Nel secondo capitolo, invece, si entra nello specifico della Regione
Campania. Ciò che è importante evidenziare è il contesto nel quale gli
operatori del settore devono operare e del quale questi ultimi e i politici
devono tenere conto per prendere delle decisioni. Si illustrano così i fattori
socio-economici che caratterizzano ogni territorio: reddito pro-capite, densità
di popolazione, dotazione infrastrutturale, tasso di criminalità e altri fattori
culturali.
Con il terzo capitolo si comincia l’analisi dei singoli comparti e, in
particolare, del comparto dell’igiene ambientale che da anni rappresenta una
vera e propria emergenza per la Campania e che rischia di danneggiare
inevitabilmente l’immagine di una Regione che cerca di rilanciare la propria
economia attraverso lo sviluppo delle attività turistiche. In tanti anni, infatti,
anche se qualcosa si è fatto, il ciclo dei rifiuti non è ancora completo,
soprattutto per le fasi a monte (raccolta differenziata praticamente inesistente)
e per quelle a valle (ancora non sono stati realizzati termovalorizzatori).
Questa situazione genera continuamente emergenze e sembra non avere vie di
uscita se non coinvolgendo attivamente e informando i cittadini, i quali
osteggiano con forza qualsiasi intervento risolutore.
Nel quarto capitolo si parla di energia (energia elettrica e gas naturale).
Ancora una volta, purtroppo, la situazione è critica: se da un lato la Regione è
praticamente del tutto metanizzata, dall’altro lato la Campania importa l’80%
dell’energia elettrica consumata e ciò rappresenta una minaccia per la
continuità dell’erogazione. Anche qui, nella realizzazione delle nuove centrali,
le opposizioni dei cittadini sono molto forti. Teniamo conto che la
realizzazione delle nuove centrali a ciclo combinato oltre a consentire di
risolvere i problemi della sicurezza della erogazione (con un basso impatto
ambientale) avrebbe anche dei vantaggi per le imprese distributrici di gas che
VIII
vedrebbero aumentare i propri volumi d’affari attraverso la fornitura di
metano alle centrali, consentendo anche l’ingresso di nuovi operatori.
Nel quinto capitolo, invece, si analizzano i servizi idrici integrati e i
trasporti pubblici locali. Nel primo comparto la Campania si è mossa con un
discreto anticipo nell’implementazione della Legge Galli, come nel resto del
Meridione, anche se la situazione resta in fase di “stallo” per quanto riguarda
gli affidamenti e gli investimenti necessari in infrastrutture rappresentano un
grosso problema per il futuro. Per i Trasporti Pubblici Locali, invece, si è
riusciti a giungere alla tariffazione unica prima di procedere alla
liberalizzazione e questo potrà essere sicuramente un vantaggio. Resta però da
porre in essere, oltre alla liberalizzazione, un programma di interventi che
sappia ricondurre ad un sistema unico ed unitario tutte le infrastrutture
presenti sul territorio.
Nell’ultimo capitolo (il sesto) si giunge alle conclusioni. Si tirano le
somme di tutto il lavoro cercando di dare una risposta al quesito principale
della tesi e cioè se la liberalizzazione delle public utilities rappresenta una
minaccia o una opportunità per la Regione Campania. I punti di criticità sono
sicuramente tanti, ma la possibilità di accedere a nuove modalità di
finanziamento (project-financing, quotazione…) da un lato e l’incremento
dell’efficienza delle imprese del settore, dall’altro, rappresentano senza alcun
dubbio una opportunità (ma anche un passo obbligato) per innescare un
circolo virtuoso di crescita economica in Campania.
