2
Mi concentrerò su un Paese in particolare, la Repubblica Popolare Cinese, poiché
le sue dimensioni vastissime, sia in termini di popolazione, sia di area geografica,
sia di sviluppo economico, la rendono un attore predominante nel contesto del
nostro mondo globalizzato.
La Repubblica Popolare Cinese, con il suo miliardo e 300 milioni di abitanti, è
uno dei Paesi più popolosi al mondo e i tassi di crescita della popolazione
dimostrano che il suo ruolo sulla scena mondiale è di assoluto primo piano.
Il 1994 segna l’anno di ingresso della Cina nel mondo della Rete e il numero di
utenti on-line si attestava intorno ai cinque mila. Oggi a dieci anni di distanza
questo numero ha subito moltiplicazioni a ritmi vertiginosi arrivando a toccare
novantaquattro milioni di presenze on-line. Con questi dati, la Cina ha il maggior
numero di presenze sul Web di ogni altro paese al mondo, eccetto gli Stati Uniti
d’America che ne contano centosessantacinque milioni. Questo dato può sembrare
a prima vista basso, se confrontato con il numero degli abitanti (infatti è l’8% del
totale della popolazione), ma il ritmo di crescita è così elevato, che nel giro di una
decina di anni sarà il Paese predominante sulla scena Internet.
Nel secondo capitolo sarà quindi analizzato il rapido sviluppo di Internet in Cina,
gli assi dimensionali della sua diffusione, gli attori protagonisti di questa
innovazione. Chiaramente il fautore principale dello sviluppo di Internet è il
Governo Cinese, ossia i vertici del Partito Comunista Cinese, che vedono la Rete
come uno strumento di “informatizzazione”, intendendo con questo termine
l’entrata dell’IT (Information Technology) in Cina, con i conseguenti vantaggi
economici e sociali che questa innovazione comporta. Il Governo ha
evidentemente capito che lo sviluppo e la crescita economica del Paese dipendono
dall’integrazione nazionale con le infrastrutture informatiche globali, e che la new
economy e l’IT- Business sono le rivoluzioni copernicane del nostro secolo,
aprendo in tal modo le porte al capitalismo (da non dimenticare il fatto che la Cina
è entrata nel Wto nel 2001). Anche l’e-government (che può essere definito come
l’implementazione di servizi on-line finalizzati a migliorare l’efficienza delle
transazioni tra cittadini e amministrazione) fa il suo ingresso in Cina, ad esempio
attraverso i siti web delle amministrazioni provinciali e mediante la possibilità
dello scambio di e-mail tra cittadini e amministratori.
Ma questo è solo un lato della medaglia. L’altro, quello più oscuro, ambiguo e
misterioso, è il pressante e intenso controllo che il Governo esercita su Internet. È
3
stato argomentato, infatti, che Internet rappresenti una sfida alla stabilità di
governi autoritari, diffondendo pericolose informazioni, che possono contribuire a
sensibilizzare l’opinione pubblica, resa apatica dalla censura governativa. Questa
opinione non può essere accettata integralmente poiché è ormai assodato che
governi autoritari, come quello cinese, riescano ad esercitare un forte controllo su
questo medium che, apparentemente, sembra non avere confini e che non debba
sottostare ad alcuna legge. Nel capitolo terzo sarà quindi posta in rassegna alcuna
della letteratura sociologica sul potere e sulla sorveglianza, esaminando come le
nuove tecnologie possano implementare la sorveglianza elettronica sui cittadini. A
questo proposito sarà analizzato il Panopticon, il progetto di prigione inventato da
Jeremy Bentham nel 1791, come esempio di architettura che regola il
comportamento, mediato poi dagli studi Michel Foucalt. Un’attualizzazione di
questo modello teorico può contribuire a far luce su come funziona la
sorveglianza elettronica.
