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considerato superiore e più raffinato del gretto
mondo bellico romano.
Ma com’è avvenuta tale conquista dell’Egitto?
Se dovessimo dar fede ad un’antica credenza
egizia potremmo dire che tale “conquista”
dell’Egitto da parte dei Romani non è mai
avvenuta.
Si dice che Cleopatra si uccise provocando
deliberatamente il morso di un serpente
velenoso, probabilmente un aspide.
Questo modo era stato scelto, poiché, per la
religione egizia, la morte data da serpenti e
coccodrilli era avviamento all’apoteosi,
sfuggendo alla prigionia e al trionfo di
Ottaviano, Cleopatra VII impediva ad Ottaviano
d’impadronirsi del regno di Egitto per diritto di
vittoria, decretando, legittimante, la fine di
quella monarchia faraonica che i Tolomei
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avevano continuata.
Mancando la vittoria romana, non poteva
esserci la successione dinastica per diritto di
vittoria, e Ottaviano non aveva scelta nel
regolare la situazione in Egitto, in quanto non
poteva trovare nessuna via per proclamare
decaduta una monarchia che la religione inibiva
agli Egizi di credere decaduta se non in forme e
in circostanze che in quel caso non si erano
verificate.
Non vi era altro da fare che assumere la
posizione, i titoli, le insegne e il cartiglio reale
dei faraoni; ma, in questo modo Ottaviano si
addossò necessità di amministrazione, di culto,
di protocollo, date le quali risulta più che mai
evidente il motivo per cui i senatori romani non
potevano entrare nell’Egitto senza creare, con
gli onori che sarebbero loro spettati, gravissime
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difficoltà non di semplice etichetta, ma di
carattere essenziale per la monarchia stessa,
cioè per l’unico assetto possibile di un ordine
romano in Egitto.
In realtà, la monarchia era l’unico assetto
possibile non solo per l’Egitto ma per tutto
l’impero romano, infatti anche in politica
interna, Ottaviano capisce che la monarchia era
divenuta una necessità per il mondo.
Tutto il suo sistema politico poggiava su ciò,
ma, l’uccisione di Cesare, la reazione
repubblicana sopraggiunta alla sua morte,
l’atteggiamento dell’ Italia al momento della sua
ascesa, provava in modo evidente che il
passato non era completamente morto.
Ottaviano capisce ciò e in più capisce che ogni
grande innovazione costituzionale, purché duri,
deve essere un compromesso tra due
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considerazioni : ciò che è necessario e ciò che
è possibile; Cesare, in ultima analisi, aveva
avuto il suo scacco finale proprio per aver
dimenticato tale verità.
La monarchia militare divenuta indispensabile,
a Roma poteva radicarvisi solo a prezzo di una
finzione costituzionale e Ottaviano trovò questa
finzione nel Principato.
Anche gli storici, soprattutto Tacito riconosce la
necessità storica del passaggio dalla Repubblica
all’Impero, ma per Tacito Augusto non era
l’uomo di singolari qualità che potesse
assicurare la pace con una nuova costituzione.
Secondo Tacito, più che un compromesso, la
costituzione Augustea fu una finzione, con la
quale, senza essere né re né dittatore,
assommò tutti i poteri nelle sue mani e pose il
seme di una monarchia ereditaria.
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Esso in più afferma che “Nessuno gli si oppose
perché i più fieri erano caduti nel campo,o a
causa delle proscrizioni, e i rimanenti nobili
venivano elevati in ricchezza e in onore tanto
più, quanto più prontamente si disponevano a
servire; e, favoriti dal nuovo ordinamento,
preferivano la condizione attuale, ch’era
tranquilla, alla precedente, piena di pericoli e
incertezze.
Neppure le province si mostravano contrarie al
nuovo stato di cose, dato che il governo del
senato e del popolo era divenuto sospetto, per
le contese dei potenti e per l’avidità dei
governatori.
