2
per la supremazia in Asia Orientale. Malgrado ciò, il Viet Nam cercò di mantenere
l’indipendenza e l’autonomia decisionale che lo aveva sempre contraddistinto fin dalle
origini.
La tesi è strutturata in quattro capitoli accompagnati da epilogo e conclusioni.
Il primo capitolo ha una funzione introduttiva per potere dare maggiore chiarezza
all’intero lavoro. Ritengo, infatti, sia fondamentale una seppur breve descrizione degli
eventi accaduti prima del Novecento. Malgrado la lontananza temporale, questi
avvenimenti hanno avuto enorme importanza per la formazione della coscienza
nazionale vietnamita e sono decisivi per capire i rapporti più attuali tra il Viet Nam e i
paesi dell’area. Il capitolo prosegue analizzando brevemente la dominazione coloniale
francese e la lunga lotta del Viet Nam per l’indipendenza, indispensabile per introdurre
lo scontro con gli Stati Uniti. Ho poi delineato l’intervento americano durante la
Presidenza Kennedy e l’escalation con L. Johnson per arrivare all’ascesa di Nixon.
Il secondo capitolo entra nel tema centrale della tesi, trattando la Presidenza
Nixon e la promessa di porre termine rapidamente alla guerra. In particolare il capitolo
si concentra sulla difficile strada verso gli accordi di pace e sulla “vietnamizzazione”
del conflitto. Tratta il sorgere dello scontro tra Congresso e Presidenza Nixon che
influenzerà enormemente i rapporti futuri tra Viet Nam e Stati Uniti. Sottolinea inoltre
l’ampliarsi del conflitto al Laos e, soprattutto, alla Cambogia che porterà gravi
conseguenze e contribuirà all’instabilità della regione. Infine, il capitolo descrive i
negoziati finali e la firma dei tanto attesi Accordi di Parigi.
Il terzo capitolo sottolinea la difficile situazione nel dopo-accordi che non
portò in alcun modo la pace nel paese e nella regione. Viene analizzata la ripresa del
conflitto tra Nord e Sud e la mancata attuazione degli accordi: le accuse reciproche tra
americani e vietnamiti di violazione degli accordi, la mancata fornitura degli aiuti
promessi da Nixon, il supporto americano al Sud e i rifornimenti di Hanoi ai vietcong.
A questo si aggiungono i bombardamenti americani sulla Cambogia e il mancato ritiro
delle truppe vietnamite da questo paese. Il capitolo si concentra, inoltre, sulla crisi del
Watergate, sulla sua influenza sui rapporti tra Stati Uniti e Viet Nam e sulla fine del
coinvolgimento americano. Viene trattata poi la fine del conflitto tra Nord e Sud con la
“liberazione” di Saigon e le conseguenze disastrose di decenni di guerre in termini di
vite umane e di enormi costi economici. Il capitolo termina con un’ampia trattazione
3
delle enormi difficoltà sociali, politiche ed economiche affrontate per risollevare il
paese e dell’aggravarsi della crisi a causa dell’attuazione di riforme radicali e di una
riunificazione troppo rapida.
Infine il quarto capitolo affronta la Presidenza Carter e le speranze di riuscire
ad avviare finalmente la “normalizzazione” con gli Stati Uniti per uscire dalla crisi
economica. Viene discussa la difficile soluzione della questione degli americani
dispersi in Viet Nam (MIA) e della lettera di Nixon con la promessa di aiuti alla
ricostruzione. Si analizza la crescente dipendenza dall’Unione Sovietica
contemporaneamente all’inasprirsi delle tensioni con Cina e Cambogia (ora
Kampuchea), che si avvicinano in reazione all’alleanza tra Viet Nam e Unione
Sovietica. Viene poi affrontato il peggioramento dei rapporti con i cambogiani, con
continui scontri di confine, e la tensione con la Cina che si lega alla questione della
minoranza cinese in Viet Nam (gli Hoa). Il capitolo si conclude con la continua
escalation che porta all’invasione del Kampuchea da parte del Viet Nam e con le gravi
conseguenze per il paese. Il Viet Nam si trova totalmente isolato sul piano
internazionale e completamente dipendente dall’Unione Sovietica rischiando di
perdere l’autonomia sempre ricercata con ogni mezzo.
