Infine vi sarà una valutazione di quelli che potranno essere scenari possibili futuri sia per gli Stati
Uniti che per il resto del mondo, in quanto lo scopo della mia tesi è quello di mettere in risalto il
fatto che tali futuri scenari non sono così lontani, anzi potrebbero essere più vicini di quello che
ancora oggi molti pensano.
Ciò che mi ha motivato ad approfondire questo tema è la consapevolezza che il futuro degli Stati
Uniti riguarda anche il futuro di tutti gli stati e di tutta la popolazione mondiale, e la posta in gioco è
il passaggio da un mondo in cui prevale la “corsa all’accaparramento” delle risorse, ad uno in cui le
risorse si possano creare e si rinnovare.
(¹) Da “Strategic Energy PolicyChallenges for the 21 st Century”. http://www.cffr.org.
Introduzione
Il lavoro parte dal rapporto sopra enunciato di un gruppo di studiosi supportati dal “James A. Baker
III Institute” per la politica pubblica dell’università di Rice, negli Stati Uniti, e dal “consiglio per i
rapporti con l’estero”.
Il James A. Baker III Institute ha un ruolo importante nell’osservare e studiare la politica pubblica
degli Stati Uniti e nella ricerca di soluzioni che contribuiscano a risolvere le attuali problematiche
energetiche.
Il consiglio per i rapporti con l’estero è un centro di ricerca fondato nel 1921, ed è composto da
studiosi che non hanno legami con schieramenti politici.
Lo scopo dichiarato di questi studiosi¹ non è stato quello di prendere una posizione istituzionale
sugli aspetti politici, ma di arrivare ad un documento che migliori il dibattito sugli argomenti di
politica pubblica trattati.
Sono stati invitati a partecipare al progetto anche politici² e rappresentanti di società petrolifere³.
Gli studiosi partono da una osservazione semplice ma importante: ”negli Stati Uniti aumenta il
consumo di energia ed il fabbisogno futuro, ma la popolazione non sembra ancora essere
cosciente di quella che invece è la reale condizione del loro paese, fatta di una difficile situazione a
causa del progressivo prosciugamento dei giacimenti interni, e di una sempre più intricata
situazione internazionale, alimentata dai difficili rapporti con i paesi del Medio Oriente, nel quale
sono dislocate molte delle risorse petrolifere mondiali”.
Essi prendono in considerazione gli aspetti energetici futuri partendo dall’attuale situazione e
analizzano su vari fronti la politica estera ed interna e le conseguenze delle strategie americane
passate e presenti, evidenziandone i nodi critici ed alcune possibili soluzioni.
E’ importante ricordare che il rapporto risale ai primi mesi del 2001, prima dei fatti dell’11
Settembre con l’attentato alle “Torri Gemelle”, dunque i riferimenti della mia analisi avranno un
limite temporale ed una collocazione definita.
La chiave di lettura con cui ho letto e compreso le loro affermazioni, è una chiave che interpreta il
rapporto come una sorta di “catechizzazione” dell’attuale amministrazione americana, in quanto,
oltre ad evidenziare la difficile situazione in cui si trova sui vari fronti, definisce quelle che, secondo
gli studiosi sono, le “possibili soluzioni”.
Di fatto però, seppur con l’intento di migliorare il dibattito sui vari temi, le posizioni prese sui vari
punti sono decise e, mentre l’attuale amministrazione Bush rilancia l’idea della cosiddetta
“indipendenza energetica” degli Stati Uniti, la politica interna ed estera dà indicazioni opposte,
ovvero di un futuro incerto a causa dei cambiamenti politici internazionali e della posizione
americana verso i paesi produttori chiave.
(¹) gli studiosi più importanti che hanno partecipato alla creazione del rapporto sono: “Amy Myers Jaffe”,
un’importante docente del James A. Baker III Institute, che è stato il direttore del progetto. Jaffe è stato il più
importante economista analista dell’America del centro-est negli anni novanta, ed autore di numerosi articoli
sulle geopolitiche petrolifere nel Medio Oriente e nel bacino del mar Caspico.
