“Tratta e prostituzione di strada in Italia. Percorsi di reinserimento ed esperienze a confronto.”
Tesi di Laurea in Pedagogia Interculturale di Grazia Romanazzi
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I N T R O D U Z I O N E
In una cultura apparentemente tollerante e liberale, quale quella attuale,
il giudizio sulla donna, soprattutto nel campo della sessualità, troppo spesso
continua a essere un giudizio bigotto e falsamente moralista, certamente di
stampo maschilista.
Esemplare è il caso della prostituta, considerata da tutti, uomini e donne,
una donna facile, lussuriosa, disinibita e “sporca”. Non si considera, però,
la tragica realtà, un vero mondo parallelo che vive alle spalle di queste
donne, a partire dalla stessa erronea denominazione di prostitute.
Si dovrebbe, invece, parlare di prostituite: “donne, spesso minorenni,
costrette con violenza a prostituirsi o che hanno accettato liberamente di
farlo perché la povertà e la mancanza di prospettiva diventa spesso una
condanna.
Sono state fatte arrivare da diversi Paesi dell’Europa dell’Est, dai
Balcani, dall’Africa o dall’America Latina. Sono accomunate tutte dalla
speranza di sfuggire uno dei fattori endemici dei loro Paesi: la povertà.
Accettano con fiducia quanto viene loro proposto e affrontano con coraggio
le traversie imposte loro per raggiungere l’Europa. Ignorano totalmente la
violenza cui saranno sottoposte e con la quale vengono ridotte in stato di
schiavitù.
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Sperano di poter essere aiutate a recuperare la loro dimensione umana
per accedere a un futuro che le riscatti”
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Con questo non intendo negare l’esistenza di “prostitute libere e
benestanti”, di sedicenti ballerine, spogliarelliste e accompagnatrici di
uomini potenti e facoltosi, ma non è di questo tipo di prostituzione che mi
occuperò in questo lavoro.
Intendo, invece, rivolgere la mia attenzione, e così facendo spero di
catalizzare e sensibilizzare anche l’attenzione altrui, alla prostituzione di
strada, quella più misera, più sfruttata e portatrice di dolore e drammi
umani. Ci sono donne, ragazze e bambine, convinte a venire in Italia, con la
promessa di un futuro matrimonio, dal proprio fidanzato, che diventerà,
invece, il carnefice che infliggerà loro le pene più crudeli, l’aguzzino che le
venderà ad altri trafficanti, che le stuprerà insieme ai suoi “colleghi”, per
sottometterle alla legge del padrone e dello schiavo, l’uomo che le
costringerà a vendere il proprio corpo e la propria dignità a degli
sconosciuti. Altre giovani donne vengono rapite, altre ancora ingannate con
un falso ingaggio di lavoro, qualcuna venduta dalla propria famiglia. Sono
tutte, comunque, persone che hanno subito violenze e soprusi di ogni tipo,
private della libertà e del diritto di scegliere e decidere per la propria vita.
Sono le “nuove schiave” d’Occidente, rese tali da un fenomeno
dilagante ed economicamente sempre più vantaggioso per i racket
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Da Pra Pocchiesa M. – Grosso L., Prostitute, prostituite, clienti. Che fare? Il fenomeno della
prostituzione e della tratta degli esseri umani, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2001, p.6
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coinvolti, qual’è quello della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento
sessuale. Un fenomeno che alimenta il ricchissimo e variegato sex
business, al servizio degli uomini europei, che possono scegliere tra diversi
tipi di donna, tratti somatici e colori della pelle, prestazioni e prezzi, ecc.
E’ in questo quadro che si collocano gli interventi di strada, le prime
accoglienze e i percorsi di rieducazione, risocializzazione e reinserimento
lavorativo delle vittime di questo turpe mercato, da parte di un’Italia che le
sfrutta, le compra e le giudica, ma è anche capace di accoglierle e
sostenerle nel doloroso e delicato cammino di fuoriuscita dal giro.
In questo lavoro ho esaminato prevalentemente la dimensione italiana
del fenomeno, cercando, tuttavia, di estendere lo sguardo anche alla
dimensione europea e alla situazione nei paesi di origine dei flussi
migratori che popolano le nostre città e società, sempre più multiculturali e
multietniche. Per poter davvero, però, convivere tutti in un’unica grande e
variegata società, e per poter parlare di integrazione delle culture e delle
differenze, è necessario abbassare le nostre difese, accantonare i nostri
pregiudizi e gli stereotipi, che ci impediscono di vedere e vivere la diversità
altrui come possibilità di confronto e dialogo costruttivi, fonte di ricchezza
e crescita personale. Riconoscere e accettare la diversità, come sottolinea
Luisa Santelli Beccegato, è cosa ben lontana dal tollerare la presenza
dell’altro, purchè resti ai margini, senza interferire con la nostra routine.
