Potenzialmente, i benefici per coloro che adottano programmi
fedeltà sono immensi, ma si pongono alcuni interrogativi che fanno sorgere
perplessità sulla effettiva possibilità per questi programmi di raggiungere i
risultati attesi.
Oggi le organizzazioni commerciali stanno operando nella direzione
del mantenimento della clientela, ma la loro attività si svolge in un
contesto nel quale le scelte del consumatore sono sempre più ampie e nel
quale la tecnologia permette di ridurre quei costi di transazione che
tradizionalmente rappresentano uno dei fattori responsabili della fedeltà
del consumatore. Inoltre l’intensità della concorrenza ed il fattore
imitabilità, stanno rendendo le iniziative di fidelizzazione sempre più
assimilabili a promozioni di lungo periodo ed il consumatore, avendo
sviluppato consapevolezza del suo potere contrattuale, non è più disposto
ad accettare un’offerta indifferenziata, ma richiede soluzioni personalizzate
in grado di soddisfare pienamente le sue esigenze.
In quest’ambito, le imprese impegnate nella fidelizzazione della
clientela si trovano a dover far fronte a problemi sempre più complessi, che
rendono malagevole l’ottenimento dei benefici dei programmi fedeltà.
Per questo motivo, si vuole proporre un’analisi sulla fedeltà del
consumatore che chiarisca da un lato, la natura dei problemi in questione e
dall’altro, le opportunità insite nelle iniziative; in particolare si vuole dare
risposta a queste domande:
• i programmi fedeltà, così come sono strutturati, sono efficaci?
• in che modo i programmi fedeltà influenzano il comportamento di
acquisto?
La risposta a questi due quesiti non vuole essere esclusivamente una
trattazione analitica ed applicativa, comprensibile solo dal lettore più
esperto, ma è strutturata in modo da fornire gli elementi necessari alla
comprensione del contesto in cui si cala, allo scopo di rendere ogni lettore
consapevole della centralità dei problemi che ci si propone di discutere.
Per questa ragione, la prima parte dell’analisi ha carattere
prevalentemente descrittivo e si propone di approfondire il concetto di
fedeltà nelle sue implicazioni strategiche, relazionali e di mercato. Inoltre,
la sempre maggiore diffusione dei programmi fedeltà, richiede una
spiegazione riguardo la loro struttura e le loro potenzialità: si propone
pertanto una descrizione della carta commerciale come strumento di
fidelizzazione del consumatore e come mezzo di informazione per
l’impresa che vuole costruire “database” con cui analizzare in modo
esaustivo le abitudini di acquisto dei consumatori.
La seconda parte della trattazione, è un’applicazione della ricerca a
contesti differenti, presentata allo scopo di dare legittimità alla discussione
dei problemi relativi all’efficacia e all’opportunità delle iniziative di
fidelizzazione, attraverso considerazioni che non abbiano carattere
esclusivamente teorico, ma che siano confermate dai dati di mercato.
I programmi fedeltà adottati dalle diverse insegne, ed in particolare
le carte commerciali, non presentano caratteristiche specifiche al punto da
condizionare in maniera determinante le preferenze del consumatore; per
questo motivo, la scelta di aderire ad uno specifico programma fedeltà, non
dipende esclusivamente dal programma in quanto tale, ma viene
influenzata anche da quei fattori da cui dipendono le comuni abitudini di
consumo, quali la comodità, la vicinanza del punto vendita, la presenza in
assortimento delle marche preferite. E’ per questo opportuno comprendere
se ed in quale misura, i programmi fedeltà sono effettivamente suscettibili
di influenzare le preferenze del consumatore, analizzando criticamente
l’approccio adottato dalle imprese.
