La science fiction si sviluppa a partire dal territorio del fantastico: territorio
immenso, vastissimo; vi hanno diritto di cittadinanza tutte le cose che non esistono e
che perciò sono in numero infinito.
Categoria del fantastico, la science fiction ha come caratteristica peculiare quella di far
nascere il senso del meraviglioso non dal magico, ma dall'estrapolazione scientifica. Si tratta, in
sostanza, di un frutto letterario del positivismo, della fiducia illimitata nel pensiero scientifico che
caratterizzò la fine dell'Ottocento, periodo nel quale, non a caso, nascono quasi
contemporaneamente sia il cinema sia la narrativa avveniristica.
Per comprendere il rapporto esistente tra cinema fantastico e science fiction, si
può andare a rileggere un passo del famoso "Le cinéma fantastique" di René Predal.
Scrive appunto Predal: "Un film fantastico può sempre ricondursi ad uno di questi tre
procedimenti:
- intrusione di un elemento straordinario in un mondo ordinario. E' il caso più
frequente: la creatura, il pazzo, il mostro o l'avvenimento straordinario sconvolgono
la nostra società.
- Proiezione di un elemento ordinario in un contesto straordinario.
- Analisi d'elementi straordinari che si sviluppano in un universo anch'esso
straordinario: concezione di un fantastico totale, mondo del meraviglioso e del sogno
in cui l'uomo non è più sottomesso alle regole della materia.
Ora, questi procedimenti forniscono ugualmente le tre strutture possibili di un
film di fantascienza: elemento straordinario in un mondo normale, cioè gli
extraterrestri che invadono la terra. L'ordinario nello straordinario, cioè la space-
opera, ovvero i viaggi interplanetari dei terrestri. Quanto allo straordinario assoluto, è
insomma il futuro lontano mostrato nei film che parlano di una trasformazione totale
del mondo e dei suoi abitanti.".
Le matrici del cinema di fantascienza sono dunque radicate saldamente nel sottosuolo del
fantastico. Non a caso il cinema di fantascienza, analogamente al fantastico, fa del Rimosso il
proprio campo di battaglia; il Rimosso, cioè l'Altro, il Diverso, l'Oscuro, il Terrorizzante, lo
Sconosciuto, l'Angoscioso che si chiamano ora extraterrestri, mutanti, androidi, robot, radiazioni
misteriose, mostri.
Fin dall'antichità l'interrogativo "esistono altri mondi abitati?" non ha mai
smesso di incuriosire la mente umana e, a pochi anni dalla sua invenzione, anche il
cinema lo dimostra.
E' il 1902 l'anno in cui alieno fa la sua prima comparsa al cinema con Voyage
dans la lune (Viaggio nella luna) di Georges Méliès.
Fin dai tempi di Méliès razzi e fantasie spaziali non erano certo mancati, ma
tutto aveva allora il sapore del puro fantastico, del meraviglioso assoluto alla cui
sostanza concorreva quella straordinaria novità più inusitata e stupefacente di
qualsiasi creatura extraterrestre: la recente invenzione del cinema.
L'opera deriva in parte da "De la Terre à la Lune" (1865) di Jules Verne e in parte dal
romanzo di Herbert George Wells "First Men on the Moon" (1901): si nota però un personale tocco
satirico che è tipico del regista. In quindici minuti e sedici scene, il film narra di una spedizione
scientifica dal nostro pianeta al suo satellite e ritorno. Un gigantesco cannone spara un proiettile
con a bordo i primi astronauti della storia del cinema: astronauti in frac e cilindro secondo l'ultima
moda della Belle Epoque. Il razzo, dai tetti di Parigi, si va a conficcare in un "occhio" della luna, i
terrestri ne escono e passano la notte sulla sua superficie, osservano il sorgere della Terra nel cielo e
le varie costellazioni, personificate da uomini e donne. Poi arrivano i Seleniti, immaginati come nel
romanzo di Wells: teste da uccello e corpi da insetto, interpretati da una troupe di acrobati delle
Folies Bergères. Gli astronauti ne catturano uno e lo riportano sulla terra per esibirlo come una
scoperta scientifica.