IX
Il processo di liberalizzazione delle public utilities
CAPITOLO I
IL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE DELLE PUBLIC
UTILITIES
Sommario: Premessa – 1.1 La rilevanza strategica e la transizione delle public utilities nell’ultimo decennio – 1.2
Alcune definizioni per comprendere meglio il settore delle public utilities – 1.3 Il legame tra storia e public utilities
– 1.4 I fattori che influiscono sulla struttura del settore – 1.4.1 La pressione del sistema politico – 1.4.2 I
processi di privatizzazione delle imprese pubbliche – 1.4.2.1 Peculiarità della privatizzazione delle utilities –
1.4.3 Le infrastrutture a rete – 1.4.4 Il progresso tecnologico – 1.4.5 Il contesto normativo di riferimento –
1.4.5.1 Il servizio idrico integrato – 1.4.5.2 Raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani –
1.4.5.3 Trasporto pubblico locale – 1.4.5.4 Energia elettrica – 1.4.5.5 Distribuzione e vendita del gas naturale
– 1.4.6 L’incertezza normativa (La Finanziaria 2004 e l’art.14) – 1.5 Tendenze evolutive in Italia e nella
regione Campania – 1.5.1 Il miglioramento delle performance economico-finanziarie – 1.5.2 Il processo di
consolidamento e aggregazione – 1.5.3 Una privatizzazione “a metà”.
Premessa
Spesso ci capita di capire quanto un bene o un servizio siano realmente
indispensabili soltanto nel momento in cui non ne possiamo usufruire a causa
di ragioni non direttamente imputabili a noi stessi. Problemi quali l’emergenza
idrica in Sicilia degli ultimi anni, l’emergenza rifiuti in Campania, o il blackout
del 28 Settembre 2003, il più clamoroso della storia della Repubblica italiana,
che ha paralizzato una delle otto maggiori economie mondiali, e di cui si fa
tanto parlare nell’ultimo periodo, ci riportano indietro nel tempo di secoli.
Quanti di noi cercano di capire come, centinaia di anni fa, le persone
riuscissero a vivere senza quei servizi di cui oggi non possiamo fare a meno
neppure per pochi minuti.
Elettricità , gas, risorse idriche, mobilità e protezione ambientale, sono
tutti “beni” fondamentali per la nostra vita. Beni indispensabili sia per le
attività di tutti i giorni, quelle più semplici, come, ad esempio, aprire un
rubinetto per sciacquarsi le mani o accendere un fornello per cucinare, ma
anche, e soprattutto, per lo sviluppo del sistema economico-industriale di
qualsiasi Paese.
1
Non è scontato, però, riuscire a cogliere le complessità gestionali e
industriali che sono a monte dell’erogazione di questi servizi, considerati da
molti cittadini, purtroppo, solo un diritto. E’ difficile capire che a fronte dei
notevoli progressi nel settore ci vogliano, in ogni caso, dei “piccoli sacrifici”
da parte di ogni cittadino, al fine di garantire uno sviluppo sostenibile che
possa assicurare a noi e alle generazioni future un tenore di vita più alto.
Questo, però, non avviene, e la classe politica, rispettosa, a volte fin troppo,
delle richieste e delle esigenze dei propri elettori ignari delle reali
problematicità legate ai servizi pubblici locali, rischia di prendere delle
decisioni in parte scorrette e non sempre a reale vantaggio degli stessi cittadini.
1.1 La rilevanza strategica e la transizione delle public utilities nell’ultimo decennio
Nel bene e nel male le public utilities hanno contribuito a scandire e a
segnare la vita degli italiani negli ultimi decenni. Il nuovo ambiente
internazionale, con un più ampio processo di globalizzazione dei mercati, ha
indotto trasformazioni radicali degli assetti proprietari e delle modalità di
offerta dei servizi di pubblica utilità.
Il settore delle public utilities, infatti, sta vivendo un periodo di particolare
vivacità, e si è molto parlato di liberalizzazione e privatizzazione dei mercati
dei servizi. L’ex monopolista Enel, ad esempio, ha dovuto cedere parte della
propria capacità di generazione attraverso la vendita di tre Gen.co. Alcune
società, invece, hanno preferito la quotazione in Borsa (come AEM Milano,
Asm Brescia, o Acegas Trieste). Altre società ancora, in particolar modo in
tempi molto più recenti, hanno perseguito delle strategie di alleanze ed
aggregazioni (tra le più attive Hera in Emilia Romagna), al fine di porre
rimedio all’eccessiva frammentazione che ha sempre caratterizzato il settore.
