2
È da notare come i termini “strategia” e “tattica”, non implichino
solo delle scelte, ma principalmente il potere di scegliere: ogni volta che
non si è in grado di fare delle scelte, non si può parlare di strategia o di
tattica, ma di comportamenti necessitati.
L’individuazione in astratto degli obiettivi a medio e lungo
termine e la descrizione dei modelli di condotta per l’uniforme
funzionamento dell’ufficio, costituiscono la strategia giudiziaria. Le scelte
effettuate giorno per giorno e le combinazioni dei mezzi disponibili operate
nella singola vicenda concreta, in vista dei fini fissati in precedenza,
rientrano nel concetto di tattica processuale.
Per quanto riguarda invece le parti private, bisogna sottolineare
che l’assistenza legale risulta svincolata da qualsiasi struttura gerarchica e
può svolgersi in assoluta autonomia; di conseguenza, si parla solo di scelte
processo per processo, e cioè di tattica. Correlando questo termine con
quello di “strategia”, è preferibile parlare semplicemente di “linea
difensiva”. Si continua però ad impiegare l’altra terminologia perché la
locuzione “tattica difensiva” è ormai entrata nel gergo comune (anzi, in
relazione alle “B.R.”, che rifiutavano e avversavano con ogni mezzo la
difesa tecnica mettendo in crisi il sistema, si parlava addirittura di strategia
processuale).
Il diritto dell’imputato, ormai assodato, ad avere un processo
rapido e “giusto”, implica scelte operative, sia generali sia particolari, per
contemperare in modo diverso i rapporti tra autorità e libertà e per
incentivare l’uso di meccanismi alternativi.
Il problema della lentezza dei procedimenti penali è affrontato su
più fronti: la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo
attribuisce ad ogni imputato il diritto di essere giudicato “entro un termine
ragionevole di tempo” (art. 6) e questo è confermato dall’art. 14 del Patto
internazionale sui diritti civili e politici. Inoltre, garanzie per l’imputato
derivano anche dalla Costituzione, che all’art. 111 assicura la ragionevole
3
durata del processo e all’art. 27 afferma che l’imputato va trattato come
“non colpevole”: ciò significa che egli non deve trovarsi diminuito
socialmente, moralmente e fisicamente rispetto agli altri cittadini; di
conseguenza, se il processo deve essere il meno lesivo possibile per chi lo
subisce, l’eccessiva lunghezza dello stesso implica una prassi elusiva del
precetto costituzionale.
Esiste un duplice ordine di ragioni che riguardano la lentezza dei
procedimenti: ragioni estranee alla disciplina processuale, legate al
congestionamento degli uffici giudiziari, e ragioni interne al processo,
legate all’eccessiva rigidità del sistema processuale, risultante, da un lato,
dalla previsione di una varietà piuttosto ristretta di procedimenti alternativi
rispetto al procedimento ordinario; dall’altro, dalla regola per cui tutti i
procedimenti ordinari devono tendenzialmente pervenire al dibattimento. Il
prezzo che l’ordinamento paga in termini di costi processuali di credibilità,
in conseguenza di un simile stato di cose, si è rivelato molto alto, privo di
utilità e senza giustificazioni sul piano giuridico. Nasce da questa
considerazione l’esigenza di cercare meccanismi processuali alternativi che
permettano ai procedimenti penali di avere una durata ragionevole. La
soluzione è stata quella di delineare in astratto una serie di meccanismi
alternativi rispetto al rito più garantito, da riservare comunque a tutti quei
fatti che, per la situazione probatoria, risultano più delicati e per i quali sia
effettivamente necessario celebrare un giudizio assistito dal massimo delle
garanzie. Nonostante lo scetticismo di molti, non è sostenibile che l’art. 112
Cost., oltre a stabilire l’obbligo per il P.M. di promuovere l’azione penale,
vieti di predeterminare un’articolata varietà di meccanismi processuali
semplificati con epilogo anticipato o differenziato.
Il processo serve a definire una controversia attraverso una
statuizione fondata su un giudizio. E questo, a sua volta, è in diretta
dipendenza dagli elementi di prova acquisiti e dalla valutazione che il
giudice ne compie secondo i criteri stabiliti dalla legge.
