6
ma anche scienziati, uomini di cultura, scrittori, ricercatori,
politologi.
Il World Political Forum è quindi un luogo di incontro di culture e
di sincretismo di esperienze diverse, il cui logo
vuole rappresentare l’abbraccio di una comunità
internazionale inquieta. Cinque sono i continenti,
come le punte di una probabile stella; in questo
logo, fasci di luce tengono insieme i cinque
continenti in un intreccio che evidenzia il divenire delle cose umane
e focalizza l’ormai stringente interdipendenza che lega tutto a tutti
ed ogni problema a tutti gli altri. Questo simbolo vorrebbe
rammentare l’evoluzione di un processo di democratizzazione in
grado di dispiegare ed esplicare le sue energie, perennemente in
moto, dall’interno di ciascun continente verso l’esterno e viceversa,
con il fulgore e la forza di un sincero abbraccio tra le genti, del
quale un evento come il World Political Forum potrebbe essere il
valido pretesto.
Il lavoro svolto è suddiviso formalmente in sette capitoli, ma in
sostanza si possono individuare al suo interno due grandi parti: la
prima parte è formata dai primi cinque capitoli, mentre la seconda
parte dai restanti due.
È necessario precisare che i due grandi blocchi menzionati non
devono essere interpretati come separati fra loro, bensì la seconda
parte deve essere considerata la naturale conseguenza della prima.
I primi cinque capitoli sono di carattere descrittivo ed illustrano le
tappe che hanno portato alla nascita del World Political Forum e la
sua struttura attuale; all’interno di questa parte è inoltre inserita
una dettagliata descrizione delle riunioni finora svoltesi (sessioni
plenarie e seminari). Il quinto capitolo contiene un’analisi
7
comparativa, nel senso che vengono illustrate le caratteristiche di
quattro organismi paragonabili al World Political Forum per
differenti motivi.
La seconda parte, formata come detto dai capitoli sesto e settimo,
contiene il nucleo propositivo del lavoro.
Il sesto capitolo ricopre la funzione di valutazione critica
dell’operato del WPF: partendo da un’analisi degli obiettivi del
World Political Forum e delle rassegne stampa degli incontri
organizzati, si vogliono mettere in evidenza l’efficacia del Forum
rispetto agli scopi prefissati, nonché la sua visibilità pubblica.
Nell’ultimo capitolo del presente lavoro trova spazio un’ipotesi di
riorganizzazione del World Political Forum a partire da alcuni
fondamenti teorici in materia di marketing. Non si vuole peccare di
presunzione se ad una parte descrittiva fanno seguito alcune
considerazioni propositive: si tratta di un’ipotesi maturata durante
il lavoro di approfondimento e di analisi del World Political Forum.
Data la quasi inesistente bibliografia sul tema, questo lavoro si basa
principalmente sui documenti elaborati durante gli incontri del
WPF, nonché su articoli giornalistici e su materiale disponibile sulla
Rete2.
Nel momento in cui, quattro anni e mezzo fa, mi sono iscritta al
Corso di Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche non avrei
mai immaginato che l’argomento a cui avrei dedicato la tesi di
laurea sarebbe stato un Forum la cui sede si trova a pochi chilometri
dalla mia abitazione.
2
Le fonti di questo lavoro si fermano a febbraio 2005; nei giorni 4-6 marzo 2005 si è tenuta a
Torino un’Assemblea Plenaria del World Political Forum intitolata 1985-2005: twenty years that
changed the world; per motivi legati alla chiusura di questo elaborato non si è potuto rendere
conto di tale incontro.
8
L’interesse al World Political Forum è maturato nella ricerca di un
argomento innovativo; inoltre, nella scelta di questo soggetto ha
svolto un ruolo rilevante il fatto che il successo di tale iniziativa
potrebbe avere ricadute positive per il territorio ospitante la sua
sede. Infatti, portare in Provincia di Alessandria la centralità del
dibattito intorno alle emergenze di carattere planetario,
consentirebbe la realizzazione un progetto a dir poco ambizioso,
nonché la possibilità di ospitare un avvenimento storico, politico,
sociale e culturale di rilevanza mondiale.
Scrivere questa tesi è stato un lavoro interessante; una più
approfondita conoscenza di tutte le tematiche legate al World
Political Forum e la stesura dei primi capitoli sono stati uno stimolo
per strutturare il lavoro in una parte analitica ed in una parte
propositiva. Si tratta di un’ipotesi sulla cui validità e possibile
efficacia solo il tempo emetterà il suo verdetto.
Spero che il lettore, chiunque esso sia, apprezzi il lavoro svolto.
