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ragioni che analizzerò, essere legato al suo brand. Costruire una grande marca significa
conoscere intimamente i propri clienti e sviluppare con essi una forte relazione, la più
lunga possibile, basata sui loro bisogni, cercando nella maniera migliore di comprendere
cosa vogliono nel presente e cosa desidereranno in futuro.
Grandi marchi come Coca Cola, Virgin, Ferrari, creano la loro immagine, e fanno
aumentare di valore i propri messaggi pubblicitari, grazie ai diversi tipi di interazione
con i propri clienti.
Prima di definire cosa si intenda oggi con il termine marca e cosa debba fare un’impresa
che “ si affaccia ” per la prima volta al mercato per costruire un’immagine di marca che
duri nel tempo e che costituisca un valore aggiunto per i propri prodotti, mi sembra
opportuno cercare di inquadrare in una più ampia prospettiva storica e sociologica
l’apparizione e lo sviluppo di questo concetto .
Cercherò quindi in primo luogo di identificare le tendenze ed i cambiamenti del mercato
che hanno portato la marca ad assumere un’importanza crescente nell’era
postindustriale tanto da farla considerare oggi un elemento imprescindibile per il
successo aziendale.
Possiamo individuare una prima fase di sviluppo del concetto di marca già nel corso
dell’ottocento, quando i beni di consumo incominciavano ad assumere funzioni di tipo
comunicativo e le imprese utilizzavano gli strumenti della comunicazione
semplicemente per far conoscere il prodotto.
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In questo periodo la marca assumeva ancora una funzione limitata di denominazione; in
altre parole serviva sostanzialmente ad identificare nel mercato un prodotto di una data
impresa distinguendolo rispetto ai
prodotti concorrenti.
Dalla seconda metà del ventesimo secolo fino agli anni ottanta emerge all’interno
dell’impresa il concetto di marca come strumento in grado di incrementare il valore del
beneficio offerto dal singolo prodotto aggiungendovi un plusvalore di tipo simbolico e
comunicativo.
Il suo ruolo in questo periodo, è però subordinato rispetto al prodotto
e la marca viene ancora considerata come uno dei tanti elementi a disposizione del
marketing aziendale per “ abbellire ” il rapporto col consumatore.
Procedendo in questa panoramica ad ampie tappe, arriviamo così ai giorni nostri in cui,
apparentemente, può sembrare che la pubblicità della marca tenda sempre meno a
persuadere il consumatore all’acquisto di un prodotto. In realtà oggi, ci troviamo spesso
di fronte a modi di persuasione più sottili, coinvolgenti ed efficaci rispetto al passato;
modalità che non possono fare a meno in alcun modo del concetto di marca come
elemento semantico e simbolico per stabilire quel necessario rapporto di complicità col
consumatore, che porta alla fidelizzazione di quest’ultimo ed al successo dell’impresa.
Pertanto, oggi la marca assume per le imprese moderne un’esistenza autonoma rispetto
al prodotto, il quale spesso non potrebbe addirittura esistere e funzionare se non
all’interno del mondo simbolico e comunicativo proposto e creato dalla marca stessa.
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Queste premesse servono a comprendere come, per un’impresa che solo ora si affaccia
al mercato come Aquolina, è stato di fondamentale importanza come vedremo, l’aver
compreso che in una società dove i prodotti sono sempre più uguali e dunque sempre
meno coinvolgenti per i consumatori, non è più sufficiente comunicare ciò che un
prodotto è in grado di offrire, ma è assolutamente necessario imporsi comunicando una
specifica identità aziendale.
E’ proprio questo che si è cercato di fare con Aquolina, non limitandosi cioè a
“marcare” una linea di prodotti, ma proponendo un insieme di valori, uno stile di vita,
un’estetica nuova e finanche un diverso coinvolgimento sensoriale in un segmento di
mercato molto affollato come quello della cosmesi.
In poche parole, si è cercato di creare un “ Universo Aquolina ” che avesse come
obiettivo finale quello di pervenire ad un’adesione dei consumatori nei confronti del
sistema di valori proposto dalla marca in
una sorta di mondo mentale che molti autori hanno definito
“ mindstyle ”
1
.
Prima di approfondire concretamente il discorso sul modo in cui è stato raggiunto
questo successo aziendale, è necessario soffermarci ancora sull’importanza del concetto
di marca e sulle molteplici funzioni che essa è in grado di svolgere sia per l’azienda che
per il consumatore.
1
Morace 2000. Viene spesso contrapposto al lifestyle , tendenza dominante negli anni 80’.
