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realtà-sogno, sé-altro da sé… L’utopia come le avanguardie e l’arte cercano di trovare
un proseguimento, un’assimilazione, una possibile unificazione di questi elementi.
L’urbanismo unitario vuole essere il superamento dell’urbanesimo capitalista-
funzionalista, l’utopia comunista non prevede più la separazione Padrone-servo, il
surrealismo quella tra vita e sogno, il cyberpunk quella tra corpo e materia inorganica. Il
situazionismo si pone ques’obiettivo: trovare un superamento ad una realtà
contrapposta (separata). Se in Marx l’alienazione è l’estraniamento dell’individuo dalla
sua esistenza sociale, con l’avvento della Società dello Spettacolo
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(ovvero il
capitalismo del terzo millennio basato sulla merce-immagine) la scissione coinvolge il
vissuto e la sua rappresentazione e nello stesso tempo l’attore dallo spettatore. Tramite
lo spettacolo la rappresentazione predomina sul vissuto, l’apparire sull’essere, la merce
sulla socialità. L’uomo è drammaticamente scisso, reso passivo. Il rovesciamento di
prospettiva, concetto ideato da Vaneigem (1934), filosofo belga e sorta di utopia
situazionista è cosa assai ardua e comincia con l’arte, negandola, trasformandola in
vissuto, per poi svilupparsi in ogni campo del sapere (tra cui l’urbanistica). Questo è
stato il ruolo del situazionismo appunto “forzare i limiti dell’esistente” anticipando
quella che potrebbe diventare, hegelianamente, la sintesi.
Nel primo capitolo si svolgerà un’analisi del movimento, cominciando dai precursori
più immediati, per poi giungere al testo critico fondamentale: “La Società dello
Spettacolo” di cui si effettuerà una sintesi. Verranno spiegate le principali pratiche
situazioniste quali la creazione di situazioni, superamento della dimensione separata
attore-spettatore, e il détournement il cui scopo è privare un elemento della sua
univocità, del suo significato attribuito da altri, conseguenza delle logiche del potere.
Infine si enuncerà l’Urbanistica Unitaria così come si può ricavare dai pochi testi che
trattano l’argomento. Il dato che essa sia stata quasi sistematicamente ignorata dai
manuali di critica architettonica contemporanea è dovuto al fatto che non siano mai state
costruite città situazioniste (nonostante i vari progetti) ma l’aspetto più interessante è di
come essa sia il tentativo di recuperare la dimensione rivoluzionaria, di radicale
trasformazione che all’architettura e all’urbanistica avevano dato le avanguardie
storiche degli anni 20’.
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Guy Debord, La società dello spettacolo, Massari editore, Bolsena, 2002, all’interno dei tutta la tesi
le citazioni relative a questo saggio avverranno tramite l’indicazione del numero del paragrafo tra
parentesi
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Nel secondo capitolo sarà posto l’accento sull’influenza avuta dalla “Società dello
Spettacolo” nei testi di sociologia che trattano delle aberrazioni dell’urbanesimo
capitalista.
Un lettura delle teorie di Debord può essere effettuata parallelamente a quella dei testi di
Bauman, Davis, Baudrillard, Ritzer, Virilio e Augè senza dover ricorrere troppo alla
fantasia. Territorio spettacolarizzato è la formula che viene scelta come sintesi della
variegata produzione sociologica in quanto il territorio contemporaneo possiede le
caratteristiche dello Spettacolo, fonte di omologazione, isolamento, controllo,
mercificazione e rappresentazione (intesa come apparenza organizzata).
Il capitolo III si presenta come il più sperimentale. Si è provato a pensare ad un
urbanistica situazionista inserendo le tre proposizioni del rovesciamento di prospettiva
di Vaneigem : realizzazione, partecipazione e comunicazione, cercando di applicarle
all’interno della metropoli nella costruzione di un modo di vivere urbano che sia
radicalmente diverso da quello descritto dai sociologi e dagli urbanisti conemporanei
più critici. Se dunque si utilizzava Debord per un analisi critica, a partire da Vaneigem
si attua un altro tipo di prospettiva.