“Graham Allison”, attuale direttore del centro per la scienza e per gli affari internazionali all’università di
Harward.
“Patrick Clawson”, direttore per la ricerca all'istituto di Washington per la politica nel Medio Oriente e
precedentemente economista più importante del Fondo monetario internazionale (FMI); ha inoltre pubblicato
dodici libri sulla situazione in Medio Oriente.
“Michel T. Halbouty”, scienziato ed un assistente tecnico internazionalmente riconosciuto, la cui carriera e le
realizzazioni nel campo della geologia e dell'ingegneria del petrolio gli hanno fatto guadagnare molti
riconoscimenti come uno dei più importanti geo-scienziati del mondo.
“Melanine A. Kenderdine”, vice presidente dell'istituto di tecnologia del gas; precedentemente è stata
direttrice della politica del dipartimento per l'energia.
“Ernest J. Moniz”, professore di fisica ed ex capo del reparto di fisica al “Massachusetts Institute of
Technology”; è stato direttore dell'ufficio per la scienza e la politica tecnologica e sottosegretario per
l’energia, a scienza e l'ambiente nel dipartimento energetico statunitense dal 1997 al 2001.
(²) per quanto concerne i politici che hanno partecipato, i più importanti sono stati:
“Charles B. Curtis”, consigliere delle Nazioni Unite e presidente di NTI, una fondazione recentemente nata
per ridurre la minaccia contemporanea dalle armi di distruzione totale; in precedenza è stato segretario del
dipartimento per l'energia degli Stati Uniti e presidente di una commissione federale energetica alla camera.
“Shirley Neff”, economista e membro del senato, è il maggiore responsabile degli ultimi studi sulla politica
petrolifera e del gas, dell'elettricità e dell'energia rinnovabile, in relazione ai cambiamenti climatici degli ultimi
anni.
(³) Tra gli esponenti di società petrolifere o società connesse al tema trattato:
“Edward L. Morse”, attuale consigliere esecutivo della “Hess”, una ditta che commercia energia con sedi a
Londra e New York, che è stato il responsabile del progetto; Morse dal 1978 al 1981 è stato al governo
come ministro con delega per la politica energetica internazionale; ha collaborato nella stesura di quattro libri
di politica finanziaria sulla situazione energetica degli Stati Uniti e sugli affari esteri; inoltre dirige vari gruppi
di ricerca sull’energia all'università di New York ed all’istituto “Johns Hopkins “di studi internazionali avanzati
all'università di Houston.
“Odeh Aburdene”, è stato responsabile della divisione internazionale della banca americana di sicurezza a
Washington, e vice presidente della banca nazionale di Chicago.
“Kenneth Lay”, presidente della “Enron Corporation”. Il dott. Lay è stato direttore generale della Enron dal
1985 fino al febbraio del 2001, ed attualmente lavora nei consigli d'amministrazione della Compaq Computer
Corporation.
“John H. Lichtblau”, presidente di un’industria petrolifera, la “PIRINC” ed è stato membro del consiglio
nazionale del petrolio dal 1968.
“Jhon A. Manzoni”, presidente della British-Petroleum (BP) negli Stati Uniti orientali.
“Steven L. Mugnaio”, presidente del consiglio d'amministrazione della Shell e membro del “consiglio
nazionale del petrolio e del commercio”.
“Gary N. Ross”, direttore generale del gruppo energetico “PIRA”, una nuova società di consulenza
internazionale composta da circa trecento aziende in più di trenta paesi; Ross consulta molti ministri esteri
riguardo l’attuale situazione energetica internazionale.
“Jefferson B. Seabright”, vice presidente per la pianificazione delle politiche per la Texano; è stato
precedentemente il direttore esecutivo di un gruppo di esperti della Casa Bianca sul cambiamento del clima.
Tra questi, che sono i più importanti, vi è anche Enzo Viscusi, vice presidente del gruppo ENI, che
rappresenta l’azienda italiana nei rapporti e nelle collaborazioni con l’America.
