2
E' noto infatti che le fonti normative secondarie non
sono in numero chiuso e che possono esserne previste nuove
categorie o anche singoli tipi. Spesso però il Legislatore non
riesce a disciplinare queste nuove fonti in modo razionale e
completo tanto da rendere incerto il loro regime giuridico;
molte delle difficoltà derivano, in questo senso, dalla assenza
di ogni razionale legiferazione in tema di tipologie
sostanziali delle fonti normative secondarie, assenza che
impedisce una chiara definizione dei rapporti tra questo tipo
di atti
2
.
La Costituzione esclude soltanto la possibilità di creare
fonti-atto di rango legislativo che non siano previste da
alcuna norma costituzionale, ma non si occupa
compiutamente degli atti di normazione secondaria. Il
Legislatore può quindi attribuire i caratteri di fonti
dell'ordinamento ad atti sforniti del valore di legge
2
U. DE SIERVO, Norme secondarie e direzione dell'amministrazione,
Bologna, 1992, pp. 17 ss.
3
quand'anche diversi da quelli costituzionalmente
contemplati
3
.
In quest'ordine di idee si è espressa la Corte
costituzionale con la sent. n. 26 del 1966 e, in maniera più
puntuale, con la sent. n. 79 del 1970. Da queste pronunce si
ricava che la omessa previsione o l'assenza di disciplina nella
Costituzione di fonti istituite o istituibili da norme di leggi
ordinarie destinate ad operare su un piano subordinato alla
legge non basta ad escluderne l'ammissibilità
4
.
3
L. PALADIN, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, p. 343
4
V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, Padova, 1993, p. 144
4
2. Anche il tradizionale principio secondo il quale il
regolamento, in quanto atto normativo secondario, debba
necessariamente trovare il proprio fondamento nella legge
per il rispetto del principio di legalità è ormai in crisi
5
; ne è
dimostrazione la discussione sorta intorno alla categoria dei
regolamenti cosiddetti indipendenti previsti dall'art. 17,
comma 1, lettera c) della l. n. 400/1988. Secondo tale norma
devono essere ricondotti a questa categoria quei regolamenti
che intervengono in materie "in cui manchi la disciplina da
parte di leggi o di atti aventi forza di legge", ovvero quei
regolamenti che pongono una normazione di prima battuta e
che vanno ad occupare gli spazi lasciati in bianco dalle fonti
primarie.
5
F. POLITI, voce Regolamenti delle autorità amministrative indipendenti, in
Enc. giur. Treccani, XXVI, 1991
5
Attribuire una tale capacità ad atti di rango secondario
è indispensabile se si ritiene
6
che una potestà regolamentare
deve essere comunque riconosciuta a tutte le autorità che
svolgono funzioni amministrative; in questo senso l'art. 17 l.
n. 400/88, dato atto di questo riconoscimento, disciplina
talune ipotesi di potestà regolamentare e detta regole di
procedura da osservare per l'esercizio del potere
regolamentare indipendentemente dalla sua distribuzione fra
le diverse autorità che esercitano la funzione amministrativa.
In questo contesto la potestà regolamentare rimane sempre
uguale a sé stessa, per quanto riguarda il regime degli atti
emanati e la loro efficacia, anche quando viene esercitata da
autorità statali non inquadrate nel potere esecutivo o da
autorità appartenenti ad enti diversi dallo Stato (quali le
autorità indipendenti). La distinzione fra i vari tipi di
regolamenti non implica che si abbia una pluralità di fonti
6
A. PIZZORUSSO, Il potere regolamentare dopo la L400/88, in Scritti per
Mario Nigro, Milano, 1991, p. 503
6
diverse, ma evidenzia i diversi aspetti propri di talune
situazioni e le conseguenze che da questa diversità derivano
rispetto al funzionamento della fonte stessa.
2.1. Gli autori favorevoli alla legittimità costituzionale
di un così ampio potere normativo dell'esecutivo affermano
che la previsione di un potere regolamentare nelle "materie
in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi
forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque
riservate alla legge", dovrebbe basarsi su due elementi. Il
primo è individuato nel rapporto che intercorre tra Governo e
Parlamento, un rapporto non più basato sulla
contrapposizione tra due poteri, ma un rapporto politico
fondato sulla fiducia che sia tale da legittimare il potere di
un esecutivo al quale non si possono negare gli strumenti per
portare a termine il programma sul quale si fonda la fiducia
7
stessa
7
. Il secondo elemento è che tale potere debba trovare
il proprio fondamento più che nella legge nella posizione che
la Costituzione ha conferito al Governo, non solo organo
primario della funzione di indirizzo politico e
amministrativo, ma anche organo di produzione normativa
che si viene ad affiancare al Parlamento nell'esercizio di
poteri normativi che gli spettano a titolo originario
8
.
In quest'ottica sarebbe difficile negare al Governo il
potere di intervenire in materie non disciplinate fino a
quando il Parlamento non vi provveda con legge. L'esecutivo
ha al pari delle Camere una responsabilità di carattere
generale che gli impone di far fronte alle esigenze della
comunità nei termini appropriati
9
.