Né sufficiente era la tutela delle leggi, sconvolte
dalla violenza, dal broglio, infine
dall’onnipotenza del denaro.”
1.
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Tacito Annales (I 2,5)
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Nelle illegalità del nuovo regime stabilito da
Augusto, è secondo Tacito “il germe della
tirannide”, che fatalmente dovrà svilupparsi
appresso.
La battaglia di Azio segna l’istaurarsi di tale
nuovo regime (Principato), e della potenza
assoluta di Augusto.
Già da questa battaglia Ottaviano non combatte
solo per se e per la successione di Cesare, ma
per il primato di Roma e del suo disegno
politico.
Ben evidenti appaiono anche i motivi dalla
propaganda Augustea che mirava a trasformare
una lotta di potere in un grande scontro
culturale fra Oriente e Occidente, portatori di
due modelli di civiltà e di cultura antitetici:
da una parte la virtus severa del mos maiorum,
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dall’altra la corruzione e l’effeminatezza dei
popoli orientali di cui Cleopatra con il suo
seguito di eunuchi, era l’emblema.
Infatti fin dall’inizio la politica di Antonio e
Ottaviano si ispirò a principi opposti.
A Roma, Ottaviano, si mostra da subito come
difensore dell’Occidente e restauratore delle
istituzioni repubblicane, Antonio invece
assunse, già dall’ assegnazione delle province
orientali, gli atteggiamenti di un monarca
orientale.
Le fonti antiche, Orazio e Plutarco, sono spietati
nel descrivere Antonio, in atteggiamenti
orientaleggianti e schiavo delle malie di
Cleopatra.
Tali descrizioni sono sicuramente esagerate e
partigiane ma ciò non toglie che la politica di
Antonio non si può considerare assolutamente
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una politica restauratrice.
Nel 41 a.C. la popolazione Efesina aveva
tributato un’accoglienza trionfale ad Antonio,
nuovo “Dionisio” a seguito di una scenografia
squisitamente dionisiaca.
Tutto ciò si era ripetuto a Tarso allorché, in
analoga situazione, Antonio si era incontrato
con Cleopatra.
Nell’autunno del 37 a.C., compiuta, sia pure
parzialmente, la sua missione orientale e a
completamento delle sue divisioni orientali,
Antonio convocò Cleopatra ad Antiochia e le
concesse il territorio di Chalcis, la Coele-Syria, e
buona parte delle coste della Palestina e della
Fenicia, dall’Egitto al fiume Eleutheros, ad
esclusione di Tiro e Sidone.
E’ ormai chiaro che Antonio, nel concedere i
territori dell’Egitto, non era obnubilato dalla
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bellezza né dall’intelligenza di Cleopatra; ma
che, anzi, le sistemazioni territoriali da lui
compiute avevano un certo acume politico.
Antonio era convinto che stati vassalli e clienti
di Roma fossero molto più utili di province
vessate da proconsoli corrotti e avidi.
Cleopatra invece la pensava diversamente, dal
suo punto di vista l’Egitto rientrava di nuovo in
possesso di quell’impero che era già stato di
Tolomeo II Philadelphos.
La regina diede pertanto il nome del suo avo al
terzo figlio natole da Antonio nell’autunno del
36 a.C.
Ad Antiochia avvenivano le nozze fra Antonio e
Cleopatra: i loro due gemelli nati intorno al 40
a.C. ebbero mutato il nome in Alessandro
Helios e Cleopatra Selene.
I nomi dei due fanciulli non erano naturalmente
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casuali.
Già dopo la battaglia di Filippi Antonio aveva
coniato monete con la propria effige ed il Sol
radiato.
Sole che preannunciava, secondo l’oracolo
della Sibilla Cumana riportato anche da Virgilio,
l’avvento del secolo Aureo.
Inoltre Cleopatra, in quanto Iside, era figlia e
madre del Sole.