4
Un processo di parti implica, per definizione, l’efficienza delle
parti. È inconcepibile un giudice terzo se accanto a questo non vi siano
delle parti nella piena e libera disponibilità delle proprie attribuzioni. Se
così non fosse, sarebbe il fallimento del processo. Si tratta di verificare in
quale misura il nostro codice preveda un processo di parti, un processo che
ne veda l’effettiva presenza e che stabilisca i limiti dell’attività integrativa
del giudice dal momento che non è da ignorare il rischio che, nella prassi
quotidiana, questo potere si trasformi in una prevaricazione sulle iniziative
delle parti.
Da più parti è stata mossa una critica al nostro processo penale: è
un processo per ricchi; in effetti, esiste il rischio che non tutti siano in grado
di assumere una difesa di fiducia in grado di affrontare il processo
contrastando l’accusa in modo adeguato, di conseguenza è auspicabile che,
a favore della parte debole, si determini un intervento autoritativo
rettificante nell’acquisizione delle prove. Tuttavia l’intervento del giudice
va limitato, per non incorrere nel pericolo di una restaurazione inquisitoria.
5
2. Le scelte
I criteri che guidano accusa e difesa nella scelta, tempestiva e
proficua, di tutte le possibilità a loro disposizione, quali la scelta del rito, la
richiesta di incidente probatorio, le tecniche di cross-examination, ecc.,
costituiscono la tattica processuale. “È il filo logico che guida accusa e
difesa nell’interpretazione e nello svolgimento dei rispettivi ruoli
ispirandone un comportamento agonistico più o meno accentuato e
determinando cadenze ed epiloghi dell’intero processo: l’espressione
dell’abilità processuale delle parti.”
4
Con il rito accusatorio, il processo penale diventa “un campo della
conoscenza in cui la realtà non può che scaturire da contrapposte
rappresentazioni”
5
.
La dilatazione dei poteri dispositivi delle parti non comporta la
totale eliminazione dei poteri di merito del giudice, al quale spetta, volta per
volta, di verificare la correttezza delle iniziative di parte. Importante
conseguenza è che quanto più le parti sono in grado di assolvere ai propri
oneri tanto più limitati saranno gli spazi a disposizione del giudice. Anzi, lo
scopo del sistema è proprio quello di confinare il giudice in una
collocazione marginale nella dinamica del processo per conseguire obiettivi
di speditezza e di sfoltimento del lavoro giudiziario; oltretutto, l’intervento
del giudice è imprevedibile nelle sue articolazioni ed è svincolato da
qualsiasi disegno strategico a largo, medio o corto raggio, di conseguenza è
penalizzante per chi ha una strategia da seguire.
4
Cfr. GAITO, I giudizi semplificati, Cedam, Padova, 1989, p. 21.
5
GAITO, I giudizi semplificati, cit., p. 21.
6
3. I riti alternativi
Bisogna ammettere che questi sono gli unici strumenti in grado di
impedire
6
l’attuale congestione della macchina giudiziaria, perché attraverso
la definizione anticipata del processo, determinano una sostanziale
abbreviazione
7
della sua durata.
Si delineano così due categorie funzionali di procedimenti
speciali: quelli di definizione anticipata, finalizzati ad evitare il
dibattimento come il giudizio abbreviato e il patteggiamento e quelli di
celebrazione anticipata del dibattimento, che consentono di evitare
l’udienza preliminare, come il giudizio immediato. Bisogna tuttavia
sottolineare come, “quando si parla di procedimenti semplificati, è la
procedura ad essere semplificata, le formalità, non certo la decisione che
deve essere attentamente meditata e basata su prove”
8
.
Per stimolare nella misura più ampia possibile l’utilizzo dei riti
speciali finalizzati ad evitare il dibattimento, il legislatore ha previsto
specifici incentivi: l’imputato viene sollecitato a richiedere il rito abbreviato
mediante la previsione che, in caso di condanna, potrà usufruire di uno
sconto di pena di un terzo, sconto che il giudice è tenuto ad applicare per il
solo fatto dell’opzione operata a favore di quel determinato rito. L’intento
di esaltare la possibilità di conclusione anticipata del processo mediante uno
dei riti differenziati è denotato anche dall’ampia gamma di casi in cui il
6
Analogamente, CONSO, Molte ipotesi e nessuna certezza, mentre occorrono scelte
coraggiose, in Giust. Pen., 1979, vol. I, p. 457; GREVI, Il problema della lentezza dei
procedimenti penali: cause, rimedi e prospettive di riforma, in Giust. Pen., 1981, vol. III,
p. 596.