Nel capitolo quarto sarà quindi mostrato come il Governo cinese agisca nei
confronti di Internet, contribuendo a creare uno stato di continuo controllo sugli
utenti on-line. Sono di vario genere e numero gli stratagemmi adottati dal
Governo per prevenire il “fenomeno” Internet: monitoraggio di e-mail private,
blocco di siti web con contenuti considerati pericolosi per l’ordine sociale (di cui
alcuni stranieri come la Cnn, Il Washington Post e altri), filtri imposti nei motori
di ricerca (come in quello più diffuso e amato dagli utenti on-line: Google),
reindirizzamento di siti web “pericolosi” verso altri innocui, chiusura di
cybercaffè, i luoghi per eccellenza da cui i cinesi si connettono alla Rete, e infine
la strategia dell’auto-censura, che ha così tanta presa nella mente dei cittadini
cinesi. In aggiunta a ciò esiste il “grande Firewall Cinese”, una sorta di Grande
Muraglia virtuale che filtra tutto il traffico in entrata e in uscita dalla Cina. Il tipo
di controllo attuato dal Governo cinese è stato anche preso come modello per la
sua efficienza da altri stati autoritari, come ad esempio Cuba.
È stato inoltre stilato un severissimo codice governativo di comportamento on-line
e una lunga lista di Cybercrimini, che arriva perfino ad annoverare la pena di
morte, prevista ad esempio per la divulgazione di segreti di stato tramite Internet,
oltre naturalmente alla reclusione in prigione. E’ per questo motivo che la Cina
vanta il più alto numero al mondo di cyberdissidenti detenuti in carcere, 61,
secondo i dati forniti da Reporters sans Frontieres.
4
Nel capitolo quinto si analizzerà quali sono i meccanismi usati dagli utenti della
società civile cinese per aggirare i filtri e i siti bloccati dal governo e quali rischi
corrano agendo in questo modo. A questo proposito è bene sottolineare che solo
una piccola minoranza della popolazione ha le conoscenze informatiche
necessarie per compiere questo tipo di azioni, considerate illegali dal Governo
cinese. È bene anche considerare lo scoglio della barriera linguistica: molti cinesi
non conoscono sufficientemente bene la lingua inglese (lingua franca per
eccellenza del Web) e per tale motivo si accontentano di navigare nei seicentomila
e più siti web in lingua cinese autorizzati del Governo.
Ho ritenuto anche opportuno mostrare come la società civile globale, in
particolare quella americana, sia molto sensibile alle pratiche di limitazione della
libertà di espressione e comunicazione in Paesi non democratici. Esistono infatti
organizzazioni umanitarie molto attive che cercano di ottenere informazioni su
soprusi a cittadini e giornalisti e di divulgarle nella sfera pubblica, come ad
esempio “Human Rights Watcht”, “Amnesty International” e molte altre ancora.
E’ proprio sul controverso rapporto che esiste tra la nazione degli Stati Uniti
d’America e la Repubblica Popolare Cinese, intriso di un concentrato di paura,
diffidenza, ma anche di sotterranea ammirazione reciproca, che si può tentare una
comparazione metodologica tra la sorveglianza elettronica cinese e quella
americana, che sarà analizzata nel capitolo sesto. Per quanto gli Stati Uniti siano
la più grossa democrazia esistente nel nostro pianeta e la patria di tutte le libertà
civili, il 26 ottobre 2001, a seguito del feroce attentato delle Torri Gemelle, è stato
votato dal Congresso Americano un atto, l’Usa Patriot Act (che alcuni
commentatori non hanno esitato a definire limitatore delle libertà civili). Questo
provvedimento, che mira a porre in essere una stretta guerra al terrorismo su scala
globale, si avvale della facoltà di poter controllare ogni singola transazione, o
operazione di cittadini qualunque, (come ad esempio la semplicissima procedura
di un prestito di libri in una biblioteca pubblica, che è puntualmente registrato in
un data-base) con lo scopo di poter rintracciare eventuali piani terroristici
sotterranei. Oltre ovviamente al monitoraggio e alla censura di contenuti Internet,
che potrebbero essere dannosi per la sicurezza nazionale.
