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sostenibilità del pianeta, intesa come conservazione dei beni naturali e dei
loro funzionamenti per le generazioni future. Si sostiene in altre parole che
la ricchezza materiale individuale portata dalla globalizzazione stia minando
la ricchezza naturale e il patrimonio ambientale di proprietà collettiva.
Da queste argomentazione parte l’analisi contenuta in questa tesi di
Sociologia dei Fenomeni Politici. Il lavoro è stato svolto per quanto
concerne la prima parte attraverso un gruppo di studio formato da quattro
laureandi, i quali in vista della stesura di una tesi che prevedeva la
trattazione del tema della globalizzazione, hanno voluto concentrare le loro
forze, coadiuvati dal professore relatore (prof. Giuseppe Cotturri).
Attraverso la messa in comune delle diverse conoscenze e grazie a un lavoro
di sintesi e redazione, il gruppo ha stilato il primo capitolo che nei tratti
fondamentali sarà comune alle quattro tesi.
Si parte nell’analizzare il fenomeno chiave della globalizzazione. Esso
viene introdotto da un’elencazione di quelli che sono i vantaggi e gli
svantaggi che essa porta, in campo economico, nell’ambito socio culturale e
nello scenario storico politico. A partire da questa “osservazione sul campo”,
prende forma la concettualizzazione del termine, attraverso le definizioni
date da alcuni dei più illustri autori del fenomeno globale: la globalizzazione
viene intesa come riduzione della dimensione spazio-temporale (Giddens);
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come contrapposisizione e tensione di spinte unificatrici e frammentative
che danno origine al processo inverso di “glocalizzazione” (Clark); come
regola sociale e di mercato che crea disuguaglianze (Gallino); o come
processo politico di de-nazionalizzazione (Beck).
Nel fornire una tematizzazione più analitica, il fenomeno è stato elaborato
sotto tre prospettive: quella economica, quella socio culturale, quella
politica. L’elemento più importante è sicuramente il tratto economico. E’
dall’evolversi di una economia incentrata sul libero scambio,
sull’abbattimento di barriere e sulla deregolamentazione che si è potuto
costruire un mercato interconnesso in tutto il globo. A facilitare questo
fenomeno sono concorsi gli sviluppi tecnico scientifici della comunicazione,
che hanno permesso di velocizzare i flussi economici come non mai nella
storia dell’umanità. Questo meccanismo di interconnessione economica ha
creato interdipendenze a livello non solo di mercato, ma anche nei confronti
della società. Questo ha portato a una perdita di un’ identificazione
nazionale, facendo cadere i sistemi sociali e culturali fondati sulla centralità
dello Stato. Assistiamo oggi a forme di partecipazione e di identificazione
non più particolari, ma allargate, siamo di fronte alla nascita di quella che
ormai diversi autori chiamano la “global civil society”. La perdita del mito
dello stato nazione implica la discussione della funzione politica degli Stati
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davanti al sorgere di Istituzioni Internazionali che assumono sempre più
potere. Si ritiene ormai superato l’assetto internazionale stabilito con la pace
westfaliana, dove la sovranità era relegata ai soli Stati. In un mondo
interconnesso occorre stabilire un nuovo ordine che rispetti i principi di
democrazia e che non tralasci la sovranità popolare alla decisioni di alcuni.
In questo senso vengono riportate tesi di vari autori (Held, Crouch, Falk,
Beck, Habermas). Le prospettive del nuovo ordine mondiale sembrano avere
due vie, quella dettata da un approccio unilaterale, dove il più forte ne
assume il controllo e detta regole per tutti (strada più efficace), o un
approccio che preveda la partecipazione di tutti, in un multilateralismo facile
da condividere ma difficile dal compiersi. In questa definizione di un nuovo
mondo si è inserito il movimento globale di protesta che se in principio
partiva dalla contestazione della globalizzazione capitalista e imperialista,
ora prova a fornire delle proposte per cambiare il sistema e proporre una
nuova globalizzazione.
