4
è spesso stato considerato rivoluzionario per un
rappresentante di quella Chiesa che solo con il Concilio
Vaticano II ha assolto gli ebrei dall’accusa di deicidio.
Negli anni di questo lungo papato non sono mancati però
momenti in cui la stampa israeliana e, più genericamente,
l’opinione pubblica ebraica internazionale hanno attaccato
aspramente la condotta di Giovanni Paolo II. I motivi di
scontento sono stati vari, ma gli episodi che hanno urtato
maggiormente la sensibilità degli ebrei di tutto il mondo
sono state le santificazioni di alcuni personaggi che, per
motivi più o meno oggettivi, non erano ritenuti degni di
tale riconoscimento: fra queste personalità vale la pena di
ricordare Pio IX, che non si è mai mostrato particolarmente
aperto nei confronti degli ebrei e si è macchiato del caso
Mortara, e Pio XII, sul quale gravano tuttora le accuse per
il suo silenzio riguardo ai crimini nazisti perpetuati, in
particolare, a danno degli ebrei durante la seconda guerra
mondiale.
5
Particolarmente interessante è stata l’analisi
dell’atteggiamento di Giovanni Paolo II nei confronti della
Shoah e in che modo esso è stato percepito dal popolo
ebraico: in più occasioni il papa ha affermato di avere
vissuto direttamente la barbarie naziste e, per la prima
volta, ha riconosciuto che alcuni cristiani non hanno potuto
o voluto aiutare i loro vicini ebrei destinati allo sterminio;
egli, però, anche nei documenti pubblicati nel 1998 e nel
2000
3
ha deluso le aspettative dell’opinione pubblica
ebraica mondiale non condannando esplicitamente la
condotta della Chiesa come istituzione e continuando a
difendere il comportamento di Pio XII.
Un altro tema spinoso che Giovanni Paolo II si è trovato ad
affrontare negli anni del suo papato è stato il rapporto,
tutt’altro che facile, tra Santa Sede e stato di Israele. Egli
si è sempre mostrato piuttosto aperto nei confronti dello
stato ebraico, ma solo nel 1994 il Vaticano ne ha
formalizzato il suo riconoscimento ufficiale; anche dopo la
3
I documenti sono: “Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah” del 1998 e “La Chiesa e
le colpe del passato” del 2000.
6
normalizzazione delle relazioni diplomatiche, rimaneva però
il problema dello status di Gerusalemme, che in realtà è
rimasto irrisolto ancora oggi. La situazione si è fatta
ancora più critica con il riconoscimento vaticano dello stato
palestinese nel 2000: l’opinione pubblica ebraica
internazionale ha sempre accusato Giovanni Paolo II di
eccessiva apertura nei confronti di Arafat, che è stato
ricevuto per la prima volta in Vaticano nel 1982, quando
era ancora un temibile terrorista.
Per la stampa israeliana il momento centrale di questo
papato è stato sicuramente il pellegrinaggio di Giovanni
Paolo II in Terra Santa: durante questo breve viaggio gli
Israeliani, che conoscevano poco il papa e ignoravano la
nuova fase di apertura nelle relazioni ebraico-cristiane,
sono rimasti profondamente colpiti da quest’uomo che, con
il suo incedere incerto, è riuscito a suscitare la
commozione e l’affetto di un intero popolo. Questo viaggio
è stato considerato dall’opinione pubblica la conclusione di
quel processo di apertura nei confronti del popolo ebraico
7
iniziato a Roma nel 1986, quando i cristiani si sono
riscoperti fratelli degli ebrei, e continuato con il
riconoscimento dello stato di Israele nel 1994.
Infine, una breve analisi è stata dedicata all’atteggiamento
particolare della stampa ebraica italiana, la quale ha
vissuto in modo più diretto ed intenso ogni azione di
Giovanni Paolo II.
Incontri significativi
8
CAPITOLO I
INCONTRI SIGNIFICATIVI
Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato caratterizzato da
numerosi viaggi e da vari incontri con personalità, religiose
e laiche, di grande importanza.
