4
la Cina del nuovo millennio. Dopo una descrizione dettagliata
dell’economia e della crescita economica cinese, passeremo ad analizzare le
conseguenze sul piano commerciale dell’entrata nel WTO della RPC. Nella
seconda parte analizzeremo, riferendoci alla recente letteratura, le scelte di
localizzazione delle multinazionali e gli effetti del sistema tributario su
queste scelte. La terza parte è dedicata al sistema tributario cinese in
generale. Dopo una breve analisi delle peculiarità del sistema tributario
cinese, descriveremo le singole imposte, dedicando ampio spazio alla
descrizione dell’imposta sulle imprese estere. Nella quarta parte poi
analizzeremo i risultati di una nostra inchiesta condotta su 134 imprese
italiane in Cina. Cercheremo di capire quali erano i motivi che hanno spinto
le imprese italiane ad effettuare un IDE in Cina, quali ostacoli incontrano
nello svolgimento della loro attività e quali interventi il governo dovrebbe
attuare per favorire ulteriormente l’afflusso di IDE. La quinta ed ultima
parte è dedicata alle note conclusive di questo lavoro.
5
Abbreviazioni
ADB Asian development bank
BIRS Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo
CIF Cost insurance freight
CJV Cooperative joint venture
EIT Enterprise income tax
EJV Equity joint venture
ETDA Economic and technological development areas
EXP Esportazioni
FEIT Foreign enterprise income tax
FEITIR Foreign enterprise income tax implementation rules
FEITL Foreign enterprise income tax law
FICLS Foreign invested company limited by shares
FMI o IMF Fondo monetario internazionale
FTC Foreign trade company
HIZ High-tech industrial zones
IDE Investimenti diretti esteri
IIT Individual income tax
IMP Importazioni
JV Joint venture
MOFTEC Ministry of foreign trade and economic cooperation
OCEZ Open coastal economic zones
PIL Prodotto interno lordo
PNL Prodotto nazionale lordo
RMB Reminbi (altra denominazione per Yuan)
RPC Repubblica Popolare Cinese
SAT State administration of taxation
SEZ Special economic zones
VAT Value added tax
WFOE Wholly foreign owned enterprise
WTO World trade organization
6
1. La Cina che cambia
1.1 L’apertura agli investimenti esteri e l’inizio della modernizzazione
1.2 La Cina di oggi
1.3 L’economia della RPC
1.3.1 Restrizioni al commercio e all’investimento estero
1.4 La crescita economica
1.4.1 La RPC: un’opportunità o un pericolo per l’economia italiana?
1.5 Le principali caratteristiche del sistema economico
1.6 Entrata nel WTO → conseguenze sul piano commerciale ed economico
7
1.1 L’apertura agli investimenti esteri e l’inizio della
modernizzazione
Il 9 settembre 1976 muore il principale protagonista della storia della
Repubblica Popolare Cinese, Mao Zedong, colui che cercò in tutti i modi di
tenere lontano ed isolato il paese dai “diavoli d’oltreoceano”
2
.
Aggrappandosi al modello sovietico e all’ideologia marxista-leninista, la
Cina perseguiva una politica autarchica, ispirata e portata avanti proprio
dalle tesi maoiste sull’autosufficienza economica.
In occasione del terzo plenum dell’XI° Comitato Centrale (dicembre 1978)
Deng Xiaoping conquista il potere ed inizia una svolta nella storia della
RPC che segnerà profonde trasformazioni non nell’assetto politico
istituzionale quanto nell’economia del paese. La cosiddetta politica della
“porta aperta” che apre le porte agli investimenti esteri e al commercio con
l’estero. Il nuovo corso dell’economia politica di Deng Xiaoping cerca di
mantenere il controllo statale sull’economia agendo però in modo più
efficiente ed attuando una graduale apertura alle forze del libero mercato.
Già nel 1979 vengono istituite le cosiddette Zone Economiche Speciali, in
cui viene sperimentato il libero mercato, incentivo per attirare gli
investimenti diretti esteri, accelerare l’acquisizione di nuove tecnologie e
favorire il commercio internazionale della RPC. Nel 1980 il paese aderisce
al FMI e alla BIRS e nel 1983 all’ufficio internazionale del lavoro e
all’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Nel 1984 cresce una
qualche delusione delle politiche intraprese, in quanto i risultati delle SEZ
non hanno raggiunto gli obiettivi che il governo si era posto
3
. Per aumentare
il flusso di IDE, il governo introduce ulteriori incentivi: esoneri e riduzioni
fiscali, esenzioni doganali, finanziamenti dei lavori d’infrastruttura.