Come base dell’elaborato sono state consultate fonti accademiche cartacee, ma
per l’aggiornamento costante dell’argomento ci sarà una prevalenza di fonti
consultate tramite Internet.
5
Le fonti principali sono state esaminate su Internet, in particolar modo nei siti web
di università americane, come il weblog China Digital News,
2
un progetto di
ricerca e monitoraggio della situazione di Internet in Cina della scuola di
giornalismo della Berkeley University (California) o Il Berkman Center for
Internet & Society at Harvard Law School,
3
o l’organizzazione OpenNet
Iniziative,
4
un centro di ricerca su Internet, oltre naturalmente a siti web officiali
di news.
Una fonte di grandissima utilità è la mailing list Chinese Internet Research, uno
spazio di discussione online tra docenti universitari, ricercatori e semplici
appassionati dello stato di Internet in Cina di tutto il mondo, in cui sono discusse
tematiche sempre aggiornate che provengono dall’attualità quotidiana. Sono
inoltre consigliate letture di articoli, libri e riviste online sulla situazione cinese,
oltre ovviamente a informazioni di carattere più pratico, come convegni in tutto il
mondo, che trattano di questa tematica, che riscuote un forte interesse soprattutto
negli Stati Uniti.
5
2
http://journalism.berkeley.edu/projects/chinadn/en
3
http://cyber.law.harvard.edu/filtering
4
http://opennetinitiative.org
5
http://groups.yahoo.com/group/chineseinternetresearch/ La mia richiesta di partecipazione a
questa mailing list risale al settembre 2004, di conseguenza i documenti di questo gruppo di
discussione presi in esame sono a partire dalla data sopraccitata.
6
CAPITOLO 1
STORIA E SVILUPPO DI INTERNET
“ I think there is a world market for maybe five computers.”
1
1.1. PREMESSA METODOLOGICA
La tecnologia è una dimensione fondamentale del cambiamento sociale. Le
società si evolvono e si trasformano mediante una complessa interazione di fattori
culturali, economici, politici e tecnologici. E’ necessario quindi inserire la nascita
e le origini di una tecnologia all’interno di questa matrice multidimensionale.
Nello studio dello sviluppo sociale di una tecnologia, quale il medium preso in
esame, è necessario evitare affermazioni deterministiche, sia in un verso, sia
nell’altro. Analizziamole brevemente.
Esiste un tipo di determinismo (dove per determinismo s’intende la concezione
secondo la quale ogni avvenimento è necessariamente determinato da un altro che
lo precede) definito tecnologico. Secondo questa visione la ricerca scientifica e
tecnologica sono considerate come distaccate dalla società, come parti di un altro
mondo indipendente, le quali successivamente andranno a creare nuove società.
Le nuove tecnologie sono studiate e progettate mediante un processo interno di
ricerca e sviluppo. Essenzialmente ci si chiede: c’è una nuova tecnologia, quindi
come cambierà la nostra vita? Gli effetti delle tecnologie, diretti e indiretti
andranno a costituire la storia della nostra società.
Esiste poi un secondo tipo di determinismo, quello culturale. Qui la tecnologia è
considerata un sottoprodotto di un processo sociale, il sintomo di un cambiamento
pubblico, collettivo; in un certo senso anche questa visione ritiene la tecnologia
estranea alla società.
E’ necessario però un superamento di queste due visioni a favore di un approccio
che le integri entrambe: è il caso del “Social shaping theory”, o costruttivismo
1
Thomas Watson, Presidente di IBM nel 1943
7
sociale. Si studia lo sviluppo di una tecnologia all’interno della vita quotidiana
degli utenti; si studia come il medium retroagisce sugli attori sociali e sulla loro
creatività. In quest’approccio è fondamentale affermare quanto tecnologia e
società interagiscano tra loro, ponendo attenzione alla complessità di questo
rapporto: infatti le tecnologie sono continuamente ricostituite dagli usi che gli
utenti ne fanno di esse. In questo senso si può affermare che la tecnologia è
adattata, non adottata dagli utenti.
