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Pertanto, è molto importante che la nostra società riconosca questo male
ed agisca per prevenirlo, sviluppando una cultura di reale attenzione al bambino
e ai suoi bisogni, anche attraverso corsi di formazione rivolti ad operatori dei
Servizi Socio-Assistenziali, Sanitari ed educativi, associati ad una
sensibilizzazione e informazione dell’opinione pubblica sul fenomeno. La
prevenzione si può così distinguere in primaria, volta a migliorare le
competenze parentali, le risorse sociali e familiari, e le abilità individuali al fine
di essere in grado di decodificare i segnali di disagio del bambino; in
secondaria, rivolta al riconoscimento precoce di quelle situazioni familiari
nelle quali l’abuso è potenzialmente prevedibile, dando un’adeguata assistenza;
in terziaria, atta ad evitare il ripetersi dell’abuso.
Vista la complessità e la multifattorialità del problema del
maltrattamento e dell’abuso sessuale sui bambini, che vede il coinvolgimento di
diverse professionalità (insegnanti, educatori, psicologi, assistenti sociali,
medici, giudici e avvocati), il lavoro di rete tra i diversi operatori diventa
un’esigenza operativa, al fine di progettare il proprio intervento in modo
complementare rispetto a quello degli altri. Inoltre, come avrò modo di
illustrare successivamente, per rispondere all’esigenza dei Servizi di rendersi
più visibili e agire più efficacemente sul territorio, sono state emanate delle
linee-guida dalla Regione Piemonte, finalizzate ad un maggior coordinamento
delle azioni degli Enti Socio Assistenziali e Sanitari rispetto alla prevenzione
secondaria, alla realizzazione di un contesto operativo più integrato e a una
metodologia di lavoro comune e condivisa.
Nel primo capitolo sottolineerò come l’attenzione alle problematiche
dell’abuso e del maltrattamento all’infanzia, nella realtà italiana, sia
rintracciabile solo a partire dagli anni Ottanta, a causa di un atteggiamento
culturale che ha caratterizzato per lunghi anni la nostra società impedendo la
divulgazione di questo doloroso fenomeno. Prima di analizzare in modo
specifico il fenomeno, ho compiuto un breve excursus storico e sociologico al
fine di mettere in risalto il continuo ricorrere della violenza e dei maltrattamenti
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nei confronti dell’infanzia nella storia umana. Ho poi sottolineato la difficoltà
che gli studiosi incontrano nel definire tali fenomeni così complessi, tuttavia,
grazie ad una sempre maggiore attenzione all’infanzia e ai soprusi che essa può
subire, il maltrattamento e l’abuso vengono considerati in una prospettiva più
ampia, che non include più solo una violenza fisica e sessuale, ma anche
psicologica, meno riconoscibile e visibile, ma non meno grave e devastante per
il minore. Pertanto per comprendere meglio la portata e il significato dei
fenomeni in oggetto, ne ho illustrato le principali definizioni e caratteristiche.
Ho ritenuto poi fondamentale soffermarmi sugli indicatori di “rischio”, ossia su
quei segnali di disagio fisico, psicologico e comportamentale che il bambino
esprime attraverso modalità verbali e non, affinché gli adulti e gli operatori in
modo specifico, si formino per essere in grado di decodificarli e mettere così in
atto gli interventi più adeguati, accompagnati sempre da una valutazione
globale del minore e soprattutto del contesto familiare e sociale in cui esso è
inserito.
