2
I fotorivelatori attualmente utilizzati sono i PMT (Photomultiplier Tube), gli APD
(Avalanche Photodiodes) e quelli in fase di sviluppo sono HPD (Hybrid Photodiode) e
SPAD (Single-Photon Avalanche Diode). Ogni singola opzione però non sembra essere
in grado di soddisfare contemporaneamente richieste quali: basso costo del dispositivo,
integrabilità a matrice, bassa tensione di lavoro, dimensioni ridotte, insensibilità al
campo magnetico, segnale d’uscita sufficientemente intenso per essere intelligibile
dall’elettronica di lettura.
Un dispositivo che sembra adempire alla maggior parte di tali specifiche è il SiPM
(Silicon PhotoMultiplier) realizzato come combinazione di strutture a microcella con
elevato guadagno interno (dell’ordine di 10
6
) e con un meccanismo di autospegnimento
della scarica che scaturisce quando il rivelatore assorbe il singolo fotone.
L’obiettivo di questo lavoro di tesi si incentra proprio sulla caratterizzazione del
singolo pixel SiPM, essendo questo il punto di partenza per poter realizzare una matrice
di tali diodi.
Nel primo capitolo di questo lavoro di tesi sarà fatta un’introduzione sulle tecniche di
imaging medicale, al fine di circoscrivere uno degli ambiti applicativi d’interesse che
giustificano il lavoro di ricerca.
Nel secondo capitolo sarà descritta l’architettura del singolo diodo rivelatore di
fotoni nelle sue caratteristiche fondamentali e la modalità di funzionamento, per poi
allargare la descrizione ai fotorivelatori in commercio quali PMT, APD, HPD, SPAD e
MRS (Metal-Resistor Semiconductor).
Nel terzo capitolo sarà focalizzata l’attenzione sul funzionamento del Fotodiodo a
valanga in Modalità Geiger, analizzando in breve gli aspetti e le problematiche che
appartengono al singolo pixel e alla sua integrazione in forma di matrice.
Nel quarto capitolo, infine, saranno studiate tre tipologie di singoli pixel prendendo
spunto dalle tesi di dottorato delle Università di Cork (Irlanda) e Delft (Olanda).
Il simulatore di processo tecnologico TXSUPREME è il mezzo attraverso il quale
saranno valutati i profili di drogaggio delle strutture realizzate su substrato di silicio,
mentre il simulatore di dispositivo ISE-TCAD offrirà la possibilità di comprendere la
struttura a livello di comportamento microscopico (comportamento stazionario e
transitorio) per ottimizzarne la progettazione.
3
1 Applicazioni elettroniche alla Medicina
Nucleare
1.1 Tecniche di Imaging medicale finalizzate alla rivelazione
di tumori
Fino all’inizio del XIX secolo i dispositivi utilizzati dalla medicina erano
essenzialmente, il microscopio, lo stetoscopio, il termometro ed il bisturi: nulla
permetteva di vedere l’interno dell’organismo. Ciò è invece stato possibile a partire dal
1896, con la scoperta dei raggi X [1]. È opportuno evidenziare che, da quel momento, la
storia delle tecniche di diagnosi per immagini e la loro evoluzione sono strettamente
legate alla storia della fisica sperimentale e a quella degli strumenti e tecniche di
calcolo. In particolare le tecniche della fisica sperimentale, quelle legate alla fisica
nucleare delle alte energie, hanno avuto uno sviluppo notevolissimo negli ultimi
decenni.
Il processo di formazione dell’immagine implica l’interazione di un certo tipo di
radiazione con l’oggetto. La radiazione “modificata” dall’oggetto analizzato interagisce
a sua volta con un sistema di rivelazione e fornisce l’immagine.
Si possono suddividere grossolanamente le tecniche di imaging in morfologiche
(quella basata su raggi X trasmessi) e funzionali.
Per quanto riguarda le tecniche funzionali quella che meglio si presta ad una diagnosi
di “natura” è la scintigrafia.
La rivelazione delle radiazioni emesse dal radiofarmaco consente di evidenziare la
presenza o meno della lesione e le sue caratteristiche di malignità. La captazione dei
radiofarmaci dipende infatti dalla maggiore attività metabolica del tessuto tumorale
rispetto al tessuto sano.
