INTRODUZIONE
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- 75 milioni di persone sono diventati cittadini dell’Unione.
La Vecchia Europa ora più che mai Nuova ha esteso i suoi confini dall’Artico
al Mediterraneo, dall’Atlantico al Baltico, sino ai confini con la Russia; con 455
milioni di abitanti costituisce la terza popolazione mondiale dopo la Cina e l’India.
L’allargamento ad Est dell’Unione Europea ha suscitato molte preoccupazioni
tra i cittadini europei dell’UE-15 in relazione alle conseguenze economiche che
esso potrebbe avere sulle economie nazionali dei paesi già membri. Esse sono
legate non solo alla dimensione dell’allargamento ma al fatto che i Nuovi entranti
sono più poveri dei membri dell’UE-15. La somma del PIL dei nuovi entranti è
minore del PIL della sola Olanda; la media del loro PIL pro capite, in parità di
potere d’acquisto, risulta essere pari a un terzo della media UE-15. Si temono
effetti sui mercati del lavoro e sulla distribuzione del reddito e, in particolare, il
deterioramento degli standard di vita dei lavoratori non qualificati, associato
all’arrivo di forza lavoro a basso costo, alla delocalizzazione di impianti dall’Ovest
all’Est e ad una crescente specializzazione in produzioni con scarsa intensità di
lavoro e bassi livelli di istruzione.
Scopo di questa tesi pertanto è comprendere quali siano le reali conseguenze
sul mercato del lavoro dell’integrazione dei paesi UE-15 con i paesi dell’Est. Sono
tre i canali principali attraverso i quali l’allargamento potrebbe influenzare il
mercato del lavoro nell’UE: il commercio internazionale, la mobilità di capitali,
l’immigrazione. Il processo di allargamento investirà chiaramente molti altri
ambiti: con implicazioni politiche, istituzionali e fiscali che potranno anch’esse
influenzare salari e occupazione.
INTRODUZIONE
9
L’integrazione commerciale tra l’UE e i PECO è un processo già avviato,
iniziato con la rimozione delle barriere commerciali nel corso
dell’implementazione degli Europe Agreements. Essa ridurrà ancora i costi di
transazione per il commercio di beni e servizi attraverso l’adozione dell’Acquis
Communitaire e l’armonizzazione degli standard di qualità.
Con riferimento alla mobilità di capitali, l’armonizzazione delle normative del
mercato dei capitali, della tassazione e della contabilità aziendale e una maggiore
credibilità legata all’ingresso nell’UE miglioreranno le condizioni per gli
Investimenti esteri.
Il canale dell’immigrazione è invece soggetto a restrizioni. Il timore di un forte
afflusso migratorio dai nuovi stati membri dell’Europa Centro Orientale ha spinto
l’UE, su pressioni di Germania e Austria, a ritardare la libera circolazione dei
lavoratori provenienti da quell’area per un periodo transitorio compreso tra due e
sette anni.
Quindi, i due canali attraverso cui il processo di integrazione è già avviato sono
il commercio e la mobilità di capitali. Le esportazioni dell’UE verso i PECO e le
importazioni dell’UE dai nuovi membri raggiungono circa l’1% del PIL dell’UE
mentre i movimenti di capitale rappresentano appena lo 0,2% del PIL dell’Unione
(dati 2001). In questa tesi si prenderà in considerazione il canale commerciale per
valutare le conseguenze dell’allargamento sul mercato del lavoro, essendo questo il
canale attraverso cui l’integrazione sta procedendo più velocemente.
Nel primo capitolo analizzerò le differenze economiche tra i membri UE-15 e i
NSM (Nuovi Stati Membri). Date le grandi disparità tra i livelli di reddito tra
l’Europa Occidentale e Orientale può essere facilmente ipotizzato che le due aree
INTRODUZIONE
10
abbiano diverse dotazioni di fattori e diversi livelli di produttività, in particolare,
che abbondino di forza lavoro mentre abbiano carenze nella dotazione di capitale
umano e fisico. Considerare la diversa dotazione fattoriale è importante per
comprendere la struttura dell’interscambio UE-PECO. Il confronto tra la struttura
economica e manifatturiera dei PECO e dell’UE consentirà di capire la posizione
dei PECO nella divisione del lavoro Europea, la loro specializzazione
internazionale.