7
Cfr. PAOLOZZI, I meccanismi di semplificazione del giudizio di primo grado, Cedam,
Padova, 1989, p. 32.
8
TONINI, I procedimenti semplificati, in Le nuove disposizioni sul processo penale, Atti
del convegno di Perugia, a cura di A. Gaito, Cedam, Padova, 1989, p. 102.
7
processo, nonostante si sia incanalato su una strada particolare, può subire
un cambiamento di direzione
9
.
Da considerare è il contrasto esistente tra chi inserisce i riti
negoziali in un disegno accusatorio
10
, riferendosi al potere dispositivo
spettante alle parti
e chi ne afferma, invece, la natura inquisitoria derivante
dall’assenza di oralità e contraddittorio
11
. Secondo quest’ultima opinione, è
stato sostenuto
che in regime di civiltà giuridica, non si dovrebbe
sollecitare, tramite una riduzione di pena, “la rinuncia aprioristica, totale,
irrevocabile al contraddittorio nella formazione della prova”, cosa che si
verifica nei riti negoziali
12
.
Sicuramente questi meccanismi soddisfano un’esigenza di
economia processuale incontestabile, inoltre costituiscono una prospettiva
sicuramente più “riposante” per gli stessi protagonisti del processo,
soprattutto per i difensori, dato l’impegno che esigono le investigazioni e
l’assunzione delle prove tramite il metodo della cross-examination.
Nonostante questi fattori, non si devono trascurare i gravi pericoli derivanti
dall’utilizzo di questi procedimenti semplificati: per prima cosa, la caduta
dei valori della giurisdizione, non tanto perché penetra, con gran discredito,
nel settore della giustizia “la logica mercantile, basata sullo scambio”
13
,
presente nella nostra società, quanto per gli effetti negativi che “sulla
cultura della prova, già piuttosto depressa, può provocare il sostituirsi di
occulte trattative, pratiche persuasorie e rituali in camera di consiglio allo
9
Cfr. CHIAVARIO, La riforma del processo penale, Utet, Torino, 1988, p. 63.
10
Cfr. PAOLOZZI, I procedimenti speciali, in Giust. Pen., 1989, vol. III, p. 235;
TONINI, I procedimenti semplificati, cit., p. 104.
11
Cfr. FERRAJOLI, Patteggiamenti e crisi della giurisdizione, in Questione giustizia,
1989, pp. 376 e ss.; NAPPI, Guida al nuovo codice di procedura penale, Giuffrè,
Milano, 1989, pp. 10 e ss.; VINCIGUERRA, Novità, difficoltà, illusioni del nuovo
processo penale, coordinati da M. Garavoglia, Cedam, Padova, 1988, p. 22.
12
FERRUA, Il nuovo processo penale e la riforma del diritto penale sostanziale, in Studi
sul processo penale, vol. II, Anamorfosi del processo accusatorio, Giappichelli, Torino,
1992, p. 19.
13
FERRUA, Il nuovo processo penale, cit., p. 20.
8
scontro dialettico sui fatti e sulle prove”
14
. Nonostante lo sviluppo, nel
settore scientifico, di un metodo fondato sul confronto e sulla verificazione
delle ipotesi, nell’ambito processuale permane “una concezione della verità
come prodotto solitario, che scaturisce per partenogenesi dagli atti
unilateralmente compiuti dall’accusatore e passivamente accettati dalla
controparte”
15
.
Secondo pericolo consiste nelle possibili discriminazioni tra
imputati, in quanto, per i non abbienti, la scelta del rito sarà pesantemente
condizionata da motivi economici
ai quali saranno soggetti anche i
difensori, che si troveranno costretti a consigliare e “negoziare” gli
imputati.