Infine, alla luce del fatto che l’abuso e il maltrattamento nascono quasi
sempre all’interno del contesto familiare, ho descritto le relazioni e le
dinamiche familiari distinguendo tra le due tipologie di famiglie (famiglia
maltrattante e abusante), al fine di comprendere l’origine e le cause di tanta
violenza e, là dove sia possibile, intervenire per sollecitare un cambiamento
teso ad offrire maggiore tutela ai minori e l’opportunità di crescere in un
ambiente familiare sano e stimolante. Parlando delle famiglie abusanti mi sono
soffermata, in modo particolare, sui rapporti incestuosi tra padre e figlia e sul
fenomeno del “piccolo incesto”, che vede coinvolti fratelli e sorelle. Ho messo
quindi in evidenza che l’incesto è legato non solo alle problematiche o alla
patologia di un singolo individuo, ma a complesse e distorte dinamiche
familiari, nelle quali ogni membro contribuisce allo sviluppo e al mantenimento
del problema. Proprio per questo è necessario, al fine di attuare interventi
preventivi e riparativi, che venga preso in carico tutto il nucleo familiare.
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Nel secondo capitolo ho concentrato la mia attenzione su quanto è
previsto dalla normativa vigente a tutela dei minori osservando che in campo
giuridico, molto spesso, ci si trova di fronte ad un contrasto netto tra ciò che
realmente è il fenomeno e come esso viene considerato. Ho ritenuto in primo
luogo interessante illustrare che cosa prescrivono i principali articoli del Codice
Penale in materia di comportamenti violenti contro il minore e in caso di abusi
sessuali, e quelli del Codice Civile riguardo ai provvedimenti di limitazione e
contrazione della potestà genitoriale. Mi sono quindi soffermata sulle
importanti innovazioni introdotte dalla legge n. 66/96 “Norme contro la
violenza sessuale” e dalla legge n. 269/98 “Norme contro lo sfruttamento della
prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali
nuove forme di riduzione in schiavitù”, le quali hanno modificato
profondamente le regole giudiziarie in materia di abuso sessuale e hanno
previsto alcune precauzioni da assumere al fine di assistere il minore nel suo
contatto con l’apparato giudiziario, facilitandone la deposizione. Per poi
arrivare alle più recenti normative riguardanti le modifiche alle norme civili che
disciplinano l’allontanamento del genitore violento dalla casa familiare,
previste dalla legge n. 149/2001, e le misure di protezione introdotte dalla legge
n. 154/2001. Di queste ho messo in evidenza gli aspetti concreti di tutela dei
diritti fondamentali dell’integrità fisica e psichica del minore vittima di
violenza familiare e le lacune ancora presenti.
Infine, ho ritenuto opportuno accennare alla funzione di tutela e di
controllo che vengono a svolgere il Tribunale per i Minorenni e la Procura
minorile, che sono gli uffici competenti per la definizione delle misure di
protezione per il minore atte a rispondere alla situazione di pregiudizio in cui si
viene a trovare. Il Tribunale deve assolvere a una duplice funzione: da una parte
individuare e punire l’autore del reato, dall’altra evitare le reiterazioni del reato
e favorire un possibile recupero dell’abusante (che prima deve comunque
ammettere e riconoscere le proprie responsabilità), ed intervenire a protezione
del minore con progetti di sostegno. Parlando poi degli ambiti di competenza
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del Tribunale, ho accennato anche ai rapporti con i Servizi Sociali territoriali,
evidenziando le difficoltà di collaborazione tra organi che hanno competenze,
tempi ed esigenze non sempre facilmente conciliabili.
Nel terzo capitolo ho analizzato il metodo d’intervento attuato dal
Servizio Sociale per contrastare in modo efficace le situazioni di “rischio” per il
minore, descrivendo le varie fasi di rilevazione della situazione e se necessario
segnalazione della situazione di pregiudizio alle autorità giudiziarie competenti,
protezione del minore, valutazione e trattamento del nucleo familiare
multiproblematico. Nello specifico, ho deciso di concentrare la mia attenzione
sulle caratteristiche della segnalazione, valido strumento d’intervento sulla
famiglia (allo scopo di intraprendere un’azione di tutela del minore), e sulle
emozioni e ansie che nascono nell’operatore che si trova ad affrontare tali
situazioni drammatiche.
