cospetto del magistrato in merito al fatto che il conto fosse vero e reale; tale
giuramento era consacrato in un rogito del segretario camerale.
1
§ 2.2. L’esame dei conti comunali e provinciali prima dell’unificazione.
2
Diverso era in Piemonte il sistema seguito per l’esame dei conti dei
comuni poiché essi non erano resi ad un magistrato ma assoggettati ad un
controllo meramente amministrativo.
Il contabile presentava il conto al comune e sul conto deliberava il
Consiglio comunale raddoppiato (cioè quello che si riuniva per affari di
grande importanza), il quale dichiarava il conto regolare se nulla era stato
omesso da parte del contabile e provvedeva anche in merito ad eventuali
reclami ed opposizioni. Successivamente, la deliberazione relativa al conto
veniva pubblicata ed inviata all’intendente il quale dava notizia
dell’approvazione del conto al comune che ne inviava copia al contabile.
Procedimento analogo veniva seguito nelle amministrazioni provinciali.
1
Per ulteriori approfondimenti si veda O. SEPE, Trattato di diritto amministrativo - La
giurisdizione contabile, Vol. XVI, Cedam, Padova, 1997, pagg. 100 e segg.
2
Per ulteriori approfondimenti si veda O. SEPE, op. cit., pagg. 103 e segg.
CAPITOLO PRIMO
SOGGETTI ED OGGETTO DEL GIUDIZIO DI
CONTO
1. La figura dell’agente contabile.
L’espressione “agente contabile” si ritrova spesso nelle norme di
contabilità pubblica, nelle sentenze della Corte dei conti e nelle opere di
dottrina, tuttavia, l’individuazione della figura dell’agente contabile non è
agevole. Né la legge né il regolamento di contabilità dello Stato contengono,
infatti, una precisa definizione. Dottrina e giurisprudenza, pertanto, hanno
ricostruito la nozione di contabile basandosi sulle norme che prevedono
l’obbligo di resa del conto giudiziale.
3
Tali norme sono costituite dall’articolo 74 della legge di contabilità
dello Stato, dagli articoli 178 e 610 del relativo regolamento (regio decreto 23
maggio 1924, n. 827) e dall’articolo 44 del testo unico delle leggi sulla Corte
dei conti:
- l’articolo 74 citato, modificato dall’articolo 1 del d.P.R. 30 giugno 1972, n.
627, con specifico riferimento all’obbligo di resa
3
M. CANTUCCI, Il giudizio sui conti degli agenti contabili dello Stato, Padova, 1958, pagg. 50 e
segg.; A. BENNATI, Manuale di contabilità di Stato, Jovene, Napoli, 1987, pagg. 533 e segg.
CAPITOLO SECONDO
LA RESPONSABILITA’ CONTABILE
1. Precisazioni introduttive.
Dare una nozione di responsabilità contabile, cercare di individuarne la
natura ed il regime giuridico, precisarne gli elementi costitutivi è uno dei
compiti più complessi che si sia tentato di risolvere fin dall’inizio del secolo
scorso.
Sicuramente le difficoltà derivano dal fatto che, in materia, vi sono
scarse e disorganiche disposizioni legislative, contraddittorie decisioni
giurisprudenziali, nonché incerte posizioni dottrinali.
Persino la locuzione “responsabilità contabile” può assumere significati
diversi, cosicché non è piana, né condivisa unanimemente nemmeno la
definizione di questa responsabilità, tanto è vero che nessuna norma di diritto
positivo, dall’unità d’Italia ad oggi, ne ha mai fornita una.
Si può dire che la responsabilità in oggetto è stata vista come un istituto
“implicito”, estrapolato da contesti normativi concernenti procedimenti
contabili, e che le radici di questa responsabilità si possono ritrovare nelle
norme sul processo contabile.
Viste le difficoltà che la materia in questione presenta, si è pensato di
impostare il tema, in questo lavoro, privilegiando la chiave storica, con una
ricostruzione che parte da brevi cenni legislativi relativi al periodo precedente
l’unità d’Italia, per poi passare in rassegna i decenni successivi in maniera più
ampia e terminare con una carrellata delle più recenti leggi in materia. Tutto
ciò trattando separatamente la parte legislativa, la giurisprudenza e la dottrina,
di modo che risulti più semplice fare dei raffronti, sia sul piano cronologico
tra periodi diversi, sia sul piano dei tre fondamentali cardini di indagine
(appunto: legislazione, giurisprudenza, dottrina).