Capitolo 1: gli Stati Uniti e il Medio Oriente
1.1. La politica verso il Medio Oriente:
Secondo gli studiosi, la politica petrolifera internazionale degli Stati Uniti ha contato per molti anni
sul libero accesso ai mercati di alcuni paesi del Golfo Persico, come il Kuwait e l’Arabia Saudita,
ed ha creato con essi un rapporto chiave nelle esportazioni e nel mantenimento di prezzi del
petrolio stabili. Sulla base di questo legame, il governo americano ha avuto il convincimento che gli
investimenti necessari a sostenere i periodi di shock sarebbero sempre stati fatti dalle compagnie
petrolifere operanti in quei paesi.
Questa sicurezza affonda le radici negli anni 50’ e 60’, quando l’industria energetica mondiale
dette una grande dimostrazione di capacità tecnologica ed imprenditoriale nell’anticipare e
sostenere una straordinaria espansione delle economie, e nel soddifare le esigenze che la
domanda finale di energia andava esprimendo.
Il punto di svolta si è avuto negli anni 70’ per l’esplosione di due crisi a causa di improvvise e
momentanee tensioni politiche: la prima si ebbe nel 73’, quando le truppe egiziane e siriane
invasero Israele e i negoziati di Vienna fallirono, causando il blocco delle esportazioni dei paesi
arabi membri dell’OPEC verso Stati Uniti e Olanda, ”colpevoli” di aver fornito un sostegno
economico, politico e militare ad Israele.
Ma i tagli alla produzione di questi paesi causò la reazione americana, e la paura di subire
l’embargo da parte di questi paesi fece rientrare le situazione e anzi creò una sorta di rimbalzo con
l’aumento della produzione e dei prezzi, a vantaggio delle società americane, anche se ne seguì
comunque un periodo di recessione economica.
La seconda crisi causò lo shock petrolifero dal 78’ al 79’ a causa delle tensioni interne in Iran che
portarono alla presa del potere da parte di Khomeini, il quale avviò subito un duro scontro politico
col mondo occidentale.
In preda al panico, i mercati reagirono contro ogni ragionevolezza e interpretarono la crisi come
una scarsità di offerta, facendo aumentare nuovamente i prezzi delle esportazioni di petrolio.
La caduta iniziale dei rifornimenti portò ad un aumento degli investimenti nel settore dell’energia
nucleare e nell’uso del carbone; inoltre molti paesi fuori dall’OPEC aumentarono gli investimenti
nella ricerca di nuove fonti energetiche, anche non convenzionali.
Questa situazione fece sì che nonostante la guerra tra Iran e Iraq, i prezzi reali del petrolio e del
gas naturale scendessero a livelli più moderati, grazie anche alle nuove fonti scoperte dai paesi
non OPEC.
Così fino agli inizi degli anni 90’ lo scenario economico internazionale ha attraversato un periodo di
relativa stabilità dei mercati.
Gli Stati Uniti, sostengono gli studiosi, hanno così avuto il convincimento che il mondo disponesse
di risorse energetiche quasi illimitate, e che si potesse avviare la cosidetta “deregulation”, per fare
in modo che il mercato stesso potesse dettare le regole di funzionamento.
In questo modo si legittimava l’idea che, sì bisognava ridurre i costi di produzione dell’energia, ma
la capacità produttiva era tale da non dover dare molta importanza a chi sollevava già alcuni dei
problemi che sono oggi di stretta importanza.
A tal punto che il governo degli Stati Uniti diede un giro di vite alla sua politica estera degli anni 70’
e cominciò una politica di sanzioni economiche e di embarghi verso quei paesi che erano ritenuti
sostenitori del terrorismo internazionale.
Questa situazione era accompaganta dalla convinzione che la propria sicurezza interna ed
internazionale fosse inviolabile; posizione rafforzatasi nel 1990, quando l’Iraq ha invaso il Kuwait e
l’intervento americano ha respinto l’invasione, generando un senso di grande soddisfazione ed
euforia nella popolazione americana.
Bisogna aggiungere che proprio in questo periodo si assiste alla fine della “guerra fredda”, e gli
Stati Uniti rafforzano la loro coalizione contro i regimi totalitari del Medio Oriente, in particolare
quello di Saddam Hussein.