C’erano poi i precedenti illustri di Alessandro
Magno raffigurato comunemente con i raggi
solari.
E’ un segno di deificazione, basato
probabilmente su una concezione orientale
accettata in seguito perfino dai Pitagorici e
Stoici.
Antonio quindi nell’orma di Alessandro, della
koinè ellenistica.
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Nel 34 a.C. infatti celebrò il trionfo ad
Alessandria, contro le norme costituzionali
romane, le quali affermavano che il trionfo
dovesse esser celebrato dentro il pomerium,
Antonio arrivò in ornamenti bacchici, Cleopatra
fu proclamata “ Ε ∆ ς Λ Ο Λ ς ς ∆ Ε ∆ ς Λ Ο Κ Ζ Θ” e
Cesarione “re dei re” fu associato al regno di
Egitto e Cipro.
Ai figli di Antonio e Cleopatra furono assegnati
importanti regni, Alessandros Helios ebbe
l’Armenia e la Midia, nonché il regno dei Parti
non ancora conquistato, Cleopatra Selene ebbe
la Libia e la Cirenaica, Tolomeo Fidelfo la
Fenicia,la Siria, la Cilicia e l’Esponto.
Cleopatra fu posta al di sopra di questi
monarchi come Regina regum et filiorum
regum.
Gli atti di Antonio per l’ordinamento della
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monarchie orientali e il suo matrimonio con
Cleopatra costituirono il movente politico del
conflitto.
Tutto ciò fu complicato dall’apertura del
testamento di Antonio depositato presso le
vestali, manomesso da Ottaviano.
Il testamento disponeva il riconoscimento dei
figli che Antonio aveva avuto da Cleopatra e
l’assegnazione delle terre a questi ultimi, la
dichiarazione che Cesarione era figlio di Cesare
e l’ultima volontà di Antonio: “esser sepolto ad
Alessandria accanto al corpo di Cleopatra”.
Si dice che a Roma si era creato un clima tale
che, anche dopo la battaglia di Azio, non
potevano dirsi cessate le apprensioni; né è
dimostrazione L’Epodo 9 di Orazio, scritto
subito dopo quella vittoria.
Solo quando, poco dopo la conquista di
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Alessandria, il figlio di Cicerone recò a Roma la
notizia del suicidio di Cleopatra, seguito a
quello di Antonio, si avvertì il senso di
liberazione definitiva dai timori, che si erano
nutriti rispetto la sorte dell’impero stesso.
Ecco perché il popolo di Roma , anzi tutta l’
Italia non fece altro che schierarsi con
Ottaviano ad Azio.
A proposito di ciò esso parla di “Coniuratio
Italiae et provinciarum” e di “consensum
universorum”.
La “Iuratio” non era altro che un atto di natura
politica che tendeva a surrogare la mancanza di
una norma e di presupposti politici che dessero
ad Ottaviano un fondamento legale per il
comando nella guerra.
Mentre il “consensum” dev’essere considerato
come un accordo, favore, approvazione,
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l’equivalente greco di Η Ξ Φ Κ supplica, voto.
La battaglia di Azio si risolse quindi con la
vittoria di Ottaviano e solo di Ottaviano: “ La
guerra che vinsi ad Azio” (Index Rerum a se
Gestarum).
Nel suo racconto sulla battaglia di Azio, il
filosofo e storico greco Plutarco descrive la
riluttanza iniziale di Marco Antonio a lasciar
partecipare Cleopatra alla battaglia.
Secondo lo storico, Marco Antonio fu persuaso
a cambiare idea da Publius Canidius, un
luogotenente di Antonio che, si è scoperto
grazie ad un papiro ritrovato nel 1904 e
conservato nel Museo Egizio di Berlino, è stato
corrotto da Cleopatra.
Infatti, questo papiro, datato 33 a.C., e decifrato
da Jean Bingen, (noto papirologo belga) , è un
decreto regio con cui Cleopatra promette a