La critica che può essere mossa a coloro che riconducono i
procedimenti speciali nella logica accusatoria, si fonda su due elementi: il
primo consiste nel domandarsi se esista un vero potere dispositivo quando il
suo esercizio, per una delle parti, è fortemente condizionato da vantaggi
sanzionatori, oppure dalla minaccia della pena piena, in caso di condanna; il
secondo elemento riguarda i parametri che caratterizzano il modello
accusatorio: oltre al potere dispositivo, sono necessari l’oralità e il
contraddittorio. Sono proprio questi elementi gli strumenti per ottenere
un’attendibile ricostruzione dei fatti, ma il paradigma accusatorio viene
meno quando è il codice stesso a incoraggiare, con meccanismi premiali, il
rifiuto del contraddittorio.
14
FERRUA, Il nuovo processo penale, cit., p. 20.
15
FERRUA, Il nuovo processo penale, cit., p. 21.
9
4. Il diritto di difesa nel codice del 1988
Esistono due diverse dimensioni del diritto alla prova: di un diritto
di difendersi provando può, per esempio, parlarsi prima dell’instaurazione
del giudizio abbreviato; del diritto di disporre in concreto della prova può
parlarsi al momento della richiesta del rito speciale
16
.
Il meccanismo del contraddittorio costituisce lo strumento
processuale più adeguato a garantire la massima esplicazione non solo del
diritto di difesa, ma anche della parità di trattamento e, di conseguenza,
della terzietà del giudice: era proprio questo l’obbiettivo della legge delega
(art. 2, n. 3 l. 16 febbraio 1987 n. 81), ossia “la partecipazione dell’accusa e
della difesa su basi di parità in ogni stato e grado del procedimento”.
Il diritto di difesa, essendo previsto dall’art. 24 comma 2 Cost.
nell’ambito dei diritti inviolabili della persona, assume nella disciplina
processuale rispetto ad altri diritti un valore preminente; questo significa
che esso può essere attuato dal legislatore in vario modo all’interno dello
stesso iter processuale, ma non può per nessun motivo essere sacrificato in
vista di altre esigenze, quali la speditezza del processo. In altri termini, “il
conflitto tra il diritto di difesa e l’istanza di efficienza della giustizia penale
deve trovare un punto di equilibrio nel contemperamento dei nuclei
essenziali delle due esigenze in conflitto, senza mai cedere alla tentazione
di sacrificare il primo sull’altare dell’altra”
17
.
Ridotto all’essenziale, il problema è posto nell’ambito della
dottrina processualcivilistica in questi termini: se, da un lato, c’è l’esigenza
di conseguire una tutela giurisdizionale effettiva, secondo la regola secondo
cui a bisogni diversi devono corrispondere forme diverse di tutela, dall’altro
16
Cfr. PINTUS, Il diritto di difesa dalle indagini preliminari ai riti alternativi, Atti del
convegno di Cagliari 29/ 9 – 1/10 1995, Giuffrè, Milano, 1997, p. 163.
17
ZAPPALA’, La difesa nei procedimenti speciali, in Il diritto di difesa dalle indagini
preliminari ai riti alternativi, cit., p. 150.
10
s’impone la necessità di evitare che la giustizia “si frantumi o si polverizzi
in una miriade di procedure particolari, allargando così l’area dei privilegi
processuali”
18
o delle discriminazioni sociali.
Nell’impianto codicistico del 1988, la residualità del processo
dibattimentale rappresenta certamente una caratteristica di notevole rilievo,
ma nonostante ciò, proprio il dibattimento, anche se utilizzato in pochi casi,
continua a rappresentare lo sbocco processuale che orienta le parti, accusa e
difesa, nello svolgimento delle loro indagini preliminari e nella scelta delle
loro conseguenti determinazioni. Soltanto un loro comune diverso interesse
e una loro esplicita rinuncia alla procedura ordinaria, li può spogliare del
loro diritto al dibattimento e soprattutto di quella particolare garanzia che è
costituita dall’applicazione integrale del meccanismo di acquisizione
probatoria nel contraddittorio tra le parti.
Per le esigenze di efficienza e di economia processuale è prevista
la possibilità di uscire dall’itinerario del processo ordinario attraverso le due
vie di semplificazione costituite dal procedimento di anticipazione ovvero
da quello di esclusione del giudizio dibattimentale: come viene garantito il
diritto di difesa in tali casi? O meglio, quali diverse forme di contraddittorio
si realizzano nelle due categorie di procedimenti speciali?