Nel secondo capitolo infatti viene fornita una rapida carrellata di quelle che
sono le richieste o le proibizioni che i “new global” propongono nelle sedi
istituzionali in campo ambientale. I temi trattati stanno assumendo sempre
più importanza nei vari forum dei movimenti, tant’è che alcuni dei loro
oppositori non escludono che campagne di tipo ambientale servano ai “new
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global” in generale per accaparrare facili consensi. In modo particolare
vengono presentati gli effetti prodotti dall’inquinamento, responsabile di
mutamenti climatici poiché causa l’innalzamento della temperatura per
l’effetto serra. Gli ambientalisti propongono che vengano attuate misure di
riduzione dei gas attraverso la conversione di impianti inquinanti con altri a
fonti alternative. Altro tema sul quale puntano è quello della difesa
dell’acqua, da considerarsi come diritto e non come bene privato: essendo
l’acqua un elemento vitale deve essere garantito a tutti. Altro scenario è
quello della biodiversità minacciata da forme di produzione agricola sempre
meno biologica. A questo vanno aggiunti i pericoli gravanti dagli organismi
geneticamente modificati (OGM), altro demone degli ambientalisti. Temi
ampiamente dibattuti sono anche la deforestazione perpetrata per far posto a
colture più efficienti, e la desertificazione conseguenza di innalzamenti di
temperatura e mancanza d’acqua. Per risolvere questi problemi i “new
global”, ispirandosi al principio dello sviluppo sostenibile, auspicano il
passaggio a fonti alternative meno inquinanti e non facilmente esauribili,
affinché non si rischi il collasso dell’ecosistema.
A questo punto la ricerca si è soffermata alla presentazione
dell’argomento certamente più dibattuto nel forum ambientalista in seno non
solo ai movimenti di protesta, ma anche nel governament globale: i
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cambiamenti climatici e la conseguente adozione del Protocollo di Kyoto.
Per comprendere le ragioni che hanno portato a Kyoto, viene illustrato un
excursus storico che fornisce sia il susseguirsi dei vari studi che hanno
dimostrato il diretto rapporto tra inquinamento, effetto serra, innalzamento
della temperatura e cambiamenti climatici, sia le tappe storiche e le posizioni
politiche messe in scena per arrivare ad una soluzione globale. Il protocollo
di Kyoto prevede che gli Stati vengano obbligati a ridurre l’emissione dei
gas serra (CO2 prevalentemente), per una riduzione globale complessiva del
5,2% nel periodo 2008-2012 rispetto alle emissioni del 1990. Ad ognuno di
essi è stata indicata la quota da ridurre. Il protocollo, da poco ratificato,
prevede sistemi di flessibilità (Emission Trading, Joint Implementation,
Clean Devolopment Mechanism) che aiutano gli Stati a ridurre emissioni
attraverso progetti all’estero. Il dibattito scaturito pone al centro la
questione: possono gli Stati assumersi degli impegni che andranno a gravare
sull’economia e sugli standard di consumo a fronte di un minimo effetto
sull’innalzamento della temperatura? In effetti gli studi dell’
Intergvernamental Panel of Climate Changhes (IPCC) sostengono che nei
prossimi 100 anni potranno essere scongiurati innalzamenti sensibili della
temperatura solo a fronte di un abbassamento delle emissioni pari almeno al
60%, mentre con l’adozione delle regole di Kyoto si stima che la
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temperatura subirà un lievissimo abbassamento (0,15 °C circa). I fautori del
protocollo sostengono dal canto loro che Kyoto rappresenta il primo timido
passo politico, e spingerà gli Stati ad investire nelle fonti alternative.
Il quarto capitolo prende in esame un secondo aspetto dell’ecologia: la
sostenibilità dell’acqua. L’acqua è un bene esistenziale, senza il quale è
messa in discussione la sopravvivenza umana. Molte persone non possono
accedere all’acqua sia per mancanza di risorse, che per assenza di garanzie
istituzionali. Ad ampliare la mancanza di acqua concorrono le cause del
cambiamento climatico, dell’inquinamento, dell’inerzia politica. La
spartizione dell’acqua rappresenta un’altra grande separazione tra Nord e
Sud del mondo. L’acqua sta diventando un bene così prezioso tanto che sono
già in atto guerre per l’acquisizione delle fonti. Oltre alla composizione idro-
geografica che divide i paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, si
sono aggiunte le multinazionali dell’oro blu che sotto l’egida della Banca
Mondiale, hanno privatizzato il settore della distribuzione, facendo diventare
l’acqua un mero bene economico fonte di guadagno e sfruttamento. I
movimenti di protesta attraverso il “Contratto Mondiale dell’Acqua”
premono affinché il bene sia riconosciuto come diritto inalienabile
dell’umanità e come bene comune accessibile a tutti. Propongono che la
global governance si faccia carico sul serio di questo problema, e metta in
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pratica i principi dichiarati sulle carte, per assicurare una distribuzione
minima per tutti gli esseri umani e far in modo che la risorsa diventi
rinnovabile. In conclusione sono offerti alcuni consigli molto pratici per
poter risparmiare i consumi domestici.