L’idea di fondo che si è inteso approfondire, si riferisce al fatto che i
“loyalty program” sembrano strutturati in maniera tale da stimolare il solo
aspetto comportamentale della fedeltà, quello che concerne gli acquisti
ripetitivi o il numero di marche acquistate. In realtà, per essere
effettivamente “fedele”, il consumatore deve sviluppare anche un
atteggiamento favorevole nei confronti della marca o del punto vendita, in
modo che il concetto di fedeltà sia rispondente alla definizione che lo
intende come “funzione di processi psicologici, di natura valutativa e
decisionale”
1
.
1
Jacoby and Chestnut, 1978.
Un comportamento inerziale o le sole abitudini di acquisto, non sono
sufficienti se non accompagnate dalla cognizione dell’atteggiamento che si
adotta. Un responso soddisfacente per gli attributi del prodotto o per le
caratteristiche del punto vendita, ha influenza sull’intenzione di acquisto e
si rivela una componente importante nella formazione di un atteggiamento
di fedeltà. Tuttavia, per quanto le preferenze siano condizione necessaria,
non si rivelano sufficienti per influenzare in maniera discriminante le
tendenze di acquisto ripetitivo
2
.
Il principio fondamentale che conduce alla formazione di un
atteggiamento di fedeltà è infatti la consapevolezza delle scelte; il solo
atteggiamento positivo può essere indicativo di una propensione al
riacquisto, ma questa propensione deve però essere stabile nel tempo e ciò
richiede una fedeltà di natura cognitiva.
Il secondo problema che si intende approfondire è relativo alla
descrizione del modo in cui i programmi fedeltà influenzano il
comportamento della clientela: da più parti vengono sottolineati i vantaggi
insiti nel portare il cliente al centro dell’azienda ed in ultima analisi, i
“loyalty program” sono realizzati per raggiungere questo scopo, tuttavia le
iniziative intraprese non sempre si mostrano coerenti con i tassi di
penetrazione o con la quota di mercato e rischiano di rivelarsi uno spreco
di risorse.
Si vuole pertanto approfondire l’impatto dei programmi fedeltà sulle
abitudini di spesa dei consumatori mediante l’analisi di dati empirici, da
cui comprendere come è possibile descrivere il comportamento di acquisto,
individuando i parametri con cui rappresentare l’atteggiamento del cliente
verso la fedeltà. In tal modo, pur nei limiti del contesto analizzato, è
possibile verificare in che misura le iniziative di fidelizzazione sono
suscettibili di modificare le abitudini dei consumatori; inoltre, gli stessi
parametri consentono di stimare l’influenza che il contesto
microeconomico esercita nella formazione delle scelte dei clienti, allo
scopo di comprendere se le iniziative adottate si rivelano coerenti con
l’ambiente in cui sono proposte.
2
Ehrenberg e Uncles, 1997.
L’ambito in cui è stata condotta l’analisi, è quello dei beni di largo
consumo: la scelta è motivata dalle peculiarità di questo mercato, che lo
rendono particolarmente adatto ad un’indagine di questo tipo. In
particolare, il mercato dei beni di largo consumo si caratterizza per la
ripetitività degli acquisti, che vengono effettuati più volte anche in periodi
di breve durata: questa caratteristica ha stimolato indagini da più parti, che
hanno condotto alla formulazione di una teoria in grado di definire, in
maniera attendibile, le abitudini di acquisto del complesso dei
consumatori.
In secondo luogo, la ripetitività degli acquisti che caratterizza questi
mercati, si presta particolarmente alla diffusione delle carte commerciali.
Esse si rivelano di primaria importanza in quanto strumento informativo
capace di fornire dati sugli acquisti dei consumatori, dati che vengono
utilizzati per la realizzazione di “database” da cui trarre informazioni
sull’evoluzione delle preferenze della clientela e sviluppare iniziative
specifiche per rispondere in maniera sempre più puntuale alle esigenze del
consumatore.