La trattazione si conclude con l’epilogo che passa in rassegna gli anni Ottanta
e Novanta in cui il Viet Nam subisce profonde trasformazioni economiche, sociali e
politiche e giunge finalmente a vedere possibilità positive per il futuro. Rimane
comunque aperta la questione del potere indiscusso del Partito Comunista che dovrà
essere affrontata affinché il paese possa effettivamente vedere uno sviluppo reale e un
miglioramento delle condizioni di vita della popolazione in termini di maggiore
garanzia di diritti e libertà.
4
CAPITOLO I
DALLE ORIGINI DELLA COSCIENZA NAZIONALE
VIETNAMITA AGLI ACCORDI DI PARIGI
1.1 LE ORIGINI DEL VIET NAM
Il Viet Nam ha dimostrato fin dall’antichità di avere elaborato una forte
identità “nazionale”. Lo spirito nazionalista vietnamita ha radici molto antiche che
hanno permesso al Viet Nam di mantenere una forte coesione malgrado le numerose
invasioni straniere cui è stato soggetto nel corso dei secoli. Anzi, proprio le continue
minacce ne hanno rafforzato la coscienza nazionale. Come sostiene Mitchell K. Hall,
“il forte spirito nazionalista vietnamita si manifestò sempre più netto lungo secoli di
resistenza alle invasioni straniere”
1
.
La popolazione che compone l’attuale Viet Nam proviene dalla Penisola
Indocinese, dall’Indonesia (i primi ad insediarsi nell’Età del Bronzo, 3000-2000 a.C.)
e dalla Cina meridionale (gli insediamenti più recenti). Già nel 111 a.C. i cinesi
conquistarono il Viet Nam, uno dei Regni del Sud-est Asiatico nella valle del Fiume
Rosso. Il paese rimase a lungo protettorato cinese fino a quando la crisi della dinastia
cinese Tang (907), accompagnata da uno sviluppo delle tendenze separatiste
dell’aristocrazia vietnamita e a tensioni sociali negli ambienti contadini, portarono alla
nascita di uno Stato indipendente (939). “Ci vollero mille anni di rivolte e sacrifici
perché i vietnamiti ottenessero l’indipendenza dalla Cina”
2
.
La Cina cercò per anni di approfittarsi della debolezza del nuovo Stato e
soltanto nel 1010, con l’insediamento della forte dinastia dei Ly, il Viet Nam poté
raggiungere un periodo di sicurezza e stabilità. I Ly avviarono profonde riforme
sociali, politiche e militari trasformando il paese in una monarchia feudale
centralizzata ed espandendo il paese verso sud (zona abitata dai Cham). Nuovi
1 Mitchell K. Hall, La guerra del Vietnam, Bologna, il Mulino, 2003, p. 7.
2 Alan Pollock, Vietnam, Conflict and Change in Indocina, Melbourne, Oxford University
Press Australia, 1995, p. 25.
5
tentativi di conquista cinesi si risolsero in aspre sconfitte, molto importante fu la
battaglia che si svolse presso la capitale Thang Long (l’attuale Hanoi).
A causa di intrighi di corte il paese entrò in una grave crisi che si risolse solo
con l’ascesa al potere della dinastia Tran. Nel 1225 la nuova dinastia si trovò a
fronteggiare l’invasione dei Mongoli di Gengis Khan che, dopo aver occupato la
Cina
3
, cercarono di fare del Viet Nam una via di transito verso i mari del Sud. Anche i
Mongoli subirono numerose sconfitte e furono definitivamente scacciati nel 1287.
Nel 1407, a seguito della crisi della dinastia Tran e di una forte resistenza
organizzata dai Cham, i cinesi riuscirono a riprendere il controllo del paese. Tuttavia la
dominazione cinese ebbe breve durata poiché la violenza repressiva adottata dai
conquistatori portò al diffondersi delle rivolte contadine e alla nascita di un movimento
di lotta anti-cinese guidato da Le Loi. Nel 1427, con la battaglia di Chi Lang, i cinesi
furono nuovamente sconfitti. Le Loi diede origine ad una nuova dinastia, la dinastia
Le, che proseguì l’espansione del paese sottomettendo le popolazioni Thai e Muong
(1431-1432) del Nord-Ovest. Nel 1470 la dinastia sottomise definitivamente il Regno
dei Cham, distruggendone la capitale Vijaya, e conquistò così i territori dell’attuale
Viet Nam centrale.