Il successo fu grande e il film venne copiato abusivamente e messo in
circolazione in tutta Europa ed in America.
"Le voyage dans la lune" stabilì fino al 1914 il predominio francese nella
produzione mondiale e impose ovunque la "messa in scena", un cinema di regia
alternativo alla linea documentario-realistica propria dei fratelli Lumière.
Méliès scoprì che il cinema era un nuovo modo di vedere, di interpretare e persino di
distorcere la realtà per piegarla alla volontà dell'autore. Il suo virtuosismo tecnico costituisce il
punto di partenza e lo spunto per le future creazioni fantastiche del cinema.
Georges Méliès presentò nelle sue laboriose pellicole tutti i temi che fanno della
fantascienza un genere cinematografico.
Anche il cinema fantastico americano esordì con alcuni adattamenti letterari di
famose opere dell'orrore. Nel 1908 la Chicago Company produsse Il dottor Jekyll e il
signor Hyde, la prima delle molte versioni del romanzo di Stevenson (1886), e già nel
1902 l'American Mutoscope aveva prodotto un breve film dal titolo Frankenstein's
Trestle, primissima versione cinematografica del celebre romanzo di Mary Shelley
(1818).
La tecnica americana si rivelò ben presto più viva e dotata di un maggior potere
drammatico della produzione di Méliès, che cominciò a passare in secondo piano, in
quanto giudicata troppo artificiosa e teatrale.
Nel primo trentennio della storia del cinema, fantascienza, fantastico e fiabesco
sono in realtà la stessa cosa. Tutta Hollywood, nei primi anni '30, risulta proiettata
nell'universo del fantastique, che del resto si costituisce "genere" proprio in questo
periodo.
Specialmente negli anni che vanno dal 1931 al 1935, sotto la spinta della Universal, il
fantastico conosce un vero e proprio trionfo. La Universal invade gli schermi con le serie dedicate a
Frankenstein e a Dracula, la Metro risponde con i capolavori di Tod Browning, la R.K.O. brevetta
la coppia Schoedsack e Cooper, la Paramount produce autentiche perle del genere come Dr. Jekyll e
Mr. Hyde (Il Dottor Jekyll, 1932) di Rouben Mamoulian e Island of Lost Souls (L'isola del dottor
Moreau, 1933) di Erle C. Kenton.
Negli anni '30 e '40 le ricerche spaziali non erano ancora abbastanza sviluppate
da permettere una parallela elaborazione fantastica in ambito cinematografico: i
grandi dominatori in questo campo saranno in quei tempi mostri e vampiri.
L'esplorazione dell'universo, dello spazio profondo, e conseguentemente l'incontro
con l'alieno, è un tema meno sfruttato dal cinema di quegli anni.
Ma nelle prime versioni cinematografiche del mito di FrankNnstein o nel celebre
King kong (King Kong, 1933) di Schoedsack e Cooper comparivano già alcuni
caratteri distintivi che avrebbero riguardato i cicli del cinema fantascientifico vero e
proprio: in particolare alcune ricorrenze tematiche (lo scienziato prometeico e folle, la
bestia gigantesca) si apprestavano a collocarsi, quasi immodificate, tra quelle
peculiari della science fiction.
Il tutto fino alla svolta clamorosa degli anni '50, alla riaffermazione del
fantastico sotto la specie della fantascienza.
Volendo stabilire una cronologia delle presenze aliene nel cinema americano di
fantascienza, si può dire che ad un primo periodo di caccia sfrenata al Diverso (anni
Cinquanta), abbia fatto seguito un progressivo allontanamento dal repertorio "alien"
in conseguenza della sempre più spinta connotazione socio-politica assunta dal
genere negli anni '60, durante i quali si parla molto poco di alieni e di incontri stellari,
per arrivare ai primi anni '70, che segnano la quasi definitiva scomparsa dell'alieno
dai film del genere. A partire dagli anni '60, la diatriba russo-americana sulla
riduzione degli armamenti nucleari e in genere tutta la polemica sul deterrente
atomico porterà ad un grande sviluppo della fantascienza apocalittica e alle
desolazioni post-nucleari.