E’ d’uopo precisare che nella trattazione che segue si è escluso
qualsiasi approfondimento relativo agli enti locali, sui quali si troverà solo
qualche breve cenno. Ciò non è dovuto ad una scarsa attenzione
all’argomento, ma, al contrario, semplicemente al fatto che si parlerà delle
autonomie locali in un capitolo a sé stante, dato lo spessore rivestito dal tema
in campo contabile.
Prima di iniziare a parlare in maniera dettagliata della responsabilità
contabile, resta ancora da enucleare una breve nozione degli elementi che
connotano la responsabilità in generale, così da cogliere subito le
caratteristiche relative a tale istituto che, nel prosieguo, come accennato,
risulteranno complesse.
Gli elementi di cui sopra sono:
- la condotta antigiuridica che si concreta nella violazione delle norme
stabilite dall’ordinamento giuridico;
- l’evento dannoso, cioè la lesione dell’interesse pubblico;
- il nesso di causalità, vale a dire il legame consequenziale tra la
condotta dell’agente e l’evento dannoso prodotto;
- l’elemento psicologico (dolo, colpa o negligenza) che è posto in
essere dall’autore del danno.
CAPITOLO TERZO
ASPETTI PROCESSUALI
1. L’instaurazione del giudizio.
§ 1.1. La presentazione spontanea del conto e le relative
problematiche.
Il conto giudiziale può essere depositato dall’agente contabile
direttamente presso la segreteria del giudice contabile (la Sezione
giurisdizionale regionale della Corte dei conti competente per territorio, da
ora Sezione o Sezione giurisdizionale) oppure, in alternativa, può essere
consegnato all’amministrazione di appartenenza, la quale provvederà
d’ufficio al deposito, dopo aver effettuato la parificazione (cfr. pag. 30 con
nota 25).
In ambedue le ipotesi il giudizio si instaura ipso iure con la
presentazione del conto (alla Corte o all’amministrazione – cfr. pag. 110 e
segg.).
Gli agenti contabili degli enti locali consegnano sempre il conto all’ente
di appartenenza, il quale dovrà poi trasmetterlo d’ufficio alla Corte dei conti
dopo aver deliberato il rendiconto della gestione (articolo 233, testo unico
degli enti locali), che rappresenta un dovere istituzionale.
4
Nel caso in cui l’amministrazione non provveda alla trasmissione, al
giudice contabile, del conto ad essa consegnato dall’agente, non è possibile
4
Contra M. ORICCHIO, La giustizia contabile, Napoli, 1988, pagg. 217 e segg., secondo cui
sarebbe preferibile un’interpretazione del complesso normativo nel senso che il tesoriere dell’ente
locale presenti comunque il documento direttamente alla Corte, la quale avrebbe poi la possibilità di
richiedere la relativa documentazione.
attivare il procedimento per la resa del conto, avendo l’agente soddisfatto il
suo obbligo con la presentazione del conto all’amministrazione (cfr. articolo
45, comma 2, testo unico delle leggi sulla Corte dei conti).
Di fronte ad un comportamento omissivo del genere deve intervenire il
giudice contabile ordinando il deposito del conto in segreteria, eventualmente
sollecitando i poteri sostitutivi degli organi di vigilanza e di controllo (tra cui
addirittura la nomina di commissari ad acta), altrimenti l’esercizio della
giurisdizione in un settore così delicato sarebbe impedito, specie nell’ambito
degli enti locali che devono preventivamente procedere all’approvazione del
rendiconto al quale si riferisce la gestione di cassa del tesoriere.
La presentazione del conto produce un duplice effetto di diritto
processuale, vale a dire l’instaurazione del giudizio di conto e la costituzione
in giudizio del contabile.
5
5
GILENO, Profili processuali del giudizio di conto, in Foro amm., 1981, 2, pag. 2625.
CAPITOLO QUARTO
I CONTI DEGLI ENTI LOCALI
1. Precisazioni introduttive.
In questo capitolo si parlerà diffusamente dei conti degli enti locali; è
sembrato opportuno, a chi scrive, dedicare a questo argomento qualche pagina
in più ed il motivo si ritrova nel fatto che è proprio nel settore enti locali che
si sono avute le disposizioni di legge più innovative negli ultimi anni e ciò ha
fatto da trampolino di lancio per arrivare ad aggiornare anche le norme
applicabili agli agenti contabili dipendenti dallo Stato.
