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apprezzabili morfologicamente o attraverso l'esame elettroforetico
della composizione enzimatica o proteica. L'organizzazione
internazionale che tratta l'argomento dell'identificazione delle
varietà, attraverso metodi di laboratorio, è l'ISTA (International
Seed Testing Association) il cui scopo è di normalizzare le
metodologie di analisi delle sementi. In seno all'ISTA è attivo un
gruppo che si occupa di test biochimici per l'identificazione di
varietà. L'ISTA ha, sin dal 1986, riconosciuto l'elettroforesi tra le
metodologie idonee alla caratterizzazione varietale. Fino ad oggi
sono state adottate procedure normalizzate per frumento e orzo
basate essenzialmente sulla metodologia PAGE (elettroforesi in gel
di poliacrilamide) e un protocollo del metodo SDS-PAGE per
pisello e loietto. Nello sviluppo di nuove metodologie per la
normalizzazione, l'ISTA ha raccomandato i seguenti principi: analisi
rapida, costi accessibili, livello appropriato di discriminazione tra le
varietà, adeguata riproducibilità, assenza di reattivi tossici ed
applicabilità ad un elevato numero di sementi isolate.
I marcatori biochimici rappresentano un valido complemento
alla valutazione morfologica delle varietà vegetali. Tra tali
marcatori troviamo, ad esempio, profili isoenzimatici (Stuber e
Goodman, 1983) e profili elettroforetici cromatografici di proteine
di riserva del seme (Nucca et al., 1978; Smith e Smith, 1987) o
dell'embrione (Damerval et al., 1987). Questi marcatori sono infatti
stabili e si trasmettono secondo gli schemi della genetica
mendeliana. Tali caratteristiche hanno suggerito all'ISTA di
riconoscere l'applicazione di tecniche elettroforetiche come utile
strumento per la caratterizzazione delle varietà vegetali. L'impiego
di analisi elettroforetiche e cromatografiche su sistemi isoenzimatici
e sulle proteine di riserva del seme ha già trovato applicazione, dal
punto di vista giuridico, nella causa intentata dalla Pioneer Hi-Bred
International contro la Holden per accertare l'impiego, nei
programmi di miglioramento di quest'ultima, di linee pure di mais
dotate di elevato valore agronomico di proprietà della Pioneer.
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Il confronto di diversi caratteri biochimici delle linee oggetto
di indagine ha avuto un ruolo predominante per la formulazione
finale del verdetto, favorevole alla Pioneer.
La certificazione varietale è oggetto delle normative
comunitarie e dell'OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico). Nel contesto della certificazione delle
sementi la verifica dell'identità varietale avviene: in sede di
controllo in campo e in sede di post-controllo. L'OECD nel definire
lo schema per la certificazione varietale delle sementi di frumento
ibrido (1988) ha riconosciuto che le metodologie biochimiche come
l'elettroforesi sarebbero state essenziali per la verifica dell'identità e
la purezza delle sementi ibride. La Comunità Europea stessa ha
indirettamente riconosciuto la validità del metodo elettroforetico
richiamandone l'utilizzazione in atti ufficiali quale la decisione del
1990 (decisione 89/540/CEE del 22.9.89) sull'esperimento sulle
ispezioni non ufficiali in campo e adottandolo nel campo
comparativo comunitario del girasole, della soia e dell'asparago.
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§2. CATEGORIE DI MARCATORI MOLECOLARI
2.1 RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphism:
polimorfismi dei frammenti di restrizione)
La scoperta degli enzimi di restrizione di origine batterica,
capaci di operare un taglio in punti precisi del DNA e
successivamente lo sviluppo della tecnologia del "clonaggio
genico", che ha permesso l'isolamento e la manipolazione di spe-
cifici frammenti di DNA, sono alla base della metodologia
molecolare RFLP.
L'utilizzazione degli RFLP come marcatori molecolari fu
suggerita da Botstein e colleghi nel 1980. Questi autori furono i
primi a proporre la valutazione delle differenze tra individui a
livello di sequenze nucleotidiche del DNA. Infatti fu trovato che la
lunghezza o la dimensione dei frammenti di restrizione di un dato
locus del cromosoma ottenuti dopo digestione enzimatica variava in
individui della stessa specie e di specie diverse. Queste differenze
furono denominate polimorfismi della lunghezza del DNA, poi
utilizzati come marcatori molecolari originariamente in studi di
genetica umana per la realizzazione di mappe di associazione ge-
netica (Botstein et al., 1980; Donis-Keller et al., 1987).