Nel 1527 un influente burocrate, Mac Dang Dung, cercò di salire al trono
fondando una nuova dinastia, ma un movimento legittimista guidato da due famiglie
aristocratiche (i Nguyen e i Trinh) restaurò i Le sul trono. La dinastia Le regnò
formalmente fino al 1778, ma ogni potere reale passò nelle mani della famiglia Trinh,
che controllava il nord del paese, e della famiglia Nguyen, che controllava la zona
centro-meridionale. Nel 1658 i Nguyen riuscirono a sottoporre al proprio protettorato
la Cambogia, alla quale strapparono gradualmente tutta la zona a est di Saigon, e a
conquistare l’estrema regione meridionale dell’attuale Viet Nam.
Malgrado gli sforzi dei Trinh per riunificare il paese, il Viet Nam rimase di
fatto diviso in due zone per oltre 200 anni (molto simili alle zone createsi nel 1954).
Questo periodo fu contrassegnato da lotte interne e scontri tra le due famiglie al potere
che condussero il paese ad una sorta di guerra civile, aggravata dall’intensificarsi delle
rivolte contadine. Di grande importanza fu la rivolta dei Tay Son che, partita dalle zone
3 I Mongoli occuparono Pechino nel 1215 e si diressero poi verso la regione indocinese.
6
interne del Viet Nam meridionale, giunse a raggruppare tutti gli elementi di
malcontento contro il regime dei Nguyen, ormai in crisi. La rivolta ottenne sempre
maggior seguito, soprattutto tra i contadini, i primi gruppi borghesi e le minoranze
etniche, e i Tay Son riuscirono a conquistare tutto il Viet Nam centro-meridionale
(1783). La famiglia Nguyen, costretta alla fuga, organizzò dal Siam l’invasione del
paese. Nel 1786 venne travolto anche il potere dei Trinh. Il capo dei Tay Son, Nguyen
Van Hue, riuscì a sventare l’invasione siamese e a sconfiggere l’armata cinese giunta
in soccorso della dinastia Le. Van Hue venne proclamato imperatore di tutto il paese
permettendo così la riunificazione del Viet Nam.
Tuttavia presto il governo entrò nuovamente in crisi per la mancata attuazione
delle riforme promesse e per la prematura morte dell’Imperatore. La dinastia
meridionale dei Nguyen riprese la lotta e, nel 1802, riuscì a porre fine al potere dei Tay
Son. Il principe della dinastia Nguyen, preso il nome di Gia Long, assunse il titolo di
Imperatore del Viet Nam. L’Imperatore mise in atto una serie di riforme fiscali per
tenere sotto controllo il malcontento degli ambienti contadini, creò
un’amministrazione fortemente centralizzata e burocratica, spostò la capitale a Hue e
accettò un rapporto tributario con la Cina per garantire la pace del paese.
7
1.2 L’ESPERIENZA COLONIALE FRANCESE
Come sottolinea Mitchell K. Hall, “il colonialismo europeo rappresentò la
successiva minaccia per l’indipendenza vietnamita”
4
. Nella seconda metà del XIX
secolo, nella spartizione dell’Asia Orientale entrò in gioco anche la Francia, assente da
quest’area dal 1761 dopo la sconfitta in India ad opera degli inglesi. In realtà i francesi
si erano già interessati al Viet Nam nel XVIII secolo, quando alcuni esiliati realisti
francesi avevano appoggiato, assieme al Siam, il ritorno al potere dei Nguyen (1786).
Tuttavia il nuovo Imperatore Gia Long, una volta insediatosi al potere, per far fronte
alle tensioni sociali avviò aspre persecuzioni contro i missionari francesi e contro i
cattolici vietnamiti presenti nel paese da ormai due secoli.