Infine, la scelta di questo settore è motivata dalla misurabilità delle
rilevazioni che consente di ottenere: l’alto numero di prodotti acquistati, la
similarità dei beni a livello di prezzo, rischio associato all’acquisto e
presenza nella gran parte dei punti vendita, è tale da rendere le misurazioni
effettuate, attendibili per la descrizione del contesto da cui sono tratte.
La possibilità di fare riferimento ad una teoria con cui raffrontare i
risultati delle indagini, l’ampia disponibilità di dati ottenibili dai
“database” costruiti attraverso le carte fedeltà, la misurabilità delle
rilevazioni effettuate, rendono il mercato del largo consumo adeguato
all’analisi che si intende effettuare ed in grado di fornire risultati coerenti
con le attese.
In questo modo si può disporre degli strumenti per comprendere la
dinamicità del contesto che caratterizza la distribuzione moderna, non
tanto per dare risposte dirette e definitive, quanto per seguire un percorso
di ricerca da cui ottenere informazioni con cui far luce sugli aspetti chiave
della fidelizzazione della clientela.
Capitolo Primo
LA FEDELTÀ ALLA MARCA E AL
PUNTO VENDITA
1.1 IL CONSUMATORE NEL PROCESSO DI ACQUISTO.
L’affermarsi degli approcci “resource-based” nel processo di
valutazione e di sviluppo delle strategie competitive, ha enfatizzato la
necessità di misurare e di accrescere il patrimonio di risorse immateriali
del quale l’impresa può disporre.
Delle risorse immateriali sono stati proposti diversi modelli
classificatori, tutti caratterizzati dalla primaria importanza attribuita alle
risorse che traggono origine dalle relazioni intercorrenti tra impresa e i
suoi clienti.
In questo contesto, le relazioni di scambio caratterizzate da
un’elevata fedeltà degli acquirenti, rappresentano le principali componenti
del patrimonio immateriale delle imprese. Tale affermazione è
immediatamente verificabile alla luce dei vantaggi di natura economica e
competitiva che conseguono al ripetersi nel tempo dei comportamenti di
scelta - del prodotto o del punto vendita - ai quali sottostanno consistenti
livelli di soddisfazione e di fiducia da parte degli acquirenti.
L’evidenza della relazione tra fedeltà e vantaggi competitivi, ha
guidato numerose ricerche sulla natura stessa della fedeltà degli acquirenti.
Da tali ricerche è emerso che essa può avere molteplici manifestazioni,
determinanti per la configurazione e per gli esiti del processo di acquisto.
Le indagini sulla fedeltà, hanno quindi evidenziato l’opportunità di
definire il fenomeno ricorrendo a diverse dimensioni di analisi, sia con
riferimento all’acquirente, di cui si considera la soddisfazione, la fiducia, il
comportamento, il processo decisionale; sia con riguardo alle scelte
opzionali che occorrono durante un medesimo processo di acquisto, come
fedeltà alla marca, alle formule distributive e a loro combinazioni.
La fedeltà è quindi un concetto che presenta una natura a più
dimensioni, derivanti dagli elementi che influenzano il processo di scelta.
Essi possono essere distinti in due macrocategorie, che definiscono le due
dimensioni principali del concetto di fedeltà: la dimensione soggettiva,
afferente il processo cognitivo e comportamentale del consumatore, e la
dimensione oggettiva, che fa riferimento agli elementi verso i quali la
fedeltà può manifestarsi.
La dimensione soggettiva, presenta a sua volta, due componenti
fondamentali: la prima è attinente al comportamento del consumatore ed in
particolare, al comportamento di acquisto ripetuto di una medesima
alternativa di offerta; la seconda fa capo all’atteggiamento dell’acquirente,
o meglio, alla predisposizione al riacquisto che egli dimostra verso
l’offerta, in conseguenza di un processo valutativo contraddistinto da esiti
positivi. La dimensione soggettiva mette in luce l’aspetto “customer
specific” del concetto di fedeltà, che si manifesta come conseguenza delle
preferenze soggettivamente espresse da ciascun consumatore, portatore di
un livello di fedeltà proprio, differentemente configurabile rispetto a quello
di altri clienti.