“La costruzione di un nuovo assetto dei mercati delle utilities in Italia si
presenta oggi, dopo una stagione (gli anni novanta e soprattutto durante gli
2
Il processo di liberalizzazione delle public utilities
anni finali del decennio) segnata da importanti riforme, come un grande
cantiere di lavori in corso. Alcuni decisivi pilastri sono stati eretti, ma l’intero
processo va completato, al fine di definire chiaramente la direzione di marcia e
di evitare il rischio di arrivare ad un mercato concorrenziale regolato in modo
poco coerente
1
”.
Anche l’analisi dei prezzi delle operazioni di acquisizione, a livello
settoriale, conferma la rilevanza di tale processo di cambiamento. Dal livello
dei “moltiplicatori dei prezzi”, attraverso i quali si può arrivare a stimare il
valore di un’impresa oggetto di acquisizione, infatti, si possono ricavare
informazioni sui settori che hanno destato particolare interesse. A
dimostrazione di ciò, le operazioni che hanno riguardato i comparti
dell’energia, del gas e dell’acqua, negli ultimi anni, hanno registrato valori
superiori rispetto a quelli medi
2
.
Si tenga presente, inoltre, che la configurazione delle reti di trasporti, di
quelle della distribuzione di energia o dell’acqua costituirà, nell’immediato
futuro, un elemento essenziale ai fini della determinazione della nostra capacià
competitiva. Nella classifica del Global competitiveness Report del World Economic
Forum, per il 2003-2004 l’Italia si è attestata al 41
o
posto mondiale (33
o
nel
2002) nell’indice che misura il potenziale di crescita dei prossimi 5-8 anni.
Rimane stabile invece (al 24
o
posto) nell’indice che rileva la performance
produttiva. L’inefficienza della burocrazia e l’inadeguatezza delle
infrastrutture, coniugate a un mercato del lavoro ancora troppo rigido, sono i
fattori critici della competitività del nostro Paese
3
. E “l’Italia arretra in tutte le
variabili di cui si compone l’indice della competitività
4
”. Bisogna quindi
1
DE VINCENTI C., Non solo energia e telecomunicazioni: i problemi della transizione avviata nella regolazione delle altre
utilities, Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Economia Pubblica, Roma, 2002
2
CONCA V., Le acquisizioni, Egea, Milano, 2001, pp.127-132.
3
BENECCHI L., Competitività, Italia al 41
o
posto, in “Il Sole-24 Ore”, 30 Ottobre 2003, p. 13.
4
DEMATTE’ C. in BENECCHI L., Competitività, Italia al 41
o
posto, in “Il Sole-24 Ore”, 30 Ottobre 2003, p.
13.
3
riflettere bene sulle decisioni da prendere, in relazione proprio all’importanza
strategica del settore delle utilities.
La stessa Unione Europea ha da tempo sottolineato l’importanza della
liberalizzazione dei mercati dei servizi di pubblica utilità. Si è affermata così la
tendenza verso la costruzione di mercati europei competitivi e omogenei in
settori quali le telecomunicazioni, i trasporti, l’elettricità e ha prevalso
l’opinione che l’apertura di questi mercati sia l’unico modo per affrontare la
pressione concorrenziale di operatori extra-europei. Rispondendo con
prontezza alle direttive europee, i principali operatori dei settori citati hanno
raccolto questa sfida procedendo alla costruzione di una rete di alleanze ed
aggregazioni all’interno dei propri Paesi, dell’intera Europa o addirittura
accordi extra-europei.
Da sottolineare come la liberalizzazione dei mercati dei servizi di
pubblica utilità non sia sempre stata accolta con grande favore. Le resistenze
sono state sostenute, e lo sono ancora, dall’idea che salvaguardando il
monopolio nel mercato interno si sarebbe garantito il mantenimento delle
attività strategiche in ambito nazionale. E’ opportuno, invece, rendersi conto
che senza una reale liberalizzazione e internazionalizzazione del settore, le
imprese italiane non saranno mai in grado di raggiungere quegli standard di
efficienza tecnica, organizzativa e commerciale che sono propri di altri
operatori, e in particolare degli operatori leader nei mercati internazionali.