L’altro, per quanto diverso da noi, prima di essere un extra-comunitario, un
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clandestino, una prostituta, è una persona, nel senso pieno del termine,
pertanto dotato di una propria dignità, di unicità e originalità di se stesso e
della propria storia, portatore di tutti i principi sanciti dalla Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo. Un atteggiamento non giudicante,
dunque, risulta imprescindibile per poter entrare e operare nel mondo della
strada, anche nei confronti degli stessi clienti, uomini portatori, il più delle
volte, di carenze psico-affettive, debolezze e insicurezze caratteriali e dei
segni evidenti della crisi dei rapporti uomo-donna.
Di qui la scelta della Pedagogia Interculturale, quale scienza che
promuove l’apertura, il dialogo, l’incontro-confronto tra culture e punti di
vista diversi, ma uguali nella dignità, nel valore e nel diritto di esistenza e
di affermazione di sé, per trattare di una emergenza sociale complessa e
ricca di sfumature, che coinvolge, a vario titolo, persone numerose e
diverse nel ruolo, nelle motivazioni, negli atteggiamenti e comportamenti,
che comunque vanno considerate nell’ottica di quello che Maria Solimini
definisce relativismo culturale: una visione e comprensione dell’altro,
cioè, in relazione alla sua cultura d’origine, al back ground sociale e
familiare, assolutamente unico e irripetibile, che ci consente di superare
l’imperante etnocentrismo. Questo orientamento di fondo, pertanto, delinea
la Pedagogia Interculturale come Pedagogia in situazione ed eco-
culturale, ovvero come una scienza che considera la particolarità
situazionale nell’ecologia del soggetto e del contesto di appartenenza.
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In Italia, e in Puglia in particolare, con i nostri litorali, mete predilette
degli sbarchi clandestini, dobbiamo educare ed educarci all’interculturalità,
all’uguaglianza nella diversità e alla diversità nell’uguaglianza, in nome di
quella che Concetta Sirna Terranova ha democraticamente e coerentemente
definito Pedagogia dell’accoglienza, orientata all’incontro tra soggetti e
culture differenti, affinché le vittime della tratta e dello sfruttamento
sessuale non debbano subire l’ulteriore violenza dello stigma e
dell’emarginazione sociale, del rifiuto della possibilità di rifarsi una vita e
di ripristinare quel percorso di crescita, come persone e come donne, che,
sempre più spesso, viene interrotto bruscamente e in tempi prematuri,
affinché non diventino nuovamente vittime, questa volta della nostra
incapacità di accoglierle, riconoscerle e rispettarle; affinché i nostri padri, i
nostri figli, fratelli, mariti e fidanzati non vadano più alla ricerca
dell’angelo biondo, con gli occhi azzurri e il viso da bambina, con cui
illudersi di trovare il piacere e il riscatto delle lacune della propria
quotidianità, o della donna nera, che nell’immaginario collettivo e, in
particolare, nelle fantasie sessuali maschili, è una donna “rozza, inferiore,
con un quid di selvaggio e primordiale”, che solletica un recondito istinto
animalesco, a cui chiedere ogni tipo di prestazione, violandone e
calpestandone ogni residua traccia di identità.
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C A P I T O L O P R I M O
TRATTA E PROSTITUZIONE DI STRADA IN ITALIA:
CAUSE E ANALISI DEL FENOMENO
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1. CENNI STORICI SUL RUOLO DELLA PROSTITUZIONE
NELLA SOCIETA’: DALL’ANTICHITA’ AI GIORNI NOSTRI
Parlando di prostituzione, nasce dalla costante e sempre immutata
attualità del fenomeno l’esigenza di ricontestualizzarla storicamente per
comprenderne i retroscena e, spesso, le cause sociali, culturali e politiche.
A tal fine, quale strada migliore, dove e quando possibile, se non quella di
ripercorrere la letteratura scritta da donne che si prostituivano?
Naturalmente il ruolo e la libertà della donna sono mutati nel tempo,
ampliandosi sempre più, e con essi, di conseguenza, anche la possibilità di
raccontare la propria storia.
Partendo, dunque, dai tempi più antichi, per risalire alla vita di queste
donne si deve far riferimento agli scritti storici più attendibili: le cronache.