Ho esaminato nel dettaglio il passo successivo che deve compiere
l’operatore allo scopo di tutelare efficacemente il minore, ossia la messa in atto
di interventi di protezione, che interrompano il ripetersi dell’abuso o del
maltrattamento e che consentano al minore di riacquistare la fiducia negli
adulti. Solo in questo modo sarà possibile per gli operatori elaborare un valido
progetto di aiuto nei confronti della vittima e anche degli altri attori coinvolti.
Da ultimo ho affrontato l’argomento dei metodi di valutazione, ai quali
ricorrono i Servizi per il trattamento e il recupero delle funzioni genitoriali delle
famiglie maltrattanti e abusanti, evidenziando i principali obiettivi degli
interventi di sostegno che devono prendere in considerazione le diverse
dimensioni del problema (quali le carenze, i limiti, le capacità e le risorse
residue a livello personale e ambientale), realizzando un’integrazione tra i
diversi interventi e le diverse professionalità.
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Nell’ultimo capitolo, prima di affrontare in modo dettagliato i contenuti
delle linee-guida regionali e la costituzione delle équipes multidisciplinari, ho
ritenuto opportuno sottolineare l’importanza dello sviluppo di elevati livelli di
collaborazione tra soggetti che appartengono a Servizi diversi, al fine di
delineare una metodologia operativa condivisa dai diversi operatori e adeguata
alla complessità e alla multidimensionalità dei fenomeni in oggetto. Per questo
motivo ho approfondito il delicato rapporto tra i Servizi per minori e Servizi per
adulti, evidenziando la necessità di costruire dei modelli operativi integrati in
cui le specifiche competenze psicologiche e sociali sappiano fondersi, senza
confondersi, e all’interno dei quali ci sia confronto e rispetto dei diversi punti di
vista, nonché l’elaborazione di un progetto, il cui obiettivo sia comune a tutti
gli operatori che intervengono sul caso.
Ho quindi deciso di concentrare la mia attenzione su quanto è stato
attuato a livello regionale per contrastare e trattare in modo più efficace l’abuso
e il maltrattamento, ossia l’emanazione delle linee-guida e l’istituzione delle
équipes multidisciplinari. Ne ho pertanto illustrato i contenuti fondamentali,
quali le definizioni e il quadro di riferimento, la rilevazione del caso e le
risposte di tutela del minore, mettendo in risalto gli aspetti essenziali, ossia la
necessità di integrazione e di creazione di una rete tra i diversi Servizi Socio-
Assistenziali e Sanitari.
Di conseguenza, la costituzione delle équipes multidisciplinari per la
presa in carico dei casi di abuso e maltrattamento ai danni dei minori, di cui ho
illustrato le funzioni e gli aspetti organizzativi, nasce proprio allo scopo di
costruire un’efficace e migliore gestione e progettazione coordinata e integrata
dei casi tra gli operatori dei diversi Servizi coinvolti, al fine di analizzare le
situazioni e definire le modalità di scambio di informazioni e di supporto nelle
attività di reciproca competenza. L’équipe viene così a configurarsi come lo
strumento più adeguato attraverso il quale superare le reciproche diffidenze,
creare uno spazio di collaborazione e di confronto e per affrontare situazioni
così complesse. A tal proposito ho preso in considerazione anche i dati parziali
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trasmessi dalle équipes alla Regione, inerenti i casi segnalati all’autorità
giudiziaria e la situazione a livello nazionale, al fine di avere una stima sulla
diffusione del fenomeno, poiché prima di focalizzare l’attenzione sul “che fare”
è necessario “sapere”, cioè divenire consapevoli dell’esistenza di questa
sofferenza nascosta, saperla riconoscere e non avere paura di affrontarla, ma
farsene carico promuovendo azioni preventive che riducano l’incidenza del
problema. Infine, a distanza di cinque anni dall’emanazione della delibera
regionale, ho ritenuto interessante mettere a confronto due équipes
multidisciplinari della provincia di Alessandria e di Asti per descriverne,
attraverso un’intervista a testimoni privilegiati quali sono le assistenti sociali
appartenenti ai Servizi di base, l’organizzazione, gli obiettivi raggiunti e i nodi
critici di funzionamento.