CAPITOLO I
DALL’IDEA ALLA REALIZZAZIONE
DEL WORLD POLITICAL FORUM
10
Prima di analizzare la struttura e le attività svolte dal World
Political Forum (successivamente WPF), si ritiene necessario
dedicare questo primo capitolo alle tappe che hanno portato alla
firma dell’Atto Costitutivo del WPF, a Torino, il 29 luglio 2003.
Il presente capitolo sarà suddiviso nel seguente modo: il primo
paragrafo è dedicato alla narrazione dei fatti che hanno portato
all’idea di creare un Forum della Politica Mondiale; si passerà poi alla
designazione della sede e agli incontri del 2002, con la costituzione
del Comitato Promotore. Infine, grazie al lavoro svolto dal Comitato
Promotore, l’ultimo paragrafo sarà dedicato alla costituzione del
WPF.
1. LA NASCITA DELL’IDEA
Le vicende che hanno portato alla creazione del WPF hanno avuto
una duplice evoluzione fino all’estate del 2001. A tal proposito
questo paragrafo è suddiviso in due parti: la prima narra i fatti
legati all’Associazione Planet e al G8; nella seconda parte del
paragrafo, si darà invece spazio al convegno tenutosi nel 2001 a
Saint Vincent e a quanto prodotto durante il suo svolgimento.
11
1.1 L’ASSOCIAZIONE PLANET E IL G8
DALLA NASCITA DI PLANET AL RIFIUTO DELLE SUE
PROPOSTE DA PARTE DELLE ISTITUZIONI
Nel prendere in considerazione le vicende rilevanti per la nascita
del WPF è necessario fare un passo indietro, fino al 1996. Risale
infatti al giugno di quell’anno la nascita, a Genova,
dell’Associazione Planet.
Planet è un’associazione senza fini di lucro, avente come scopo
statutario quello di favorire lo “sviluppo della cultura
dell’interdipendenza”1. Il presidente di quest’Associazione è
Giulietto Chiesa, attuale membro del Parlamento Europeo e famoso
giornalista italiano2.
Tema centrale delle riflessioni dell’Associazione è l’analisi critica
della globalizzazione e suo obiettivo è quello di dare uno slancio
allo sviluppo della cultura dell’interdipendenza.
Planet concepisce l’interdipendenza in tutte le sue manifestazioni:
culturale, tecnologica, ambientale, scientifica, economica, sociale;
essa precede la globalizzazione e la comprende come sottoinsieme;
globalizzazione e interdipendenza non sono quindi, secondo
l’opinione dell’Associazione, due sinonimi.
Uno degli obiettivi di Planet è quello di favorire lo sviluppo di una
forma di globalizzazione che sia strettamente legata
1
Fonte: nota redatta da Giulietto Chiesa come documento preparatorio al convegno Da Seattle a
Genova, via Okinawa del 30 maggio 2000. Sito internet: http//:lists.peacelink.it.
2
Per la biografia di Giulietto Chiesa cfr. Appendice.
12
all’interdipendenza, per evitare che culture e civilizzazioni diverse
possano essere “ridotte ad un minimo comune denominatore”3.
Nel 1996 la globalizzazione rappresentava, agli occhi degli ideatori
dell’Associazione, un evento possente e nuovo, denso di
straordinarie possibilità, ma pieno di interrogativi e di questioni
irrisolte. Essi, per dare una risposta preliminare alle molteplici
domande che la globalizzazione poneva, decisero che l’unica
possibile e realistica era quella di cominciare a studiarla in fretta,
per capire in che modo e con quali istituzioni sopranazionali
governare meglio questa globalizzazione, senza tralasciare nessuna
delle sue manifestazioni: globalizzazione economica, politica,
ecologica, demografica, sociale, tecnologica, informatica, ecc.
Queste furono le questioni iniziali all’ordine del giorno.
Tra gli aderenti all’Associazione, grazie all’impiego di molti sforzi,
è stato possibile annoverare la Regione Liguria, il Comune di
Genova, l’Autorità Portuale genovese e l’Università di Genova.
All’Associazione Planet, la cui attività progettuale ricevette il
plauso delle Commissioni Esteri della Camera e del Senato, aderisce
ufficialmente anche la Fondazione Gorbaciov di Mosca.
Nel racconto di questi antefatti, senza i quali non si sarebbe creato il
WPF, facciamo un salto temporale, arrivando al mese di dicembre
del 1999, quando l’allora Presidente del Consiglio, Massimo
D’Alema, rese noto che il G8 del 2001 si sarebbe tenuto a Genova.