Per quanto concerne la dimensione oggettiva, possono essere
individuati molteplici fattori di analisi, in funzione delle diverse
combinazioni di offerta proposte sia dalle imprese industriali, sia dalle
imprese commerciali. La dimensione oggettiva, consente di cogliere
l’articolazione sottesa al concetto di fedeltà, con riferimento all’offerta di
beni e servizi. Essa può coincidere, ad esempio, con il marchio del
prodotto o con l’insegna del punto vendita (“brand” e “store specific”),
dipendendo dalle politiche di marketing delle imprese e, specificatamente,
dalla loro capacità di raggiungere livelli di “customer satisfation”.
La dimensione oggettiva può infatti manifestarsi come fedeltà a tutti
quei fattori che contribuiscono a determinare la soddisfazione del
consumatore, quali fedeltà a singole caratteristiche del prodotto (gusto,
formato, colore, ecc.), alla marca, al “company name”, all’insegna
commerciale, al singolo punto vendita di una catena, al singolo reparto
dell’esercizio commerciale, alla formula distributiva o a particolari
combinazioni di questi elementi.
LE DIMENSIONI DI ANALISI DELLA FEDELTÀ.
DIMENSIONE DIMENSIONE
SOGGETTIVA OGGETTIVA
DIMENSIONE RELAZIONALE
FIG 1.1
Da questo si comprende come la fedeltà sia una risorsa generata
dalla capacità dell’impresa di conseguire un certo livello di “customer
satisfation”.
La soddisfazione derivante dal consumo di beni e servizi,
rappresenta infatti, il primo risultato dell’articolato processo valutativo che
conduce alla formazione degli atteggiamenti di fiducia nei confronti
dell’impresa. Questa, riducendo il rischio transazionale, determina una
vantaggiosa semplificazione del processo valutativo stesso, che rafforza la
relazione del rapporto tra impresa e consumatore, generando
comportamenti di fedeltà.
Tali comportamenti presentano rilevanti implicazioni sotto il profilo
economico aziendale. Al riguardo, è stato verificato che un consistente
livello di fedeltà del consumatore consente:
1. di conseguire, a parità di altre condizioni, maggiori tassi di sviluppo
dell’impresa. La significatività della relazione tra fedeltà e sviluppo
aziendale, può essere colta ricorrendo ad un semplice esempio numerico
sulla condizione evolutiva di due imprese caratterizzate da un diverso
livello di fedeltà della clientela: ipotizzando una dotazione iniziale di
clienti pari a 500 unità ed una capacità acquisitiva annua pari a 150
unità, se l’indice di fedeltà della clientela è rispettivamente 0,9 e 0,75;
consegue che, alla fine del primo anno, i clienti della prima impresa
saranno 600, mentre quelli della seconda 550 e nell’arco di cinque anni,
il tasso di sviluppo dell’impresa che riesce meglio nella fidelizzazione,
sarà oltre cinque volte superiore rispetto a quello dell’altra (16,4%
contro 3%).
2. Di attenuare l’interdipendenza concorrenziale, in quanto la fiducia
riposta in un’impresa, determinando un effetto d’inerzia nelle scelte
individuali, rappresenta una rilevante barriera all’ingresso di concorrenti
nella relazione.
3. Di contenere gli investimenti di marketing, sfruttando le comunicazioni
interpersonali favorevoli, attivate dai consumatori fedeli.
4. Di ammortizzare in modo più efficiente gli sforzi sostenuti per
l’acquisizione di nuovi clienti e di ridurre i costi connessi alla gestione
della domanda. Per proporre un esempio, la Microsoft realizza circa
duecento interventi di manutenzione nel corso del primo mese
successivo all’installazione di un nuovo software; tale numero si riduce
a venti negli undici mesi successivi e a due nei secondi dodici mesi,
producendo significative riduzioni dei costi di gestione del cliente.