I successori di Gia Long, temendo che i cattolici fossero l’avanguardia
dell’imperialismo francese, inasprirono le persecuzioni e rifiutarono di acconsentire
alle richieste francesi di aprire alcuni porti al commercio. Napoleone III, nel 1858, ne
approfittò per dare inizio al primo intervento francese in Viet Nam. Al termine della
guerra, nel 1862, i francesi imposero alla corte vietnamita la cessione delle province
orientali del Viet Nam meridionale e le ribattezzarono Cocincina. Queste regioni, solo
recentemente occupate dai vietnamiti e da esiliati cinesi in fuga dalla Cina dopo il
crollo della dinastia Ming
5
, erano ritenute di importanza strategica fondamentale
poiché vi sfociava il fiume Mekong che aveva origine in territorio cinese. Il Viet Nam
era, infatti, unicamente visto come base strategica per penetrare in Cina, obiettivo
ultimo del governo francese. Come sostiene Enrica Collotti Pischel, “i francesi
credevano erroneamente che il lungo corso del Mekong potesse costituire una
via di penetrazione in Cina
6
comparabile allo Yangzi già sottoposto a controllo
4 Mitchell K. Hall, op. cit., p. 8.
5 I primi cinesi erano arrivati nella zona alla fine del XVII secolo. In quel periodo i vietnamiti
stavano iniziando ad espandersi in queste regioni che erano scarsamente popolate e ricche di
terre incolte. Il Viet Nam aveva accettato l’istallazione di una comunità di cinesi in fuga dalla
Cina dopo il crollo della dinastia Ming che, in cambio, erano divenuti sudditi vietnamiti.
6 Il fiume Mekong nasce in Cina dai monti Tanglha (Tsinghai) e, nel suo lungo corso, che
percorre una distanza di circa 4.500 km, attraversa il Tibet, segna il confine tra il Myanmar e
il Laos, scorre poi per un lungo tratto in questo paese segnando il suo confine con la
Thailandia e attraversa infine la Cambogia e il Viet Nam meridionale, dov'è situato il suo
ampio delta. Il corso superiore è caratterizzato da ripidi dislivelli e da veloci rapide, e il fiume
diventa navigabile a sud di Louangphrabang, in Laos. Il corso del fiume non è quindi
navigabile fino in Cina.
8
inglese”
7
. Nel 1867 il governo francese, contestando l’interpretazione vietnamita del
Trattato di pace, mosse nuovamente guerra al Viet Nam. La Francia ottenne così anche
le province occidentali della Cocincina.
Inizialmente, poiché il Viet Nam era ritenuto importante solo a fini strategici,
il governo francese affidò la gestione della colonia alla marina. Tuttavia, fin dall’inizio
il controllo del paese fu reso difficile dalla resistenza della popolazione e dalla
mancanza di collaborazione locale per la gestione del paese. Infatti, “a differenza di
quanto era accaduto agli olandesi in Indonesia e agli inglesi in India, i francesi non
poterono contare in Vietnam su collaboratori indigeni”
8
. La Cocincina era costituita
dalle province di più recente acquisizione, per questo i funzionari governativi la
abbandonarono senza opporre resistenza mentre le comunità di contadini-soldati da
poco immigrati nel delta del Mekong “opposero una resistenza totale agli stranieri”
9
.
“I vietnamiti hanno una lunga storia di ribellioni e non fecero eccezione con il
colonialismo francese”
10
.
Dopo la caduta di Napoleone III, il nuovo governo repubblicano fece
dell’espansione francese in Asia Orientale il cardine della propria politica estera.
Venne così decisa l’occupazione della Valle del Fiume Rosso, cuore dell’identità
vietnamita. Nel 1874 un nuovo trattato impose al Viet Nam l’apertura al commercio di
questa valle. Un’ulteriore serie di operazioni belliche, favorite anche dalla crisi
dinastica in atto nel paese per l’inasprirsi dell’opposizione alla politica autoritaria dei
Nguyen, portò all’assoggettamento dell’intero Viet Nam. Venne imposto il
protettorato francese sul nord, ribattezzato Tonchino, e sulla regione centrale,
denominata Annam (1884).
La resistenza al dominio francese si intensificò e le correnti del mandarinato,
contrarie alla sottomissione alla Francia, lanciarono in nome del sovrano un appello
alla lotta. Nacque così il movimento Can Vuong (difesa del sovrano) che trovò presto
l’appoggio anche dei contadini e diede luogo ad una forte resistenza, imponendo ai
francesi gravi costi militari ed economici. Nel 1887, per riuscire a tenere il paese
7 Enrica Collotti Pischel, Storia dell’Asia orientale 1850-1945, Urbino, Arti Grafiche
Editoriali, 1999, p. 83.