Il principale obiettivo è che non venga scalfito il nucleo essenziale
del diritto di difesa ravvisabile nella duplice garanzia: a) che sia offerta ad
ogni interessato la possibilità di avvalersi del processo e b) che la struttura
dialettica di questo processo sia tale da permettere alle parti di giovarsene.
La verifica sul rispetto del diritto di difesa nei procedimenti
speciali va fatta ponendo i due elementi costitutivi del contraddittorio, cioè,
la conoscenza degli elementi di accusa e difesa e la partecipazione alle
attività processuali, in rapporto sia al momento di instaurazione del rito sia
al complesso delle attività relative al suo conseguente svolgimento.
18
ZAPPALA’, La difesa nei procedimenti speciali, cit., p. 150.
11
Con riferimento ai procedimenti a dibattimento anticipato, le
ragioni di celerità della procedura di definizione portano, di fronte a
situazioni di evidenza della prova o di rinuncia dell’imputato alla garanzia
di controllo sul rinvio a giudizio, a prevedere l’eliminazione dell’udienza
preliminare, inutile in questi casi. Desta molte perplessità a questo
proposito, il giudizio immediato su richiesta del P.M.: per prima cosa
perché l’instaurazione di tale rito non essendo ancorata a parametri
normativi oggettivi è lasciata alla libera valutazione del pubblico ministero
che lo chiede e del gip che lo concede; poi, perché non è prevista
quell’attività d’interlocuzione della difesa in ordine all’utilità dell’udienza
preliminare, che costituisce notoriamente un tipico esercizio del diritto di
difesa nei sistemi accusatori.
La decisione del giudice è qualitativamente la stessa di quella
richiesta nell’udienza preliminare: verificare la fondatezza dell’accusa;
dunque, la caratteristica fondamentale di tale decisione è che il giudice
ritiene di poter fare a meno del contraddittorio sulle prove proposte dal
pubblico ministero. Per ovviare a tale inconveniente la difesa non ha altra
possibilità che ricorrere alla facoltà attribuita dall’art. 38 comma 2bis n. att.
c.p.p. (introdotto dalla l. 8 agosto 1995 n. 332) al difensore di presentare
direttamente al giudice gli elementi di prova ritenuti rilevanti.
La difficoltà di ricorrere a questo espediente difensivo, emerge dal
fatto che non è prevista alcuna attività di informazione nei confronti della
difesa, la quale potrebbe addirittura essere all’oscuro dell’esistenza stessa
del procedimento.
In questo modo il diritto di difesa diventa solo “possibilità” di
difesa.
Per quanto riguarda invece le altre due ipotesi di giudizio
immediato, ossia quello instaurato su iniziativa dell’imputato, non sorgono
problemi di violazione della garanzia difensiva: la prima ipotesi, prevista
nell’art. 453 comma 3 c.p.p., si realizza mediante l’implicita rinuncia del
12
richiedente alla garanzia dell’udienza preliminare; la seconda ipotesi,
disciplinata dall’art. 464 comma 1 c.p.p. si svolge attraverso l’introduzione
dell’ordinaria procedura dibattimentale a seguito dell’opposizione
presentata avverso il decreto penale di condanna.
Osservando invece la seconda categoria di procedimenti speciali,
quelli di deflazione dibattimentale, emerge un rischio più marcato di lesione
del diritto di difesa; infatti, diversamente da quanto accade nelle ipotesi di
anticipazione del dibattimento, laddove è possibile, nella pienezza del
contraddittorio dibattimentale, porre rimedio ad eventuali compressioni di
istanze difensive intervenute nella fase precedente, la specialità del rito
consistente nella scelta contrattata di esclusione del dibattimento presenta,
invece, un notevole rischio di svuotamento della garanzia fondamentale
dell’equo processo, dal momento che lo strumento del contraddittorio, in
quanto inteso ad assicurare risultati più rispondenti al vero, serve a
realizzare una migliore giustizia.
Con riferimento al giudizio abbreviato e al rito dell’applicazione
della pena su richiesta delle parti, il meccanismo processuale che appare
come il miglior modo di garantire il diritto di difesa è di consentirne
l’adozione soltanto nel caso in cui vi sia la rinuncia di entrambe le parti al
modulo processuale del contraddittorio come strumento tecnico di
formazione della prova, in modo che, mediante l’accordo delle parti, le
funzioni probatorie ai fini del giudizio di responsabilità vengano assunte
dagli atti delle indagini preliminari, normalmente sforniti di valenza di
prova.