Ma gli studiosi sostengono che quel periodo può essere valutato sotto un altro punto di vista, e
cioè: l’embargo sul petrolio iracheno da parte delle Nazioni Unite (U.N.) è stato permesso
dall'esistenza di una vasta capacità produttiva sostitutiva in altre zone del mondo.
Essi sostengono che nell’agosto del 1990, a causa dell’embargo, fossero tolti al mercato circa 5
milioni di barili al giorno, che furono compensati dall’aumento di produzione dell’Arabia Saudita, del
Venezuela e di Abu Dhabi.
Ma a distanza di un decennio quella capacità produttiva sostitutiva sembra essersi esaurita e gli
Stati Uniti, secondo le fonti degli studiosi, aumentano dal 1980 il loro fabbisogno energetico del 2%
ogni anno.
Inoltre essi valutano le ripercussioni delle sanzioni multilaterali ed unilaterali statunitensi che hanno
portato ad un indebolimento notevole della capacità produttiva potenziale dell’Iraq, allo
scoraggiamento di molti paesi a investire in aree politicamente molto instabili, alle accuse di Iran e
Iraq all’Arabia Saudita di essere al servizio dei bisogni dell’America e non delle popolazioni
musulmane, all’inasprimento dello scontro israelo-palestinese.
Tutto ciò contribuisce alla chiusura del mondo arabo agli investimenti esteri.
Ma sempre secondo le fonti del rapporto, in Medio Oriente si trovano circa il 25% delle disponibilità
energetiche mondiali, e gli Stati Uniti devono intraprendere una politica verso questi paesi diversa
dal passato, poiché il loro futuro non può prescindere da tali fonti, sia per quanto riguarda il petrolio
che il gas naturale.
Gli studiosi delineano quelli che reputano “punti immediati” nella politica futura statunitense se non
vogliono correre il rischio di “perdere” una fonte vitale per tutta la loro economia.
3.2. Le riserve degli USA: “dal modello di Bass tradizionale alle sue
estensioni”:
I dati presi in esame in questa prima modellizzazione riguardano gli Stati Uniti compresa l’Alaska
e senza la presenza di NGL’s; tali dati sono ricavati dalle precedenti serie di Zittel. Inoltre è
importante ricordare che essi riguardano le estrazioni annuali in miliardi di barili.
A questo punto una volta caricati i dati sul programma, immesse le variabili e selezionato il tipo di
analisi, si lancia la procedura e si ottiene un’analisi completa dei dati; la procedura selezionata è la
regressione non lineare e il modello scelto è il modello di Bass tradizionale, chiamato per
convenzione “Bass1”:
Nonlinear Regression - cum
Nonlinear Regression
--------------------
Dependent variable: cum
Independent variables:
t
Function to be estimated: m*
(1-EXP(-(p+q)*t))/
(1+(q/p)*EXP(-(p+q)*t))
Initial parameter estimates:
m = 220,0
p = 0,0063
q = 0,035
Estimation method: Marquardt
Estimation stopped due to convergence of parameter estimates.
Number of iterations: 12
Number of function calls: 56
Estimation Results
----------------------------------------------------------------------------
Asymptotic 95,0%
Asymptotic Confidence Interval
Parameter Estimate Standard Error Lower Upper
----------------------------------------------------------------------------
m 220,085 0,881605 218,336 221,835
p 0,000659748 0,00000613422 0,000647575 0,000671921
q 0,0589621 0,000282556 0,0584014 0,0595228
----------------------------------------------------------------------------
Analysis of Variance
-----------------------------------------------------
Source Sum of Squares Df Mean Square
-----------------------------------------------------
Model 735777,0 3 245259,0
Residual 39,734 98 0,405449
-----------------------------------------------------
Total 735817,0 101
Total (Corr.) 352880,0 100
R-Squared = 99,9887 percent
R-Squared (adjusted for d.f.) = 99,9885 percent
Standard Error of Est. = 0,636748
Mean absolute error = 0,487259
Durbin-Watson statistic = 0,039748
Nella parte inferiore della tabella si nota la scomposizione della devianza in una parte che spiega il
modello (Model =735777) e in una parte residua intorno al modello (Residual =39,734).