Realizzazione è stata convertita in mobilità, dal nostro punto di vista sinonimi
nell’ambito applicativo su cui si svolge questa ricerca. Per quanto riguarda la mobilità si
son tralasciate le teorie su di essa che sarebbero state più consone ad una ricerca
sociologica di stampo quantitativo per percorrere, a partire da Burgess e Deleuze
un’altra strada. Mobilità è sinonimo di progresso in quanto indica capacità di sapersi
muovere in ambiti mentali differenti.
Il giorno del congresso sulla mobilità in Bicocca tenutosi nel settembre 2004, all’esterno
dell’edificio, mi è stato distribuito uno stampato edito da Reload (di cui si parlerà nel
quarto capitolo), un gruppo di attivisti che adotta principalmente il mezzo telematico
come diffusore d’idee intitolato “Mobilità Felicitaria” (un folder facilmente
rintracciabile su internet)
La ricchezza d’idee di questo fascicolo è notevole e chiarifica ottimamente la formula
“libero movimento = progresso” e utilizza la mobilità cittadina come motore di un’idea
molto più vasta di mobilità che spazia tra movimento-mutamento grazie ad uno stile
libertario e di evidente matrice situazionista (vengono fatti espliciti riferimenti
all’urbanistica unitaria e alla psicogeografia, viene ampiamente utilizzata la tecnica del
détournement linguistico).
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Per quanto riguarda la partecipazione si resterà in ambito accademico parlando delle
teorie sull’origine dell’agire comunicativo di Habermas e sulla genesi e le modalità
d’azione dei movimenti sociali. Non si può controbattere alla proposizione che
associazionismo è sinonimo di democrazia mentre restano aperte le discussioni sulle
modalità e l’efficacia dell’azione dei vari movimenti/ gruppi di pressione/ associazioni
per l’ottenimento dei propri scopi. Riflettendo sulla partecipazione in un ottica
situazionista si è giunti alle TAZ, Zone Temporaneamente Autonome di cui si proverà
una descrizione consci della difficoltà e del rischio di giungere a conclusioni riduttive
nella esplicazione di un argomento così complesso.
Se la TAZ non è applicabile nella realtà fisica (per esempio a causa delle forti
limitazioni e delle strette maglie del potere panottico) si sposta nell’ambito elettronico,
cioè sulla Rete.
Questo offre parecchi spunti per la sezione dedicata alla comunicazione, terzo punto
della triade di valori di Vaneigem.
Si parlerà in principio di capitali e reti sociali, cioè come si costruisce una rete di
relazioni all’interno di una comunità per giungere agli spazi virtuali della rete delle reti
(internet) e si vedrà come essa con il suo carattere tendenzialmente democratico possa
considerarsi il superamento del vecchio sistema mediale televisivo connotato dalla
passività dello spettatore, caratteristica propria della società dello spettacolo.
L’ultimo capitolo vuole fungere da appendice a tutto il discorso. Si descriverà un
quartiere di Milano particolarmente dinamico e rappresentativo per quanto riguarda gli
aspetti di mobilità-partecipazione-comunicazione: il quartiere Isola in zona Garibaldi-
Repubblica. Si focalizzerà l’attenzione verso gli atteggiamenti più innovativi di gruppi
che adottano modalità di matrice situazionista nel campo della partecipazione sociale.
Tenendo sempre presente che l’Urbanismo Unitario è semplicemente una costruzione
ideale frutto di un’avanguardia e un suo possibile raggiungimento non può che rimanere
nel campo delle speculazioni, si considererà il quartiere Isola nel punto in cui la
suddetta triade di ideali viene messa in pratica, con le ovvie limitazioni dovute alla
realtà politica e culturale del dato periodo storico in cui ci troviamo e nella
consapevolezza che “le avanguardie hanno un unico tempo e la fortuna più grande che
possono avere è, nel senso più pieno del termine, quella di fare il loro tempo” (Debord,
In girum imus nocte et consumimur igni, 1978).
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CAPITOLO 1
"La zona è forse un sistema molto complesso di insidie... non so
cosa succede qui in assenza dell'uomo, ma non appena arriva
qualcuno tutto comincia a muoversi... la zona in ogni momento è
proprio come l'abbiamo creata noi, come il nostro stato
d'animo... ma quello che succede, non dipende dalla zona,
dipende da noi." (Stalker di A. Tarkovskij, 1979)
Situazionismo
L’Internazionale situazionista nasce nel 1957 a Cosio D’Arroscia (Imperia) dall’unione
di Gruppo Cobra, movimento per un Bauhaus Immaginista, Comitato psico-geografico
di Londra, Internazionale Lettrista e ha rappresentato “l’ultima avanguardia storica del
novecento” (Perniola,2002,5).