Verso la fine degli anni '70, se il pericolo viene ancora dal cielo (Alien), dal cielo
può anche arrivare la speranza (Incontri ravvicinati del terzo tipo, E.T.). Gli anni '80
sono invece caratterizzati dall'elemento seriale. I classici che hanno segnato il
decennio precedente vengono ripresi e narrativamente continuati. La fantascienza
cinematografica continua a mettere in scena futuri tragici e ad immaginare l'altro
sempre più inquietantemente simile all'uomo. Il lato buono dell'umanità si oppone ad
una possibile dittatura dell'altro, che questa volta proviene non "from outer space",
dalle galassie lontane, ma dal contesto urbano stesso: si tratta di macchine
sofisticatissime realizzate dall'Uomo. Ma nelle parabole della fantascienza spesso
l'Altro è l'uomo stesso, col suo carico di diffidenza, i suoi timori e i suoi brividi
razzisti.
Quanto detto vale anche per gli anni '90, caratterizzati da una sempre maggiore
attenzione ai problemi ecologici: la scienza si diverte a manipolare le leve di
comando della natura e finisce poi per partorire mostri. In questi ultimi anni la
science fiction americana ha puntato ampiamente sulla presenza aliena, e a ragione,
tenendo conto dei record d'incassi ottenuti anche grazie all'ausilio di sempre più
sofisticati effetti speciali.
Con gli anni '90, comunque, il cinema appare, in tale ambito, alquanto "bypassato" dalla
televisione, basti pensare ad efficaci serial di carattere "ufologico" come "The twilight Zone"(Ai
confini della realtà) e al recente e popolarissimo "X-Files".
Ed è forse grazie a questi successi commerciali che Hollywood ha ripreso a
realizzare film incentrati sulla figura dell'alieno, in cui le "abductions" e le "invasion"
vanno per la maggiore.
1.2. Il decennio 1950 - 1960
Secondo Sergio Solmi, autore di numerosi saggi sul fantastico, e uno dei primi
divulgatori di narrativa fantascientifica in Italia, la fantascienza è un tipico prodotto
dell'era atomica, in questo senso la caratteristica della fantascienza è di costituire una
forma immaginativa, una sorta di "transfert" di quelle preoccupazioni inconsce, in
immagini di mondi possibili escogitati in base ad uno sfrenato gioco di ipotesi. Ciò
spiegherebbe, come afferma Giorgio Monicelli, direttore della prima collana di
questo genere apparsa in Italia, perchè in America "la science fiction ha avuto
enorme diffusione soprattutto dopo la guerra, dopo che la bomba atomica ha rivelato
che la scienza entra violentemente a contatto con il destino dell'uomo e con il suo
avvenire."
In effetti, nel dominio della science fiction propriamente detta, il cinema
americano non entra che a partire dai primi anni '50, anni in cui lo sviluppo delle
ricerche spaziali, favorite dal forte contrasto dovuto alla guerra fredda e alla
conseguente corsa agli armamenti, genera un clima del tutto favorevole ad una
elaborazione fantastica del futuro.
Problemi, ansie e conflitti erano noti e attuali, ma venivano proiettati in un
futuro più o meno remoto: la paura dello spazio e il terrore cosmico si fusero con il
terrore atomico.
I film di fantascienza degli anni '50 erano infatti quasi sempre dominati dal tema di mostri
"antidiluviani" richiamati in vita da esplosioni nucleari, dal pericolo di terribili virus portati dallo
spazio o dall'invasione della Terra da parte di esseri di altri mondi, alieni più progrediti nella
scoperte tecnologiche, ma tirannici, crudeli e spietati.