5. di incrementare, con il perdurare della relazione e l’accrescersi della
fiducia, il numero dei beni e servizi che uno stesso cliente è disposto ad
acquistare dall’impresa.
Queste considerazioni, consentono di comprendere come la
conoscenza del consumatore, abbia un valore imprescindibile per le
imprese del largo consumo, che si raffrontano con una realtà dalle vaste
dimensioni e nel contempo ricca di sfumature, tali da spingere l’analisi
fino al singolo cliente. Affrontare lo studio della fedeltà del consumatore
nelle sue molteplici dimensioni, rappresenta certamente un compito
complesso, ma proprio per questo ricco di opportunità per tutte le imprese
operanti nei diversi stadi dei canali distributivi.
1.2 IL COMPORTAMENTO D’ACQUISTO E LA
FEDELTÀ ALLA MARCA.
Le caratteristiche del processo di acquisto, variano notevolmente
secondo il tipo di decisione che il consumatore si trova a dover assumere.
C’è infatti molta differenza tra l’acquisto di beni come un computer o
un’automobile e l’acquisto di prodotti come gli alimentari e, in generale,
tutti quelli di largo consumo. Per questa ragione, ai fini dell’analisi sulla
fedeltà, è opportuno individuare il tipo di comportamento d'acquisto che
caratterizza il consumatore nei mercati di largo consumo e il tipo di
prodotti che in esso sono acquistati.
La definizione del settore quale mercato dei beni di largo consumo, è
una classificazione che si fonda sulle abitudini di acquisto dei
consumatori; essa distingue tra beni di frequente acquisto, beni ad acquisto
ponderato e saltuario, beni ad acquisto speciale e beni non previsti.
L'analisi si riferisce in particolare ai beni ad acquisto frequente, quelli che
il consumatore compra assiduamente e con regolarità, riducendo al minimo
lo sforzo di acquisto e di comparazione. Essi possono essere ulteriormente
suddivisi in tre categorie: beni ad acquisto d'impulso, beni ad acquisto
corrente e beni d'emergenza.
I primi sono quelli acquisiti senza alcuno sforzo di programmazione
e di ricerca e per questo sono collocati in modo strategico all'interno del
punto di vendita, in quanto di norma, non sono ricercati dal consumatore;
un esempio sono le caramelle o le riviste.
I beni ad acquisto corrente sono quelli che il cliente acquista
regolarmente, come gli alimentari, le sigarette, i prodotti per l'igiene.
I beni d'emergenza sono quelli che vengono acquistati quando se ne
presenta la necessità, il consumatore non ne sente usualmente il bisogno
perché il loro uso non è frequente, quindi devono essere collocati ovunque
il cliente li possa trovare nel momento in cui occorrono; un tipico esempio
sono gli ombrelli.
Questi beni sono associati ad un comportamento di acquisto definito
abituale. Per molti prodotti, esso avviene in situazioni di basso
coinvolgimento del consumatore e di irrilevante differenziazione tra le
marche. Il fatto che la scelta cada più volte sulla stessa marca è, in genere,
da considerarsi casuale e non dovuta a forme di fedeltà alla marca; si tratta
infatti, di prodotti “a basso coinvolgimento e ad acquisto ripetitivo”.
In genere il comportamento del consumatore, non passa attraverso
una sequenza di decisioni che partendo dall’opinione e passando attraverso
l’atteggiamento, conducono all’acquisto; ne tantomeno vengono ricercate
informazioni su prodotti e marche in modo approfondito. Il cliente sembra
piuttosto assorbire passivamente le informazioni che vengono dalla
televisione e dai giornali e la ripetizione degli annunci, più che convincere
su particolari vantaggi differenziali, sembra in questo caso creare
familiarità con il nome della “brand”. I consumatori in realtà, non formano
un atteggiamento specifico verso una marca, ma scelgono in funzione della
familiarità del nome e, dato lo scarso livello di coinvolgimento, un
processo di reale valutazione non sembra manifestarsi nemmeno dopo
l’acquisto. Il processo di scelta è dunque, in questi casi, costituito da un
apprendimento approfondito di tipo passivo, a cui segue la decisione di
acquisto ed eventualmente la valutazione a posteriori.