2
Maria Weber (2003)
3
Marie-Claire Bergère (2000)
8
Inoltre vengono aperte altre città e territori all’investimento straniero. Nel
1985 la RPC aderisce alla Banca asiatica di sviluppo (ADB).
La RPC attua in questo modo le misure necessarie a garantire
un’integrazione (anche se non completa) nell’economia mondiale. Ma quali
effetti hanno avuto queste misure sull’economia cinese? Vediamo gli effetti
di dieci anni di politica della porta aperta sull’economia del paese
4
,
concentrando la nostra attenzione sugli anni che vanno dal 1985 al 1995. Il
PIL è cresciuto dagli 88,18 miliardi di Euro del 1985 ai 575,23 miliardi di
Euro del 1995. Il PNL pro capite è cresciuto da € 84 a € 469. Andando ad
analizzare i dati relativi al commercio internazionale possiamo vedere che
in dieci anni le esportazioni sono cresciute da € 22,29 miliardi a € 121,27
miliardi, mentre le importazioni sono cresciute da € 34,44 miliardi a €
107,67 miliardi. Non solo la Cina ha visto aumentare drasticamente i propri
scambi commerciali con l’estero, ma mentre nel 1985 la bilancia
commerciale cinese segnava un deficit di € 12,15 miliardi, nel 1995 la Cina
si ritrova con un surplus commerciale di ben € 13,61 miliardi. Per rinforzare
ed agevolare la crescita economica, la RPC ha aumentato anche la spesa
pubblica dei servizi all’economia. Nel 1985 il governo spendeva 346,25
milioni di Euro per servizi resi all’industria, l’elettricità, gas, acqua, i
trasporti e la comunicazione, mentre nel 1995 questa spesa ammontava a
ben 1,01 miliardi di Euro.
La politica della porta aperta ha permesso un ingente afflusso di IDE in
Cina. Dal 1978 al 1999 sono confluiti in Cina circa un terzo degli
investimenti diretti esteri di tutto il mondo, con un tasso medio annuale di
32,6 miliardi di Euro
5
.
A livello legislativo l’apertura verso l’estero inizia già nel 1979 con la legge
della RPC sulle joint ventures.
4
Fonte dei dati: Asian Development Bank
5
Maria Weber (2003)
9
Ulteriori leggi vengono approvate negli anni successivi per allargare le
forme d’investimento concesse agli stranieri e permettere un’ulteriore
crescita degli IDE. Per garantire maggiore sicurezza e trasparenza agli
stranieri il governo cinese nel 1992 ha dovuto apportare alcune modifiche
legislative che dimostrano proprio la volontà delle autorità cinesi di
proseguire il cammino verso l’integrazione della Cina nel contesto e
soprattutto nell’economia mondiale. Il governo si impegna a non confiscare
o nazionalizzare le imprese a capitale straniero o a capitale misto. Il termine,
fissato prima per legge, delle joint venture viene abolito e la presidenza non
spetta più di diritto alla parte cinese.
10
1.2 La Cina di oggi
La Repubblica Popolare Cinese (Zhonghua Renmin Gongheguo), si estende
su un territorio di 9.571.300 km² ed ha una popolazione di 1.292.270.000
d’abitanti. Il 93 % della popolazione cinese è di nazionalità han e le
minoranze etniche si trovano per lo più in territori periferici, che hanno
acquisito oggi autonomia dal governo centrale (Guangxi, Mongolia interna,
Ningxia, Tibet e Xinjiang). Il mantenimento nel corso dei secoli dei confini
geografici, l’omogeneità razziale che ha caratterizzato la storia della Cina,
l’uguaglianza della lingua, della moneta e dell’unità di misura dal 221 a.C.
ai giorni nostri, sono tutti fattori che hanno contribuito alla continuità
culturale di questo immenso territorio. La Cina è forse l’unico paese al
mondo che può vantare una vera e propria continuità culturale: i cinesi di
oggi possono dire a piena ragione di essere gli eredi culturali di coloro che
Confucio, ventiquattro secoli fa, chiamava antichi
6
.