Viene meno cioè quell'atteggiamento, tipico dell'epoca positivista, di fiducia illimitata nelle
forze della scienza guidate dalla luce della ragione.
La fantascienza riflette sul destino dell'uomo e diviene il prodotto di una civiltà
che, rendendosi drammaticamente conto dei propri limiti oggettivi, proietta e tenta di
materializzare nel racconto, filmico o letterario, le proprie aspirazioni e le proprie
speranze: in realtà, la scienza e i suoi traguardi non rappresentano, per i film
appartenenti al genere, molto più di un pretesto o di un background.
Le fortune della fantascienza cinematografica hanno dunque inizio con
l'esplorazione dell'Universo.
Il mito del viaggio dà forma a due modelli archetipici che la science fiction
adotta nel dopoguerra: l'esplorazione (dalla terra allo spazio) e l'invasione (dallo
spazio alla terra).
In entrambe i modelli la figura dell'alieno è ampiamente utilizzata e, nella
maggioranza delle pellicole, identificata con il pericolo e connotata negativamente. Il
cinema di science fiction sembra infatti reagire all'ignoto giudicandolo
immediatamente una minaccia.
A questo proposito si veda lo schema narrativo classico del primo modello, ossia
della space opera, che comprende i preparativi del viaggio, il percorso spaziale, la
discesa sul pianeta sconosciuto e l'incontro con gli alieni, per lo più minacciosi ed
ostili al pari dei malvagi conquistatori spaziali, protagonistildel secondo modello.
Nei film americani, ma anche in quelli sovietici, degli anni '50, la science fiction
sembra piegarsi a motivi propagandistici e gli invasori extraterrestri assumono
rispettivamente le sembianze di conquistatori, che vogliono dominare il mondo
assoggettandolo a sistemi totalitari (nella produzione americana) o a sistemi
capitalistici (in quella sovietica).
A volte si tratta di enti invisibili che si impadroniscono del corpo umano, altre volte arrivano
con aspetto di mostri marini, vegetali o minerali, ma quasi sempre vogliono solo uccidere,
distruggere, annientare, impadronirsi della Terra per sopravvivere e fuggire dai loro mondi
agonizzanti.
Entrambe le formule narrative sopra citate (l'esplorazione e l'invasione) sono
caratterizzate da due componenti -la gnoseologica e la psicologica- ovvero la
conoscenza e la paura. Ed infatti nell'esplorazione pioneristica (nel cinema americano
una vera e propria costante desunta dalla storia e utilizzata vistosamente nel genere
western) "conoscere è soffrire", e questo lo sanno bene parecchi "astronauti
cinematografici" alle prese con esseri ostili di ogni tipo. Ma basta capovolgere il
modello, ed ecco, sempre caratterizzato dalle stesse componenti gnoseologiche e
psicologiche, la tematica classica dell'invasione, nella quale, essendo il palcoscenico
non più lo spazio profondo bensì la Terra, la "ragione" si sente anche più minacciata.
Che il pioniere rischi la vita lottando con un essere interplanetario è cosa che la
ragione ha già previsto e classificato. E' la pena da scontare, in chiave gnoseologica,
per la conquista della conoscenza, ed in chiave politica, per la conquista della colonia.
Ma che altri esseri irrompano nell'ordine razionale della nostra vita quotidiana risulta
molto più inquietante: in chiave gnoseologica è l'immissione dell'irrazionale nel
razionale (ovvero, l'origine del tipo più puro e allucinante di paura); in chiave politica
è il vedersi classificare come potenziale conquista o essere completamente distrutti
(ma è estremamente indicativo che il caso si presenti quasi sempre in termini di
estinzione più che di colonizzazione: colonizzare è concesso, ma piuttosto che essere
colonizzati l'immaginazione fantascientifica adotta il modello della distruzione).
Che la science fiction cinematografica sia un prodotto degli anni del dopoguerra
é incontestabile, ma per cercare di comprenderne il motivo, è necessario tenere in
considerazione di quel periodo, non solo le acute tensioni internazionali e le continue
crisi politiche, ma anche le difficili condizioni in cui versava il cinema statunitense.