I testi storici ci illuminano anche sul periodo medievale; a partire dall’età
moderna, invece, troviamo scritti di donne cortigiane che dall’Ottocento in
poi daranno vita a una ricca produzione di romanzi epistolari e
autobiografici; dalla metà del XX secolo, infine, le autrici conferiranno ai
loro scritti anche una forte impostazione politica e di genere.
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1.1 L’ANTICHITA’: LE CRONACHE
Nel mondo antico alla donna veniva riconosciuto il ruolo sacro di
riproduttrice della specie, per questo esisteva una forma di prostituzione
sacra: all’interno del tempio di Afrodite le sacerdotesse si concedevano ai
passanti e il ricavato della prestazione veniva devoluto alle casse del
tempio. All’interno di quella che, sia nella società greca, sia in quella
romana, era una vera e propria diversificazione tipologica della
prostituzione, cui si rivolgevano fasce di utenza diverse, le sacerdotesse
rappresentavano le ierodoulai, prostitute sacre appunto; un ruolo diverso
rivestivano, invece, le etere, che godevano di una libertà ineguagliabile
nella società greca e partecipavano alla vita pubblica; infine le pornai erano
le più povere e facilmente sfruttabili, non godevano dei diritti di
cittadinanza ateniesi e lavoravano soprattutto nelle locande del Pireo.
Nella Roma antica esistevano quartieri in cui l’estrazione sociale delle
prostitute era ben definita: al Circus Maximus si trovavano le prostitute
cortigiane; al quartiere Subura la prostituzione più misera; sulla Via Appia
le lupae, le più povere, disperate e disprezzate.
Sia in Grecia che a Roma il concubinato era una possibilità di riscatto
sociale ed economico per la donna, che poteva, in tal modo, acquisire un
ruolo più visibile all’interno della società.
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1.2 IL MEDIOEVO E L’ETA’ MODERNA
Nel Medioevo esistevano luoghi istituzionalizzati di prostituzione: i
Postribula Publica, costruiti con fondi pubblici, retti dalle pubbliche
autorità e in cui, spesso, vigevano per le prostitute regole ferree.
Un’attenzione particolare meritano le cortigiane veneziane che hanno
monopolizzato a lungo l’immaginario collettivo come simboli di bellezza,
eleganza, licenziosità e indipendenza. Nella Venezia del XVI secolo le
autorità della Serenissima stilavano veri e propri registri in cui era possibile
scegliere la propria compagna. Le cortigiane, dal canto loro, possedevano
un alto livello culturale che non di rado consentiva loro di assumere
impegni pubblici negli affari di stato.
Queste, infatti, oltre ad apprendere e perfezionare le doti dell’arte
erotica, studiavano lettere classiche, metrica, musica, canto e danza,
frequentavano artisti, ma anche ambasciatori, principi e dogi. Il quadro
delle loro condizioni di vita e di lavoro, dunque, è desumibile dalle rime
che le cortigiane stesse componevano e che la Venezia del tempo, ricca,
commerciale, aperta e liberale, riconosceva con degli atti che
ufficializzavano l’attività di meretricio, tra cui il “Catalogo di tutte le
principali et più onorate cortegiane”, testo risalente al 1570 circa,
depositato in originale presso il Museo Correr di Venezia, in cui sono citate
anche le più famose cortigiane del tempo: la Stampa e la Franco. Negli
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scritti di quest’ultima, in particolare, emerge un’appassionata difesa dei
diritti negati alle donne dal conflitto di potere con gli uomini.
1.3 IL PASSAGGIO DAL XIX AL XXI SECOLO
Dalla poetica realista in poi la figura della prostituta ha avuto un ruolo
ricorrente nella letteratura mondiale, a opera di molteplici fattori. Uno tra
questi è la crescente scolarizzazione delle classi meno abbienti, che
permetteva a una fascia sempre più consistente di popolazione di
avvicinarsi alla scrittura e alla lettura; si diffonde in questo periodo la
letteratura femminile, anche grazie a una costante presa di coscienza da
parte delle donne dei propri diritti, e in particolare, tra la fine dell’800 e il
primo ‘900, la produzione biografica e autobiografica, che rappresenta per
eccellenza il genere introspettivo, tanto caro all’universo femminile di
scrittrici e lettrici, perché permetteva loro di varcare i limiti imposti dalle
convenzioni sociali. Furono così pubblicate ben 14 autobiografie di
prostitute, tra cui l’unica che diede scandalo fu “Madeleine” del 1919:
all’epoca fu considerato il vero manifesto della donna economicamente e
psicologicamente indipendente, proprio per l’eccesso di
autodeterminazione e autonomia di pensiero dimostrata dalla donna nel
gestire la propria vita, e non per lo sconcertante panorama socio-politico
descritto nel libro, venne censurato.