La tesi oltre a rappresentare un quadro sintetico dell’ampio tema della
globalizzazione, approfondisce temi di carattere ambientale che riguardano il
futuro dell’esistenza del pianeta. Questa connessione sarà certamente la
nuova frontiera che la politica mondiale dovrà affrontare.
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PRIMO CAPITOLO
LA GLOBALIZZAZIONE
I vantaggi e gli svantaggi della globalizzazione
1.1 Definire la globalizzazione
1.2 La globalizzazione economica
1.3 La globalizzazione sociale e culturale: la scomparsa della cultura
nazionale
1.4 La globalizzazione politica
a) Tra unilateralismo e multilateralismo: il futuro che ci attende
b) Le strategie dei movimenti globali
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L’espressione “globalizzazione” oggi circola con insistenza nei
discorsi di tutti, suscitando una profonda inquietudine e al contempo grandi
aspettative. Ai nostri giorni l’economia di mercato ha raggiunto confini
realmente mondiali, sospinta dalla rivoluzione nelle tecniche della
produzione, della comunicazione e dell’informazione.
Con un ritmo sempre più rapido il mondo, fatto di spazio e tempo sempre
più ristretti e di confini che scompaiono, tende irresistibilmente all’unità.
È evidente, infatti, una significativa e crescente interdipendenza tra i
paesi, un’intensificazione dei rapporti tra le società senza precedenti, un
sempre più stretto legame tra i popoli di tutto il pianeta. Come sostiene
Giddens la globalizzazione determina la creazione “ di relazioni sociali di
estensione mondiale che collegano località distinte in modo tale che eventi
locali siano plasmati da eventi che accadono a molta distanza e viceversa.”.
Ora, gli effetti prodotti da questo processo globale investono il settore
economico, quello culturale, quello politico.
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- Vantaggi della globalizzazione economica:
La globalizzazione economica può essere intesa come quel fenomeno
complesso che comprende, dal punto di vista dell’economia reale, la grande
accelerazione dell’integrazione economica internazionale governata dal
principio del liberismo commerciale e dal punto di vista dell’economia
finanziaria, la velocità nella mobilizzazione dei capitali.
Essa dunque, travolgendo tutte le barriere che intralciano la formazione di
un unico mercato mondiale, ha aumentato il volume del commercio
internazionale e ha prodotto nuove possibilità di benessere e di espansione
dei consumi. Ha arrecato una serie di vantaggi e di grandi utilità: ha
migliorato le condizioni di salute e il tenore di vita di centinaia di milioni di
persone, ha ridotto la mortalità infantile nel mondo, ha garantito una
maggiore facilità d’accesso ai mercati e alla tecnologia, ha avvantaggiato
molti paesi che hanno trovato nuovi sbocchi per le esportazioni, ha offerto
grandi opportunità commerciali, migliorato in generale la qualità del lavoro
e determinato un incremento della produttività e soprattutto ha comportato
un aumento del tasso di crescita dell’economia mondiale grazie
all’accresciuta specializzazione.
I vantaggi della globalizzazione non si limitano però soltanto agli aspetti
economici, essi riguardano anche il settore culturale e quello politico.
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- Vantaggi della globalizzazione culturale:
A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso le tecnologie
dell’informazione, della comunicazione, dell’informatica digitale, dopo
essersi affermate negli Stati Uniti, hanno conosciuto uno sviluppo senza
precedenti diffondendosi rapidamente a livello mondiale. Informatizzazione,
digitalizzazione, comunicazione satellitare, fibre ottiche e internet hanno
rafforzato la prospettiva dell’integrazione. Hanno cancellato lo spazio
consentendo la trasmissione d’informazioni, anche lunghe e complesse, di
dati, immagini e suoni in tempi brevissimi. La distanza si è annullata e la
posizione sul mappamondo di un paese si è tradotta in fuso orario. Lo spazio
è diventato tempo.