Le nuove norme hanno apportato, però, anche qualche difficoltà
interpretativa che è stata causa di un certo disorientamento nella materia dei
conti giudiziali. Se ne parlerà tra breve.
Non è inoltre da sottacere che gli enti locali hanno quasi sempre
rappresentato, nel vissuto concreto della Corte dei conti, un importante profilo
di discussione che, a partire dalla legge n. 142 del 1990 (recante
“Ordinamento delle autonomie locali”), ha assunto toni ancora più accentuati
a causa della difficoltà nel conciliare il controllo (della Corte dei conti) con la
crescente autonomia (degli enti).
4. Conclusioni.
Dopo aver trattato in maniera dettagliata le questioni più importanti che
riguardano i conti giudiziali degli enti locali, è bene mettere in evidenza
alcuni punti che, a parere di chi scrive, sono emersi dall’esposizione
precedente.
Innanzi tutto si percepisce che gli enti locali sono da sempre stati
interessati da disposizioni di legge che hanno risentito moltissimo del clima
politico del periodo in cui sono state emanate.
Un’affermazione del genere può sembrare banale, poiché è risaputo, ed
è “normale”, che il diritto segua le vicende politiche del Paese in cui viene
coniato. Tuttavia, nel caso degli enti locali, in relazione al giudizio di conto e
soprattutto in merito alla responsabilità contabile, ciò è più evidente che non
per le amministrazioni dello Stato. Un chiaro esempio è quello del continuo
passaggio da un esame giurisdizionale della Corte dei conti solamente sul
conto del tesoriere ad un esame esteso alla totalità della gestione dell’ente che
evidenzia la maggiore o la minore autonomia che lo Stato ha concesso agli
enti locali nei diversi periodi storici.
Un altro dato importante, poiché attuale, è quello relativo al continuo
tentativo da parte degli enti locali di sfuggire alla giurisdizione della Corte dei
conti, a volte operando anche ai limiti della legalità (ad esempio la renitenza
nella trasmissione dei conti giudiziali degli agenti contabili).
Sembra evidente da quanto detto che la tendenza del periodo attuale è
verso una maggiore autonomia (forse federalismo?).
Ancora è da citare la scarsa chiarezza del legislatore nella formulazione
delle ultime disposizioni di legge, la quale, tuttavia, ha forse avuto anche un
aspetto positivo. In effetti, il legislatore stesso è dovuto nuovamente
intervenire per stabilire un minimo di coerenza nelle norme ed ha, al
contempo, interessato anche gli agenti contabili statali, svecchiando un po’ le
disposizioni relative alla prescrizione decennale della responsabilità contabile
ed inserendo l’istituto dell’estinzione (anch’essa quinquennale) nel giudizio di
conto.
Sarebbe opportuno che gli operatori cogliessero queste innovazioni,
così come le altre relative all’abolizione dell’obbligo di trasmissione della
documentazione, nell’aspetto positivo che è poi quello di sveltire i tempi di
esame dei conti giudiziali e di ridare alla materia una certa modernità.
E’, inoltre, da sottolineare che gli enti locali, con le loro particolarità e
le loro esigenze, hanno reso viva ed attuale una materia regolata da leggi
risalenti, per lo più, al periodo fascista.
CAPITOLO SESTO
IL GIUDIZIO DI CONTO:
UN’ATTUALITA’ CONTROVERSA
1. Precisazioni introduttive.
Nei capitoli che precedono sono stati analizzati vari aspetti relativi al
giudizio di conto, quali i soggetti e l’oggetto, la procedura, l’importante tema
della responsabilità contabile, i rapporti con altri giudizi; ora, con maggiore
cognizione di causa, si possono azzardare delle valutazioni in merito
all’attualità di tale giudizio le cui origini risalgono così lontano nel tempo.
L’intento del presente capitolo, che conclude questo lavoro, è di fornire
elementi che inducano a meditare sulla centralità e sulla potenziale attualità
del giudizio di conto.
Per raggiungere l’obiettivo, si citeranno le ragioni che evidenziano
l’importanza del giudizio di cui si sta parlando, si indicheranno le difficoltà
che presenta questo istituto, soffermandosi sulle voci dubbiose circa la sua
attualità e si forniranno alcune proposte tese a rinnovare la materia in oggetto.