Il valore del coefficiente di determinazione multipla R
2
aggiustato è pari a 99,9887%, un valore
elevato che indica che i fattori di disturbo sono stati ottimamente assorbiti; dunque il modello si
adatta piuttosto bene ai dati e al tipo di analisi richiesta.
Il grafico del modello utilizzato descrive congiuntamente le estrazioni cumulate e il modello stimato
di Bass (tradizionale), e conferma l’adattamento dei valori intorno al modello:
Plot of Fitted Model
t
c
u
m
0 2040608010120
0
40
80
120
160
200
L’analisi dei residui intorno al modello segnala la presenza di una certa componente autocorrelata,
componente che viene però in parte confusa con cambiamenti strutturali locali nella prima parte
della serie.
Residual Plot
predicted cum
S
t
u
d
e
n
t
i
z
e
d
r
e
s
i
d
u
a
l
0 40 80 120 160 200
-2,4
-1,4
-0,4
0,6
1,6
2,6
Poiché il modello si è adattato in maniera non pienamente soddisfacente, si è arricchita l’analisi
precedente utilizzando un modello più complicato che assorba e controlli maggiormente i fattori di
disturbo sistematico mediante un modello di Bass, chiamato per convenzione “Basse1”, modello
che incorpora uno shock esponenziale:
Nonlinear Regression - cum
Nonlinear Regression
--------------------
Dependent variable: cum
Independent variables:
t
Function to be estimated: m*
(1-EXP(-(p+q)*(t+ (c1/b1)*(EXP(b1*(t-a1))-1)*(a1 <= t) )))/
(1+(q/p)*EXP(-(p+q)*(t+ (c1/b1)*(EXP(b1*(t-a1))-1)*(a1 <= t) )))
Initial parameter estimates:
m = 223,0
p = 0,000471
q = 0,0581
c1 = 0,74
b1 = -0,11
a1 = 20,5
Estimation method: Marquardt
Estimation stopped due to convergence of parameter estimates.
Number of iterations: 16
Number of function calls: 123
Questa innovazione ci permette di controllare e assorbire ulteriormente I fattori di disturbo che vi
possono essere, dovuti a situazioni storiche che hanno condizionato le estrazioni di petrolio negli
Stati Uniti.
Estimation Results
----------------------------------------------------------------------------
Asymptotic 95,0%
Asymptotic Confidence Interval
Parameter Estimate Standard Error Lower Upper
----------------------------------------------------------------------------
m 224,885 0,784401 223,328 226,442
p 0,000445866 0,0000177788 0,000410571 0,000481162
q 0,0571941 0,000403937 0,0563922 0,057996
c1 0,682617 0,0735348 0,536632 0,828602
b1 -0,0852885 0,00948373 -0,104116 -0,0664609
a1 18,0477 0,981086 16,1 19,9954
----------------------------------------------------------------------------
Analysis of Variance
-----------------------------------------------------
Source Sum of Squares Df Mean Square
-----------------------------------------------------
Model 735809,0 6 122635,0
Residual 7,39124 95 0,0778026
-----------------------------------------------------
Total 735817,0 101
Total (Corr.) 352880,0 100
R-Squared = 99,9979 percent
R-Squared (adjusted for d.f.) = 99,9978 percent
Standard Error of Est. = 0,278931
Mean absolute error = 0,207909
Durbin-Watson statistic = 0,173839
Il risultato che appare da subito evidente è come il valore del coefficiente di determinazione
multipla R
2
aggiustato è pari a 99,9978%; in un modello di precisione come quello utilizzato, è un
sensibile miglioramento.
Questa situazione è confermata dai due diagrammi successivi, il primo che descrive
congiuntamente le estrazioni cumulate e il modello stimato di Bass (Basse1), e conferma
l’adattamento dei valori intorno al modello, il secondo rileva come l’analisi dei residui intorno al
modello viene espressa adeguatamente a livello di modellazione se si trascura la componete
autoregressiva ora più regolare; graficamente:
Plot of Fitted Model
t
c
u
m
0 2040608010120
0
40
80
120
160
200
Residual Plot
0 40 80 120 160 200
predicted cum
-2,9
-1,9
-0,9
0,1
1,1
2,1
3,1
S
t
u
d
e
n
t
i
z
e
d
r
e
s
i
d
u
a
l
A questo punto entriamo nel cuore dell’analisi, ovvero quella che permetterà di fare delle previsioni
su base più sicura.