Bisogna nuovamente rilevare che dalle scelte delle nostre utilities dipendono,
oggi in misura rilevante, il potenziale competitivo delle imprese italiane e la
loro capacità di imporsi sui mercati internazionali.
Non dovrebbero quindi esservi esitazioni circa la direzione di marcia:
liberalizzazione dei mercati interni dei servizi di pubblica utilità da associarsi
ad una nuova maniera di intendere la regolazione, a processi di privatizzazione
4
Il processo di liberalizzazione delle public utilities
capaci di indurre incrementi di efficienza e nuove prospettive di crescita, e una
rinnovata apertura alle alleanze internazionali.
Lo stesso presidente della Confindustria, Antonio D’Amato, ha posto
sul tavolo dell’Esecutivo il problema delle privatizzazioni e liberalizzazioni dei
servizi pubblici locali, sottolineando come questo sia una questione affrontata
anche nella precedente legislatura. Dal Governo, quindi, occorre una
immediata assunzione di responsabilità. “Una scelta indispensabile: la vendita
delle società di servizi pubblici locali andrebbe a ridurre il debito degli enti
locali. Con le privatizzazioni, inoltre, potranno essere reperite le risorse per
offrire servizi di migliore qualità, ed anche la maggiore trasparenza e la
maggiore competitività andranno a favore dei cittadini
5
”.
Si tratta, quindi, anche di saper regolare correttamente il settore dei
servizi pubblici, in modo da evitare le alterazioni delle condizioni
concorrenziali e le inefficienze che inevitabilmente conseguirebbero ad un
mercato lasciato a se stesso. Non a caso, dunque, la regolamentazione di molti
servizi di pubblica utilità è da associare alla nascita delle cosiddette Autorità
Indipendenti cui è stato chiesto di svolgere quelle funzioni di
regolamentazione e di controllo che, fino a pochi anni fa, si riteneva più
appropriato attribuire alla pubblica amministrazione. Si cerca così di evitare
che a monopoli pubblici si finisca semplicemente di sostituire il monopolio
privato.
1.2 Alcune definizioni per comprendere meglio il settore delle public utilities
Numerosi fattori hanno avviato un processo di riforma che sta
modificando radicalmente i servizi pubblici locali. Bisogna però tenere
presente che, a seconda della prospettiva di analisi adottata, in questo settore
5
D’AMATO A. in PICCHIO N., Liberalizzazioni ferme, si cambia rotta, in “Il Sole-24 Ore”, 30 Ottobre 2003, p. 2.
5
si potrebbero includere diversi comparti produttivi e distributivi. In questa
analisi si tratterà, in particolare, dei servizi di erogazione dell’energia elettrica,
di distribuzione del gas naturale, di gestione del ciclo dell’acqua, di gestione
dei rifiuti e di trasporto collettivo di linea. Sono questi, comparti
tradizionalmente “stabili”, che si trovano ora ad affrontare problematiche mai
considerate in passato.
Per valutare criticamente questa fase di transizione, con riferimento
particolare alla situazione della regione Campania, è opportuno definire
innanzitutto l’oggetto dell’indagine e le caratteristiche peculiari di questo
settore, le quali influenzano pesantemente le modalità di gestione e
organizzazione delle imprese di riferimento. Si definisce public utility una
“società, ovvero un ente o azienda statale o qualsiasi altro tipo di istituzione
chiamata a soddisfare la domanda di servizi ritenuti di interesse rilevante per
una comunità
6
”. Rilevante è il compito di tutelare e soddisfare i bisogni
pubblici, relativamente ad una funzione assegnata e all’ambito territoriale di
competenza
7
. Da sottolineare, inoltre, la difficoltà nello stabilire in maniera
univoca ed oggettiva quali servizi abbiano il carattere della rilevanza per
un’intera comunità.