7
A. PIZZORUSSO, Delle fonti del diritto, in Commentario del codice civile, a
cura di Scialoja e Branca, Bologna, 1977, p. 292
8
E. CHELI, Ruolo dell'esecutivo e sviluppi recenti del potere regolamentare,
in Quad. cost., 1990, p. 69; A. CERRI, Regolamenti, cit.
9
S. BARTOLE, Una prospettiva di rivalutazione dei poteri normativi del
Governo a proposito della legge 400/88, in Giur. cost., 1988-II, p. 1473
8
Secondo altre interpretazioni
10
la legittimità di un
siffatto potere normativo del governo, indipendente e di
natura sostanzialmente primaria, dovrebbe essere esclusa per
diversi motivi. In primo luogo l'argomentazione relativa alla
posizione che assumerebbe l'esecutivo nel sistema
parlamentare potrebbe valere solo in riferimento ad un
sistema che funzioni davvero secondo il principio
maggioritario; in secondo luogo regolamenti di tipo
indipendente non sarebbero neppure configurabili per
l'oggettiva incompatibilità con il principio di completezza
fissato nell'art. 12 delle preleggi, principio quest'ultimo che
dovrebbe escludere, nel nostro sistema normativo, la
presenza di spazi vuoti non "preoccupati" dalla legge; in
ultimo tali regolamenti quand'anche fossero configurabili,
contrasterebbero con il principio di legalità, sia in senso
formale che sostanziale.
10
L. CARLASSARE, Il ruolo del Parlamento e la nuova disciplina del potere
regolamentare, in Quad. cost., 1990, pp. 13 ss.
9
A tale proposito si ritiene che anche accontentandosi
del solo requisito formale sarebbe comunque necessaria
un'attribuzione specifica di potere non essendo sufficiente
allo scopo una previsione assolutamente generica, oltre che
generale, come quella dell' art. 17, comma 1, lett. c), poiché
il vincolo alle scelte governative deve essere posto
specificamente in base ad apposita considerazione della
materia.
Ci si chiede in sostanza fino a che punto sia consentito
attribuire con legge ordinaria all'esecutivo una potestà
normativa di carattere generale i cui limiti siano definiti una
volta per tutte da una legge ordinaria per di più avente
portata generale. Tale possibilità è inversamente
proporzionale all'intensità innovativa attribuita all'esecutivo,
ovvero, quanto più intensa è la capacità di innovare il diritto
vigente, tanto più sarà indispensabile uno specifico
fondamento legislativo costituito da una legge ordinaria ad
hoc che conferisca la potestà normativa all'esecutivo e fissi i
10
limiti della competenza di volta in volta attribuitagli
11
.
Inteso in senso formale il principio di legalità,
utilizzato per dimostrare che anche fuori dalle materie
riservate il potere regolamentare debba sempre trovare nella
legge un'esplicita attribuzione, viene rispettato con la
11
A. CERVATI, Osservazioni in tema di potestà regolamentare
dell'esecutivo e di delegificazione, in L'educazione giuridica, Perugia, 1987,
p. 226. Per quanto concerne il principio di completezza, sostiene Cheli, è da
rilevare che tale principio non opera come criterio di chiusura del sistema
delle fonti primarie, ma solo come criterio di completamento, in via di
interpretazione, dell'ordinamento nel suo complesso, comprensivo di tutte le
fonti, primarie e secondarie. L'applicazione del principio non può
determinare un effetto di esclusione nei confronti della fonte secondaria
quando la materia non risulti regolata da alcuna fonte primaria. Accade
sempre più spesso d'incontrare settori e oggetti non ancora coperti da alcuna
normazione e non riservati alla legge. La posizione di una disciplina
regolamentare in questi spazi bianchi e non riservati contribuisce a colmare
un vuoto nell'ordinamento, rendendo superfluo il ricorso ai criteri di
interpretazione fissati dall' art. 12. Secondo lo stesso Autore non sarebbe del
tutto convincente neanche il richiamo al principio di legalità sia
nell'accezione sostanziale che in quella formale. Nel primo senso perché
dalla costituzione vigente non sembra possibile desumere elementi che
possano far pensare all'esistenza di un principio di legalità sostanziale come
vincolo al legislatore e limite necessario al potere regolamentare. Il
richiamo agli artt. 97, 101, 113 della Costituzione confonde "riserva" con
"legalità" e sottovaluta la valenza della Costituzione come parametro di
riferimento immediato per la valutazione della legittimità dell'azione
amministrativa. Dal sistema costituzionale è invece possibile desumere un
elemento in grado di escludere che la legalità sostanziale possa essere
considerata principio informatore di tutti i rapporti tra legge e regolamento
ovvero, la presenza di specifiche riserve (relative) di legge che non
avrebbero ragione di esistere se l'azione amministrativa e, al suo interno,
l'attività regolamentare dovessero sottostare ad un principio di legalità
sostanziale che si tradurrebbe in una generale riserva di legge relativa.