La stampa israeliana si è spesso interessata alle udienze
concesse dal papa ad autorità ebraiche o a personalità che
avevano legami di vario tipo con lo stato di Israele o con il
popolo ebraico. Fra gli episodi considerati più importanti
dalla stampa locale spiccano le varie udienze concesse alle
autorità israeliane dal 1985 fino ad oggi, l’incontro di
Giovanni Paolo II con il rabbino capo di Roma Elio Toaff
del 1986 e quelli, profondamente criticati dall’opinione
pubblica mondiale, con Kurt Waldheim, Presidente Federale
della Repubblica d'Austria, nel 1997 e con Joerg Haider,
leader del partito austriaco di estrema destra, nel 2000.
Incontri significativi
9
1. KAROL WOJTYLA E L’AMICO EBREO
Karol Wojtyla, cresciuto a Wadowice, una piccola città ad
una sessantina di chilometri da Cracovia, ha trascorso la
propria infanzia e fanciullezza con ebrei e ha quindi vissuto
direttamente la tragedia della Shoah: ai tempi della
Seconda Guerra Mondiale, infatti, Wadowice era un paese
nella Galizia Occidentale con una popolazione di circa
8.000 persone, di cui 2.000 erano ebrei. A differenza delle
Comunità Ebraiche della Galizia Orientale, dove gli ebrei
parlavano Yddisch
1
e tendevano a vivere separatamente
dai loro vicini non ebrei, qui gli ebrei locali parlavano
polacco e si mescolavano con i loro vicini. Frequentavano
le stesse scuole e prendevano parte insieme a numerose
attività culturali e sportive.
Proprio questa situazione “anomala” rispetto al resto
d’Europa, ha consentito che uno dei migliori amici del
1
Lingua parlata dagli ebrei ashkenaziti, basata su un dialetto alto-tedesco, scritta in
alfabeto ebraico e ricca di parole d’origine ebraica, aramaica e slava. A partire dall’800
l’yddisch diventa il mezzo espressivo della cultura ebraica europea; nel ‘900 i principali
centri letterari yddisch sono stati prima l’Unione Sovietica, poi gli Stati Uniti, unico paese
dove oggi l’yddisch è ancora letterariamente attivo.
Incontri significativi
10
papa, dai tempi della scuola elementare alla maturità nel
1938, fosse Jerzy Kluger, un ebreo. Costretto ad
abbandonare improvvisamente la Polonia per sfuggire alle
retate naziste, il giovane aveva perso ogni contatto con
l’amico Karol, o Lolek, come lo chiamava abitualmente.
Trasferitosi a Roma alla fine della guerra, nel 1965 Kluger
venne informato da un collega della presenza in città
dell’Arcivescovo di Cracovia, un tale Karol Wojtyla; dopo
averlo contattato telefonicamente ed essersi accertato che
egli fosse la stessa persona con cui aveva trascorso la
gioventù in Polonia, Kluger, come ha raccontato
personalmente al giornalista Gian Franco Svidercoschi
2
,
venne ricevuto dall’amico all’Istituto Polacco; dopo aver
ricordato i vecchi tempi ed essersi raccontati gli ultimi
vent’anni delle rispettive vite, i due si sono salutati con un
abbraccio e Wojtyla gli ha detto: ”Un giorno, ebrei e
cristiani dovranno ritrovarsi così”.
2
SVIDERCOSCHI G., Lettera a un amico ebreo, Arnoldo Mondadori Editore, Cles (Tn)
1993.
Incontri significativi
11
Da quell’incontro, i due amici non hanno più perso i
contatti: Kluger era presente alla visita storica del papa
alla Sinagoga Maggiore di Roma nel 1986 ed era in Israele
durante il suo pellegrinaggio nel 2000.