Il secondo capitolo presenterà un’analisi l’interscambio. Innanzitutto, si
valuteranno i volumi di scambio attuali tra queste due regioni. Gli effetti potenziali
dell’allargamento sul commercio saranno studiati adottando il cosiddetto “gravity
model” (modello di gravità). L’approccio di gravità è stato così denominato perché
fornisce una stilizzazione delle regole che governano i flussi bilaterali del
commercio analoga alla teoria fisica della gravità: il commercio aumenta al
crescere della dimensione economica ed al diminuire della distanza tra due paesi,
così come la forza di gravità cresce all’aumentare della massa e al diminuire della
distanza fra due corpi. Quindi, questo approccio aiuta a comprendere quale sia il
commercio potenziale tra le due aree.
Il capitolo procederà con un’analisi del commercio inter-industriale:
l’interscambio di prodotti di industrie distinte. Lo studio si soffermerà anche sulla
struttura delle esportazioni dei PECO verso l’UE dal punto di vista dell’intensità
fattoriale, per verificare se questa rivela distorsioni nella direzione delle branche di
produzione caratterizzate da alta intensità nell’impiego di lavoro, qualificato o poco
qualificato, di tecnologia o di capitale.
INTRODUZIONE
11
Il commercio inter-industriale è solo un aspetto della specializzazione
commerciale tra l’UE e i PECO, infatti, si dovrà prendere in considerazione anche
il commercio intra-industriale, l’IIT che consiste nella simultanea importazione ed
esportazione di prodotti appartenenti alla stessa industria.
Questo tipo di commercio è generalmente considerato come un indicatore dello
sviluppo economico raggiunto da un paese, in quanto, la domanda di beni di
diversa varietà cresce con il reddito; per questo, la crescita nella quota di
commercio intra-industriale tra i PECO e l’UE è stata spesso considerata come un
segno di avvio del processo di convergenza. E’ importante, comunque, distinguere
tra il commercio intra-industriale verticale (interscambio di beni simili ma di
qualità diversa) e orizzontale (interscambio di beni simili che si differenziano per
qualche attributo).
Tale distinzione è fondamentale in quanto le determinanti di ciascun tipo di IIT
differiscono in modo sostanziale. Il VIIT è connesso all’esistenza di differenze
nella dotazione fattoriale e può avere un ruolo rilevante nel commercio fra paesi
con dotazioni fattoriali diverse. Mentre, l’HIIT è un tipo di commercio che si
realizza tra paesi che hanno un livello di sviluppo simile.
Seguirà un’analisi dei diversi segmenti qualitativi in cui i PECO sono
specializzati rispetto all’UE-15, scomponendo il VIIT che lega le due aree. Questo
per verificare se esiste una “divisione qualitativa del lavoro” nella Nuova Europa.
Il capitolo terzo studierà i risultati ottenuti (nel capitolo secondo) relativi alla
struttura commerciale UE-PECO attraverso le principali teorie sul commercio
internazionale. Il tradizionale modello Heckscher-Ohlin spiega il commercio inter-
industriale, il modello neo Heckscher-Ohlin di Falvey si sofferma sul commercio
INTRODUZIONE
12
intra-industriale verticale mentre il modello Dixit-Stiglitz-Krugman illustra le
determinanti del commercio intra-industriale orizzontale. Dopo la presentazione di
queste teorie sarà proposta un’analisi di skill bias basata sulla teoria del Factor
content of trade.
Disaggregando i flussi di commercio tra l’UE e ciascuno dei PECO è emerso
che una parte rilevante delle merci scambiate è costituita da semilavorati che
vengono esportati temporaneamente dal territorio economico dell’UE per essere
poi re-importati, dopo aver subito nei PECO fasi ulteriori di lavorazione. Per questa
ragione nel capitolo quarto sarà affrontato il problema della Frammentazione
internazionale della produzione, che consiste nella scomposizione del processo
produttivo, in modo tale che le diverse fasi dello stesso siano poste in atto in diversi
paesi a seconda dei loro vantaggi comparati.