4
1.2 Scintigrafia
La Scintigrafia è una branca specialistica della Medicina Nucleare: essa è un
eccellente strumento diagnostico perché mostra non solo organi o parti del corpo, ma
anche le funzioni che essi svolgono. Queste informazioni funzionali aggiunte
permettono alla medicina nucleare una diagnosi sulla fenomenologia dell’eventuale
patologia molto prima di una qualunque immagine medica che mostri solo
l’informazione anatomica.
L’aggettivo “nucleare” indica che le radiazioni utilizzate, i raggi gamma, provengono
dai nuclei atomici, al contrario dei raggi “x” utilizzati in radiologia che provengono
dagli orbitali elettronici.
Essa si avvale dell’uso di radionuclidi che, in un’opportuna forma chimica o
coniugati a molecole, sono introdotti nell’organismo sottoforma di soluzioni,
sospensioni, aerosol o altro e possono comportarsi come traccianti funzionali,
permettendo studi diagnostici, o concentrarsi in tessuti patologici permettendo sia il
riconoscimento sia, a volte, l’irradiazione terapeutica. I radiofarmaci sono preparati
radioattivi con caratteristiche chimico-fisico-biologiche che rispettano tutte le normative
della farmacopea ufficiale per la somministrazione nell'uomo. Il loro impiego
diagnostico o terapeutico deve quindi essere preventivamente autorizzato, per ogni
indicazione e modalità di somministrazione, dalle Autorità Sanitarie, come qualunque
altro farmaco.
Storicamente, il primo radiofarmaco introdotto nella pratica clinica è stato lo Iodio-
131 (131I), utilizzato nello studio delle patologie tiroidee. Sono stati poi
progressivamente sviluppati altri radiofarmaci che, come il 131I, avevano però
caratteristiche fisiche e radio-biologiche potenzialmente dannose. Questo obbligava ad
impiegarne quantitativi molti piccoli, che permettevano di ottenere solo immagini di
qualità scadente, o precludevano del tutto la possibilità di ottenerle. L'impulso decisivo
alla crescita della medicina nucleare, che ne ha permesso la trasformazione da branca
della radiologia a disciplina autonoma, è venuto dall’ideazione del primo generatore di
Tecnezio-99m metilendifosfonato (Tc-99m MDP), costruito al Brookhaven Lab di New
York nel 1958 e introdotto nell'uso clinico nel 1963.
Il Tecnezio rappresenta oggi il 90% dei radionuclidi impiegati in diagnostica. I
vecchi radionuclidi emettevano, assieme alle radiazioni gamma necessarie per ottenere
le immagini, anche radiazioni beta che non servivano ai fini diagnostici ed erano molto
5
più radiotossiche per i tessuti, essendo particelle molto più penetranti. Il Tecnezio
emette solo radiazioni gamma, d’energia adatta per ottenere immagini, e non contamina
l'ambiente perchè ha un’emivita, tempo in cui dimezza spontaneamente la sua
radioattività, di sole 6 ore; ciò vuol dire che qualunque quantitativo di radioattività
dovesse entrare nel sistema fognario, si auto-esaurirebbe in un paio di giorni.
Trovato il radionuclide ideale è diventato poi compito dei radio-chimici e radio-
farmacisti identificare differenti sostanze che, legate al tecnezio, fossero in grado di
concentrarsi in organi diversi.
Al contrario delle immagini radiologiche, che sono ottenute sfruttando l’attenuazione
del fascio di radiazioni X da parte dei tessuti interposti tra l’apparecchiatura che le ha
prodotte e il sistema di rivelazione, le immagini medico-nucleari sono ottenute per
mezzo della rivelazione di radiazioni emesse da radiofarmaci distribuiti nell’organismo.
È quindi il paziente che emette le radiazioni (gamma o X) che sono registrate da
apposite apparecchiature in grado di ricreare l’immagine corrispondente. Dal termine
“scintillazione”, che definisce il fenomeno fisico sfruttato da queste apparecchiature per
trasformare l’energia quantica dei fotoni gamma e X in un segnale elettrico, le immagini
da loro fornite sono dette “Scintigrafie”.
Rispetto alle altre tecniche di "imaging" (Radiologia, Ecografia, Risonanza
Magnetica), le immagini medico-nucleari sono caratterizzate, in genere, da un dettaglio
morfologico nettamente inferiore, ma sono molto più ricche d’informazioni funzionali.
L'imaging scintigrafico si contraddistingue, rispetto alle altre metodiche di imaging,
per la capacità di mettere in evidenza una compromissione funzionale anche prima che
siano riconoscibili alterazioni anatomiche.