8 Ibidem, op. cit., p. 83.
9 Enrica Collotti Pischel, op. cit., p. 83.
10 Alan Pollock, op. cit., p. 32.
9
maggiormente sotto controllo, i francesi crearono, con i territori di Viet Nam e
Cambogia, l’Unione Indocinese. La Cambogia era divenuta protettorato francese nel
1863 con la collaborazione del Sovrano, Re Norodom, e dell’aristocrazia khmer che
avevano chiesto l’intervento francese intimoriti dalle minacce siamesi a occidente e
dall’espansione vietnamita nelle province orientali del paese. Nel 1893 all’Unione
Indocinese venne accorpato il Laos, divenuto protettorato dopo che i francesi erano
accorsi in suo aiuto contro l’occupazione da parte del Siam. L’Unione era costituita da
Cambogia, Laos, Tonchino, Annam e Cocincina, non dal Viet Nam. In questo modo
veniva negata l’esistenza stessa di un’unità storica e di un’identità vietnamita. Come
afferma Enrica Collotti Pischel:
“I francesi fecero il possibile per annientare e obliterare l’identità
vietnamita, tra l’altro vietando l’uso del nome Vietnam, dividendo il paese
in tre parti e accorpando queste con l’eterogenea società khmer e con il Laos
(…). Queste cinque entità eterogenee furono riunite nell’Indocina francese,
entità culturalmente e storicamente artificiosa: la catena montuosa che
percorre il Vietnam da nord a sud era sempre stata il confine tra il mondo
politico-culturale cinese e l’influenza della civiltà indiana”
11
.
Allo stesso modo T. Louise Brown sottolinea che:
“Sotto la dominazione francese, il Vietnam non è mai esistito come
singola unità amministrativa. Era solo parte dell’Unione Indocinese creata
dai francesi nel 1887. (…) L’arbitraria suddivisione del Vietnam in tre unità
venne accompagnata dall’applicazione di politiche differenziate per ognuna.
Attraverso questa strategia i francesi cercavano di contrastare l’unità del
paese incoraggiando tendenze regionali e, quindi, diminuire la possibilità di
un’opposizione unita al loro dominio”
12
.
11 Enrica Collotti Pischel, op. cit., p. 84.
12 T. Louise Brown, War and Aftermath in Vietnam, New York, Routledge, 1991, p. 10.
10
Dopo essersi resa conto dell’impossibilità di utilizzare il Viet Nam come base
per la conquista della Cina, la Francia iniziò ad interessarsi maggiormente al suo
sfruttamento economico. A tal fine, nel 1897, venne inviato come governatore Paul
Doumer. Per coprire i costi di gestione dell’Unione Indocinese, si fece ricorso ad uno
sistematico sfruttamento fiscale, caratterizzato dalla capitazione
13
, e dall’imposizione
forzata ai villaggi dell’acquisto di determinate quantità di sale, alcol e oppio a prezzi
fissati dalle autorità. “Il provento di questi monopoli ammontava da solo a circa un
terzo del bilancio dell’Indocina francese”
14
. L’insostenibile livello dei tributi favorì
l’espropriazione delle terre ai contadini e la nascita di vasti latifondi concentrati nelle
mani di società francesi o di proprietari parassitari graditi alle autorità coloniali.
L’impoverimento delle masse contadine inasprì le tensioni sociali e accrebbe i moti di
protesta che vennero sedati in modo sempre più violento. Inoltre l’introduzione del
sistema giuridico francese venne usata per condannare ai lavori forzati un gran numero
di vietnamiti, mettendo così a disposizione dei colonizzatori manodopera gratuita per
infrastrutture strategiche e, più tardi, per piantagioni e miniere.
Le società francesi si dedicarono soprattutto all’economia di piantagione
(caucciù e altre coltivazioni tropicali), alle attività minerarie (carbone e stagno) e alle
industrie manifatturiere. Il nuovo sistema economico condusse alla nascita di
un’agricoltura commerciale e alla conseguente formazione di una piccola borghesia
vietnamita e cinese
15
dedita alla vendita e alla lavorazione del riso. Tuttavia, la
maggioranza della popolazione si andava proletarizzando e le maggiori attività
economiche erano controllate dai francesi.
Soprattutto dopo la Prima Guerra Mondiale, si ebbe un forte aumento del
malcontento popolare che creò la base per la diffusione di idee sempre più radicali. A
differenza degli inglesi, i francesi infatti non avevano fatto alcuna concessione per
13 La capitazione è un’imposta personale pagata da ogni singolo abitante per il solo fatto di
esistere.