Considerando i flussi TPP dell’UE, risulta una specializzazione geografica:
infatti, i flussi TPP UE con paesi extra-UE nel comparto Made in Italy sono quasi
interamente indirizzati verso i PECO. Inoltre, dato che l’Italia incide su gran parte
del TPP dell’UE nei PECO in questo settore, l’impatto del commercio sul mercato
del lavoro sarà valutato in relazione a questo paese e al comparto del Made in Italy.
L’analisi sarà effettuata considerando le diverse modalità di IFP, i sistemi di
organizzazione, il rapporto tra delocalizzazione e controllo. In particolare le diverse
modalità di IFP (alleanze strategiche con un’impresa estera, subfornitura e IDE)
saranno osservate direttamente in alcuni casi aziendali.
Saranno, quindi, studiate le determinanti della delocalizzazione per
comprendere quali siano le motivazioni che spingono le imprese a delocalizzare
fasi del processo produttivo nei PECO.
INTRODUZIONE
13
Per perseguire l’obiettivo di valutare le conseguenze sul mercato del lavoro dei
flussi TPP studierò il comportamento delle diverse imprese rispetto alla
delocalizzazione verso Est.
Quindi, realizzerò un’analisi considerando quali sono i risultati registrati sul
mercato del lavoro italiano in termini di: livello totale di occupazione, variazioni
nei livelli salariali, variazioni nel rapporto lavoro qualificato e lavoro non
qualificato. Quest’ultimo aspetto appare particolarmente rilevante, per cui sarà
apportato anche uno studio basato sul “factor content of trade” per misurare le
conseguenze dell’IFP sulla struttura del mercato del lavoro.
CAPITOLO PRIMO
DIFFERENZE TRA I MEMBRI
DELL’UE–15 E I NUOVI STATI MEMBRI
DIFFERENZE TRA I MEMBRI DELL’UE-15 E I NUOVI STATI MEMBRI
15
1. Introduzione.
Il 1° Maggio 2004 l’Unione Europea ha accolto dieci nuovi stati membri
(NSM): Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Repubblica Ceca, Repubblica
Slovacca, Slovenia e Ungheria. Nel 2007 è atteso l’ingresso di Bulgaria e Romania.
L’allargamento verso Est si distingue dai precedenti allargamenti:
1) per il numero dei nuovi paesi entranti;
2) per l’enorme divario nei livelli di reddito pro capite tra i NSM e i
membri UE-15;
3) per il grado di integrazione e di armonizzazione delle regole fra i
paesi UE più elevato che in passato (Boeri, Coricelli, 2003).
Questa è la più grande espansione nella storia dell’Unione:
Si sono uniti 10 nuovi paesi agli originari 15 membri dell’UE;
75 milioni di persone sono diventati cittadini dell’Unione.
Quindi, l’allargamento verso Est è una grande sfida per l’UE, non solo per le
dimensioni dell’espansione, ma anche per le differenze che si riscontrano tra i
nuovi stati membri e i precedenti membri dell’Unione.
Considerando l’ambito economico si individuano differenze:
nel reddito;
nelle dotazioni dei fattori:
-forzalavoro,
- capitale umano,
DIFFERENZE TRA I MEMBRI DELL’UE-15 E I NUOVI STATI MEMBRI
16
- capitale fisico;
nella struttura economica.
2. Il differenziale nel reddito.
L’eredità di quarant’anni d’economia pianificata e la dolorosa transizione
senza dubbio hanno influito sull’attuale situazione economica dei PECO.
Il crollo del blocco orientale nel 1989 ha comportato cambiamenti decisivi per
questi paesi: sul fronte politico il passaggio a regimi democratici, sul fronte
economico la transizione da un’economia pianificata ad un’economia di mercato.