L’omogeneità culturale non si riflette però sulla società e sull’economia, in
quanto le differenze sociali ed economiche sono molto elevate. A parte le
enormi differenze tra la popolazione urbana e quella rurale, la RPC si
ritrova con province sud-orientali ricche, avanzate e con tassi di sviluppo
elevati, ed un ampio territorio costituito da dodici province, nelle regioni
centro-occidentali, con tassi di sviluppo bassi e una diffusa povertà della
popolazione residente. Già da diversi anni il governo ha attuato diverse
politiche di sviluppo, atte a favorire investimenti in infrastrutture ed
industrie di base nelle province meno sviluppate. Per omogeneizzare lo
sviluppo economico e sfruttare al meglio le proprie risorse in tutto il
territorio, il governo ha varato tre progetti d’importanza fondamentale. Con
un investimento totale di € 11,4 miliardi il primo progetto prevede la
conduttura di energia elettrica, prodotta nelle centrali idroelettriche e nelle
centrali elettriche alimentate a carbone, dalle province occidentali nelle città
6
Maria Weber (2003)
11
orientali. Il secondo progetto già in parte terminato prevede un investimento
totale di ben € 29,5 miliardi e consiste nella costruzione di un condotto
lungo 4200 km, che porterà gas naturale estratto nelle province occidentali
nei territori nord-orientali. Entro il 2010 il governo intende risolvere il
problema della carenza idrica nei territori a nord del paese conducendo
l’acqua dalle ricche riserve idriche del sud a nord del paese.
Un altro problema dell’economia cinese sono le molte imprese statali che
necessitano di essere ristrutturate per potere competere con la concorrenza e
per questo motivo il governo si è impegnato ad orientare l’intervento
economico in questa direzione. I primi interventi intrapresi in questo senso,
come per esempio la riforma societaria, sembrano già aver portato i primi
frutti. Alcune imprese statali cinesi (China Petrolchemical Corp., China
Mobile, etc.) sono quotate nelle borse estere ed 11 imprese rientrano tra le
prime 500 migliori imprese mondiali.
Nella letteratura sugli IDE in Cina
7
spesso si fa riferimento alla carente
situazione delle infrastrutture che costituirebbero un freno agli investimenti
esteri. In questo senso il governo ha investito dal 1998 al 2001 19,7 miliardi
di Euro all’anno nella costruzione e nell’ampliamento della rete stradale.
Nel 2002 gli investimenti hanno superato i 29,5 miliardi di Euro portando
l’intera rete stradale cinese a ben 1,7 milioni di km, di cui 25 mila km di
autostrade. Per quanto riguarda le ferrovie, dal 1990 al 2001 sono stati
costruiti annualmente circa 1000 km di rete ferroviaria portando nel 2002 la
RPC al primo posto al mondo come capacità di trasporto ferroviario. Anche
i porti cinesi sono stati oggetto di investimenti da parte del governo ed oggi
otto porti cinesi rientrano tra i 50 maggiori porti di carico-scarico container
al mondo. Nel 2002 la RPC contava 141 aeroporti civili con 130
collegamenti aerei nazionali e 161 collegamenti aerei internazionali
8
.
7
Per esempio: Frank S.T. Hsiao & Mei-chu W. Hsiao (2004)
8
Fonte: www.china.org.cn
12
Gli impegni del governo sono tutti concentrati a portare la RPC in una
posizione di leader, sia politico che economico, nel contesto internazionale.