2
Si configura un rapporto bidirezionale: le
innovazioni tecnologiche sono rese possibili dallo stato della società attuale, così
come la tecnologia può agire ed avere effetti sociali poiché immersa (embedded)
nella società e nelle relazioni tra gli individui.
Sarà proprio quest’ottica a guidare l’analisi del fenomeno Internet, di quanto
questo abbia rivoluzionato la nostra vita, tenendo conto di come la produzione
storica di una data tecnologia determini i suoi contenuti e le sue utilizzazioni.
Fare storia della tecnologia è un’attività complessa, in cui è alto il rischio di
cadere in visioni semplicistiche e di attribuire meriti a singoli personaggi. Quasi
mai, infatti, le origini di una tecnologia sono riconducibili ad un solo individuo, ad
un unico progetto o ad un sistema teorico coerente. E, spesso, dallo scopo iniziale
per cui un artefatto era stato progettato si va verso direzioni nuove, che non erano
di certo state calcolate. E da qui possono nascere le rivoluzioni vere e proprie,
come Internet.
1.1.2. La soppressione del potenziale radicale delle tecnologie
Studiando lo sviluppo di una tecnologia e quindi di un nuovo mezzo di
comunicazione ci si imbatte in una teoria formulata per la prima volta da Brian
Winston, necessaria per capire come si sviluppino queste tecnologie: la legge
della soppressione del potenziale radicale. Con questa definizione si intendono i
freni sociali, politici o economici che possono rallentare l’impatto destabilizzante
della nuova tecnologia sullo status quo sociale, in quanto ogni nuova tecnologia
può essere vista come rivoluzionaria. Questi freni sorgono da quattro categorie
che rappresentano le necessità sociali emergenti, che se da un lato possono
costituire un acceleratore per lo sviluppo delle nuove tecnologie e quindi
trasformare un prototipo in un’invenzione, dall’altro possono anche inibirlo.
2
L. Lievrouw e S. Livingstone, The social shaping and the consequences of ICTs
8
Queste necessità sociali emergenti sono date dalle necessità delle imprese, che
impongono il loro volere sulla tecnologia; dai requisiti delle altre tecnologie, che
vanno costantemente a migliorare l’avanzamento tecnologico; dalle azioni
regolatrici e legali, che possono favorire o danneggiare il progresso tecnologico e
infine dalle forze sociali generali, come ad esempio le mode giovanili che possono
spingere a far accettare in massa o rifiutare un tipo determinato di tecnologia. La
prova più evidente dell’esistenza della legge di soppressione del potenziale
radicale è data dalla continuazione, nonostante il bombardamento tecnologico, di
tutte le istituzioni della nostra cultura, che sono sì soggette ad alterazioni, ma non
a cambiamenti rivoluzionari. È proprio questa legge che fa sì che una tecnologia
di comunicazione impieghi alcune decadi per diffondersi. In ogni caso questa
legge non significa che i tecnologi smettano di produrre artefatti. Al contrario,
come le necessità sociali emergenti hanno trasformato un prototipo in
un’invenzione, ora sempre le stesse necessità sociali emergenti, nonostante la
legge di soppressione del potenziale radicale, continuano ad incoraggiare
l’avanzamento tecnologico e produttivo con le sue conseguenze e ridondanze. Ne
consegue una lotta tra gli acceleratori delle necessità sociali emergenti e i freni
della legge di soppressione, questo conflitto costante governa la natura della
diffusione delle tecnologie. Le necessità sociali emergenti garantiscono che le
invenzioni siano prodotte, mentre la legge opera come una limitazione a questa
produzione, che a volte è necessaria.