Nel giudizio abbreviato come nel patteggiamento, si realizza una
rinuncia alla garanzia della formazione della prova in contraddittorio in
sede dibattimentale e si consente che la decisione venga presa
sostanzialmente sugli elementi raccolti da una parte, il pubblico ministero,
ma per il rito abbreviato vi è in più il paradosso della pretesa che esso debba
servire anche per il proscioglimento, mentre si registrano soltanto più forti
13
limitazioni alle garanzie difensive: 1) preclusioni derivanti dalla stessa
fisionomia di giudizio allo stato degli atti; 2) impedimenti a difendersi dal
novum, come per esempio, negare l’ammissibilità della richiesta del rito
speciale nei confronti della nuova contestazione effettuata in dibattimento
dal pubblico ministero oppure non consentire la revoca dell’ordinanza di
ammissione del rito nell’ipotesi di modifica dello stato degli atti in seguito
all’interrogatorio dell’imputato.
Altra situazione anomala è quella in cui viene a trovarsi la
garanzia di difesa dell’imputato che richiede il giudizio abbreviato e se lo
vede rifiutare dal gip a causa del dissenso espresso dal pubblico ministero
per ragioni attinenti alla non definibilità allo stato degli atti che lo stesso gip
riconosce attribuibile ad inerzia del pubblico ministero medesimo
rimediabile mediante un’attività di indagine integrativa. A questo proposito,
la Corte Costituzionale
ha riconosciuto la singolarità di una disciplina che,
attribuendo al pubblico ministero “la possibilità di decidere quali e quante
indagini esperire al fine del rinvio a giudizio, comporta, rispetto al giudizio
abbreviato, l’inaccettabile paradosso per cui il pubblico ministero può
legittimamente precluderne l’instaurazione allegando lacune probatorie da
lui stesso discrezionalmente determinate”. È dovuta intervenire la Corte
Costituzionale per riconoscere che almeno a dibattimento concluso non sia
possibile negare all’imputato il diritto alla riduzione di pena nel caso in cui
il giudice ritenga ingiustificate le ragioni di dissenso del pubblico ministero
o immotivata la decisione di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato
accompagnata dal consenso della pubblica accusa.
Nonostante l’astratta possibilità di realizzare un’integrazione
probatoria da parte della difesa, attraverso l’utilizzo dell’art. 38 n. att. c.p.p.
che al comma 2 bis prevede la facoltà del difensore di presentare
direttamente al giudice gli elementi di prova ritenuti rilevanti ai fini della
decisione, appare in concreto estremamente difficoltosa la prospettiva di
ottenere il completamento delle indagini nelle ipotesi in cui il pubblico
14
ministero non dia il consenso al rito abbreviato proprio per la necessità di
acquisire ulteriori elementi di prova. Lo sbarramento costituto dal giudizio
allo stato degli atti non consente di superare l’avviso contrario del pubblico
ministero in ordine alla possibilità del giudizio abbreviato per la necessità di
svolgere ulteriori indagini anche se risultasse che l’incompletezza sia
dovuta ad un’inerzia rimediabile dallo stesso organo di accusa.
Dal quadro dipinto finora emerge chiaramente l’impostazione “in
chiave colpevolista del giudizio abbreviato”
19
. Lascia, pertanto, dubbiosi
l’assunto sostenuto da una parte della dottrina
secondo la quale questo
procedimento risulta strutturato in modo da stimolare anche l’imputato
innocente che può così “ottenere un rapido proscioglimento, diminuire i
tempi del processo, ridurre le spese ed evitare il dibattimento e la pubblicità
connessa”
20
.
Appare più realistica la previsione secondo cui chi aspira al
proscioglimento non è indotto a chiedere il giudizio abbreviato
21
,
trattandosi di un modello procedimentale effettivamente vantaggioso solo in
casi di in equivoca colpevolezza, a causa dell’“appiattimento… sui fatti
allegati dall’accusa”, di regola, implicato dalla richiesta di definire il
processo “allo stato degli atti”
22
.