Per identificare in maniera più precisa i servizi pubblici si possono
definire, innanzitutto, i diversi requisiti che li caratterizzano. E’ importante
fare riferimento al principio dell’Universalità, che tende, almeno teoricamente,
ad assicurare a tutti i cittadini la possibilità di accedere al servizio e in
particolare al cosiddetto “obbligo di servizio pubblico”, che consiste in
obblighi di fornitura sotto il profilo geografico e in obblighi a contrarre. Ai
vincoli della continuità, dell’uguaglianza di trattamento e adattamento ai
bisogni, si deve aggiungere poi, il fatto che il processo di scambio debba
6
DELL’ACQUA A. in DALLOCCHIO M., ROMITI S., VESIN G., Public Utilities. Creazione del valore e nuove
strategie, EGEA, Milano, 2001, p. 7.
7
AIROLDI G., BRUNETTI G., CODA V., Economia Aziendale, Il Mulino, Bologna, 1994, pp. 43-47.
6
Il processo di liberalizzazione delle public utilities
avvenire a tariffe accessibili, che consentano di raggiungere tutti_gli_utenti.
Un ultimo carattere è quello del rispetto di standard qualitativi preventivamente
definiti.
Tali servizi sono così caratterizzati da condizioni particolari di
produzione e di scambio. Esiste un vincolo di erogazione su tutto il territorio
a condizioni accessibili e a tariffe che non ne impediscano l’accessibilità alle
fasce di reddito più basse.
Questa caratteristica di universalità è legata pertanto a due dimensioni
principali:
9 l’ambito territoriale di riferimento del bacino di erogazione (l’intero
territorio nazionale, i territori regionali o i territori locali);
9 le condizioni infrastrutturali, su cui si basa l’erogazione dei servizi, e quelle
tecnologiche ed organizzative.
In fasi storiche contraddistinte da scarsa evoluzione delle tecnologie
nella realizzazione e gestione delle reti infrastrutturali, la sola gestione in
monopolio, tramite impresa pubblica, ha rappresentato la garanzia di accesso
alle prestazioni da parte di tutti i cittadini
8
. Il cambiamento tecnologico, però,
ha impattato notevolmente sulla struttura del settore, facendo venir meno, in
particolare, quelle condizioni che rendevano efficiente la sola gestione in
condizioni di monopolio dei diversi servizi.
9
1.3 Il legame tra storia e public utilities
E’ evidente lo stretto legame tra evoluzione dei servizi pubblici locali da
un lato, e il contesto di riferimento dall’altro. Può così essere molto utile
ripercorrere le diverse fasi storiche durante le quali il settore ha subito
8
ELEFANTI M., La liberalizzazione dei servizi pubblici locali, Egea, Milano, 2003, pp. 1-12.
9
GILARDONI A. in GILARDONI A., LORENZONI G., Public utilities locali. Alleanze e aggregazioni, Egea,
Milano, 2003, pp. 3-45.
7
profondi cambiamenti a seconda delle mutate condizioni sociali, tecnologiche
e di conseguenza anche normative. Partendo dall’inizio del secolo scorso, la
notevole diffusione di tali servizi, in particolar modo nelle grandi città, aveva
richiesto investimenti così ingenti da superare le reali possibilità finanziarie dei
Comuni. Si pensò di risolvere il problema attraverso la concessione degli
impianti e della loro gestione a imprenditori privati.
Il processo di urbanizzazione che ha caratterizzato l’inizio del secolo,
ma anche il secondo dopoguerra, ha cominciato, però, a mettere in evidenza i
primi problemi. I gestori privati, al fine di sostenere i crescenti investimenti,
ricorrevano all’adeguamento tariffario, mettendo così in discussione il
principio della universalità di accesso. La crescita della domanda di servizi
portò, in tal modo, al fallimento delle regole del mercato: la concessione ai
privati, infatti, non riuscendo a conciliare l’interesse degli imprenditori con
l’interesse collettivo, non era in grado di garantire l’accesso a tutti i cittadini.
Da questa situazione, al fine anche di evitare conflitti sociali, il 29
marzo 1903 fu approvata una legge, che insieme al testo unico del 1925,
introduceva la figura dell’azienda municipalizzata, con la quale si sanciva la
facoltà dei comuni di intervenire direttamente nella gestione dei servizi
pubblici locali
10
.