Si tratta di anni in cui, negli Stati Uniti, si assiste ad una durissima recessione in campo
cinematografico, segnato dalla clamorosa riduzione del numero degli spettatori, dalla chiusura di
moltissime sale, dall'attività ridotta degli studios. La televisione, presente già a livello di massa,
focalizza su di sè l'interesse degli "ex spettatori" cinematografici, e il cinema scopre che una delle
strade più efficaci per "riprendersi" gli spettatori perduti è quella di costruire finzioni che
scavalchino completamente qualsiasi pur ricca invenzione televisiva.
Il primo passo avviene sul piano tecnico, per arricchire le possibilità di
fascinazione dell'occhio.
Il Technicolor si afferma rapidamente e insieme si fa spazio un genere di film
che esibisce il Meraviglioso e il Terribile. Lo spettacolo del mostro, o delle astronavi
marziane, o dei primi uomini che scendono sulla Luna, privilegia il totale dello
schermo e abolisce il dominio del primo piano.
Il risultato: uno shock visivo inconsueto, uno spostamento del livello della
percezione e dell'abitudine sensoriale.
Scrive a questo proposito Enzo Ungari: "Il successo dei film di fantascienza
presso le grandi platee, aveva come unica possibilità l'impatto visuale. L'insolito,
l'eccezionale, l'esagerato - tutto quello che altrove non era tollerato - erano
precisamente quanto produttori e pubblico si attendevano da un film di science
fiction. Lo statuto di fantascienza costituiva una promozione dell'assurdo, una licenza
di eccesso che finiva per provocare una qualità visiva, un'organizzazione della
visione, molto vicina a certe esperienze, anche radicali, dei nostri giorni.".
Le case di produzione americane, a partire da Uomini sulla Luna (Destination
Moon, 1950), scoprono le possibilità del nuovo settore e iniziano con slancio gli
investimenti; soprattutto la Universal, la United Artist, la Columbia, la Paramount, la
R.K.O nel primo periodo, e poi, verso la metà e la fine degli anni '50, anche la Metro,
la 20th, la Warner Bros.
Insomma, il cinema di fantascienza ha l'attenzione dell'intera Hollywood, ma
con un particolare: le produzioni, per quanto "colossali" possano essere, rimangono
sempre all'interno di un budget limitato e soprattutto non comprendono mai attori di
grande prestigio.
Tale tipo di scelta, anomala se confrontata con la politica usuale delle produzioni
hollywoodiane, rispettava al contrario un disegno molto lucido e una pratica
economica estremamente conveniente: alla figura del divo e al primo piano del volto,
si sostituiva il mistero di una "trovata" capace di reggere tutto quanto il film. Al cast
di attori famosi si sostituivano, come garanzia di successo, mostri, alieni, "allunaggi",
guerre spaziali. Non molti soldi, attori di secondo piano, una ripetitività esasperata: ce
n'era a sufficienza per relegare il cinema di science fiction nei prodotti di "serie B" e
per catalogarlo tra i generi minori.
Con "Rocket Ship X-M" (R.X.M. Destinazione Luna, 1949) di Kurt Neumann e con
"Destination Moon" prodotto e diretto da uno specialista in materia, George Pal, la fantascienza fa i
primi passi nel cinema. Alla fantasia dello spettatore si aprono nuovi ed impreveduti orizzonti.
Rocket Ship X-M è una vera e propria space opera in cui fanno la loro comparsa
marziani simili agli uomini. Una spedizione, composta da quattro uomini ed una
donna, parte per il primo volo lunare. Per un guasto ai motori, il missile devia dalla
rotta e si dirige verso Marte. Dopo un faticoso atterraggio, gli astronauti scoprono i
resti di una antica civiltà distrutta da una feroce guerra atomica. I marziani sono
ritornati all'età della pietra. La spedizione perde alcuni dei suoi componenti, e
soltanto tre, di cui uno gravemente ferito, riescono a ripartire. Il ferito muore durante
il viaggio; rimasti senza propellente, i superstiti precipitano sulla Terra.