Attraverso una procedura che esamina il dato non cumulato e i due modelli opportunamente
differenziati si ha:
Multiple X-Y Plot
Analysis Summary
X variable: t
Y variables:
barili
DIFF(PREDb1)
DIFF(PREDbe1)
309 values
Il risultato è il grafico sottostante, che mostra le estrazioni petrolifere in barili (linea blu), e le
previsioni fatte utilizzando i due modelli di Bass, il Bass1 e il Basse1:
Multiple X-Y Plot
t
Variables
barili
DIFF(PREDb
DIFF(PREDb
0 20 40 60 80 100 120
0
1
2
3
4
L’asse y indica i barili (miliardi) e l’asse x rappresenta il tempo t; t=0 indica l’anno 1900, ovvero
l’origine dei dati. Se noi osserviamo l’andamento delle previsioni vediamo come in un’ipotesi
ottimistica la curva scende a zero intorno al valore: 140 < t < 150.
Questo tradotto in termini molto semplici vuol dire che tra l’anno 2037 e l’anno 2047 gli Stati uniti
avranno esaurito completamente i loro pozzi petroliferi interni. Se si considera più realisticamente il
tempo t0,90 che corrisponde al 90% di m (comying capacity pari a 202,4) si ottiene t0,90 = 115, che
corrisponde all’anno 2015. Il riferimento al 90% del consumo della risorsa è di estremo interesse in
tutti i processi diffusivi. Intorno a quella soglia si manifestano spesso turbolenze che possono
avere differenti interpretazioni.
Nel nostro caso possono avere un ruolo non marginale i costi di produzione troppo elevati nella
fase conclusiva dell’estrazione.
Ma proseguendo su questa strada, poiché l’analisi dà risultati molto soddisfacenti, ho cercato di
utilizzare procedure più complesse ma estremamente più efficaci per controllare anche la
componente residuale in forma autoregressiva.
Attraverso una procedura simile alla precedente che utilizza un modello detto “ARIMA”, si è potuto
andare ben oltre il modello prima visto:
Forecasting - cum
Analysis Summary
Data variable: cum
Number of observations = 101
Start index = 1,0
Sampling interval = 1,0
Forecast Summary
----------------
Forecast model selected: ARIMA(2,0,1) + 1 regressor
Number of forecasts generated: 40
Number of periods withheld for validation: 0
ARIMA Model Summary
Parameter Estimate Stnd. Error t P-value
----------------------------------------------------------------------------
AR(1) 1,72224 0,0424705 40,5516 0,000000
AR(2) -0,882847 0,0225236 -39,1965 0,000000
MA(1) 0,138997 0,108623 1,27964 0,203695
PREDbe1 0,159537 0,0205186 7,77524 0,000000
----------------------------------------------------------------------------
Backforecasting: yes
Estimated white noise variance = 0,00462993 with 98 degrees of freedom
Estimated white noise standard deviation = 0,0680436
Number of iterations: 23
Come nelle precedenti procedure, prima di arrivare al risultato finale, è importante vedere come i
modelli utilizzati e la procedura avviata si siano adattati, dunque bisogna capire prima di tutto la
riuscita dell’analisi.
I quattro grafici successivi indicano in sequenza che:
• Le estrazioni cumulate seguono in modo preciso il modello;
• L’analisi dei residui è compresa tra limiti accettabili che indicano l’ottimo assorbimento delle
componenti di disturbo;
• La struttura dell’autocorrelazione e dell’autocorrelazione parziali prese singolarmente (a
differenza delle precedenti analisi) risultano compresi nei limiti e indicano la riuscita del
modello.