La medicina nucleare è un servizio diagnostico insostituibile e deve quindi
progredire insieme alle altre branche della medicina, anche sfruttando le possibilità di
sviluppo tecnologico offerte dalla collaborazione di ingegneri, programmatori, fisici,
radiochimici e radiofarmacologi.
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1.2.1 TAC-Tomografia assiale computerizzata
Inventata nel 1972 da Godfrey Hounsfield in Inghilterra la TAC (Tomografia Assiale
Computerizzata) è diventata indispensabile per gli esami del cranio e per vedere zone
interne del corpo ed organi spessi [2]. Hounsfield usò i raggi gamma (e più tardi i raggi-
X) e un rivelatore montato su una speciale struttura rotante insieme ad un calcolatore
digitale per creare una dettagliata immagine in sezione degli oggetti.
Originariamente impiegava ore per acquisire una singola immagine in un istante e
più di 24 ore per ricostruire il dato in una singola immagine.
Oggi si acquisisce una singola immagine in meno di un secondo e si ricostruisce
l’immagine istantaneamente.
Il principio di funzionamento prevede l’assorbimento dei raggi X come nella
radiografia, solo che questa volta i raggi avvolgono il paziente. La TAC può quindi
scegliere una sezione e differenti angoli di ripresa; con la TAC spirale e la TAC
multistrato, evoluzioni più recenti, si riesce ad ottenere un maggior numero di immagini
in un tempo ridotto.
Figura 1. 1: (a) una tipica immagine ricostruita con la Tac , (b) il macchinario
Una corona di un migliaio di rivelatori misura l’intensità dei raggi X dopo
l’attraversamento dei tessuti; i dati raccolti sono trasmessi sotto forma di segnali
elettrici all’elaboratore. Il sistema informatico calcola la densità dei tessuti e fornisce in
qualche secondo immagini di sezioni del corpo in bianco e nero (
Figura 1. 1).
7
1.2.2 PET-Tomografia ad Emissione di Positroni
Questo esame è stato a lungo riservato alla ricerca, dato il costo degli apparecchi. Per
effettuare questo test, infatti, le strutture ospedaliere dovrebbero avere anche un
ciclotrone, un sofisticato macchinario per produrre i traccianti. Le particelle utilizzate, i
positroni, sono antimateria: hanno cioè molte proprietà, come la carica elettrica, opposte
alla materia comune (in pratica un elettrone con carica positiva). I medici utilizzano la
PET soprattutto per individuare le metastasi, ovvero quei tumori che si propagano in
tutto l’organismo.
La PET è in grado di evidenziare l’attività degli organi più che le loro forma. Si
comincia scegliendo la molecola più rappresentativa del processo biologico da studiare:
nel caso del tumore la molecola è il glucosio. Le cellule maligne ne sono più avide
rispetto a quelle normali. È questo iperconsumo di zucchero che la PET va ad
individuare, così si può riconoscere un tumore ancora prima che modifichi la forma
dell’organo [2].
Il glucosio è una lunga catena di atomi. Occorre incorporargli un tracciante, una sorta
di “spia” capace di prendere in incognito il posto di un anello della catena. Il Fluoro 18
è una dei più usati.
Questo atomo radioattivo, fabbricato appositamente in laboratorio, ha una
caratteristica: emette un positrone per raggiungere una posizione di equilibrio. Però il
Fluoro 18 emette positroni in quantità sufficiente solo per qualche ora, per questo, una
volta iniettato al paziente il preparato con il tracciante e dopo aver atteso 45 minuti
durante i quali il prodotto si diffonde in tutto l’organismo, va rapidamente eseguita
l’analisi facendo passare il paziente, steso su un lettino, attraverso la telecamera
specializzata per rivelare i positroni (Figura 1. 2).
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Figura 1. 2: la PET
Il 18 FDG (zucchero e Fluoro 18) fluisce nelle cellule malate. Ciascun atomo di
fluoro 18 emette un positrone. Dopo qualche millimetro il positrone incontra un
elettrone di un altro atomo. Materia e antimateria vengono a contatto si annichilano
producendo due fotoni gamma a 180 gradi l’uno dall’altro e ciascuno con un energia di
511 keV. I fotoni vengono rivelati in corrispondenza di una serie di detector posti ad
anello (Figura 1. 3);
Figura 1. 3: PET ring
in questo modo i due fotoni gamma, generatesi per ricombinazione della coppia
positrone-elettrone, determinano univocamente una linea retta lungo la quale ha avuto
origine l’evento.