È possibile riscontrare questo tipo di conflitto anche nella storia di Internet, che ha
impiegato circa trent’anni per affermarsi, dalla sua preistoria alla diffusione
attuale, supportata principalmente da una necessità sociale emergente: la
globalizzazione.
3
3
Brian Winston, Media Technology and Society. A History: from telegraph to the Internet, 1998
9
1.2. LA PREISTORIA
E’ il 1946, e in una sala di 135 metri quadrati presso il poligono di tiro di
Aberdeen (Maryland) entra in funzione il primo elaboratore elettronico a valvole,
chiamato ENIAC (Electronic Numerical Integrator and Calculator), finanziato
dall’Esercito Statunitense. Il suo compito è di calcolare le tabelle balistiche di
ogni tipo di cannone e di proiettile. Pesa trenta tonnellate, le sue prestazioni sono
all’ordine di trecento moltiplicazioni a dieci cifre al secondo (di molto inferiori a
quelle del più economico microchip odierno) e l’enorme quantità di calore
generato richiede la presenza di potenti impianti di condizionamento.
Nel 1950 sono immessi sul mercato i primi computer prodotti per scopi
commerciali, del peso di circa cinque tonnellate.
4
Ma l’ambiente in cui si colloca la nascita di Internet è quello militare e in
particolare nel clima della “guerra fredda” e della lotta tecnologica tra gli Usa e
l’ex Unione Sovietica.
L’evento simbolico di questa competizione fu il lancio del primo satellite
artificiale, lo Sputnik, da parte dell’Unione Sovietica nel 1957. Questo successo
della tecnologia russa creò un profondo turbamento nella fede della supremazia
americana nel campo tecnico-militare: gli Usa si sentirono infatti minacciati dalla
grande potenza russa.
5
Per cercare di riportare la situazione internazionale su un piano di parità,
l’amministrazione Usa lanciò l’idea di creare un’agenzia preposta al
finanziamento e all’incentivazione della ricerca scientifica in settori collegati
all’ambito militare. Nel 1958 il Congresso Americano istituì la costituzione
dell’ARPA (Advanced Research Projects Agency) presso il dipartimento della
Difesa. Nel medesimo anno però venne istituita la NASA (National Aeronautics
and Space Administration), che arrogò a sé tutto il potere e i finanziamenti su
progetti missilistici e spaziali. Fu necessario trovare un nuovo settore di sviluppo
per l’ARPA, che si indirizzò verso la nuova scienza dei calcolatori. Molti illustri
scienziati e studiosi lasciarono il loro prezioso contributo all’ARPA, contribuendo
a fare aumentare l’interesse e la ricerca verso la scienza dell’informatica. In
particolar modo si venne a creare una profonda inclinazione verso lo sviluppo dei
4
Di Nardo e Zocchi, Internet, Storia, tecnica e sociologia
5
Marco Calvo et al. Internet 2000, pp.411-422
10
primi sistemi informatici basati sul time-sharing,
6
verso la comunicazione
interattiva e comparve per la prima volta l’idea di una rete mondiale di computer.
Negli stessi anni alla RAND Corporation, azienda californiana autonoma che
proseguiva negli sforzi di ricerca applicata, ci si domandava come riuscire a
garantire che il sistema di controllo strategico dell’esercito rimanesse in piedi in
seguito ad un attacco nucleare. L’ingegnere Baran giunse a due conclusioni. La
prima era che una rete sicura doveva possedere una configurazione decentralizzata
e ridondante, da far sì che esistessero più percorsi alternativi, attraverso i quali far
passare un messaggio da un estremo all’altro; la seconda conclusione era che il
sistema di telecomunicazioni si doveva basare sui nuovi calcolatori digitali.