Essendo l’analisi della globalizzazione, uno dei temi centrali di
Planet, Giulietto Chiesa, il suo animatore, scrisse da Mosca (dove si
trovava come corrispondente per “La Stampa”) una lettera al
sindaco di Genova Pericu4. In quanto presidente di Planet, egli
3
Fonte: nota redatta da Giulietto Chiesa come documento preparatorio al convegno Da Seattle a
Genova, via Okinawa del 30 maggio 2000. Sito internet: http//:lists.peacelink.it.
4
Cfr. G. Chiesa, G8/ Genova, Einaudi, Torino 2001, p. 5.
13
ritenne doveroso avvertire la prima autorità cittadina di ciò che
pensava sarebbe accaduto; nella lettera chiese al sindaco un
appuntamento, per discutere appunto di Genova e del G8.
Il seguito della lettera del 14 dicembre si rese concreto in un
appuntamento nei primi giorni del 2000. Durante tale incontro,
Chiesa spiegò le valutazioni dell’Associazione e le ragioni per cui si
doveva essere allarmati; espose anche una serie di proposte che
avrebbero, a suo avviso, consentito se non certamente di evitare la
contestazione di quello che allora si chiamava popolo di Seattle,
almeno di fare di Genova la sede di un incontro delle culture, delle
civiltà e dei problemi nel mondo.
Chiesa muoveva dalla certezza che a Genova sarebbero arrivate
centinaia di migliaia di persone e dalla convinzione che non ci
sarebbero state recinzioni fisiche in grado di impedire una protesta
così enorme. Secondo il presidente di Planet, l’unica cosa realistica
da fare sarebbe stata quella di rendere noto, con larghissimo
anticipo, che Genova e l’Italia intendevano fornire una particolare
interpretazione culturalmente, politicamente ed eticamente elevata
del loro ruolo di ospitanti una tale riunione.
C’era poco più di un anno e mezzo di tempo per costruire un
programma in cui coinvolgere Paesi e continenti che sarebbero stati
esclusi dal G8, ma che avrebbero potuto venire a Genova con i loro
rappresentanti, prima della riunione ufficiale. Tutte le tematiche, al
centro di quello che successivamente nacque come Genoa Social
Forum, sarebbero divenute terreno comune di discussione nelle
forme e nei luoghi organizzati dal Comune di Genova e dal
Governo italiano. I risultati così ottenuti avrebbero rappresentato
materia di elevamento della conoscenza dell’opinione pubblica
italiana, essendo uno sforzo collettivo nel quale coinvolgere la
scienza, la cultura, le fedi religiose, il volontariato e la miriade di
14
contatti mondiali che in quel momento già esistevano (come
l’esperienza di Seattle aveva dimostrato) e che non avrebbero
tardato a mostrarsi impetuosamente.
Il costo dell’iniziativa che Giulietto Chiesa, a nome di Planet,
propose era molto minore rispetto a quanto stanziato per
l’abbellimento della città (settanta miliardi di Lire).
La ricostruzione fin qui fatta, solo apparentemente legata
all’esperienza personale di Giulietto Chiesa, è di rilevante
importanza per il presente lavoro: se il Comune di Genova avesse
risposto positivamente alla proposta dell’Associazione Planet, è
certo che il WPF avrebbe avuto una sede diversa e probabilmente
anche una forma completamente differente rispetto a quella attuale.
Infatti, passarono i mesi senza che il Comune di Genova
rispondesse alla sollecitazione; analoghe mosse, fatte verso il
governo allora in carica, condussero al medesimo risultato.
Fu a questo punto che Planet decise di rendere formale, ed in un
certo senso pubblica, la sua proposta, precisandola nei contorni,
come una vera e propria bozza di progetto operativo: il 9 marzo
2000 inviò una lettera al Sindaco, alla Presidente della Provincia, al
Presidente della Camera di Commercio e al Prefetto di Genova5.
Planet si rivolse alla loro attenzione con alcune considerazioni e
proposte, che volevano rappresentare un contributo positivo alla
buona riuscita del delicato compito assegnato alla città. Nel testo
della lettera si fa riferimento al contesto mondiale: alle
mobilitazioni di massa a Seattle nel 1999 ed alla posizione
geografica decentrata di Okinawa, sede del Vertice del 2000.
5
Cfr. G. Chiesa, op. cit., p.25-28.
15
Si annunciavano quindi per Genova problemi di vasta portata,
poiché la mobilitazione prevista si sarebbe incanalata proprio su
Genova 2001.