Il crollo della produzione è stato in gran parte il risultato di un processo di
cambiamento strutturale. Il settore statale, che era sovradimensionato e produceva
molti beni non più richiesti dal mercato, soffrì una riduzione della produzione. La
crescita del settore privato è stata ostacolata da molti fattori, quali la mancanza di
capitale, il funzionamento insufficiente del sistema bancario e la mancanza di
esperienza e di persone qualificate. Quindi, l’aumento di produzione nel nuovo
settore privato è stata insufficiente a compensare la riduzione della produzione
statale, generando una riduzione del prodotto aggregato e dell’occupazione. In
parte il declino della produzione è stato registrato per problemi di misurazione.
Infatti, durante l’era comunista, le imprese avevano incentivi a sopravvalutare la
produzione per raggiungere i target stabiliti dalla pianificazione centrale; nella
transizione le stesse avevano l’incentivo opposto: indicare minor fatturato per
sottrarsi al gravame delle tasse.
DIFFERENZE TRA I MEMBRI DELL’UE-15 E I NUOVI STATI MEMBRI
17
Questa iniziale riduzione dell’output (produzione) è stata lentamente
recuperata, e solo alla fine del millennio alcune economie sono riuscite a ritornare
ai livelli del 1989.
Attualmente, il reddito pro capite medio dei nuovi membri, misurato in termini
di parità di potere d’acquisto
1
, è circa un terzo della media UE-15. Nel 2001 la
variazione dei livelli di reddito tra i NSM risulta elevata: il PIL pro capite, in parità
di potere d’acquisto, varia dal 25% della media UE (Romania) al 70% (Slovenia).
(EUROSTAT, 2001). Il PIL pro capite dell’UE a 25 membri è il 9% più basso
rispetto a quello dell’UE a 15 membri (Employment in Europe, 2003).
GRAFICO 1. PIL pro capite come percentuale della media UE (PPP) 2001. Media UE=100.
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PIL pro capite
come
percentuale
della media UE
(PPP) 2001
Al momento del loro ingresso nella Comunità Economica Europea i paesi più
poveri dei precedenti allargamenti, Grecia, Spagna, Portogallo, erano caratterizzati
1
Reddito in parità di potere d’acquisto: reddito misurato tenendo conto dell’ammontare dei beni che
un dato reddito consente di acquistare nei diversi paesi.
DIFFERENZE TRA I MEMBRI DELL’UE-15 E I NUOVI STATI MEMBRI
18
da divari più contenuti. Il PIL in parità di potere d’acquisto della Grecia
ammontava al 69% della media degli stati membri nel 1981. Mentre Spagna e
Portogallo, che fecero il loro ingresso nel 1986, avevano un reddito pro capite,
misurato in parità di potere d’acquisto, rispettivamente pari al 71% e al 62% della
media degli stati membri.
Secondo Brücker (2001), la convergenza del reddito dei PECO con i paesi più
poveri dell’attuale UE (Grecia, Spagna, Portogallo) richiederà almeno 30 anni e la
velocità di convergenza non sarà uguale per tutti i paesi, date le diverse condizioni
iniziali degli stessi. Infatti, essendo le differenze nel reddito tra i PECO e l’UE
determinate da differenze nelle dotazioni di fattori e nella produttività, è necessario
favorire la convergenza di questi per far raggiungere ai PECO il livello del PIL pro
capite dell’Unione Europea. Le differenze nelle istituzioni, nelle politiche
economiche e nelle dotazioni di capitale umano possono facilitare la convergenza.
Gli investimenti pubblici orientati alla riallocazione dei lavoratori, al
miglioramento della qualità delle istituzioni e aumenti nelle iscrizioni alle scuole
primarie e secondarie aumenteranno la velocità di questo processo.
Quindi è opportuno considerare le differenze nelle dotazioni dei fattori quali la
forza lavoro, il capitale umano e il capitale fisico ma anche le differenze nella
produttività.
DIFFERENZE TRA I MEMBRI DELL’UE-15 E I NUOVI STATI MEMBRI
19
3. Le differenze nella dotazione dei fattori.
3.1. La forza lavoro.
L’ingresso nell’Unione Europea rappresenta per i PECO un “ritorno in Europa”
dopo quarant’anni di economia pianificata. Le economie socialiste erano
caratterizzate da un tasso di partecipazione nel mercato del lavoro molto alto, da un
basso tasso di disoccupazione e da un’elevata occupazione nell’industria pesante.