Destination Moon è invece la ricostruzione fedele di un viaggio sulla Luna:
almeno secondo le conoscenze che si avevano allora.
A seguito del successo ottenuto da questa pellicola, con l'avvento del 3D e con
l'enigma dei dischi volanti esploso nel 1947, l'anno che vede porre per la prima volta
al grande pubblico il problema degli UFO, si affacciano sul grande schermo i primi
invasori. Il cinema si rivolge con interesse alla questione: la loro meta è la Terra;
vengono per conquistarla, per ammonirla, ma anche per lasciarla al più presto
possibile, nel momento in cui si accorgono quale razza sia quella che la domina.
Gli inizi furono in ogni caso sconvolgenti; un'ondata di invasioni attraversò gli
schermi promettendo minacce di ogni sorta.
Il primo shock, del tutto atipico, lo dette The Day the Earth Stood Still
(Ultimatum alla Terra, 1951) di Robert Wise, in cui l'alieno Klaatu compare in veste
di ambasciatore di popoli più civilizzati, per spingere i terrestri a volgersi al bene e a
rifiutare l'autodistruzione. Giunto a Washington a bordo di un disco volante,
l'astronauta extraterrestre Klaatu è il portavoce di un messaggio di speranza e di pace,
ammonendo l'umanità, in piena guerra fredda, a bandire gli armamenti atomici.
L'alternativa è l'autodistruzione o l'intervento di un "paciere" dai poteri illimitati:
l'androide Gort che lo accompagna.
Dopo l'incredibile connotazione positiva di Ultimatum alla Terra, la scorribanda
degli alieni riprende intensissima, dando il via ad una quasi costante identificazione
del Diverso con il nemico. "L'Altro è leggibile di volta in volta come l'ebreo, il negro,
il comunista": l'alieno solo di rado vuole inserirsi amichevolmente gella vita terrestre,
più spesso infatti ne progetta l'invasione o la distruzione. Il Diverso appare incivile,
barbaro, con spiccate tendenze imperialistiche, privo di codici morali, sentimenti,
emozioni.
I film incentrati sull'invasione aliena hanno infatti le loro radici in due
inclinazioni umane.
Innanzitutto l'Uomo è terrorizzato dall'ignoto, e in secondo luogo è solitamente spaventato da
tutti coloro che gli appaiono "Diversi". E ovviamente, l'alieno concentra su di sè entrambe queste
caratteristiche, tanto da apparire come una vera e propria punizione, che forse è da attribuirsi
all'eccesso di zelo tecnologico dell'essere umano.
Primo della serie The Thing from Another World (La cosa da un altro mondo,
1951) di Christian Nyby e Howard Hawks, venne tratto da un romanzo di John W.
Campbell (Who Goes There?) del 1939, che non faceva minimamente cenno alla
questione "alieni".
Il regista iniziò la lavorazione del film nel 1949, inserendovi il "disco volante"
caduto sulla banchisa polare e il suo mostruoso pilota, una sorta di vampiro vegetale
umanoide che semina distruzione e morte in una base scientifica artica, prima di
essere annientato grazie alla corrente elettrica.
Anche se la regia è firmata dal debuttante Christian Nyby, in realtà il film è stato
diretto da Howard Hawks che ne è anche il produttore. Costruito sul dilemma tra la
legittima curiosità della ricerca scientifica (che vorrebbe cercare di comunicare con i
possibili abitanti di altri mondi) e la necessità di difendere la razza umana, è un
classico della fantascienza orrorifica.