Inoltre Baran elaborò un modello di nodi di comunicazioni tutti collegati l’uno
all’altro, di modo che, in caso di danneggiamento di un nodo, gli altri potessero
continuare a lavorare.
Baran ebbe un’altra idea geniale: il messaggio da spedire da un nodo all’altro si
poteva suddividere in parti separate, che potessero viaggiare in percorsi
alternativi, fino alla destinazione finale, dove sarebbero stati ricomposti. L’idea di
suddividere il messaggio in pacchetti (packet) e il sistema di comunicazione così
generato, denominato “commutazione di pacchetto” (packet switching), sono alla
base di Arpanet, l’antenato di Internet.
7
6
Per time-sharing si intende la possibilità per una molteplicità di utenti di condividere, da
postazioni remote, un’unica macchina.
7
Marco Calvo et al. Op. cit.
11
1.3. ARPANET
Arpanet, ossia la rete di Arpa, prese il via nel 1969, sotto le direttive di Bob
Taylor. La tecnologia che supportava la rete era la commutazione di pacchetto in
tempo reale. Per migliorarne l’efficienza e la stabilità fu accolta l’idea dello
scienziato Wesley Clark: ogni nodo sarebbe stato gestito da un computer dedicato
alla gestione del traffico (chiamato Interface Message Processor, IMP), connesso
ad un altro computer che ospitava (host) i servizi di elaborazione. L’obiettivo del
direttore Taylor era di aumentare la produttività e la sicurezza del lavoro nei vari
centri ARPA, facendo così in modo che i ricercatori universitari potessero
comunicare e condividere le risorse informatiche, che all’epoca erano
costosissime.
Dopo un anno di lavoro fu sviluppato il primo protocollo di comunicazione tra
host, dedicato al trasferimento di file: il File Transfer Protocol (FTP). Ma
l’applicazione più significativa, che è possibile affermare abbia cambiato il corso
della storia mondiale, è la posta elettronica. L’idea, casuale, venne ad un
ingegnere della BBN (una piccola società di ricerca, divenuta il punto di
riferimento di molte università americane), Ray Tomlinson, che provò ad adattare
un sistema di messaggistica che funzionasse su un minicomputer multiutente. Fu
proprio Tomlinson a separare il nome dell’utente da quello della macchina con il
carattere @. Nel giro di pochi mesi tutti coloro che avevano accesso ad un host
iniziarono a usare la rete per scambiarsi messaggi: Arpanet era così diventata una
sistema di comunicazione in una comunità di giovani ricercatori di informatica.
Nel 1972 venne organizzata dall’ARPA una dimostrazione pubblica dei risultati
ottenuti dal progetto: fu un successo oltre ogni aspettativa.
Gli studiosi di informatica si domandavano: come far comunicare tra loro reti
basate su tecnologie diverse? La risposta venne da uno studio di Bob Metcalfe e
Robert Kahn dell’Arpa: inventarono un nuovo protocollo di comunicazione tra
host, il TCP (Transmission Control Protocol), che implementava l’idea della
commutazione di pacchetto, indipendente però dalla struttura hardware; gli
scienziati introdussero anche il concetto di gateway, ossia una macchina deputata
al raccordo tra reti diverse. I risultati di questo lavoro furono pubblicati in un
12
paper, in cui per la prima volta fece comparsa il termine Internet e il concetto di
“network di network”.
Nel 1978 Cerf, Postel e Crocker aggiunsero una distinzione nel TCP, il protocollo
IP, che gestiva l’instradamento dei dati, mettendo a punto il protocollo finale
TCP/IP, lo standard che ancora oggi regola il funzionamento di Internet. Nel
frattempo Arpanet, la cui gestione era stata affidata alla Defense Communication
Agency (DCA), continuava la sua espansione, sia come diffusione sia come
servizi e applicazioni, fino al 1990, anno in cui, ormai tecnologicamente datata,
venne smantellata. Ma la tecnologia informatica del networking era già di
dominio pubblico negli Stati Uniti, creando così le basi per la diffusione
dell’Internetworking.