A lui che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, non
aveva trovato la forza per ritornare in Polonia, era stata
indirizzata una lettera con il sigillo pontificio firmata da
Giovanni Paolo II: il papa era stato informato
dell’inaugurazione a Wadowice di una lapide nel luogo in
cui sorgeva la sinagoga ebraica, che, come ha raccontato
nel suo libro “Varcare la soglia della speranza”
3
, i nazisti
avevano fatto saltare a cariche di dinamite nel novembre
1939; egli, non potendo presenziare personalmente alla
cerimonia, aveva deciso di rivolgersi all’amico d’infanzia
con queste parole:
“…Quando andrai il 9 maggio a Wadowice, devi dire, a
quanti saranno lì riuniti, che insieme con Essi ricordo i Loro
Connazionali e Correligionari assassinati e questo luogo di
3
GIOVANNI PAOLO II, Varcare la soglia della speranza, Arnoldo Mondatori Editore,
Milano 1994.
Incontri significativi
12
preghiera che è stato distrutto dagli invasori. Provo una
profonda venerazione per tutto ciò e per tutti coloro la cui
memoria volete venerare il 9 maggio a Wadowice…”
4
Kluger, avendo alla fine trovato il coraggio di ritornare in
Polonia, ha letto pubblicamente le parole di Giovanni Paolo
II alla cerimonia di inaugurazione per la lapide.
Per l’opinione pubblica mondiale, questa storia è l’emblema
di un’amicizia che, nata sui banchi di scuola, si è interrotta
drammaticamente per la guerra, che è ripresa dopo il
conflitto e che continua ancora oggi, anche dopo l’elezione
pontificia di Karol Wojtyla.
4
GIOVANNI PAOLO II, Lettera a Jerzy Kluger, in SVIDERCOSCHI G., Lettera a un amico
ebreo, Arnoldo Mondadori Editore, Cles (Tn) 1993.
Incontri significativi
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2. IL PAPA ED IL RABBINO CAPO DI ROMA
La stampa israeliana, che a fasi alterne ha dato più o meno
importanza alle udienze concesse da Giovanni Paolo II ai
leaders politici del proprio paese, si è occupata anche dei
suoi incontri con importanti autorità religiose: fra queste
spiccava senza dubbio la figura del Rabbino Capo di Roma
Elio Toaff.
Egli aveva ottenuto nel 1939 il titolo di Rabbino Maggiore
al Collegio Rabbinico di Livorno, sua città natale; dopo aver
retto la Comunità Israelitica di Ancona dal 1941 al 1943,
anno in cui era entrato nella Resistenza sui monti della
Versilia, ed essere stato Rabbino Capo a Venezia dal 1946,
nel 1951, alla morte del Rabbino Capo di Roma professor
David Prato, era stato chiamato a sostituirlo nella maggiore
Comunità italiana.
Il primo incontro fra i due leaders religiosi, praticamente
ignorato dalla stampa israeliana, è avvenuto l’8 febbraio
1981, in occasione della Visita Pastorale del pontefice alla
Parrocchia dei Ss. Carlo e Biagio ai Catinari.
Incontri significativi
14
Una data che, invece, è entrata nella storia per la sua
rilevanza nei rapporti fra cattolici ed ebrei è stata il 13
aprile 1986: in quell’occasione Giovanni Paolo II, ripreso
dalle televisioni di tutto il mondo, è entrato nella Sinagoga
Maggiore di Roma, sul Lungotevere Cenci. Questa visita è
stata considerata da tutti di importanza fondamentale: egli,
infatti, primo papa a mettere piede in una sinagoga, ha
pronunciato un discorso che sembrava aprire una nuova
strada nei rapporti fra cristiani ed ebrei; ricordando le
considerazioni fondamentali del numero 4 della “Nostra
Aetate”, il pontefice ha sottolineato che la Chiesa
riconosceva il legame di Cristo con l’Ebraismo e che, di
conseguenza, la religione ebraica era intrinseca a quella
cristiana; egli, inoltre, ha aggiunto che agli ebrei, di quel
tempo e di adesso, non poteva essere imputata nessuna
colpa atavica o collettiva per la passione di Cristo, per cui
era ingiustificata qualsiasi pretesa teologica cristiana di
misure discriminatorie o persecutorie nei loro confronti. Il
papa ha concluso il suo discorso riportando che non era
Incontri significativi
15
lecito considerare gli ebrei “reprobi o maledetti”, ma che
essi rimanevano carissimi a Dio, che li aveva chiamati con
una vocazione irrevocabile.