L'analisi degli RFLP consiste nella valutazione delle
differenze in peso molecolare di frammenti di restrizione omologhi
ottenuti digerendo il DNA genomico con enzimi di restrizione. La
presenza di tali polimorfismi è conseguenza diretta della variabilità
naturale esistente nelle sequenze delle basi del DNA di individui
geneticamente differenti. Questa variabilità è messa in evidenza
grazie all'uso degli enzimi di restrizione, endonucleasi batteriche,
capaci di tagliare il DNA a doppia elica (digerendo il legame
fosfodiesterico della catena nucleotidica) in punti specifici,
generalmente sequenze lunghe da 4 a 8 coppie di basi diverse per
ciascun enzima. Nei batteri queste molecole sono state sviluppate
come difesa contro aggressioni da parte di virus: l'organismo
invasore viene reso inoffensivo operando una serie di tagli nel suo
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DNA. Il DNA batterico, a sua volta, non resta vittima dell'enzima
poiché ha mascherato, con una reazione di metilazione, la sequenza
di basi riconosciuta da quell'enzima di restrizione.
L'origine del polimorfismo RFLP è riconducibile a tre eventi
possibili: 1) mutazione al sito di restrizione per la sostituzione di
una o più basi che possono creare o eliminare siti di restrizione; 2)
riarrangiamenti nella regione cromosomica compresa tra i siti di
restrizione per l'inserzione o delezione di alcune basi; 3) la presenza
di uno o più siti di citosina metilati al sito di restrizione. Infatti
alcuni enzimi non sono in grado di tagliare il DNA se la sequenza di
riconoscimento presenta metilazione. Questi enzimi possono quindi
evidenziare polimorfismi se c'è variazione nella metilazione ai siti
di restrizione. I siti di restrizione sono distribuiti nel DNA di una
data specie in modo casuale e vengono trasmessi alla progenie in
modo mendeliano: nell'ambito della stessa specie occupano
posizioni costanti sul cromosoma. Il DNA genomico sottoposto
all'azione degli enzimi di restrizione viene pertanto tagliato in
frammenti la cui lunghezza è determinata dalla posizione sul
cromosoma dei siti di restrizione.
Esiste polimorfismo della lunghezza dei frammenti di
restrizione perché esiste variabilità nel DNA di organismi diversi.
Una sequenza di DNA può mutare in lunghezza in seguito ad eventi
di inserzione e delezione. Tale situazione porta alla perdita di siti di
restrizione, oppure alla creazione di nuovi siti di taglio o ancora a
variazione nella lunghezza dei frammenti di restrizione. Il filamento
di DNA viene tagliato in una serie di frammenti la cui lunghezza e
numero dipende dallo specifico enzima utilizzato e dal numero dei
siti di restrizione distribuiti lungo il DNA. In individui
geneticamente diversi per la localizzazione dei siti di restrizione,
saranno quindi prodotti frammenti di lunghezza e di peso molecolare
diversi. Infatti, se un sito di restrizione va incontro a una mutazione,
per cui non viene riconosciuto dall'enzima specifico, si avrà la
formazione di due alleli (uno tagliato e l'altro no) che possono
essere evidenziati in quanto vengono prodotti segmenti di DNA con
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lunghezza diversa. Questa differenza allelica (polimorfismo)
relativa ai siti di restrizione, per il fatto che produce frammenti di
DNA di lunghezza variabile, è quindi alla base dei polimorfismi
RFLP.
La variabilità relativa alla lunghezza dei frammenti viene
evidenziata per mezzo dell'elettroforesi su un gel di agarosio o
poliacrilamide in cui la posizione dei frammenti è proporzionale al
loro peso molecolare e alla loro lunghezza, e da qui trasferiti per
capillarità su un supporto solido quale una membrana di nylon o
nitrocellulosa (Southern blotting). Anche se separati per
elettroforesi, i frammenti di DNA presenti sulla membrana, non
possono essere messi in evidenza indiscriminatamente, in quanto i
frammenti sono moltissimi e si osserverebbe una striscia continua e
non delle bande distinguibili. Infatti il DNA genomico digerito con
un enzima di restrizione dà luogo ad un numero praticamente
infinito di bande che vengono visualizzate come una striscia. Quindi
per evidenziare solo una parte dei frammenti presenti sulla
membrana, questi vengono dapprima denaturati, trasferiti su
membrana e poi ibridizzati con delle sonde, anch'esse denaturate,
marcate con fosforo radioattivo. Quando le sonde incontrano una
sequenza complementare nel DNA presente sulla membrana, si
ibridizzano ad essa e vi restano fissate (la sonda si lega solo con il
frammento/i che contiene tutta o parte della sequenza
complementare di basi). Se la sonda utilizzata per l'ibridazione è
complementare con questi frammenti di DNA differenti tra genotipi,
essa evidenzia un RFLP. La membrana è quindi collocata su una
pellicola autoradiografica ed i frammenti di DNA ibridizzati con la
sonda vengono visualizzati sulle pellicole come bande dovute
all'emissione di particelle beta da parte del fosforo radioattivo.
Quindi solo le bande che contengono sequenze complementari alla
sonda verranno individuate come segnali autoradiografici alla fine
dell'esperimento. Il numero delle bande varierà da una a poche
unità.