenere un ampio spazio di manovra nella politica
internazionale, furono alla base della scelta neutralista di gran parte degli
Stati di nuova indipendenza. Esiste però, un’altra ragione di fondo: questi
Stati erano convinti che presentarsi insieme sulla scena mondiale era il solo
modo per rafforzare il peso di ogni paese.
Il non allineamento quindi non può essere compreso se non si
analizzano in specifico le sue origini e le sue sfaccettature.