La "Cosa" viene soltanto intravista per tutta la durata del film ed è resa così
ancor più angosciante. Il clima inquietante della pellicola è parzialmente connesso
alle vaghe inquietudini dell'espressionismo tedesco (la "Cosa" resta pur sempre un
vampiro), ma si colloca soprattutto nell'ambito della violenta reazione anticomunista
dell'America del senatore McCarty, nel contesto della guerra fredda tra impero
dell'Est e quello dell'Ovest, che marchiò l'atmosfera politica internazionale degli anni
'50.
La "Cosa" è un "Altro" e per questa ragione ogni buon cittadino americano ha il
dovere di osservare con attenzione il cielo (basti pensare all'ammonimento finale:
"Keep watching the skies!"): da lì può arrivare l'atomica o il contagio di un ideologia
opposta, oltre ad una concreta invasione "rossa".
Sempre del 1951, sono da ricordare altre due pellicole, anche se di minor rilievo:
si tratta di Radar Men from the Moon (I Conquistatori della Luna) di Fred C.
Brannon, e di Flight to Mars (Volo a Marte) di Lesley Selander.
La prima appartiene al serial televisivo americano di Radar Man, un uomo che,
grazie alla sua prodigiosa tuta, può volare ed essere quasi invulnerabile. In tal modo
riesce a sventare un attacco dei "seleniti", bramosi di invadere la Terra per la scarsità
di ossigeno del loro mondo.
Volo a Marte è invece un film spaziale, dove una spedizione terrestre giunge sul
pianeta rosso ed entra in contatto con una avanzatissima civiltà, che però non conosce
l'arte dei voli spaziali. I marziani cercano di rubare l'astronave ai terrestri, ma invano:
l'equipaggio riesce a ripartire, portando con sè un ambasciatore di pace per il nostro
popolo.
Il 1952 è l'anno della preparazione, della stasi in attesa del boom che si avrà
l'anno seguente con ben quattro pellicole di buon livello ispirate agli UFO. Impera
ancora la paura della bomba, la "guerra fredda" è nel pieno del suo svolgimento.
Si tratta degli anni che in America vedono la nascita di riviste come Galaxy e
Fantasy and Science Fiction: la narrativa di fantascienza dimostra, fin da allora, di
essere più profonda ed evoluta della cinematografia.
Scrive a questo proposito Giovanni Mongini: "In pieno sviluppo tecnologico, di
fronte alle continue scoperte scientifiche che alimentavano i sogni dell'uomo, i testi
letterari offrivano stimoli e prospettive ben più ampi di quelli cui si limitava il
medium cinematografico. Questo non era dovuto soltanto all'immaturità dello
spettatore, non ancora pronto ad affrontare problematiche psicologiche e sociali; ma,
ed è più reale, alla volontà dei produttori di sfruttare al massimo le psicosi ricorrenti:
l'ignoto dello spazio e i suoi misteri, l'enigma degli UFO, la paura dell'atomica e delle
sue conseguenze".
E, se è vero che si apre anche un elementare discorso politico, lo stesso G.
Mongini afferma: "E' questo un giudizio che, tuttavia, non vale universalmente, un
metro interpretativo che non sempre spiega tutto: sì, alcune pellicole possono
prestarsi, fra le righe ad un discorso politico, ed altre sono state prodotte con chiaro
intento propagandistico.
Ma, nella maggioranza dei casi, i soggetti erano affidati alle mani di produttori, i
quali non si sognavano minimamente di pensare in termini politici, sia perchè non ne
avevano le cognizioni necessarie, sia perchè esulava dai preminenti interessi
commerciali. Il film sui mostri, sui razzi, rendeva "quattrini": quindi perchè non
produrne? Questo è ciò che il produttore medio pensava, e null'altro."
Al contrario del 1952, il 1953 fu senza dubbio uno degli anni più fecondi per
quanto riguarda la fantascienza. Sono del 1953: The War of the World (La guerra dei
mondi) di Byron Haskin, It Came from Outer Space (Destinazione... Terra) di Jack
Arnold, Invaders from Mars (Gli invasori spaziali) di William Cameron Menzies,
Phantom from Space (Il fantasma dello spazio) di W. Lee Wilder.