8
8
E’ inoltre da sottolineare che Arpanet non è stata l’unica fonte di Internet. Nel 1977 due studenti
di Chicago misero a punto un programma che permetteva il trasferimento di file tra pc, creando
delle bacheche elettroniche, noti come BBS (bullettin board systems), ancor oggi utilizzati.
13
1.4. NASCE IL WORLD WIDE WEB
La conoscenza della rete si andava sempre più diffondendo: oltre agli informatici
(accademici e professionisti) si aggiungevano fisici, chimici, matematici e anche
studiosi dell’area umanistica. Le università iniziavano anche ad offrire accessi di
rete agli studenti. La quantità di informazioni e i materiali disponibili andavano
crescendo in maniera esponenziale; si rendeva perciò necessario un sistema di
ricerca e indicizzazione delle risorse. Il primo passo in questa direzione fu lo
sviluppo nel 1989 di un programma per archiviare il contenuto di molti documenti
pubblici, basato su FTP. Il programma fu chiamato Archie e presto iniziò a
circolare gratuitamente su Internet. Pochi anni dopo la Thinking Machine, azienda
leader nei supercomputer, progettò il primo sistema di information retrieval, in
altre parole un software molto potente con cui si potevano indicizzare enormi
quantità di file di testo ed effettuare ricerche su di essi, grazie ad appositi
programmi client.
Ma l’innovazione che ha permesso a Internet di diventare un fenomeno mondiale
si deve a uno scienziato del CERN (Centro Europeo per la Ricerca Nucleare), il
fisico inglese Tim Berners Lee. Nel 1990 Lee concepì l’idea di un sistema
ipertestuale per facilitare la condivisione di informazioni tra gruppi di ricerca, che
si concretizzava nel protocollo HTTP (HyperText Transfer Protocol, deputato
all’interazione tra i clienti Web e i server, che gestiscono e inviano documenti) e
nel concetto di browser e server. Da qui nacque il WWW, ossia World Wide Web,
un enorme collezione di documenti multimediali organizzati in una struttura
ipertestuale, distribuita su milioni di host. L’interesse per questa nuova
applicazione iniziava a crescere, ma la difficile interfaccia a caratteri del browser
ne limitava la diffusione. Allo studente Marc Andressen venne l’idea di progettare
un browser web grafico, molto più user friendly: nacque così Mosaic nel 1993.
Vennero rilasciate la prime versioni per Windows e Macintosh e fu un vero e
proprio successo. La semplicità di installazione e di uso attirarono nel giro di
pochi mesi migliaia di utenti, che si resero conto di un nuovo modo di utilizzare
servizi Internet, svincolato da difficili e oscure conoscenze informatiche.
Sempre nello stesso anno Andressen, insieme a Jim Clark, fondò una società per
sfruttare il successo commerciale di Mosaic. Il nome scelto per il browser fu
14
Netscape Navigator e venne rilasciato nel 1994. Il 25 maggio dello stesso anno si
tenne a Ginevra la prima WWW Conference, seguita da altre assemblee. Da questi
incontri si pose l’avvio alla fondazione del W3 Consortium, un’organizzazione
voluta dallo stesso Berners Lee, al fine di gestire in modo pubblico e aperto lo
sviluppo delle tecnologie web.
9
Inizia qui ufficialmente la diffusione internazionale di Internet, supportata dal
fatto che Microsoft, nota azienda informatica che detiene tutt’oggi una solida
leadership internazionale, spinta dal successo di Netscape, lanciò nel 1995 il
proprio software Windows 95 e il suo browser Internet Explorer.