Nel 2002 si è tenuto a Beijing il XVI° Congresso del Partito Comunista
Cinese in cui i dirigenti del Partito si sono posti quattro obiettivi
9
principali
per portare il benessere in tutta la Cina:
1. Quadruplicare nel 2020 il PIL attuale, realizzando in pieno il modello di
socialismo di libero mercato e ampliando l’apertura del sistema economico
attuale;
2. Migliorare la democrazia socialista, rispettare e garantire con efficacia i
diritti e gli interessi politici, economici e culturali della popolazione;
3. Migliorare la qualità ideologica, morale, scientifica, culturale e sanitaria
dell’intero paese e formare un sistema di pubblica istruzione completo, un
nuovo sistema tecnico-scientifico e culturale e un sistema medico-sanitario
che copra l’intera popolazione;
4. Rafforzare la capacità di sviluppo sostenibile con maggiore attenzione
per il quadro ecologico, elevare l’efficienza d’utilizzo delle risorse e
promuovere l’armonioso sviluppo tra attività umana e natura; [Maria Weber
(2003)]
9
Maria Weber (2003)
13
1.3 L’economia della RPC
Nel marzo del 1999 il National People’s Congress (parlamento cinese)
emana una legge di riforma costituzionale che segna il cammina della Cina
verso l’economia di mercato. La proprietà privata acquista di valore,
venendo riconosciuta la coesistenza di proprietà pubblica e privata
all’interno della costituzione. Inoltre viene stabilita l’importanza
dell’economia privata per lo sviluppo economico della RPC e vengono
riconosciuti esplicitamente i diritti e gli interessi dell’economia privata, che
ora è inviolabile e protetta dalla legge da espropri o requisizioni. Le imprese
individuali e private sono elementi essenziali dell’economia socialista di
mercato e non più, come stabiliva il testo costituzionale precedente, mero
supplemento all’economia socialista.
In questi ultimi anni la Cina ha deciso di intraprendere il suo cammino
verso un’economia di mercato, abbattendo l’ideologia socialista con la
graduale introduzione di leggi di stampo liberale. Ma per capire la Cina di
oggi e la sua economia bisogna seguire il processo storico che ha
attraversato.
Nel 1949 viene proclamata la Repubblica Popolare Cinese e per la prima
volta dopo 100 anni la Cina ha nuovamente un governo centrale che
esercita un effettivo controllo politico su tutto il territorio. Il governo si
impegna da subito nello sviluppo economico del paese. Seguendo
l’ideologia comunista vengono attuate politiche di sviluppo industriale che
si rifanno al modello sovietico e vengono eretti gli organi e gli apparati
statali necessari allo sviluppo economico e politico. Il processo di
industrializzazione era però molto costoso e la Cina che si era chiusa in un
sistema autarchico dovette reperire le risorse necessarie all’interno del
proprio territorio. A pagare i costi dello sviluppo furono i contadini che
dovettero cedere i propri prodotti a prezzi stracciati al governo centrale.
Con la fine dei rapporti con l’Unione Sovietica negli anni sessanta la Cina
14
si chiude ulteriormente in se stessa e, temendo un attacco sovietico, venne
sviluppata un economia in cui ogni singola provincia era autonoma ed
aveva un completo sistema di produzione industriale. Effetti di questo
isolamento e questa struttura sono visibili ancora oggi. Esistono tutt’ora 120
industrie in tutta la Cina capaci di costruire un’intera automobile
10
.
L’isolamento dal resto del mondo, la soppressione dell’iniziativa
individuale per permettere il mantenimento del potere politico da parte del
partito comunista non permisero all’economia cinese di crescere e
svilupparsi. Ma con la morte di Mao Zedong nel 1976 le cose cambiarono. I
nuovi dirigenti, tra cui Deng Xiaoping, decisero che lo sviluppo economico
non poteva e non doveva essere frenato dalla politica. Assicurando il
proprio potere politico il Partito Comunista voleva portare la Cina in pole
position nello scenario internazionale.