Le perplessità esposte all’inizio del secolo nei confronti di questo
provvedimento erano in linea con le motivazioni che spingono, oggi,
all’apertura al mercato della gestione dei servizi pubblici. La paura era quella
che l’intervento politico nella gestione, a scapito degli aspetti tecnici, avrebbe
evidenziato diversi limiti, come ad esempio la crescita ingiustificata del
numero dei dipendenti. Ciò avrebbe portato a bassi livelli di efficienza e,
ovviamente, di efficacia nella erogazione dei servizi.
10
ELEFANTI M., La liberalizzazione dei servizi pubblici locali, Egea, Milano, 2003, pp. 12-18.
8
Il processo di liberalizzazione delle public utilities
I provvedimenti del 1903 e del 1925 hanno rappresentato il fulcro della
regolamentazione dei servizi pubblici locali fino alla approvazione della legge
142 di riforma delle autonomie locali nel 1990. La legge 142/1990 introduceva
nuovi modelli gestionali. Tali servizi potevano essere gestiti:
9 in economia direttamente dai Comuni;
9 in concessione a terzi, che diversamente da quanto previsto dal Testo
Unico del 1925 possono essere soggetti sia pubblici che privati;
9 a mezzo di azienda speciale, derivante dal modello dall’azienda
municipalizzata, ma con una importante differenza: la personalità giuridica.
Questo elemento contribuisce all’indipendenza dell’azienda speciale
dall’ente locale, consentendone sia l’autonomia organizzativa che quella
gestionale;
9 a mezzo di istituzione per i servizi a carattere sociale;
9 a mezzo di S.p.A. a prevalente capitale pubblico locale (il requisito della
maggioranza di capitale pubblico viene abolito con la legge 498/92);
9 attraverso forme associative e di cooperazione;
9 attraverso consorzi fra enti locali del tutto equiparabili alle aziende speciali.
Con il passare del tempo, quindi, grazie alla legge di riordino delle
autonomie locali (Legge n. 142/1990), gli Enti locali hanno avuto la possibilità
di scegliere quale formula utilizzare per raggiungere al meglio i propri obiettivi.
Le Amministrazioni Locali, in questo modo, hanno rinnovato le proprie
strategie di intervento sul territorio.
A questa riforma aveva contribuito anche la crisi della politica e degli
Stati nazionali alla fine degli anni ’80, dovuta in parte alla notevole complessità
del sistema di amministrazione pubblica, legata all’intervento diretto in alcuni
processi di produzione e consumo della ricchezza. La gestione delle imprese in
mano agli enti pubblici (nazionali o locali), a causa dei forti deficit in cui erano
incorsi, aveva portato ad una grossa perdita di fiducia, da parte della opinione
9
pubblica, nelle capacità gestionali della pubblica amministrazione. Questa crisi
aveva spinto verso l’introduzione di nuove modalità di gestione dei servizi
pubblici, che fossero in grado, inoltre, di attrarre competenze manageriali e di
orientare ad un approccio più aziendale
11
.
Nell’ultimo decennio, infine, in relazione anche alle crescenti pressioni a
livello comunitario per la liberalizzazione e la privatizzazione del settore dei
servizi pubblici, le formule istituzionali disponibili per la gestione si sono
ridotte alla sola società per azioni (anche se, più correttamente, si dovrebbe far
riferimento alla società di capitali, sia essa società per azioni a maggioranza
pubblica, società per azioni a maggioranza privata o società a responsabilità
limitata). Anche il ruolo degli Enti locali tende ad evolversi: si sta passando da
produttori diretti a regolatori dell’attività di soggetti terzi.
Importanti innovazioni, relative alle modalità di gestione dei servizi
pubblici locali, sono state introdotte dall’art. 35 della Legge Finanziaria 2002
(Legge 448/2001). Tale norma ha, infatti, distinto i servizi pubblici di rilevanza
industriale da quelli privi di rilevanza industriale, proprio al fine di prevedere
diverse modalità di erogazione dei servizi in questione. Ma la stessa
Finanziaria 2004 all’art. 14, di cui si parlerà nei prossimi paragrafi, ha
sostanzialmente rimesso mano alla questione dei servizi pubblici locali
Riassumendo, quindi, molteplici sono i fattori che hanno impattato
negli ultimi dieci anni sulle public utilities, che hanno modificato radicalmente la
struttura del settore e i percorsi evolutivi delle imprese che vi operano:
9 le pressioni comunitarie all’apertura dei mercati alla concorrenza e al
superamento dei monopoli naturali;
9 politiche tariffarie sempre più legate a logiche competitive;
9 l’evoluzione delle tecnologie;
11
GARLATTI A., L’impresa pubblica e il controllo del gruppo locale, Egea, Milano, 1994, pp. 25-30.