10
L’era Internet era ormai cominciata: da un sistema di comunicazione saldamente
radicato nell’ambiente accademico (e ancor prima progettato in ambito militare) si
passò a un vero e proprio medium globale, capace di rivoluzionare la storia
mondiale e il nostro modo di intendere la comunicazione. La legge di Metcalfe
sembra proprio essere rappresentata: finché una rete ha un numero basso di
informazioni e comunicazioni, poche persone ne vengono attirate. Quando la
massa di contenuti inizia a crescere si inizia a formare una massa critica,
definendo così la legge: “ the value of a networks grows by the square of the size
of the network”. Più persone gravitano attorno ad una rete, più si producono
informazioni, attirando sempre più utenti, generando così un’esplosione del
traffico.
11
E’ ormai assodato quanto Internet si sia intrecciato fortemente nelle nostre vite,
come suggerisce infatti Castells (2001) -uno dei più importanti studiosi a livello
mondiale della società dell’informazione- “se la tecnologia dell’informazione è
l’equivalente odierno dell’elettricità nell’era industriale, Internet potrebbe essere
paragonata sia alla rete elettrica sia al motore elettrico, grazie alla sua capacità di
distribuire la potenza dell’informazione…”.
12
La rapida diffusione di Internet, il primo medium che permette la comunicazione
da molti a molti (scardinando il concetto chiave dell’asimmetricità su cui si
basano gli old media) anche in tempo reale e su scala globale configura così un
centro di informazioni senza precedenti. Questo medium non fungibile, si può
9
Nel frattempo il controllo tecnico della rete era stato affidato alla Internet Society,
un’organizzazione no profit, fondata nel 1992, raggiungibile all’indirizzo http://www.isoc.org
10
Il nome di tale browser, volutamente, porta con sé il significato di un nuovo mondo da scoprire,
di frontiere da abbattere, aggiungendo così una connotazione emozionale forte al nuovo spazio
virtuale.
11
Kathleen Hartford, Cyberspace with Chinese Characteristic, 2000
12
M. Castells, Galassia Internet, 2001
15
affermare abbia delineato la Galassia Internet (Castells, op. cit.), specularmente a
come Mcluhan aveva definito “Galassia Gutemberg” la diffusione della stampa in
Occidente.
Per avere un’idea sufficientemente attendibile del numero di utenti Internet nel
mondo ci si può rivolgere alla società irlandese NUA,
13
che si definisce come
“The world’s leading resource for Internet trends and statistics”. Nella sua ricerca
più nota “How many on line?” si possono ricavare dati molto significativi.
14
Nel
1995, primo anno di utilizzo diffuso della Rete, il numero di utenti online si
attestava intorno ai 16 milioni. Nel 2002 (anno a cui si riferisce il dato più
aggiornato nel sito della Nua), ovvero sette anni dopo, il numero si assesta intorno
ai 650,60 milioni di utenti. Questi numeri sono assai esplicativi, poiché si desume
abbastanza semplicemente quanto rapida sia stata la diffusione Internet.
Fig.1. Percentuale di utenti Internet nel mondo (1995)
La figura 1 mostra la percentuale di utenti Internet nel 1995 su scala mondiale. Si
intuisce chiaramente la forte disparità tra gli Stati Uniti (da tenere a mente che è il
Paese dove è nato Internet ed ha la più alta diffusione su scala globale) e il resto
del mondo. Questo è il fenomeno del Digital Divide, che verrà trattato nel
paragrafo seguente.
La figura 2 invece mostra una mappa della diffusione di Internet su scala globale
relativa al 2002.
13
Reperibile all’indirizzo http://www.nua.ie/surveys
14
Nua informa nel suo sito Internet che l’arte di stimare il numero di utenti online è inesatta per
principio. Infatti si cerca di enumerare il numero di adulti e bambini, che abbiano accesso a
Internet nei tre mesi precedenti la ricerca (ma non necessariamente debbono possedere un
account), basandosi su ricerche demografiche e statistiche dei singoli Paesi.
16
Fig.2. Internet su scala mondiale relativo al 2002. Fonte: www.zooknic.com