I primi riflessi di queste caratteristiche sul marketing, si notano nelle
forme di promozione basate sul prezzo o comunque sulle condizioni di
vendita come incentivo all’acquisto, perché il prodotto, inteso come bene
in quanto tale, non è in grado di suscitare fedeltà.
Quindi ad un primo livello di attività, il marketing fa leva soprattutto
sulla pubblicità: il testo dell’annuncio dovrebbe evidenziare pochi punti
essenziali come simboli visivi o utilizzare un linguaggio figurato, in
quanto questi sono elementi facilmente memorizzabili e ricollegabili alla
marca. Inoltre la campagna promozionale dovrebbe puntare più sulla
ripetitività del messaggio che sulla durata o sull’articolazione dei singoli
spot, in modo da condizionare il cliente che dovrebbe identificare il
prodotto in base al simbolo a cui si trova costantemente associato.
Queste tecniche sono soltanto efficaci ad un primo stadio, in quanto
la concorrenza sui beni di largo consumo è molto forte e la fidelizzazione è
un obiettivo che richiede un impegno più specifico.
Un tentativo può essere quello di trasformare un prodotto a basso
coinvolgimento in uno a coinvolgimento più elevato. Ad esempio, nel caso
in cui i prodotti di consumo quotidiano siano collegati ad immagini di
status o di stile (cioccolatini) o a tematiche molto sentite dai consumatori
(igiene), è possibile utilizzare gli strumenti di marketing per rafforzare il
bisogno verso quella specifica marca che lo può soddisfare. Un’altra
strategia frequentemente utilizzata consiste nell’associare il consumo del
prodotto ad una situazione specifica che corrisponda a quella del
consumatore, in modo che esso identifichi nel bene della specifica marca,
quello adatto alle proprie necessità o ai suoi valori personali. Un esempio
può essere il reclamizzare una specifica marca di caffè da utilizzare di
primo mattino per “scrollarsi il sonno di dosso”.
Un’ulteriore possibilità è data dall’associare ad un prodotto, un
elemento aggiuntivo che attragga il consumatore, il tipico esempio è quello
della bevanda a cui vengono aggiunte vitamine.
Indipendentemente dalle strategie utilizzate, le problematiche della
fidelizzazione del consumatore nei mercati di largo consumo sono
molteplici e l’analisi del comportamento di acquisto non è che il punto di
partenza; tuttavia, conoscere quali sono gli elementi che influenzano il
processo decisionale del cliente, risulta di particolare importanza in quanto
permette di definire una classificazione del consumatore in rapporto alla
fedeltà.
Per dare una definizione analitica, si può dire che la fedeltà della
clientela è data dagli acquisti dei prodotti dell’impresa in rapporto agli
acquisti globali che i consumatori effettuano presso tutti i fornitori degli
stessi beni.
Sulla base di questo concetto, si può effettuare una segmentazione
del mercato, notando tuttavia che, sebbene la classificazione proposta si
riferisce esclusivamente alla fedeltà alla marca, i criteri usati per la
definizione dei segmenti sono coerenti anche per un’analisi della fedeltà al
punto di vendita.
I clienti possono essere distinti in quattro categorie
1
:
• I FEDELISSIMI. Sono i consumatori che acquistano sempre la
stessa marca in ogni occasione di acquisto: ipotizzando di avere cinque
marche sul mercato (A,B,C,D,E), il comportamento di acquisto si può
rappresentare con la sequenza A,A,A,A,A,A, indicante che il
consumatore sceglie consecutivamente la stessa marca.