L’insieme di queste linee viene infine elaborato per produrre l’immagine in spaccato
bidimensionale o tridimensionale.
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Questa tecnica, rispetto alla TAC, ai raggi X, all'imaging a Risonanza Magnetica e
agli ultrasuoni, oltre a fornire immagini anatomiche del nostro corpo, ci dà informazioni
di tipo funzionale: attività biochimica, metabolismo cellulare, fisiologia e patologia di
organi e tessuti.
Un’estensione della PET è la TOFPET (Time-Of-Flight PET) [3] nella quale viene
misurata la differenza di tempo di arrivo dei due fotoni gamma, permettendo in tal
modo di avere una maggiore precisione sul punto di emissione di ciascun evento. La
PET, che ha molte applicazioni in diverse branche della medicina (neurologia,
cardiologia, oncologia), è il test più sicuro per l'identificazione del morbo di Alzheimer
nelle fasi iniziali, come riportato in Figura 1. 4. Inoltre grazie ad essa è possibile
riconoscere con una precisione del 90% tumori maligni [4].
Figura 1. 4: immagine PET dell’attività neurologica di un individuo sano e uno colpito
dal morbo di Alzheimer.
Figura 1. 5: tipica immagine di un esame PET che rappresenta l’attività metabolica cerebrale
La corteccia cerebrale e il cervello mostrano un’attività elevata (rosso), mentre
le strutture profonde sono meno attive (verde e blu).
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Figura 1. 6: l’immagine PET distingue le aree cerebrali e i relativi compiti (da sinistra verso
destra:guardare,ascoltare, pensare, ricordare, lavorare).
1.2.3 PEM-Mammografia ad emissione di positroni
La mammografia a raggi X è la tecnica diagnostica maggiormente usata nella
diagnosi precoce del carcinoma della mammella.
Tale analisi è uno strumento importantissimo di screening primario; essa risulta
sensibile ma non completo in termini di risoluzione spaziale e questo comporta nei casi
dubbi la necessità di ricorrere alla biopsia, tecnica invasiva, ansiogena e relativamente
costosa.
La mammoscintigrafia è una tecnica alternativa di screening che consente di rilevare
tumori con elevata sensibilità [5].
La tecnica più usata è la scintigrafia ad emissione di singolo fotone (99mTc,
E=140 keV) utilizzando la Anger camera, che tuttavia dà ottimi risultati solo per tumori
di dimensioni relativamente grandi (>1 cm). La Anger camera si adatta male ad un
organo come la mammella ed ha una limitata risoluzione spaziale, importante per
rivelare e curare con successo tumori allo stato primordiale.
Durante gli ultimi decenni c’è stato un crescente interesse per le applicazioni della
tecnica PET sulle immagini al seno. I più recenti risultati suggeriscono l’uso di
dispositivi dedicati alle immagini dei tumori al seno usando la stessa tecnica, ovvero la
PEM: Mammografia ad Emissione di Positroni [6].
La PEM è un dispositivo PET dedicato alla rivelazione del cancro al seno. Con la
Pem si è in grado di rivelare tumori di 1-2 mm: i due rivelatori gamma (G) sono
costituiti ognuno da matrici di circa 3000 cristalli scintillatori (2×2×20 mm3) accoppiati
a rivelatori di luce su uno o entrambi i lati della matrice di cristallo.
11
Figura 1. 7: risoluzione spaziale della scintigrafia a singola emissione di fotoni.
In Figura 1. 7 mostra il notevole miglioramento delle prestazioni in termini di
risoluzione rispetto ad una Anger camera (che ha una risoluzione dell’ordine della
decine di millimetri) [5].
Le due lesioni evidenziate dalla mammografia corrispondono a zone a forte
captazione presumibilmente di natura tumorale. Si noti che le dimensioni ridotte del
rivelatore consentono di avvicinarlo alla sorgente, anche mediante la compressione della
mammella, con conseguente miglioramento della risoluzione del collimatore (utilizzato
per schermare le radiazioni verso direzioni indesiderate) e quindi della risoluzione
totale.
La compressione, oltre a consentire un confronto immediato con le immagini
mammografiche, minimizzando la distanza tumore-camera, consente di migliorare la
risoluzione spaziale, riducendo il fondo di radiazione dal tessuto sano (migliora il SNR),
e rendendo così possibile la rivelazione di tumori piccoli. L’uso di camere ad alta
risoluzione è inoltre utile anche in casi in cui si devono eseguire biopsie, anche per
tumori palpabili.