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Sembra ovvio in ogni caso, che una marca non possa costruire il proprio immaginario
ex novo; per ottenere i risultati migliori infatti, è fondamentale che essa si appropri di
una porzione del più ampio immaginario esistente nella società.
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1.2 Il valore strategico della marca
Le premesse fatte, portano tutte ad un assunto imprescindibile:
un’impresa che oggi voglia entrare sul mercato, per occupare una posizione stabile e
duratura anche in futuro, deve in primo luogo far si che il proprio brand assuma un
ruolo ed un significato strategico tale da sedurre irresistibilmente il consumatore,
creando in lui quello “stato mentale” che lo orienterà verso quei prodotti in cui egli
riconosce il proprio stile di vita ed ai quali resterà fedele.
Naturalmente l’azienda dovrà in seguito confermare le attese create, attraverso le
prestazioni qualitativamente soddisfacenti offerte dai propri prodotti.
In primo luogo però, per raggiungere gli obiettivi prefissati, un’impresa deve saper
costruire ed attivare il potenziale generativo della marca.
Affinché una marca si affermi come risorsa di mercato è necessario che la sua rilevanza
sia pienamente riconosciuta, tanto dall’azienda che la possiede quanto dai soggetti con
cui l’azienda stessa interagisce .
E’ fondamentale che la marca sia vista come risorsa di mercato poiché essa riveste una
duplice importanza: sintetizza le capacità aziendali distintive e, attraverso la
comunicazione dei valori contenuti nelle capacità suddette, contribuisce in maniera
determinante al raggiungimento del vantaggio competitivo. In questo modo la marca
viene a costituire di conseguenza anche una risorsa di fiducia per il consumatore.
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L’importanza che quest’ ultimo dà alla marca, dipende dalle strategie messe in atto
dall’azienda per aumentarne il valore, e dal significato che il consumatore stesso
attribuisce a queste strategie. Pertanto affinché la marca non venga riconosciuta solo
come un semplice attributo del prodotto, occorre che vi sia coerenza tra le valenze che
la marca assume nel sistema cognitivo dell’impresa e dei consumatori.
L’azienda quindi, dovrà organizzarsi dal punto di vista strategico e gestionale, per
passare da una marca-attributo di prodotto ad una marca-risorsa, al fine di assicurare un
investimento accurato e continuo sul valore che vuole attribuire al proprio brand e
focalizzare così al meglio anche le attenzioni dei consumatori.
Da ciò si evince che il conseguimento dei migliori obiettivi di mercato, dipende dalla
completa costruzione e attivazione del potenziale generativo della marca
2
.
Questo potenziale va gestito, trovando una risposta a due quesiti fondamentali:
a)Quali sono le opportunità di attivazione del valore-potenzialità della marca intesa
come risorsa di fiducia?
b)Quali sono le modalità più idonee al mantenimento ed all’accrescimento del
potenziale di marca?
Senza addentrarci troppo nelle strategie di marketing troviamo esempi di risposte al
primo quesito in scelte di accrescimento per via interna, quali la diversificazione,
l’affitto di marca o addirittura la cessione della stessa.
2
Busacca B., Zara C., (1997); Il significato strategico della marca, in Zara C. (a cura di), La valutazione della marca,
Etas Libri, Milano.
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La risposta al secondo quesito invece comporta una scelta quasi obbligata da parte di
tutte le imprese che al giorno d’oggi vogliano concorrere in un mercato sempre più
saturo: la necessità di accumulare continuamente risorse intorno alla marca per
accrescerne sempre più il valore ed evitare il rischio di un depauperamento.
Tutte queste considerazioni fanno comprendere il ruolo strategico fondamentale che la
marca svolge oggi per l’azienda moderna rappresentando un patrimonio intangibile e
allo stesso tempo indispensabile e insostituibile sia come risorsa di fiducia che come
risorsa di valore.
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1.3 Marca come risorsa di valore
Quando parliamo di marca come risorsa di valore, ci riferiamo indubbiamente al fatto
che essa sia in grado di generare profitti per l’impresa che la possiede.
Possiamo considerare il valore della marca come un insieme di attività e passività che
aggiungono o tolgono valore al prodotto venduto dall’azienda. Queste attività e
passività possono essere riunite in quattro categorie: fedeltà, notorietà del nome, qualità
percepita, valori associati alla marca.
Cerchiamo ora di analizzare singolarmente questi quattro elementi riprendendo alcune
classificazioni fatte da Aeker
3
:
1) Fedeltà:
Nella maggior parte dei casi costituisce il nucleo forte del valore della marca perché, in
un certo senso, dà un’indicazione sui profitti futuri, in quanto un parco clienti fedele si
tramuta, potenzialmente, in vendite.