La riduzione dell’occupazione totale all’inizio della transizione è stata
sostanziale. Nelle prime fasi della transizione essa era concentrata in Ungheria e in
Polonia mentre in altri paesi, come Romania e Slovenia, si è avvertita dopo il 1993.
Il grande declino nell’occupazione è riflesso nella diminuzione della partecipazione
nella forza lavoro di tutti i PECO. Dunque, il processo di transizione ha
sicuramente determinato una riduzione della partecipazione nella forza lavoro, una
riduzione nell’occupazione totale, un notevole aumento della disoccupazione e una
generale riallocazione degli occupati.
Molti tra coloro che hanno perso l’occupazione sono usciti dalla forza
lavoro
2
perché andati in pensione prima del tempo, perché operano nell’economia
sommersa oppure perché hanno rinunciato a cercare una nuova occupazione. In
alcuni paesi il calo della partecipazione è avvenuto ancora prima della transizione a
seguito delle riforme che erano state introdotte nella metà degli anni ottanta, come
in Ungheria (dove sono state introdotte riforme per incentivare le imprese a
produrre in modo più efficiente).
2
La forza lavoro comprende le persone occupate e le persone in cerca di lavoro.
DIFFERENZE TRA I MEMBRI DELL’UE-15 E I NUOVI STATI MEMBRI
20
Attualmente, per i NSM (considerando anche Malta e Cipro), il tasso di
partecipazione
3
è leggermente inferiore rispetto a quello relativo ai membri UE-15.
Infatti, raggiunge nel 2002 il 66% della popolazione in età di lavoro mentre
nell’UE-15 è di circa il 70%. Questi tassi sono stati elevati per decenni nei PECO
mentre ora sono quasi pari a quelli dell’UE, testimoniando un netto deflusso dalla
forza lavoro. I tassi di partecipazione sono maggiori della media UE in Repubblica
Ceca, in Slovacchia e a Cipro, vicini alla media UE in Estonia, Lituania, Lettonia.
La differenza tra i tassi di partecipazione degli uomini e delle donne per i
PECO è inferiore a quella UE. Questo è dovuto al fatto che i livelli di
partecipazione degli uomini sono inferiori a quelli medi UE, mentre le percentuali
femminili sono simili.
TABELLA 1. Tasso di partecipazione nei PECO.
PAESI
TASSO DI
PARTECIPAZIONE
Bulgaria 61,9
Cipro 71
Estonia 69,3
Lettonia 68,8
Lituania 69,6
Polonia 64,6
R. Ceca 70,7
Romania 63,4
Slovacchia 69,9
Slovenia 67,8
Ungheria 60,1
Media nuovi
membri
65,8
3
Il tasso di partecipazione è definito come il rapporto tra forza lavoro e popolazione civile.
DIFFERENZE TRA I MEMBRI DELL’UE-15 E I NUOVI STATI MEMBRI
21
La crescita della disoccupazione che ha caratterizzato i primi anni della
transizione è stata bloccata nella seconda metà degli anni novanta e, da allora,
l’andamento della disoccupazione è molto diverso da un paese all’altro.
Attualmente il livello di disoccupazione
4
nei paesi candidati è circa due volte
quello della UE, raggiungendo il 15% contro un 7,7% dell’UE-15. In particolare
esso rimane elevato nei tre Stati Baltici (Estonia, 9,1%; Lettonia, 12,8%; Lituania
13,1%), per raggiungere in Polonia, e nella Repubblica Slovacca quasi il 20%. I
dati migliori sono quelli relativi all’Ungheria con un 5,6% e la Slovenia con un 6%.
Anche all’interno dell’UE vi sono notevoli differenze tra i diversi stati membri, il
tasso di disoccupazione varia dal 2,7 dell’Olanda all’11,3% della Spagna. Finlandia
(9,1%), Italia (9%), Spagna (11,3%) e Grecia (10%) hanno tassi disoccupazione
addirittura più elevati di alcuni nuovi stati membri.
4
Per tasso di disoccupazione si intende la percentuale della forza lavoro di un paese occupata in un
determinato momento in un qualsiasi impiego remunerato.