Più che un movimento si può considerare una strategia culturale in grado di forzare “i
limiti dell’esistente e del possibile senza perdersi nell’utopia” (Perniola,2002,5); il
messaggio più importante che ha lasciato alle generazioni successive consiste nell’invito
a non cadere nell’avvilimento, a non essere vittime della frustrazione, a non
abbandonarsi alla passività.
In particolare i portavoce più importanti Guy Debord (1931-1994) e Raoul Vaneigem
(1934) hanno cercato di mettere in evidenza le contraddizioni della “Società dello
spettacolo” mostrando che non esiste un possibile cambiamento se si prescinde da una
conoscenza critica dei suoi meccanismi.
Il situazionismo ha raggiunto un grado massimo di consapevolezza di come il
capitalismo moderno comporti una pericolosa omologazione della filosofia e della
politica ed un preoccupante depauperamento della vita quotidiana ; oltre che alla
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descrizione dei processi di mercantilizzazione e alienazione, dell’impoverimento
dell’individuo nell’età spettacolare i Situazionisti hanno cercato di individuare possibili
strade di superamento per giungere ad una “comunicazione liberata” annunciando le
tecniche di un cambiamento capace di rivoluzionare la vita quotidiana. In questo
capitolo si tenterà una descrizione dei movimenti artistici e culturali che possono essere
considerati come precursori del movimento situazionista e delle tecniche adottate per un
possibile superamento dell’alienazione: dal superamento dell’arte alla costruzione di
situazioni, al détournement, per giungere all’argomento centrale : L’Urbanistica
Unitaria intesa come progetto di rinnovamento urbano per “la costruzione di un
ambiente in legame dinamico alle esperienze di comportamento” (Perniola,2002,16),
alla sua esplicita critica al funzionalismo il cui ideale architettonico è “annoiare a
morte” la popolazione e “costruire unità di abitazione isolate che impediscono i rapporti
diretti e lo sviluppo della socialità” (Perniola,2002,16).
Tramite l’urbanistica la società neo-capitalistica si impossessa dello spazio in modo
totalitario confinando l’individuo nella cellula familiare, e riducendo le possibilità di
azione in gruppi facilmente controllabili come la fabbrica o il villaggio. Questa
polemica non auspica un ritorno al passato, ma una diversa visione del concetto di
abitare: “nelle condizioni attuali nessuno abita veramente, ma è abitato dal potere. Il
primo passo verso l’emancipazione consiste nel cessare di identificare se stessi con
l’ambiente e con le condotte-modello”(Perniola,2002,41).
Attraverso la tecnica dell’Urbanistica Unitaria l’artista-architetto cessa di essere
l’artefice di forme inutili ed inefficaci per diventare il costruttore di ambienti e modi di
vita completi nell’ideale situazionista.
La trasformazione prospettata oltre che alla struttura urbana quindi riguarda il
comportamento dei suoi abitanti “ alla ricerca di modi di esistenza rivoluzionari come il
gioco, il nomadismo, l’avventura…” (Perniola,2002,15).
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1.1 Dadaismo e surrealismo
“Il situazionismo rappresentò lo scoglio dove queste due onde successivamente si
infransero”. (Marelli,1996,11). In particolare la coscienza del carattere rivoluzionario di
arte e poesia e la loro “profonda tendenza all’autosuperamento” ( Perniola,2002,7) sono
tematiche esplicite delle due avanguardie artistiche che furono minate con particolare
violenza tra il 1925 e il 1939 con l’affermazione dei regimi dittatoriali della
socialdemocrazia e dello stalinismo, solidali nel loro tentativo di neutralizzare la
dimensione eversiva insita nell’attività artistica.
Queste continuarono ad essere problematiche che le avanguardie post-surrealiste alla
fine degli anni 40’ riuscirono ad esprimere e furono determinanti nel costituire “quel
materiale politico di origine essenzialmente estetica” (Marelli,1996,84) che ebbe parte
attiva nella contestazione giovanile della fine degli anni 60’.