Un elevato livello di fedeltà significa alte vendite ed una quota di mercato importante,
pertanto è un indicatore fondamentale per la valorizzazione della marca in caso di
cessione.
3
. Aaker D. A., (1997); Brand equity, Franco Angeli, Milano
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La fedeltà è strettamente legata all’esperienza d’uso da parte del consumatore, in quanto
non si può essere fedeli ad una marca se non la si è mai provata, mentre le si possono
collegare gli altri aspetti (notorietà, qualità percepita e associazioni) anche se non c’è
stato uso.
La fedeltà va analizzata su cinque livelli: il cliente infedele, che è sensibile al prezzo ed
è indifferente alla marca; il cliente soddisfatto che non ha motivi di cambiamento; il
cliente soddisfatto che ha costi di
cambiamento (che quindi devono essere superati dai concorrenti per indurlo a
cambiare); il cliente che ama la marca; il cliente coinvolto, ovvero quello che ha
scoperto la marca e la associa a valori che esprimono la sua personalità e la sua
immagine.
2) Notorietà del nome:
E’ la capacità, da parte di un acquirente potenziale, di riconoscere o ricordare che la
marca è presente in una determinata classe di prodotto.
Il riconoscimento si traduce nella familiarità, cioè nel meccanismo di riconoscere la
marca perché si sono avute precedenti esposizioni alla marca stessa. Il ricordo invece si
ha quando il brand viene alla mente nel momento in cui si menziona la classe di
prodotto a cui appartiene.
Il caso estremo è quello della volgarizzazione del marchio, cioè quando il nome della
marca diventa di uso comune e identifica l’intera classe merceologica di appartenenza.
Anche in questo caso Aeker individua quattro livelli di notorietà:
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- marca sconosciuta
- riconoscimento (basato su test di ricordo aiutato)
- ricordo spontaneo (al menzionare la classe di prodotto)
- top of mind, fra le marche citate la prima che viene in mente.
Tra i vantaggi che si raggiungono attraverso la notorietà, troviamo innanzitutto il fatto
che essa crea valore per il brand perché
facilita le associazioni. Inoltre la notorietà può dimostrare un forte coinvolgimento da
parte dell’azienda, coinvolgimento associabile a prodotti di qualità, e può farli rientrare
nel paniere che si forma nella mente del consumatore al momento di dover effettuare un
acquisto.
Una elevata notorietà si conquista con una comunicazione adeguata,
che permetta di creare una identità e metterla in relazione con la classe di prodotto
appartenente, utilizzando strumenti come l’associazione ad un simbolo o ad uno slogan,
la sponsorizzazione di eventi, la pubblicità il packaging etc.
3) Qualità percepita:
E’ la percezione da parte del consumatore della superiorità del prodotto o del servizio
fornito rispetto all’uso a cui è destinato, tenendo conto delle alternative e quindi dei
prodotti concorrenti.
Non è empiricamente misurabile perché è una valutazione soggettiva di
aspetti rilevanti per il consumatore, per cui uno stesso prodotto può avere diversa
qualità percepita per due persone differenti. Viene definita in funzione di un obiettivo e
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delle aspettative del consumatore. Si distingue nettamente dal concetto di soddisfazione
perché l’utente può essere anche soddisfatto perché ha basse aspettative. Inoltre essa è
anche diversa dalla valutazione, perché una valutazione può essere positiva anche per
un prodotto di qualità inferiore, ad esempio se questo è conveniente dal punto di vista
economico.
Naturalmente anche la qualità percepita genera valore per la marca perché fornisce
motivazioni all’acquisto e consente un posizionamento differenziato. Nel caso in cui la
qualità percepita sia alta è possibile inserirsi in una fascia cosiddetta “premium price”
dove si riesce a sostenere un differenziale di prezzo rispetto ai concorrenti dello
stesso segmento, che a sua volta è in grado di rafforzare la percezione.
Inoltre occorre precisare che i prodotti che vengono percepiti di qualità elevata
suscitano l’interesse della distribuzione la quale cerca di sfruttare la buona immagine
della marca associandola alla propria. Infine una buona qualità percepita facilita di gran
lunga i tentativi messi in atto dall’azienda per estendere la propria marca.
Viene valutata in base a sette elementi:
- prestazioni: caratteristiche primarie e funzionali del prodotto;
- caratteristiche: elementi secondari del prodotto;
- conformità alle specifiche: assenza di difetti;
- affidabilità: costanza nelle prestazioni;
- durata;
- assistenza: capacità di offrire un servizio al prodotto;
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- pronto e perfetto: apparenza e sensazione di qualità (può influenzare tutte le altre
caratteristiche).