Gli interessi della contestazione di Seattle erano stati diversi e
perfino contrapposti fra loro; secondo Planet il modo migliore per
affrontare il problema sarebbe stato quello di preparare con largo
anticipo un vasto programma, culturale e politico, di accoglienza, in
cui far esprimere in tutti i modi possibili e positivi, le voci che a
Seattle si erano mobilitate; certamente il problema non avrebbe
dovuto essere ridotto ad una semplice questione di ordine pubblico.
Nella lettera si rileva che, dopo Seattle, le riunioni internazionali di
grande rilievo sono state seguite da un’accresciuta attenzione
dell’opinione pubblica internazionale; presentare il G8 genovese
come una grande sede, in cui far convergere, ben prima dei giorni
cruciali dei colloqui, tutte le culture e le motivazioni della
globalizzazione che si muovono sulla scena mondiale, avrebbe
potuto dare a Genova e all’Italia un ritorno d’immagine ed una
lungimiranza che erano mancati ai precedenti incontri di questo
genere.
Secondo Planet, per sfruttare al meglio l’occasione del G8, sarebbe
stato necessario avviare una discussione nel modo più largo
possibile; una discussione che avrebbe dovuto essere prima di tutto
genovese, poi italiana ed infine europea e internazionale.
A questo punto, nella lettera, vi è lo spazio per una riflessione che
considera la globalizzazione come un fenomeno irreversibile, che
produce ingiustizie e sofferenze sociali. Secondo il Consiglio
Direttivo dell’Associazione Planet, era giunto il tempo di fermarsi
per riflettere sul futuro del pianeta, offrendo momenti di
discussione e di confronto non solo tra i potenti della terra, ma
anche con l’intellettualità critica ed il cosiddetto popolo di Seattle.
16
Genova avrebbe potuto essere la città giusta per mettere a confronto
tesi, punti di vista e proposte, magari confliggenti, ma all’interno di
un contesto finalizzato a rimettere sui binari giusti uno sviluppo
economico e sociale ineguale, e perciò sbagliato.
Per tutti questi motivi, Planet proponeva un’assise prima
dell’incontro del G8: sarebbe stato un modo per sfruttare
ottimamente un’occasione così eccezionale.
A questo scopo Planet propose tre iniziative preliminari, volte a
promuovere un confronto tra i destinatari della lettera, la città e le
organizzazioni esistenti e operanti su temi globali ed in ambito
globale.
La prima iniziativa consisteva in un dibattito dal titolo Da Seattle a
Genova, via Okinawa, da collocare verso la fine di maggio del 2000.
Seconda iniziativa era quella consistente nell’inaugurazione di un
sito internet genovese che, dopo il G8 del 2001, avrebbe continuato
ad esistere, in virtù delle manifestazioni di Genova 2004, capitale
europea della cultura.
Una terza proposta era quella di organizzare due simposi, tra
l’estate e l’autunno del 2000, focalizzati sui temi dell’acqua e delle
grandi migrazioni umane.
Trattandosi di proposte grandi e costose, esse erano ovviamente
suscettibili di modifiche, correzioni ed integrazioni; ed avrebbero
potuto concretizzarsi soltanto con il contributo dei destinatari della
lettera e del Governo italiano: Planet, da sola, non disponeva della
forza né dei mezzi necessari alla realizzazione di un così vasto
programma.
In ogni caso, a prescindere dallo sviluppo degli eventi, Planet
voleva che fosse chiaro a tutti un messaggio: la necessità di
prepararsi allo sviluppo degli eventi con una visione organica
17
d’insieme, per ridurre al minimo gli effetti negativi, ove si fossero
presentati.
L’invio della lettera non suscitò nessuna reazione, salvo qualche
manifestazione di aperto fastidio.
DA SEATTLE A GENOVA, VIA OKINAWA
Nonostante la mancata adesione delle istituzioni, Planet decise di
indire, praticamente da sola, quel convegno che aveva proposto
nelle sue sollecitazioni come momento di avvio di una riflessione e
di un programma d’azione più vasto.
Il convegno Da Seattle a Genova, via Okinawa, si tenne a Genova, a
Palazzo San Giorgio, il 31 maggio del 2000.
Il Giappone aveva scelto di collocare la sede delle riunioni del G8 in
un luogo tra i meglio forticabili, più difficili e più costosi da
raggiungere (blindarono l’isola e, in effetti, nelle giornate di luglio
del 2000 non successe nulla).