Lo sforzo di dadaisti e surrealisti nel costruire una critica all’estetica borghese non può
che commutarsi in una rivolta nei “valori” del sistema capitalistico. Il concetto di
scandalo ( che si può cogliere come antenato del détournement situazionista) oltre che
un tentativo di rivolta nei confronti dell’arte borghese fu un modo eloquente di
assumersi responsabilità politiche. Liberare l’uomo da un sistema repressivo e classista
non può che cominciare da una consapevole presa di coscienza del sé e riscoprire
l’aspetto emotivo e passionale che lo determina. La rivoluzione surrealista è nella
commistione tra realtà e sogno, tra desiderio e vissuto con lo scopo di accostarsi al
sociale tramite la forza della soggettività e ha come fine ultimo la costruzione
dell’”uomo totale”.
In tale prospettiva l’arte non può che giungere al suo superamento che è la negazione
dell’arte, la “situazione costruita” dei situazionisti.
I surrealisti sono stati indubbiamente la prima fase di questo percorso ma il limite del
loro proclamarsi contro la produzione artistica contemporanea, il mercato, i suoi critici è
stato proprio ritenersi salvi da queste accuse e continuare nello stesso tempo a produrre
opere d’arte.
“Il situazionismo è stato solo l’inizio di un’esperienza rivoluzionaria nella cultura(…) si
tratta ora di andare più lontano” (Marelli,1996,71). Realizzare l’arte tramite la sua
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negazione dunque abbandonare l’aspetto artificioso della critica estetica e concretizzare
il suo superamento. E’ proprio questo lo scopo dell’attività culturale.
1.2. Il lettrismo
Tra gli epigoni del surrealismo il Lettrismo occupa una posizione fondamentale
specialmente nell’analisi del movimento giovanile e nella capacità a comprenderne la
sua forza rivoluzionaria. Fondato nel 1946 in Francia dal rumeno Isidore Isou condusse
sin dagli inizi una critica dell’espressione artistica e del suo fallimento all’interno del
processo di rinnovamento culturale e politico. L’analisi del lettrismo parte dalla
scrittura; “ la poesia si riduce in lettere, la pittura in poliscrittura , il racconto in affresco
metagrafico, il cinema senza immagini (Bandini,1977,41)”.
In seguito il lettrismo estese la propria ricerca all’esistente, cercò di appropriarsi del
reale spostando il fuoco dall’opera al ricercatore; la creazione non è più l’opera fisica
ma la spiritualità dell’artista. La materia è vista come un pretesto il cui fine è mettere in
rilievo la “spiritualità” del creatore. Il passaggio dall’opera all’artista è evidente e ha
delle ripercussioni, sempre secondo Isou, anche sul piano sociale. E’ presso i giovani
che è possibile realizzare la “creatività pura” sono dunque loro il soggetto
rivoluzionario che più incarna il progetto di trasformazione della realtà. Lo scrittore
rumeno introduce la dicotomia interni/esterni in cui i primi sono coloro che hanno
accettato il loro ruolo nella società e al massimo quello che vogliono è di migliorare la
loro condizione sociale mentre i secondi (i giovani, gli esterni) hanno un elevato
potenziale rivoluzionario perché non sono ancora entrati all’interno del circuito
produttivo.
E’ innegabile come queste considerazioni abbiano contribuito a fare del lettrismo una
delle origini della contestazione studentesca con quasi venti anni di anticipo.
L’opera d’arte è dunque azione, partecipare direttamente alla trasformazione della
società, un modo di vivere, un rinnovamento dell’espressione; sperimentare nella misura
possibile sia forme di architettura che tipologie di comportamento, trovare nei propri
mezzi l’espressione per cambiare le abitudini degli uomini, attraverso gli strumenti
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dell’arte quali l’architettura e l’urbanistica creare delle condizioni (situazioni) di vita
capaci di liberare le vere passioni, i reali bisogni attualmente repressi nel sistema
capitalistico. Il lettrismo “ prefigurò la modificazione del rapporto tra abitato/abitante
grazie ad una nuova trasposizione dei valori architettonici e urbanistici”
(Marelli,1996,22) per fare dell’architettura una pratica di agitazione, “un mezzo
d’approccio per una forma di vita da costruire” (Marelli, 1996,22).