Naturalmente per stimolare nel consumatore un sentimento
di alta qualità percepita occorre prima di tutto che anche la qualità reale sia elevata,
perché non è possibile mantenere un’immagine di qualità se l’esperienza dei
consumatori non può confermarla. In secondo luogo la cultura della qualità deve essere
presente in tutta l’organizzazione, stimolando l’iniziativa dei dipendenti a sorvegliare il
proprio lavoro e cercare di migliorare sempre la qualità di ciò che producono.
Anche in questo caso la comunicazione è importante per tradurre la qualità reale in
qualità percepita e per poterne sfruttare tutti i vantaggi, sviluppando segnali intrinseci
(stimolare sensazioni visive su caratteristiche del prodotto) ed estrinseci (intensità della
pubblicità, nome, prezzo). Di norma il prezzo viene considerato un elemento che si
associa facilmente all’alta qualità, soprattutto in mancanza o debolezza di altri segnali
estrinseci.
4) Associazioni di marca:
Le associazioni di marca riguardano tutto ciò che l’azienda vuole che il brand identifichi
nella mente del consumatore: simboli, nomi, categorie di consumatori, stati d’animo.
Al crescere delle esperienze e delle comunicazioni verso il consumatore, cresce il
legame con la marca e il sistema che costituisce l’insieme delle associazioni definisce
l’immagine della marca.
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Alle associazioni e all’immagine della marca è strettamente collegato il posizionamento,
che quindi può essere considerato come il modo in cui l’azienda intende farsi percepire
dai consumatori.
Le associazioni di marca generano valore per il brand nei seguenti modi:
- aiutano a sintetizzare una serie di fatti che altrimenti sarebbero difficili da ricordare ed
elaborare da parte del consumatore e dispendiosi da comunicare per l’azienda;
- aiutano nel posizionare efficacemente la marca in modo da rendere più difficile
l’attacco dei concorrenti che devono scalzare l’avversario da una posizione radicata;
- riguardano caratteristiche di prodotto che sono alla base di motivazioni di acquisto,
aumentano credibilità e fiducia;
- favoriscono l’immagine positiva della marca quando questa viene legata a personaggi
amati che suscitano simpatia;
- possono creare adattabilità fra marca e prodotto e fornire motivazione d’acquisto per
l’estensione di marca.
Le associazioni possibili sono diverse e il management aziendale sarà interessato a
realizzare quelle più strettamente legate alle scelte strategiche e alla politica di brand
impostata dall’azienda, coerentemente all’immagine che si vuole creare per la marca.
Tra le più comuni abbiamo associazioni di marca legate a:
a) Caratteristiche di prodotto. Per fare ciò occorre associare caratteristiche che abbiano
un certo peso per la marca e che non siano già utilizzate dai concorrenti. L’associazione
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ad un numero troppo elevato di caratteristiche, nel tentativo di coprire più segmenti
possibili, può dare però, un’immagine confusa e sfocata.
b) Componenti astratte. Spesso i confronti fra marche sono molto serrati e quelli
incentrati su una sola caratteristica di prodotto possono essere a volte controproducenti
perché rischiano di rendere vulnerabile la marca all’innovazione. Dato che, come
abbiamo visto, anche puntare su troppe caratteristiche non è efficace se si tratta di
elementi slegati fra loro, vengono in aiuto le apparenze, i fattori intangibili.
Caratteristiche astratte come la tecnologia, la sportività, la comodità sono più
difficilmente attaccabili rispetto ad una grandezza misurabile
oggettivamente.
c) Vantaggio per il consumatore. C’è una corrispondenza biunivoca con le
caratteristiche di prodotto, dato che la maggior parte di esse procura vantaggio per il
consumatore. Questo vantaggio che può essere psicologico o razionale, dove spesso il
primo deriva dal secondo, serve comunque a rafforzare il contributo che danno le
associazioni ad un vantaggio razionale.
d) Rapporto qualità/prezzo. Normalmente ci sono cinque categorie di prezzo e occorre
posizionare la marca o il prodotto all’interno di una sola di queste. Pertanto è
chiaramente necessario che il posizionamento sia fatto in modo che la marca sia
distinguibile rispetto alle altre.
Un metodo per farlo consiste nel riferire l’offerta ad un livello di prezzo più alto, cioè
offrire un prodotto di buona qualità in un segmento di prezzo più economico, ma