Per quello che riguarda La guerra dei mondi, si tratta dell'aggiornamento
cinematografico dell'omonimo romanzo di H.G. Wells. Terrificanti mostri marziani
(un occhio solo e vari arti muniti di ventose) invadono la Terra partendo da una zona
del Midwest statunitense: distruggono intere città, ma non resistono ai microbi
terrestri e muoiono. Come nel citato La cosa da un altro mondo, anche in questa
pellicola viene affrontato il problema della comunicazione tra razze, e la risposta è
ancora una volta negativa e pessimistica.
Fallita ogni possibilità di comunicare pacificamente, resi inutili i "classici"
tentativi di difesa, viene esplicitamente chiamata in causa la divinità: di fronte
all'occhio inquietante delle astronavi aliene, un sacerdote alza una croce, e i "diavoli"
venuti dal cielo vengono immediatamente distrutti da microbi, le più piccole creature
che Dio ha posto sulla Terra.
Primo vero e proprio film di fantascienza di uno tra i grandi del cinema
fantastico, Jack Arnold, Destinazione... Terra narra invece le conseguenze
dell'atterraggio di fortuna di un UFO, i cui occupanti, per effettuare le necessarie
riparazioni, sono costretti a rivolgere la loro attenzione ad un vicino centro abitato.
Mostruosi, ma in grado di assumere qualsiasi forma, gli extraterrestri si
sostituiranno a non pochi degli abitanti del vicino paese, e infine, riparato il loro
mezzo, ripartiranno dopo aver puntualizzato che il peggior nemico dell'uomo è se
stesso e il suo cieco terrore dell'ignoto.
A colori è invece Gli invasori spaziali, storia di un'astronave che discende in un
tratto desertico, si nasconde nel sottosuolo, e cattura i terrestri di passaggio. Alle
vittime viene inserito nella nuca un trasmettitore capace di manovrarle a distanza.
Originale è infine Il fantasma dello spazio, in cui un invisibile uomo di un altro
mondo disceso da un UFO, viene braccato e muore, rendendosi così visibile a tutti.
Nello stesso periodo ricoprono un posto tutt'altro che trascurabile, il filone
teratologico (i Bem, ovvero i Bug Eyed Monsters, i Mostri dagli Occhi d'Insetto) e
alcune anticipazioni del filone della fantascienza apocalittica, che si affermerà nel
decennio seguente.
I pericoli per la Terra non provengono cioè esclusivamente dallo spazio: il
pericolo per l'uomo è l'uomo stesso che vuole sfidare forze più grandi di lui. Sfidata,
la natura si ribella e crea i suoi mostri.
Ed ecco perciò i mostri dell'alba atomica, quelli di Assalto alla Terra, Il mostro
della laguna nera, Tarantola e dal Giappone il fortunato Godzilla di Inoshiro Honda.
Se un conflitto atomico può distruggere il nostro mondo, a quali proporzioni si
potrebbe arrivare con un conflitto galattico?
E' questo il tema affrontato in This Island Earth (Cittadino dello spazio, 1955)
di Joseph M. Newman. Realizzato a colori, è la storia di uno scienziato che viene
contattato da una fantomatica organizzazione scientifica alla caccia di "cervelli" e
intenzionata a reclutarlo per imprecisate ricerche per la pace in chiave antinucleare.
Superato l'esame cui i suoi interlocutori lo sottopongono, il protagonista raggiunge su
un aereo teleguidato la località in cui sono raccolti scienziati di tutto il mondo. Qui,
assieme ad una giovane scienziata, scoprirà il segreto dell'organizzazione: Exeter e i
suoi sono un gruppo di extraterrestri provenienti dal pianeta extrasolare Metaluna,
che stanno perfezionando, con l'aiuto di ignari scienziati di tutto il mondo, nuove
armi per contrastare un pianeta nemico, Zeghon, che sta avendo il sopravvento. La
situazione precipita e il gruppo extraterrestre fa ritorno a Metaluna.