14 Enrica Collotti Pischel, op. cit., p. 126.
15 La comunità cinese (Hoa) era concentrata nei pressi di Saigon, nella città di Cholon
(letteralmente “grande mercato”), e si dedicava soprattutto ad attività commerciali, ma anche
agricole. I francesi utilizzavano gli Hoa come intermediari per la compravendita di riso e per
vendere al dettaglio merci provenienti dalla Francia. Nacque così una borghesia commerciale
di origine cinese legata all’amministrazione coloniale.
11
incoraggiare la partecipazione alla guerra. Negli anni della guerra il Viet Nam era stato
usato come fonte di rifornimento alimentare ed umano per la Francia:
“Era stato utilizzato il potenziale umano del paese trasferendo in
Francia 50.000 soldati delle milizie locali e 47.000 lavoratori militarizzati
per usarli in compiti di appoggio al fronte e per scavare trincee nelle
Ardenne”
16
.
La guerra aveva inflitto gravi costi sociali ed economici ai vietnamiti senza che in
cambio venisse loro data alcuna apertura politica e alcuna possibilità di avere qualche
influenza nell’amministrazione del paese.
Nell’atmosfera di entusiasmo degli anni del dopoguerra, aumentarono
notevolmente gli investimenti francesi nella colonia. Nell’arco di dieci anni furono
investiti 8 miliardi di franchi, la produzione di riso crebbe del 47% (insufficiente per
una popolazione cresciuta dell’80%) e in larga parte venne destinata all’esportazione,
peggiorando ulteriormente le condizioni di vita della popolazione (il consumo di riso
pro capite diminuì del 30%).
“L’esportazione di riso (…) in Cocincina aumentò da 57 tonnellate
nel 1860 (…) a 1.223.000 tonnellate nel 1929. Significativamente questa
espansione venne accompagnata da una forte diminuzione del consumo pro
capite di riso”
17
.
Anche la produzione di carbone e caucciù per l’esportazione crebbe notevolmente e
peggiorò le condizioni già inumane di lavoro. Come ricorda Alan Pollock, “in una
piantagione di caucciù in Vietnam, 12.000 dei 45.000 lavoratori morirono di malaria,
malnutrizione e dissenteria tra il 1871 e il 1944”
18
.
L’unico ceto che beneficiò dell’espansione economica francese fu quello della
borghesia agraria vietnamita e, in parte, della borghesia mercantile cinese. Ai grandi
proprietari terrieri che collaborarono col regime coloniale fu, infatti, consentito di
16 Enrica Collotti Pischel, op. cit., p. 187.
17 T. Louise Brown, op. cit., p. 15.
18 Alan Pollock, op. cit., p. 30.
12
prendere parte al sistema scolastico elitario coloniale e a qualche minima istituzione
partecipativa (ad esempio i Consigli Economici). Come espressione di questa élite,
nacque nel 1923 il Partito Costituzionalista che chiedeva una moderata partecipazione
alla vita politica del paese. Il partito ebbe però uno scarsissimo seguito non solo perché
rappresentava un’esigua minoranza della popolazione, ma soprattutto perché si scontrò
con una ferrea chiusura dei francesi a qualsiasi concessione.
Alla maggioranza della popolazione era negata qualsiasi possibilità di
espressione economica, sociale e politica, e questo portò ad una radicalizzazione
sempre maggiore della lotta contro l’occupazione coloniale. L’iniziativa della lotta
rivoluzionaria non venne tuttavia dai ceti più poveri, ma da gruppi di intellettuali,
soprattutto eredi della vecchia generazione di funzionari. Questi erano, infatti,
influenzati dalla stessa cultura francese e dalle idee occidentali e riformiste che si
andavano diffondendo dalla Cina in tutto il Sud-est Asiatico. In particolare da Canton,
che era diventato il punto di incontro di molti intellettuali nazionalisti in fuga da
regimi coloniali
19
.