• I FEDELI TIEPIDI. Sono i consumatori che acquistano le
stesse due o tre marche; la loro sequenza può essere del tipo
A,A,B,C,A,B nella quale il consumatore divide la sua lealtà tra più
marche.
• I FEDELI MUTEVOLI. Sono i consumatori che trasferiscono
la propria fedeltà da una marca ad un’altra. Ad esempio, il consumatore
che dopo un certo numero di acquisti della marca A (A,A,A) trasferisce
le proprie preferenze sulla marca D (D,D,D).
• GLI INCOSTANTI. Sono i consumatori che non mostrano
alcuna fedeltà di marca. Il modello di acquisto potrebbe essere il
seguente: A,B,C,D,E oppure B,A,D,E,C. I fattori che determinano le
scelte di acquisto possono essere determinate da moltissimi elementi
come ad esempio, la convenienza del prezzo nel caso di offerte
promozionali, oppure il desiderio di varietà per provare qualcosa di
nuovo.
Anche se in proporzioni differenti, ogni mercato è composto da
queste tipologie di acquirenti: risulta evidente che in un mercato dove la
proporzione di fedelissimi è elevata, l’entrata o l’aumento della quota di
mercato sono subordinate all’effettuazione di ingenti investimenti.
Tuttavia, analizzare la fedeltà del consumatore avvalendosi
esclusivamente di un approccio di questo tipo risulta inopportuno, in
quanto sono troppe le insidie che si celano dietro le serie storiche degli
acquisti delle diverse marche: esse potrebbero riflettere abitudine,
indifferenza, ricerca del prezzo più conveniente, mancanza di alternative e
il concetto di fedeltà risulterebbe così ambiguo.
1
Questa classificazione è stata tratta da George H.Brown, “Brand Loyalty-Fact or Fiction?”, in
Advertising Age, Giugno 1952- Gennaio 1953 (serie di articoli).
E’ quindi indispensabile avvalersi di un’analisi di più ampia portata,
che pur partendo dal comportamento del consumatore, visto in una
prospettiva di fidelizzazione, estenda il suo raggio per identificare il
contesto in cui queste problematiche si calano, domandandosi quali sono i
motivi che inducono le imprese a ricercare la fedeltà del cliente, quale
approccio adottano produttori e distributori, quali sono i mezzi per creare
fedeltà.
1.2.1 La marca.
L’analisi della fedeltà del consumatore condotta finora, ha permesso
di far luce sul tipico comportamento d’acquisto nei mercati di largo
consumo e di classificare i consumatori in base al grado di fedeltà alla
marca. Il passo successivo da compiere, è introdurre la distinzione tra
“brand” e “store loyalty”.
Pur operando nello stesso mercato e nonostante le continue
relazioni, l’impresa che realizza il prodotto e il distributore che lo vende al
consumatore finale, perseguono obiettivi divergenti: in linea di principio, il
primo cerca di massimizzare le vendite del proprio bene, mentre il secondo
mira alla vendita di qualsiasi prodotto dell’assortimento. Esiste allora una
differenza di fondo tra le attività di fidelizzazione intraprese da marchi ed
insegna: con quelle di “brand loyalty”, il produttore cerca di fare in modo
che i consumatori del proprio prodotto continuino nell’acquisto di esso,
mentre con quelle di “store loyalty”, il distributore vuole che il proprio
punto di vendita sia utilizzato con frequenza dagli acquirenti.
Nonostante la differenza negli scopi di fondo, esiste un elemento in
comune: il cliente. Il cliente è in ultima analisi, il destinatario finale di ogni
attività che viene intrapresa dalle aziende e nel caso specifico, è il punto di
riferimento attorno al quale ruotano tutte le azioni di fidelizzazione
proposte da marchio ed insegna.