11
formula dell'art. 17, lett. c), che offre un fondamento
generale al potere regolamentare di tipo indipendente.
Sarebbe infatti possibile chiedere un'attribuzione legislativa
specifica solo a condizione di negare la stessa categoria dei
regolamenti indipendenti che, previsti caso per caso dalla
legge, cesserebbero di essere tali per diventare regolamenti
esecutivi o di attuazione della stessa.
Buona parte della dottrina è per la tesi negativa.
Alcuni
12
sostengono che la migliore riprova della
inammissibilità di una potestà normativa secondaria
indipendente dell'esecutivo sia data proprio dalla struttura
monista dell'attuale ordinamento costituzionale che
impedirebbe all'esecutivo (come pure sostiene Zagrebelsky
13
)
di essere legittimamente investito una volta per tutte di una
funzione normativa in astratto. Dai caratteri generali
12
F. CERRONE, La potestà regolamentare tra forma di governo e sistema
delle fonti, Torino, 1991, pp. 44 ss.
13
G. ZAGREBELSKY, Il sistema costituzionale delle fonti del diritto, Torino,
1984, p. 208
12
dell'ordinamento costituzionale attuale risulta in modo
inequivocabile, secondo questa opinione, che i regolamenti,
in quanto atti creativi di diritto, devono in ogni caso essere
autorizzati dalla legge in via specifica e che il fondamento
dell'unità giuridica e politica sta nel processo di integrazione
che si realizza nella legge.
La potestà regolamentare dell'esecutivo non potrà che
assumere un ruolo secondario, anche in senso sostanziale, e
non autosufficiente rispetto alla fonte parlamentare,
manifestandosi in atti che nei casi e nei limiti stabiliti dalla
legge potranno al più rappresentare la prosecuzione di tale
processo di integrazione
14
.
Altri Autori
15
ritengono che sia inammissibile affidare
all'esecutivo con legge ordinaria la potestà normativa
generale di disciplinare liberamente o autonomamente tutti
14
G. ZAGREBELSKY, op. cit., p. 51
15
A. CERVATI, op. cit., p. 227
13
gli ambiti non coperti da riserva. Questo poichè una clausola
generale siffatta potrebbe ingenerare l'equivoco che, negli
ambiti in cui non sia rinvenibile una riserva di legge
espressamente formulata dalla costituzione, non vi sarebbe
neppure alcuna esigenza di determinare i limiti sostanziali
della potestà regolamentare attribuita all'esecutivo.
2.2. Due sono gli orientamenti di fondo sui quali
converge il dibattito intorno alla potestà regolamentare
indipendente a alla sua ampiezza. Da un lato tale potestà
normativa viene indicata per designare la facoltà di
disciplinare con precetti generali e astratti, nel rispetto della
riserva di legge, le materie per le quali gli organi
dell'esecutivo possiedono la potestà discrezionale di
provvedere in via concreta. Il conferimento, esplicito o
implicito, ma in ogni caso generico, di potere regolamentare
deve essere delimitato riferendosi all'estensione del potere
discrezionale che risulta concesso all'autorità amministrativa.
14
Sicuramente da escludersi è l'ammissibilità di una facoltà
normativa secondaria dell'esecutivo che, sulla base di
un'attribuzione legislativa esplicita, ma pur sempre generica,
come quella prevista dall'art. 17, punti a disciplinare anche
materie non amministrative tradendo così la propria
secondarietà.
In contrasto con questa visione del rapporto legge-
regolamento, altri vedono nell'art. 17, comma 1, lett. c) della
l. n. 400/88 la legittimazione, in assenza di specifiche
attribuzioni di potestà regolamentare conferite volta per volta
all'esecutivo, di un potere normativo secondario del tutto
affrancato da ogni vincolo che non sia quello del rispetto
delle riserve di legge costituzionalmente stabilite. Un potere
che per la sua idoneità a regolare anche materie non
rientranti nei compiti organizzativi e funzionali delle
amministrazioni pubbliche dovrebbe dirsi primario sotto il
profilo temporale perché legittimato a disciplinare anche
materie nuove mai prese in considerazione dal legislatore e
15
primario sotto il profilo sostanziale perché capace di porre
una disciplina integralmente originale della materia che ne
costituisce l'oggetto senza dover ricavare da altra fonte i
principi di fondo.
Alcuni Autori
16
ritengono infatti che i regolamenti
indipendenti sarebbero atti normativi emanati da organi
dell'esecutivo in materie non amministrative in virtù di un
collegamento diretto con una norma costituzionale di cui
verrebbero a costituire attuazione indipendentemente da ogni
mediazione legislativa ritenuta non necessaria. Ciò riguardo
non solo a quelle norme della Costituzione che prevedono
ampliamenti della sfera dei diritti attraverso l'eliminazione
degli ostacoli che ne impediscono il godimento, ma anche
rispetto a quelle che, di contro, esigono limitazioni e
restrizioni delle sfere dei diritti per il perseguimento delle
finalità da esse poste.
16
C. MORTATI, Atti con forza di legge, Milano, 1964, pp. 75 ss.