Si andarono diffondendo organizzazioni impegnate in azioni violente di
carattere dimostrativo come quelle del gruppo Tam Tam Xa (Unione dei Cuori) che,
nel 1925 a Canton, compì un fallito attentato suicida contro il governatore
dell’Indocina. Sempre a Canton Nguyen Ai Quoc (Vietnamita che ama la patria,
pseudonimo di Nguyen Sin Cung), più tardi noto come Ho Chi Minh (Portatore di
luce), creò nel 1925 l’associazione Thanh Nien (Gioventù) che raccoglieva e
organizzava piccoli gruppi di giovani nazionalisti. Nguyen era figlio di un letterato
membro del Can Vuong (il primo movimento di protesta antifrancese) e questo influì
molto sulla sua formazione. Aveva viaggiato molto negli Stati Uniti e in Europa: in
Gran Bretagna era entrato in contatto con il Sindacalismo Fabiano e in Francia aveva
19 Nel 1912 nacque la Repubblica di Sun Yat-sen e venne fondato il Guomindang (Partito
Nazionalista Cinese). Sun aveva studiato alle Hawaii, si era laureato in medicina ad Hong
Kong ed aveva viaggiato molto in Gran Bretagna, Stati Uniti e Giappone. Era divenuto
seguace del positivismo e aveva importato dall’occidente molte idee rivoluzionarie. Inoltre,
nel 1919 scoppiarono una serie di tumulti e manifestazioni contro l’assegnazione al Giappone,
con il Trattato di Versailles, delle ex colonie tedesche in Cina. Questi tumulti diedero origine
al “Movimento del 4 maggio” che chiedeva ampie riforme e favorì la diffusione di gruppi di
studio marxisti. Il 10 luglio del 1921 i delegati dei principali gruppi marxisti riuniti in una
scuola di Shanghai diedero vita al Partito Comunista Cinese. Queste idee rivoluzionarie
ebbero grande influenza sugli intellettuali vietnamiti.
13
partecipato alla costituzione del Partito Comunista Francese (di cui diventò membro).
Era attratto dalle idee del PCF perché era l’unico partito francese che supportava il
diritto di indipendenza delle colonie. Nel 1923 era entrato in contatto con il Partito
Comunista Sovietico per conto del quale era stato inviato in Asia (a Canton) come
agente del Comintern
20
.
Malgrado la diffusione di idee rivoluzionarie, la sconfitta dei comunisti cinesi
ad opera di Chang Kai-shek, nel 1927, e la propaganda del Guomindang portarono alla
nascita di un partito nazionalista vietnamita: il Viet Nam Quoc Zan Dan (VNQZD). Il
VNQZD reclutava i suoi membri nel piccolo ceto medio e tra i sottufficiali delle
milizie locali. A seguito della forte repressione poliziesca delle autorità coloniali, il
VNQZD avviò un’intensa attività clandestina e, nel 1930, riuscì ad organizzare un
ammutinamento a Yen Bai in cui furono uccisi numerosi ufficiali francesi. Azioni
analoghe si ripeterono in tutto il Tonchino provocando una sanguinosa repressione che
portò alla condanna a morte di gran parte dei dirigenti nazionalisti. Coloro che
sfuggirono alla repressione si trasferirono in Cina dove organizzarono numerosi gruppi
nazionalisti.
Negli stessi giorni Nguyen Ai Quoc aveva raccolto a Hong Kong i
rappresentanti dei diversi gruppi comunisti vietnamiti e aveva dato vita al Partito
Comunista del Viet Nam (PCVN). Il nome del partito richiamava volutamente il nome
della patria di cui i francesi non riconoscevano l’esistenza. I tre obiettivi fondamentali
erano: indipendenza nazionale, confisca e redistribuzione delle terre dei grandi
latifondisti, abolizione delle imposte personali e indirette e introduzione di una
tassazione progressiva sul reddito. “Un programma moderato, quindi, che lasciava
aperto lo spazio alla collaborazione con i variegati ceti medi che nella società coloniale
erano penalizzati”
21
.
Con gli anni Trenta sopraggiunsero le ripercussioni della grande crisi
economica: il prezzo del riso diminuì del 50%, le esportazioni diminuirono
drasticamente e l’occupazione subì un calo del 30%. Il PCVN radicalizzò la sua lotta
e, a seguito di pressioni da parte dei comunisti sovietici e francesi, il partito cambiò il
nome in Partito Comunista Indocinese e assunse una linea più classista. Nel maggio