Queste considerazioni si adattano perfettamente all’ipotesi di
giudizio abbreviato richiesto nel corso delle indagini preliminari a norma
dell’art. 560 comma 2 c.p.p. La domanda di definizione anticipata del
19
DELLA SALA-GARELLO, L’udienza preliminare, verifica dell’accusa e
procedimenti speciali, IPSOA informatica, Milano, 1989, pp. 84, 257; RICCIO,
Commento agli artt. 438-464 c.p.p., in Prolegomeni a un commentario breve al nuovo
codice di procedura penale, a cura di G. Conso e V. Grevi, Cedam, Padova, 1990, p. 354.
20
SELVAGGI, Procedimento pretorile e riti alternativi, in Quarto incontro di studio
“mirato” sul nuovo c.p.p., sul tema: Il pretore, Trevi 5-7 maggio 1989, a cura del C.S.M.,
p. 1200.
21
Cfr. CORDERO, Codice di procedura penale commentato, Utet, Torino, 1990, p. 499;
FERRUA, Studi sul processo penale, cit., p. 76; MINNI, Il giudizio abbreviato, in Profili
del nuovo processo penale, coordinati da M. Garavoglia, Cedam, Padova, 1988, p. 161;
SOMMA, Il giudizio abbreviato, in I riti differenziati nel nuovo processo penale, Atti del
convegno di Salerno 30 settembre-2 ottobre 1988, Giuffrè, Milano, 1990, p. 135.
22
SOMMA, Il giudizio abbreviato, cit., p. 130.
15
processo che interviene prima del deposito del fascicolo da parte del
pubblico ministero (artt. 554 comma 4 e 555 comma 1 lett. g) c.p.p. 1988),
è ben difficile che esprima aspirazioni al proscioglimento; essa rappresenta,
piuttosto, “un’ammissione in ordine all’incontrovertibilità degli elementi di
prova che la persona sottoposta ad indagini presagisce gravino a suo carico
o, al più, denota l’intento di evitare un aggravamento della formulanda
imputazione”
23
.
Le stesse considerazioni possono essere riferite all’ipotesi di
giudizio abbreviato richiesto prima che siano formulate le conclusioni, ossia
nell’ultimo momento utile per proporlo: l’interesse ad avvalersi di tale
procedura all’epilogo dell’udienza preliminare, può essere risvegliato solo
dall’esito negativo delle sommarie informazioni assunte in forza dell’art.
422 comma 2 c.p.p.; tale condotta esprime una presa d’atto dell’imputato
relativa all’incontrovertibilità degli elementi di prova risultanti a
dimostrazione della sua colpevolezza, ovvero persegue lo scopo di
scongiurare il rischio di un’eventuale accrescimento dell’imputazione,
precluso dall’art. 441 comma 1 c.p.p. dopo che il pubblico ministero ha
prestato il proprio consenso, o di mitigare gli effetti negativi derivanti da
una contestazione suppletiva ormai operata
24
.
La scelta del giudizio abbreviato si profila, pertanto, come un
appannaggio quasi esclusivo di imputati “con le spalle al muro”
25
, perché
gravati da una molteplicità di elementi probatori a carico il cui peso essi
non reputino “azzerabile” in dibattimento
26
. Nonostante la prospettiva
23
PAOLOZZI, Il giudizio abbreviato nel passaggio dal modello “tipo” al modello
pretorile , Cedam, Padova, 1991, p. 246.
24
Cfr. FERRAIOLI, Il giudizio abbreviato, in I procedimenti speciali, a cura di A.A.
Dalia, Jovene, Napoli, 1989, p. 22; FRIGO, Commento all’art. 423 c. p. p., in Commento
al nuovo codice di procedura penale, coordinato da M. Chiavario, vol. IV, Utet, Torino,
1990, p. 649; RICCIO, Commento agli artt. 438-464 c.p.p., cit., p. 352.
25
DELLA SALA-GARELLO, L’udienza preliminare, cit., p. 93.
26
Cfr. NOBILI, Il regime di utilizzabilità degli atti a natura probatoria, in Contributi
allo studio del nuovo processo penale, coordinato da A. Melchionda, Maggioli, Rimini,
1989, p. 112.