Infine, si esporranno e si commenteranno alcuni dati relativi al procedimento
di conto e per resa di conto della Sezione giurisdizionale regionale per il
Piemonte della Corte dei conti.
5. Conclusioni.
Da tutto quanto è stato esposto risulta che la giurisprudenza non mette
in alcun modo in dubbio la necessarietà, e a maggior ragione la necessità, del
giudizio di conto, mentre la dottrina sembra essere concorde non sulla
soppressione tout court dell’istituto in questione, che, al contrario, sembra
meritevole di essere conservato, quanto piuttosto su una sua improcrastinabile
riforma che serva ad adattarlo agli attuali valori di economicità, efficacia ed
efficienza cui devono conformarsi le pubbliche amministrazioni, nonché ai
principi del giusto processo sanciti costituzionalmente.
E’ questa anche la modesta opinione di chi scrive.
Guardando al concreto, la situazione in cui versano attualmente i
giudizi di conto non è certo entusiasmante e dalla generalizzata trascuratezza
nell’esame dei conti, da parte delle Sezioni giurisdizionali regionali, potrebbe
trarsi un superficiale giudizio d’inutilità sostanziale della funzione
giurisdizionale contabile, specialmente dopo che, in conseguenza della legge
n. 142 del 1990, è avvenuta la scissione tra conti degli agenti contabili
(tesoriere, a denaro, a materia) e conti consuntivi degli enti locali.
A parere di chi scrive sarebbero necessarie delle iniziative massicce per
riportare in auge la storica funzione della magistratura contabile.
Invero, il Consiglio di presidenza della Corte dei conti
6
è intervenuto
con molto impegno per lo smaltimento dell’arretrato nell’ambito delle Sezioni
giurisdizionali regionali.
Le iniziative hanno individuato sistemi d’incentivazione, anche con
punteggi premianti, per decisioni depositate in numero superiore a quello
stabilito dal Consiglio, in relazione ai carichi di lavoro preventivamente
stabiliti.
6
Organo di autogoverno dei magistrati contabili, istituito con l’articolo 10 della legge 13 aprile
1988, n. 117.
Va, tuttavia, rilevato che le specifiche iniziative sono state indirizzate
allo smaltimento dell’arretrato pensionistico a scapito di quello relativo ai
conti giudiziali.
In disparte la considerazione che la materia pensionistica non
costituisce attribuzione originaria della Corte dei conti, si constata che il
Consiglio di presidenza ha inteso venire incontro alle più che ragionevoli
aspettative dei presentatori di ricorsi per il riconoscimento di pensioni,
rispetto all’accertamento della correttezza e della regolarità della gestione di
denaro e di beni pubblici da parte di ciascun agente contabile, ma, nella
sostanza, ha privilegiato la tutela di interessi di singoli cittadini rispetto a
quella della generalità dei cittadini-contribuenti dai quali provengono
coattivamente le risorse gestite dagli agenti contabili delle pubbliche
amministrazioni.
7
A questo punto, ci si dovrebbe domandare quali sono stati i motivi che
hanno determinato una tale scelta (ammettendo pacificamente che una scelta
dovesse comunque essere fatta) che appare sempre più di tipo politico e non
meramente amministrativo.
A parere di chi scrive, il giudizio di conto meriterebbe una ben
maggiore considerazione, partendo dalla normativa, che andrebbe rivista
celermente, per poi passare al personale della Corte, che andrebbe ampliato,
istruito ed indirizzato verso un nuovo modo di concepire questa materia la
quale si presenta di ampio respiro, poiché richiede una visione non solo
giuridica e strettamente contabilistica, ma anche economica e finanziaria.
Sarebbe opportuno, poi, ridare vita e vitalità ad una funzione che
sembra stare sonnecchiando, senza troppe preoccupazioni, in attesa che
7
A. BUSCEMA, op. cit., pag. 26.
qualcosa accada, attraverso un vero e proprio recupero della cultura della
giurisdizione da parte dei magistrati contabili.
8
Tutto ciò è materialmente possibile, a parere di chi scrive, ma la
difficoltà principale non è nel cambiare le regole, ma nel cambiare la
mentalità degli operatori verso ciò che sembra inevitabilmente andare verso il
declino.
8
M. ORICCHIO, Convegno di Caserta, 10 e 11 marzo 2000, citato da M. RISTUCCIA, op. cit.,
pag. 18.