20 Alan Pollock, op. cit., pp. 34-35.
21 Enrica Collotti Pischel, op. cit., p. 192.
14
del 1930 le azioni di protesta raggiunsero una tale intensità che le autorità coloniali
fecero intervenire l’aviazione provocando centinaia di morti. La resistenza non venne
tuttavia piegata, in molti villaggi l’amministrazione coloniale venne rovesciata e si
istituirono una serie di soviet che abolirono le tasse e ripartirono le terre. La
repressione si fece sempre più dura:
“(…) tra il 1929 e i primi mesi del 1931 gli arrestati per cause
politiche furono oltre 6.000; un centinaio i condannati alla pena di morte,
1.200 circa gli ergastoli, mentre nel corso del 1930 erano stati uccisi 700
manifestanti e partecipanti alle varie azioni di protesta. Nel 1932 erano
detenute nel Viet Nam 10.000 persone (…); molti prigionieri politici
morirono in detenzione per torture o maltrattamenti”
22
.
La durissima repressione ebbe come unico risultato quello di compattare il
movimento comunista. Il VNQZD era stato, infatti, decimato dalla repressione
lasciando i comunisti da soli a sostenere la lotta di liberazione nazionale. Inoltre “la
resistenza presto imparò che ottenere delle riforme sotto il dominio francese era
impossibile e questo aggiunse popolarità ai gruppi che chiedevano soluzioni più
radicali, tra cui i comunisti”
23
. La repressione causò un aspro dibattito all’interno dello
stesso Parlamento francese; la situazione cambiò solo nel 1936 con la vittoria del
Fronte Popolare che portò al potere le forze di sinistra protagoniste della denuncia
della repressione in Viet Nam. Il nuovo governo impose la liberazione di molti
prigionieri politici, introdusse norme contro lo sfruttamento della manodopera e
permise la creazione di un Congresso Indocinese modellato su quello indiano. Il
Partito Comunista Indocinese (PCI) cercò di instaurare un dialogo con il governo
francese, ma le aperture si rivelarono insufficienti e presto scoppiò la Seconda Guerra
Mondiale.
L’inizio del conflitto mondiale, e soprattutto la sconfitta della Francia nel
giugno del 1940, mutarono profondamente la situazione in Indocina poiché il
Giappone, per concessione del governo di Vichy, ne otteneva il controllo. Nel Nord
22 Ibidem, pp. 192-193.
23 Alan Pollock, op. cit., p. 33.
15
numerosi gruppi politici, soprattutto comunisti, organizzarono una forte opposizione al
nuovo regime.
La svolta fu costituita dalla fondazione del Viet Nam Doc Lap Dong Minh
(Lega per l’indipendenza del Viet Nam), noto come Vietminh. Questa nuova
organizzazione, creata da Ho Chi Minh sotto la direzione del generale Vo Nguyen
Giap, ottenne un ruolo di primo piano nella resistenza contro l’occupazione straniera e
raccolse consensi sempre più vasti tanto da creare al confine con la Cina, una vera e
propria “zona libera”. Avviò anche una stretta collaborazione con la Cina nazionalista
e con gli Stati Uniti per le azioni di guerriglia antinipponica. Come sottolinea Alan
Pollock, “l’OSS
24
fornì all’esercito di guerriglia armi e rifornimenti affinché il
Vietminh continuasse a combattere i giapponesi e aiutasse il soccorso dei piloti
americani abbattuti”
25
.
Nella primavera del 1945 i giapponesi, con un colpo di forza, smantellarono la
struttura coloniale francese e insediarono il governo collaborazionista dell’Imperatore
dell’Annam, Bao Dai. I vietnamiti non erano disposti a passare da un dominio francese
ad uno giapponese, tuttavia la presa di potere da parte dei giapponesi fu importante.
Come afferma T. Louise Brown, infatti:
“Il dominio giapponese (…) compì una funzione di liberazione
psicologica per il popolo vietnamita. Era la prova concreta che l’uomo
bianco poteva essere sconfitto dagli orientali e che la superiorità bianca e il
naturale diritto al dominio sulle razze più povere del mondo non era
preordinato”
26
.
Il Vietminh si trovava ora ad essere la sola forza popolare ed organizzata presente nel
paese e riuscì così a predisporre un’insurrezione generale per l’indipendenza del Viet
Nam. La sconfitta del Giappone e una gravissima crisi economica provocarono
l’abdicazione di Bao Dai e consentirono al Vietminh, con la “Rivoluzione d’agosto”,
di assumere il potere nel paese.
24 America’s Office of Strategic Service.
25 Alan Pollock, op. cit., p. 38.
26 T. Louise Brown, op. cit., p. 25.