Negli anni settanta i dirigenti cinesi decisero di incrementare la crescita
economica importando nuove tecnologie e impianti industriali
dall’occidente. Ma la Cina non aveva sufficienti risorse per pagare queste
importazioni e non avevano alcuna intenzione di finanziare queste
acquisizioni indebitandosi con l’estero. Così il governo cinese decise di
offrire ad imprese estere la possibilità di trasferire i propri impianti
produttivi sul territorio cinese sfruttando le risorse disponibili in Cina
(soprattutto il fattore lavoro, che era non solo a bassissimo costo, ma anche
abbondante). Per calmare le anime socialiste che gridavano alla svendita e
allo sfruttamento della Cina da parte del nemico d’oltreoceano, i dirigenti
cinesi avevano ristretto molto la possibilità di manovra delle imprese estere,
sottoponendoli a controlli, restrizioni ed imponendogli la richiesti di molte
autorizzazioni anche per operazioni riguardanti il normale svolgimento
dell’attività d’impresa. Ma gli afflussi di Investimenti Diretti Esteri negli
anni ottanta non sembravano soddisfare il governo cinese, in quanto non
ebbero gli effetti desiderati. L’economia non cresceva sufficientemente e
10
Jörg-M. Rudolph (2003)
15
questo portò la dirigenza cinese ad attuare ulteriori riforme di
liberalizzazione dell’economia. Partendo dal settore agricolo fino
all’industria, le imprese vennero svincolate dall’ideologia socialista e
direzionate verso una politica di profitto. Le imprese statali potevano
contare su un maggiore grado di autonomia e il controllo statale sui prezzi
venne gradualmente eliminato per alcune categorie di prodotto. Queste
misure portarono però ad un ampliamento del malcontento sociale a causa
della crescente disoccupazione e all’elevata inflazione. In tutto il paese si
tennero manifestazioni contro il governo che non trovava alcuna soluzione
al problema e così nella primavera del 1989 sparò su una folla di
manifestanti nella piazza di Tienanmen.
I dirigenti del partito comunista si resero conto che la Cina non ce l’avrebbe
mai fatta a divenire una potenza economica senza un aiuto dall’esterno. In
un viaggio nelle regioni del Sud, che grazie agli ingenti investimenti di
Hong Kong avevano acquistato una fama di “Capitalisti”, Deng Xiaoping
oltre ad elogiare il loro sviluppo arrivò a pronunciare la famosa frase:
“Diventare ricchi è buono, e non importa se prima solo alcuni diventano
ricchi”
11
. Così a partire dal 1992 l’ideologia socialista viene messa da parte
e lo sviluppo economico ad ogni costo diviene la prerogativa del governo
centrale. I funzionari ad ogni livello di governo offrirono quindi alle
imprese estere tutto ciò di cui disponevano: diritti di usufrutto sui terreni,
fabbriche, risorse, lavoratori convenienti e volenterosi. Si stima che fino ad
oggi circa 700 miliardi di US $ di IDE siano confluiti nella RPC.
In Cina i funzionari di partito, che governano le proprie regioni e province
con un ampio margine di autonomia, sono protagonisti molto importanti
dell’economia e, per i manager delle imprese straniere, interlocutori
necessari. La scarsità delle norme e la relatività delle leggi esistenti fanno
della Cina un attrattivo ambiente economico per gli imprenditori stranieri.
11
Jörg-M. Rudolph (2003)
16
La mancanza di tribunali, della stampa, delle organizzazioni (sindacati),
nessuna norma sulla tutela dell’ambiente troppo restrittiva, rendono il
potere decisionale dei funzionari molto forte. Per un’impresa estera diventa
quindi conveniente allacciare rapporti con un funzionario di partito che può
essere d’aiuto nel superamento di alcuni ostacoli
12
. Rimangono comunque
intatte alcune limitazioni all’operatore economico estero.
1.3.1 Restrizioni al commercio e all’investimento estero
Con l’entrata nel WTO la RPC ha aperto agli investimenti stranieri molti
settori della propria economia a cui prima non potevano accedere. Restano
però ancora molte le restrizioni e le limitazioni nello svolgimento delle
attività d’imprese straniere. Il primo Aprile 2002 è entrato in vigore il
nuovo Catalogue for the Guidance of Foreign Investment Industries, che
elenca i settori dell’economia cinese incoraggiati, vincolati e proibiti
all’investimento straniero. Elenchiamo di seguito i settori proibiti
all’investimento straniero.
Catalogue of prohibited foreign investment industries, 11 Marzo 2002
1. Coltivazione ed allevamento delle specie vegetale ed animale rare e
preziose in China
2. Produzione e sviluppo di semi (piante) geneticamente modificati
3. Pesca nei mari appartenenti alla giurisdizione cinese e nelle acque interne
4. Esplorazione, estrazione e lavorazione di minerali radioattivi
5. Esplorazione, estrazione e lavorazione di metalli rari
6. Elaborazione di tè verde e tè speciale con le arti tradizionali cinesi
7. Produzione di medicinali derivanti dalla tradizione cinese che rientrano
tra le risorse protette dallo stato
12
per approfondire si veda Jörg-M. Rudolph (2003)