Giulietto Chiesa fu il primo relatore del convegno6; nel suo discorso
esordì, definendo il movimento di Seattle una “buona notizia”7. La
sua relazione provocò reazioni abbastanza clamorose: al termine
della sua esposizione, l’allora presidente della Provincia, Marta
Vicenzi, e l’allora vicesindaco di Genova, Claudio Montaldo, se ne
andarono.
Secondo Chiesa, il movimento di protesta nato a Seattle
rappresentava una buona notizia, costituendo in primo luogo una
preliminare presa di coscienza dei problemi a cui sta andando
incontro la forma di globalizzazione in atto e rappresentava una
buona notizia anche perché esso costituiva l’inizio della fine della
6
La relazione di quel convegno, tenutosi il 31 maggio 2001, è stata pubblicata sulla rivista “Gli
argomenti umani”, agosto 2001.
7
G. Chiesa, op.cit., p. 8.
18
libertà di azione e decisione di cui avevano goduto fino ad allora le
burocrazie internazionali. A nome di Planet, egli volle sottolineare
che l’ostilità verso un certo tipo di globalizzazione non era più
confinata tra i contestatori e i manifestanti ai diversi summit
internazionali; infatti, parole altrettanto dure di quelle scritte nei
cartelli, erano state pronunciate da uomini di incontestata
autorevolezza spirituale e politica, come Nelson Mandela, Shimon
Peres e Michail Gorbaciov.
Quindi, il dato positivo da cui partire avrebbe dovuto essere la
consapevolezza di trovarsi di fronte ad un movimento di protesta
vasto, trasversale e internazionale, senza confini politici, di classe,
razziali, etnici e nemmeno geografici. Si trattava dunque di un
movimento assolutamente inedito.
Seppur inedito, composito, trasversale e contraddittorio, questo
movimento costituiva ancora prevalentemente un’espressione della
protesta di settori sociali e interessi interni al mondo occidentale.
Ciò premesso, Chiesa, nella riunione del 30 maggio 2000, aggiunse
che, nonostante il carattere ancora “occidentale”8 del movimento,
esso poneva obiettivi abbraccianti questioni planetarie e poneva
peraltro all’ordine del giorno dei governi e delle istituzioni
sopranazionali delle questioni ineludibili e positive (non
considerate prima d’ora dall’attenzione dei centri del potere
mondiale). Inoltre, potendo prevedere una sua crescita a ritmi
proporzionalmente corrispondenti allo sviluppo della variante di
globalizzazione in atto, esso non poteva essere né ignorato, né
sottovalutato.
L’assenza di istituzioni di reale governance sopranazionali, rendeva
sempre più ardua la prospettiva di soluzioni armoniche e
consensuali; inoltre, la crescente complessità dei problemi,
8
G. Chiesa, Da Seattle a Genova, via Okinawa, “Gli argomenti umani”, n.8, agosto 2001.
19
implicava nuove soluzioni metodologiche e nuove idee che
avrebbero potuto nascere soltanto da una ricombinazione del
pensiero esistente, attraverso l’interazione tra culture, conoscenze,
discipline, esperienze e valori diversi.
Planet, in conformità a queste considerazioni, proponeva di avviare
una discussione tra tutti i soggetti che cercavano soluzioni creative,
consensuali, realistiche e pacifiche alle sfide e alle crisi del mondo
contemporaneo. Secondo Planet, non si potrà realizzare la pace nel
mondo, senza prima aver provveduto ad una più giusta
distribuzione delle ricchezze disponibili.
Nell’agenda dei successivi G8 avrebbero dovuto essere considerate
anche le seguenti questioni: crescita della popolazione, crescita
della temperatura del globo, caduta del rapporto tra aree coltivabili
e individui, consumi di acqua maggiori rispetto alle capacità
riproduttive del ciclo ideologico, raggiungimento del limite di
riproduzione delle proteine oceaniche, riduzione delle foreste,
moria di specie animali e vegetali.
Essendo il G8 una sede tradizionale, dove i Paesi più forti del
mondo comunicano tra loro sui grandi temi della sicurezza e dello
sviluppo del pianeta, il potere decisionale di questo consesso è
enorme e sarebbe irrealistico pensare di poter affrontare le sfide
poste dalla globalizzazione senza il suo appoggio.
Chiesa, nella sua relazione, affermava l’auspicabilità che gli otto
grandi del mondo (che si sarebbero incontrati a Okinawa e poi a
Genova), si rendessero conto che la complessità del mondo li
travalicava e che essi non avrebbero potuto, da soli, decidere il
cammino comune degli altri cinque e più miliardi di individui.
Il G8 era troppo ristretto per rispondere ai quesiti planetari, essendo
un’espressione molto parziale del panorama mondiale.