Giovanni Paolo II, che ha concluso l’incontro abbracciando
Toaff davanti a milioni di persone collegate televisivamente
da ogni parte del mondo, ha affermato che il rapporto che
il Cristianesimo aveva con l’Ebraismo è diverso da quello
che aveva con qualsiasi altra religione e ha pronunciato la
frase, riportata da tutti i giornali, “Siete i nostri fratelli
prediletti…i nostri fratelli maggiori”
5
. Come ha affermato lo
stesso rabbino capo romano, “fu proprio in quel momento
che si aprì una nuova pagina tra ebrei e cristiani. Il Papa
con quella frase ha chiuso definitivamente duemila anni di
incomprensioni, di incomunicabilità, secoli di sofferenze, ed ha
aperto una storia tutta nuova.”
6
Questo incontro, che aveva suscitato l’interesse mondiale
per la sua importanza storica, non è invece stato molto
5
GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla Sinagoga di Roma, in Acta Apostolicae Sedis
78(1986) 1120.
6
LA ROCCA O., Ecumenismo. Dieci anni da quell’incontro, in “Tracce”, aprile 1986.
7
PALMIERI BILLIG L. – SHAPIRO H., The Pope’s historic gesture, in “The Jerusalem Post
International Edition”, 19/04/1986, pag. 2.
Incontri significativi
16
pubblicizzato dalla stampa israeliana. Il “Jerusalem Post”,
ad esempio, ha liquidato la vicenda con un articolo di
trenta righe in seconda pagina in cui si limitava a
sottolineare che questo incontro aveva un carattere
esclusivamente religioso, senza nessun significato politico.
L’articolo, in conclusione, riportava le dichiarazioni di Toaff
secondo cui la sua conversazione col papa sarebbe stata
ascoltata da tutto il mondo.
Le stesse autorità israeliane avevano accolto inizialmente
con diffidenza la notizia della visita papale nel tempio
romano: Israel Lippel, ex-direttore generale del ministero
degli Affari Religiosi e, in quegli anni, Presidente del
“Centro per il Dialogo Interreligioso”, aveva dichiarato che
la cristianità e la Chiesa cattolica avevano un debito con il
popolo ebraico tanto profondo che neppure quest’atto del
papa lo avrebbe potuto cancellare. Zvi Werblowsky,
docente di storia delle religioni all’Università di
Gerusalemme, aveva aggiunto, con fare molto scettico, che
questa prima visita di un pontefice ad una sinagoga,
Incontri significativi
17
benché fosse un fatto assolutamente rivoluzionario nella
bimillenaria e contrastata storia dei rapporti tra ebrei e
cristiani, non gli sembrava rappresentare l’annuncio di un
possibile cambiamento nell’atteggiamento della Santa Sede
nei confronti di Israele.
I media locali, che in quegli anni sembravano aver valutato
poco la rilevanza dell’incontro fra i due leaders religiosi, lo
hanno invece più volte ricordato negli anni successivi, in
particolare in occasione del pellegrinaggio del papa in
Terra Santa nel 2000. Il “Jerusalem Report”
7
, ad esempio,
in un suo articolo del 1996, ha sottolineato che Giovanni
Paolo II è stato il primo pontefice a visitare una sinagoga.
Il “Jerusalem Post”
8
, nel 2000, ha ricordato il giorno di
circa quattordici anni prima in cui Giovanni Paolo II, primo
capo della comunità cristiana dai tempi di San Pietro ad
entrare in un tempio ebraico, aveva varcato la navata
centrale della monumentale Sinagoga di Roma con il
7
KLEIN HALEVI Y., The Church Repents, in “The Jerusalem Report”, 11/01/1996.
8
SHAPIRO H., From Rome to the Wall, in “The Jerusalem Post Daily”, 31/03/2000, pag.
4.