La rete digitale ha intensificato la comunicazione tra le imprese
transnazionali favorendo lo sviluppo del mercato elettronico (e- commerce)
e negli ultimi tempi il processo d’integrazione comunicativa è stato talmente
forte da indurre molti a parlare di “globalismo cibernetico” capace di
avvolgere e unire in una rete fittissima d’informazioni tutto il pianeta.
Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione ha dato effetti positivi anche
nell’ambito dell’istruzione e della formazione scolastica: oggi infatti i luoghi
in cui si può usufruire dell’insegnamento non sono più solamente le aule
scolastiche o universitarie, perché chiunque con le attrezzature tecnologiche
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adeguate, può prendere parte a corsi di formazione e apprendimento anche a
distanza; grazie alla video conferenza, ai forum di discussione e alle chat si
instaurano nuovi rapporti di comunicazioni bidirezionali tra studenti e
professori che favoriscono l’apprendimento collaborativo.
Quindi, la globalizzazione culturale ha promosso un notevole incremento
dell’informazione e della cultura in generale, ha arricchito il mondo dal
punto di vista scientifico, ha aumentato le opportunità di conoscenza perché
il sapere è diventato sempre più alla portata di tutti, ha ridotto il senso
d’isolamento percepito in molti paesi in via di sviluppo, con conseguenze
talvolta molto efficaci, basti pensare che proprio i collegamenti tra gli
attivisti, soprattutto tramite internet, hanno consentito la realizzazione di una
serie di progetti ( come il trattato internazionale sulla messa al bando delle
mine antiuomo o la cancellazione del debito estero dei paesi poveri) che
hanno recato beneficio a milioni di persone.
- Vantaggi della globalizzazione politica:
Dal punto di vista politico la globalizzazione ha comportato la
creazione di una società civile globale che lotta per la democrazia, per il
rispetto delle libertà fondamentali, per una maggiore giustizia sociale, ha
favorito una “significativa internazionalizzazione dell’autorità politica” che
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ha portato ad una pluralizzazione considerevole delle organizzazioni
operanti a livello internazionale il cui principio di riferimento è il
multilateralismo ovvero la propensione a cooperare a livello mondiale,
nonché a risolvere le questioni relative a relazioni economiche, politiche,
sociali, nell’ambito di istituzioni internazionali a ciò preposte. Infatti, di
fronte ai problemi globali (garanzia della pace, equilibrio ecologico,
repressione della criminalità internazionale, perequazione dello sviluppo
economico ecc.) i singoli governi nazionali spesso non riescono ad
intervenire in maniera efficace e vantaggiosa, talvolta reagiscono
isolatamente e in ordine sparso, rendendo così necessario un sistema di
regole sovranazionali e una dimensione globale della politica che
garantiscano effettivamente un miglioramento della vita per tutti.
Ma per milioni di persone, soprattutto nel mondo in via di sviluppo, la
globalizzazione non ha portato i vantaggi sperati, non ha mantenuto le
promesse, né ha realizzato nulla di ciò che avrebbe dovuto. Le politiche
decise a livello internazionale hanno spesso avvantaggiato i ricchi a spese
dei poveri, hanno servito gli interessi dei paesi industrialmente più avanzati
anziché quelli dei paesi del Terzo Mondo. In molti casi i valori commerciali
hanno prevalso rispetto alle preoccupazioni per i diritti umani, per la
democrazia, per le libertà fondamentali e per l’ambiente.
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- Svantaggi della globalizzazione economica:
La globalizzazione economica ha prodotto specifici conflitti e
generato una serie di effetti che sogliono essere definiti perversi, effetti né
previsti, né desiderabili dal punto di vista dei suoi stessi promotori. Essa,
innanzitutto, ha determinato un forte aumento delle disuguaglianze di
reddito tra lo strato più ricco e quello più povero della popolazione
mondiale, questo vuol dire che molti hanno visto peggiorare le loro
condizioni di vita, hanno perso il lavoro, hanno visto erodere le loro culture,
hanno perso ogni sicurezza. I dati attuali della distribuzione della ricchezza
su scala mondiale sono allarmanti: se all’inizio degli anni Sessanta il 20%
dei paesi più ricchi disponeva di redditi trenta volte superiori rispetto a quelli
del 20% dei paesi più poveri, oggi, dopo quaranta anni, il 20% della
popolazione più ricca gode di redditi 66 volte superiori a quelli degli uomini
più poveri nel mondo. In pochi anni, quindi, il divario tra paesi
industrializzati e in via di sviluppo si è più che raddoppiato.