10
Il processo di liberalizzazione delle public utilities
9 l’opportunità di integrare attività tradizionali ad altre più evolute e
avanzate.
A questo punto, dopo aver analizzato, in breve, il percorso evolutivo
dei servizi pubblici, sembra opportuno analizzare in modo approfondito i
diversi fattori che impattano sulla struttura del settore.
1.4 I fattori che influiscono sulla struttura del settore
Gli elementi che determinano la struttura e l’evoluzione del settore dei
servizi pubblici locali sono molteplici. Qui analizzeremo i principali e in
particolare: la pressione del sistema politico, i processi di privatizzazione delle
imprese pubbliche, le infrastrutture a rete, il progresso tecnologico e il
contesto normativo di riferimento.
1.4.1 La pressione del sistema politico
Le peculiarità e l’evoluzione storica del settore delle utilities hanno fatto
si che il sistema politico, sia a livello nazionale che locale, continui ad avere un
ruolo rilevante nonostante i processi di liberalizzazione e privatizzazione.
Le ex-municipalizzate, ad esempio, continuano ad essere una leva
fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi politici all’interno del
territorio amministrato. La sola analisi degli aspetti occupazionali può già far
capire l’enorme potere che gli Enti Locali hanno nelle proprie mani. Questo
aspetto è sempre esistito, e anche se da alcuni punti di vista è apprezzabile,
rappresenta un grosso ostacolo al cambiamento perché difficilmente
cancellabile.
Proprio questa forte ingerenza politica è la causa di un altro grosso
problema, che rende ancora più complesso l’operato dei diversi attori. Le
imprese del settore, infatti, si trovano ad operare in un contesto in continuo
11
cambiamento, dato che gli indirizzi strategici mutano, nella maggioranza dei
casi, ogni volta che cambia la coalizione di governo locale o nazionale
12
.
In parte anche alla risoluzione del problema della politicizzazione delle
decisioni è rivolto il processo di privatizzazione che ha caratterizzato le
economie industriali più grandi del mondo.
1.4.2 I processi di privatizzazione delle imprese pubbliche
Il fenomeno delle privatizzazioni, tra il 1977 e il 1997, ha interessato,
nel mondo, tutti i settori tipicamente governati da imprese pubbliche:
telecomunicazioni, energia, servizi di pubblica utilità e finanza.
E’ nel 1979, in Gran Bretagna, che il governo conservatore di Margaret
Thatcher conia il termine privatisation e, negli anni successivi, realizza una
politica di dismissioni considerata, tuttora, il miglior esempio esistente per
completezza e qualità. Nonostante lo scetticismo iniziale, il successo di molte
operazioni di vendita ha reso le politiche di privatizzazione un elemento
fondamentale dell’economia globale.
La politica di privatizzazione, attraverso il trasferimento di imprese o
servizi dalla proprietà e dal controllo pubblico alla proprietà e al controllo del
settore privato, sul piano generale ha molteplici obiettivi che vanno
dall’efficienza, alla creazione di valore, alla de-politicizzazione delle decisioni,
alla riduzione del disavanzo pubblico, alla promozione dell’azionariato
popolare. Grazie al decentramento della proprietà, effettivamente, le imprese
privatizzate hanno migliorato grandemente l’efficienza e la competitività,
riducendo, allo stesso tempo, il debito pubblico e il disavanzo.
Da sottolineare il fatto che in tutte le aree del mondo è in atto un
processo di dismissione delle imprese pubbliche, a volte spontaneo, a volte
12
GILARDONI A. in GILARDONI A., LORENZONI G., Public utilities locali. Alleanze e aggregazioni, Egea,
Milano, 2003, pp. 3-45.
12