Time Sequence Plot for cum
ARIMA(2,0,1) + 1 regressor
c
u
m
actual
forecast
95,0% limit
0 30 60 90 120 150
0
50
100
150
200
250
300
Residual Plot for cum
ARIMA(2,0,1) + 1 regressor
R
e
s
i
d
u
a
l
0 2040608010120
-0,21
-0,11
-0,01
0,09
0,19
Residual Autocorrelations for cum
ARIMA(2,0,1) + 1 regressor
lag
A
u
t
o
c
o
r
r
e
l
a
t
i
o
n
s
0 5 10 15 20 25
-1
-0,6
-0,2
0,2
0,6
1
Residual Partial Autocorrelations for cum
ARIMA(2,0,1) + 1 regressor
lag
P
a
r
t
i
a
l
A
u
t
o
c
o
r
r
e
l
a
t
i
o
n
s
0 5 10 15 20 25
-1
-0,6
-0,2
0,2
0,6
1
A questo punto, l’analisi effettuata e le stime ottenute, ci permettono di fare la previsione:
Multiple X-Y Plot
Analysis Summary
X variable: t
Y variables:
barili
DIFF(FORar2ma1)
241 values
Graficamente:
Multiple X-Y Plot
t
Variables
barili
DIFF(FORar2
0 30 60 90 120 150
0
1
2
3
4
Come si può notare, il salto di qualità rispetto al precedente modello è rilevante, in quanto
l’andamento delle previsioni si adatta in modo eccellente; però sorge un problema nella
modellizzazione: più o meno al t=100, il modello non riesce più a contenere le variabili esterne e
segue un andamento sfasato rispetto all’analisi preliminare;
Per questo motivo ho riavviato la procedura utilizzando degli accorgimenti che mi hanno permesso
di contenere queste perturbazioni e di ottenere il risultato sperato:
Forecasting - barili
Analysis Summary
Data variable: barili
Number of observations = 101
Start index = 1,0
Sampling interval = 1,0
Forecast Summary
----------------
Forecast model selected: ARIMA(4,0,2) + 1 regressor
Number of forecasts generated: 40
Number of periods withheld for validation: 0
ARIMA Model Summary
Parameter Estimate Stnd. Error t P-value
----------------------------------------------------------------------------
AR(1) 1,21416 0,691695 1,75534 0,082426
AR(2) -0,140994 1,11031 -0,126986 0,899220
AR(3) -0,146337 0,49692 -0,294488 0,769028
AR(4) -0,132467 0,0891259 -1,48629 0,140514
MA(1) 0,591549 0,68527 0,863235 0,390183
MA(2) 0,299352 0,650254 0,460362 0,646308
DIFF(PREDbe1) 0,20426 0,0890786 2,29303 0,024052
----------------------------------------------------------------------------
Backforecasting: yes
Estimated white noise variance = 0,00495321 with 95 degrees of freedom
Estimated white noise standard deviation = 0,0703791
Number of iterations: 17
Da subito questa ulteriore e finale procedura ci fa vedere come la perturbazione viene assorbita
dal grafico sottostante, e i successivi diagrammi confermano tale risultato:
Time Sequence Plot for barili
ARIMA(4,0,2) + 1 regressor
b
a
r
i
l
i
actual
forecast
95,0% limit
0 30 60 90 120 150
-1
0
1
2
3
4
Residual Plot for barili
ARIMA(4,0,2) + 1 regressor
R
e
s
i
d
u
a
l
0 2040608010120
-0,24
-0,14
-0,04
0,06
0,16
0,26
Residual Autocorrelations for barili
ARIMA(4,0,2) + 1 regressor
lag
A
u
t
o
c
o
r
r
e
l
a
t
i
o
n
s
0 5 10 15 20 25
-1
-0,6
-0,2
0,2
0,6
1
Residual Partial Autocorrelations for barili
ARIMA(4,0,2) + 1 regressor
lag
P
a
r
t
i
a
l
A
u
t
o
c
o
r
r
e
l
a
t
i
o
n
s
0 5 10 15 20 25
-1
-0,6
-0,2
0,2
0,6
1
Non resta ora che giungere al risultato finale avviando la procedura già descritta in precedenza: