Introduzione
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La capacità di posporre le gratificazioni, di anticipare gli esiti delle scelte
proprie e altrui e anche eventuali difficoltà o sofferenze, la forza di tenere sotto
controllo alcuni desideri sono difese che si apprendono nel rapporto quotidiano con
adulti disponibili e affidabili. È da essi che si impara a identificare le proprie ed altrui
emozioni, i modi per gestire le ansie più dirompenti.
L’impossibilità da parte del bambino di riferirsi ad una relazione vissuta e
interiorizzata lo espone all’assenza di modelli di riferimento affettivi sui quali
costruire la fiducia circa la presenza di adulti disponibili, ma, soprattutto circa il
sentire se stesso meritevole di essere amato, protetto e legato a qualcuno sensibile e
capace di rispondere ai propri bisogni.
Secondo la teoria dell’attaccamento la conseguenza maggiore della mancata
costruzione o della perdita dei legami nell’infanzia è l’incapacità di instaurare
relazioni significative nella vita successiva: ciò si accompagna spesso ad una forma
di psicopatologia caratterizzata da mancanza di affettività, vergogna o senso di
responsabilità e dalla difficoltà emozionale di entrare in una relazione empatica con
gli altri.
Fra i molteplici cambiamenti che caratterizzano il percorso di transizione
dall’età infantile a quella adolescenziale, le trasformazioni che investono la sfera
delle relazioni sociali assumono, dunque, una grande rilevanza dal momento che esse
incidono fortemente sulla costruzione dell’identità personale e sulla qualità
dell’adattamento psicosociale. In particolare, come vedremo nel secondo capitolo, la
soddisfazione del rapporto con i coetanei costituisce un valido aiuto nel far fronte e
superare i diversi compiti dello sviluppo, quali la progressiva autonomia dalla guida
degli adulti ed in particolare dei genitori, i rapporti con le istituzioni sociali, la
valutazione di sé, la costruzione dell’identità adulta.
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Introduzione
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Partendo da queste considerazioni, ho voluto esplorare attraverso l’analisi della
letteratura e la somministrazione di un questionario, l’adattamento sociale
(indagando le relazioni interpersonali, la gestione delle emozioni, l’autostima e le
capacità di coping) degli adolescenti che sono stati allontanati dalle loro famiglie
dall’apparato giudiziario o dai servizi sociali e vivono all’interno di comunità
educativo-assistenziali, a causa di situazioni fortemente problematiche nei loro nuclei
familiari. Si tratta di ragazzi che, come verrà descritto nel terzo capitolo, presentano
una condizione di disagio psicosociale che potrebbe rappresentare la premessa per
esiti di sviluppo disadattivi.
In un recente studio sul valore a lungo termine delle esperienze di trascuratezza
e maltrattamento a danno dei minori emerge che una sola adolescente, su un gruppo
di ventuno ragazzi, risulta avere un attaccamento sicuro nella distribuzione delle
categorie di attaccamento dei ragazzi in comunità, la quale porta a considerare che
alcuni di essi si trovano a gestire le situazioni traumatiche in modo più adattivo di
altri. Questo risultato mi ha fornito lo spunto per approfondire il tema, che presenterò
nel quarto capitolo ma meriterebbe uno spazio maggiore, relativo alla resilienza
intesa come “un’universale capacità di coping in grado di prevenire, minimizzare o
vincere gli effetti dannosi delle avversità”.
Esiste oggi un’amplissima letteratura sugli effetti dei traumi, dei lutti, delle
perdite, delle separazioni, dei maltrattamenti, delle aggressioni, ossia di tutte quelle
situazioni stressanti che mettono in crisi l’equilibrio psichico delle persone; assai più
ridotta è invece la letteratura incentrata sui fattori che consentono alle persone di
resistere ai colpi della vita, di recuperare e svilupparsi normalmente malgrado si
trovino a vivere in condizioni di obiettiva difficoltà.
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Introduzione
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Conoscere non soltanto gli effetti di un trauma ma anche le risorse che
spontaneamente vengono messe in campo quando ci si trova in difficoltà è
importante sia per raggiungere una conoscenza più approfondita, considerando il
fenomeno da due diversi punti di osservazione, sia perché conoscendo e valorizzando
i fattori di resistenza degli individui e dei gruppi si può programmare una migliore
prevenzione.
Gli individui mostrano notevoli differenze nel fronteggiare le difficoltà
esistenziali, a causa della diversa capacità di recupero di cui dispongono in generale
o in particolari momenti della vita e dello sviluppo.
Le risorse interne acquisite dal soggetto fino al momento del trauma
permettono di reagire ad esso: in modo particolare, risultano determinanti il possesso
di un attaccamento sicuro ad una figura di riferimento ed i comportamenti seduttivi,
che consentono di essere benvoluti e in grado di riconoscere ed accettare gli aiuti che
vengono offerti dall’esterno. Colui che non è riuscito a raggiungere tali acquisizioni
fino a quel momento, potrà conseguirli successivamente, pur con maggiore lentezza,
a condizione che l’ambiente circostante disponga intorno a lui qualche tutore di
resilienza.
Recenti studi, che ampliano la prospettiva della teoria dell’attaccamento,
sottolineano, infatti, come le opportunità offerte dal presente possono, in una visione
necessariamente probabilistica e non più deterministica, modificare in modo anche
radicale e decisivo i percorsi di sviluppo che si erano fino a quel momento delineati,
permettendo a questi soggetti di acquisire abilità e competenze che consentano loro
un migliore adattamento. È possibile secondo alcuni autori che essi possano liberarsi
dell’identità negativa di “caso sociale”e trovare un modo personale di essere nella
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Introduzione
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realtà con una diversa consapevolezza di sé e del proprio valore, con un’identità
positiva.
L’adolescenza è oggi considerata una sfida, ricca allo stesso tempo di
opportunità e rischi, al cui superamento contribuiscono sia l’adolescente, attraverso
la propria attività e le proprie scelte, sia i contesti sociali, in rapida modificazione,
che fungono da trama per la crescita.
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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CAPITOLO PRIMO
CENNI SULLO SVILUPPO SOCIALE
CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA FASE ADOLESCENZIALE
Il senso del Sé e la sua controparte, il senso dell’ “altro” sono fenomeni universali che influenzano
tutte le nostre esperienze sociali” D.N. Stern
1.1 Le origini dei comportamenti sociali
Nel corso dello sviluppo della psicologia sono state formulate ipotesi diverse a
proposito dell’origine della socialità, cioè delle tendenze che ci portano a costituire
legami affettivi con altre persone e a comportarci moralmente, mettendo in atto, a
nostre spese, dei comportamenti che possono procurare un vantaggio agli altri ed
evitando di perseguire i nostri obiettivi quando ciò potrebbe nuocere a qualcuno. Le
due teorie che maggiormente si sono occupate di questo problema sono la
psicoanalisi e il comportamentismo. Più di recente hanno incominciato ad affermarsi
punti di vista e metodi di indagine derivati dalla ricerca etologica.
Secondo il comportamentismo e la psicoanalisi, l’uomo alla nascita non è
dotato di tendenze sociali. Il bambino arriva a legarsi ai genitori, desiderando e
cercando la loro presenza e la loro approvazione, perché essi soddisfano i suoi
bisogni primo fra tutti quello nutritivo.
Queste due correnti di pensiero sono caratterizzate entrambe da una particolare
visione della natura umana, presente nel pensiero occidentale ben prima che la
psicologia si differenziasse dalla filosofia come disciplina autonoma; questa
concezione è stata formulata nel modo più netto e preciso dal filosofo inglese
Thomas Hobbes, secondo il quale le uniche tendenze di cui l’uomo è per natura
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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dotato sono quelle che mirano all’autoconservazione e al potere. Ogni uomo
tenderebbe così alla soddisfazione di bisogni individuali; soltanto la consapevolezza
dell’impossibilità di farlo da solo e il rischio che insorga una guerra di tutti contro
tutti lo spinge a scendere a patti con gli altri.
La teoria dell’evoluzione ci presenta un quadro della natura dell’uomo e degli
animali diverso e per certi versi opposto. Seguendo le orme di Darwin, la moderna
biologia adotta infatti un punto di vista focalizzato non sul singolo organismo, ma
sulla popolazione, ossia un gruppo di organismi della stessa specie, occupanti un
territorio abbastanza delimitato da consentire tra di essi lo scambio del patrimonio
genetico. È la popolazione, non il singolo individuo, a estinguersi o a sopravvivere.
Un animale che cerca di portare in salvo i propri piccoli o che segnala con un grido
l’avvicinarsi di un predatore aumenta il proprio rischio di essere divorato, ma
aumenta le probabilità che i piccoli sopravvivano e trasmettano un patrimonio
genetico simile al suo. In questo modo la selezione naturale fa sì che si trasmettano
geni da cui deriva il comportamento utile alla popolazione, anche quando essi
possono provocare la morte di alcuni individui che ne sono portatori.
La ricerca etologica ha messo in evidenza che negli animali e nell’uomo ci
sono molti comportamenti di tipo sociale. Tra questi hanno una particolare
importanza quelli che spingono molti animali a cercare la vicinanza e il contatto
fisico con altri membri della loro specie, attraverso comportamenti di attaccamento.
Questi ultimi corrispondono ad un sistema comportamentale innato, ed hanno la
funzione adattiva di mantenere i piccoli accanto alla madre, evitando che si
allontanino da lei.
Lo psichiatra inglese John Bowlby è stato il primo ad affermare negli anni ’50
che anche negli uomini è presente il comportamento di attaccamento e che esso è alla
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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base della costruzione dei legami affettivi. Secondo l’autore, esso rappresenta la
motivazione fondamentale e prioritaria dell’uomo: la costruzione e la rottura dei
legami affettivi è il compito principale che anima ed emoziona l’essere umano.
L’interdipendenza tra persone lungi dall’essere patologica, è una forza vitale per il
soggetto, che rimane attiva per tutta la vita.
Il ruolo delle figure adulte di riferimento e il loro contributo allo sviluppo
dell’individuo rappresentano, attualmente, uno dei temi di maggiore interesse e
riflessione in ambito psicologico, soprattutto per ciò che riguarda l’importanza delle
cure fornite al bambino per il suo adattamento nel corso dell’esistenza.
In questo senso, la teoria dell’attaccamento rappresenta un punto di vista di
notevole utilità nello studio dello sviluppo affettivo-relazionale e dei fattori di rischio
e di protezione ad esso sottesi, proprio per l’importanza accordata dal modello alla
presenza di un legame intimo e duraturo tra il bambino e la persona che si prende
cura di lui in modo specifico e per il valore attribuito agli eventi e alle interazioni
nella strutturazione psichica e nella crescita individuale e relazionale (Bowlby,
1969b, 1988).
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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1.2 La teoria dell’attaccamento: un contributo allo studio dell’interazione
Il legame d’attaccamento può essere definito come una particolare relazione
affettiva duratura di un individuo nei confronti di una persona specifica, percepita
come più forte e competente, e non sostituibile da altre; si tratta di un legame
emotivamente significativo per cui l’individuo che si sviluppa desidera mantenere la
vicinanza fisica e/o affettiva con tale figura di attaccamento, da cui trae sicurezza e
conforto, e prova angoscia se è costretto ad una separazione involontaria.
A far sì che una persona assuma questo ruolo non sembra essere la quantità di
tempo trascorso con il bambino o il fatto di punirlo e nutrirlo, ma la prontezza nel
rispondere ai suoi approcci e il grado in cui essa promuove interazioni sociali,
sorridendo, giocando, coccolando. Dei dati molto importanti al riguardo vengono da
ricerche condotte su bambini israeliani allevati in Kibbuz; essi trascorrevano la
maggior parte del loro tempo in asili nido, e solo un paio d’ore al giorno con i
genitori. Questi bambini manifestavano l’attaccamento nei confronti dei genitori che
li coccolavano, e non delle assistenti dell’asilo, che pure provvedevano a nutrirli e
tenerli puliti e che trascorrevano con loro gran parte del tempo.
La persona che è più vicina affettivamente al bambino (molto spesso, ma non
necessariamente, la madre biologica) diventa la sua figura d’attaccamento prevalente,
la sua “base affettiva”. Poi, durante la crescita si creano altri importanti legami
d’attaccamento: con il padre, i fratelli, i nonni, le baby-sitter, gli insegnanti…Sono
tutte relazioni che sommandosi al legame d’attaccamento principale, influiscono
sullo sviluppo del bambino ed estendono la sua influenza fino alla personalità e allo
stile relazionale dell’adulto.
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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Le precoci esperienze di relazione, unite alla predisposizione innata alla
socialità, producono nel bambino delle conoscenze che si organizzano in un insieme
di schemi cognitivi, che guideranno le sue interazioni con l’esterno. A partire
dall’infanzia, cioè, si sviluppa quella “mappa” che permette alle persone di muoversi
nel complesso mondo sociale e di imparare a capire e prevedere come ottenere la
vicinanza, il sostegno e la comprensione degli altri. Bowlby l’ha chiamata “Modello
Operativo Interno” (Internal Working Model) e rappresenta appunto il passaggio da
un’organizzazione diadica dell’attaccamento a un sistema intraindividuale. È sulla
sua base che si valuta, si decide e si agisce nelle relazioni interpersonali.
I modelli operativi interni sono rappresentazioni mentali che astraggono e
integrano le caratteristiche delle prime relazioni del bambino con il caregiver, dando
origine a dei sistemi di conoscenza e a delle strutture motivazionali centrate sul senso
del Sé, dell’altro, del Sé con l’altro. Queste strutture seguono processi dinamici di
costruzione, decostruzione e ricostruzione in base ai cambiamenti evolutivi, e
guidano la continuità dell’esperienza relazionale fungendo da modello per i legami
successivi e predisponendo verso caratteristici stili emotivi, atteggiamenti difensivi,
capacità e vulnerabilità affettive che determinano il modo di essere in relazione della
persona. I modelli operativi interni funzionano, infatti, secondo il meccanismo
cognitivo dell’assimilazione, per cui l’elaborazione dell’informazione sociale
avviene in sintonia con i modelli già consolidatisi, garantendone una certa stabilità e
continuità nel tempo.
È argomento di dibattito teorico se la molteplicità di relazioni significative
sperimentate dall’individuo conduca alla costruzione di modelli operativi interni
multipli, ognuno specifico per ciascuna relazione con un’organizzazione
indipendente, oppure alla strutturazione di una sorta di modello operativo “medio”
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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che integri le diverse esperienze relazionali, o se invece gli attaccamenti multipli
siano organizzati gerarchicamente in una struttura in cui il modello operativo interno
dominante è quello costruito nell’ambito della relazione con il caregiver principale,
ossia la madre.
Nello specifico, sono stati studiati i modelli operativi interni del bambino
rispetto alla relazione con la madre, e messi a confronto con quelli relativi al rapporto
con il padre e con altre figure di attaccamento adulte, quali i professional caregivers.
Sono stati evidenziati risultati discordi: alcuni autori propendono infatti per il
prevalere della stessa modalità di attaccamento del bambino verso tutti i principali
caregivers, soprattutto madre e padre, mentre altri risultati sostengono l’ipotesi, più
accreditata, della possibilità che si sviluppino legami di attaccamento con qualità
affettive indipendenti. Per cui un bambino può manifestare un attaccamento sicuro
nei confronti della madre e insicuro nei confronti del padre, e viceversa. Alcune
ricerche tuttavia sembrano dimostrare un ruolo maggiormente significativo della
relazione di attaccamento con la madre nell’influenza sul successivo sviluppo
infantile, mostrando che i bambini sono più competenti quando la relazione di
attaccamento sicuro è quella con la madre. Al contempo, contributi recenti fanno
emergere l’ipotesi che i diversi legami di attaccamento del bambino con i principali
adulti di riferimento del suo contesto relazionale predicano, ciascun legame in
maniera specifica ed indipendente, lo sviluppo del bambino in aree diverse: ad
esempio, la qualità del rapporto con i pari sembra essere predetta più dalla qualità
dell’attaccamento all’educatrice che dalla qualità dell’attaccamento alla madre.
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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1.2.1 Tipologie dei comportamenti di attaccamento: il valore della sicurezza
come base per l’adattamento
Esistono due grandi categorie di “Modello Operativo Interno” corrispondenti ai
due tipi fondamentali di attaccamento: sicuro e insicuro. Quest’ultimo a sua volta, è
articolato secondo la Ainswort, in evitante, ansioso-ambivalente e disorganizzato.
L’attaccamento sicuro è caratterizzato da fiducia nelle figure di attaccamento,
autostima e aspettative positive circa le relazioni interpersonali. È una buona
“mappa”, che permette al soggetto di muoversi con disinvoltura e realismo nel
mondo relazionale.
L’attaccamento insicuro viene definito da un’immagine negativa e svalutata di
sé, sfiducia negli altri e aspettative negative nei confronti delle interazioni, ritenute a
priori insoddisfacenti. Questo tipo di “mappa” riduce la libertà di movimento, in
quanto è carica di pregiudizi negativi, spesso non realistici, che come un pesante
fardello la persona si porta dietro dalla sua infanzia. L’attaccamento insicuro, come
abbiamo detto, si articola in tre diverse configurazioni (Ainswort et al.,1978), ognuna
delle quali ha caratteristiche proprie ed esiti diversi:
il profilo insicuro-evitante è caratterizzato da distanza affettiva dalla figura
d’attaccamento, negazione dei bisogni di affetto e cura, congelamento delle
emozioni. Il messaggio implicito inviato al bambino è: «Non mi disturbare, non
chiedere aiuto, aggiustati da solo.», cui corrisponde la negazione dei bisogni di
vicinanza e attaccamento.
Nel profilo insicuro, ansioso-ambivalente, viene disconosciuto il bisogno di
autonomia. La modalità di accudimento dell’adulto è iperprotettiva e al bambino
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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viene inviato un messaggio invischiante: «Non ti allontanare perché il mondo è
pericoloso e perché io (genitore) non potrei sopportare il distacco da te».
Infine il profilo Insicuro-disorganizzato rappresenta l’estremo più
disfunzionale; è caratterizzato dall’assoluta imprevedibilità e incoerenza dei
messaggi inviati da un adulto molto disturbato in seguito a gravi sofferenze pregresse
(lutti, abusi, abbandoni, ecc.). Per un bambino vivere una relazione di attaccamento
incostante e disorientante può avere conseguenze drammatiche, come carenza
d’integrità del sé e diffusione dell’identità (Fonagy et al., 1995). Tale mappa
relazionale, imprecisa e lacunosa, limita notevolmente la possibilità di muoversi
adeguatamente nel proprio universo emotivo e nell’articolato mondo delle relazioni
con gli altri (come spesso avviene nelle persone che presentano disturbi psichiatrici).
Dunque, l’eredità che il genitore lascia ai propri figli non comprende solo il
patrimonio genetico o quello economico, ma anche la capacità, più o meno
sviluppata, di muoversi nel mondo sociale.
La disponibilità e la sensibilità che l’adulto sa offrire ai figli dipende, però, in
larga parte dalla sicurezza sperimentata dalle sue relazioni infantili di attaccamento.
Il genitore sicuro, che ha fiducia in sé e nel mondo ed è libero di accettare gli altri
con i loro pregi e difetti, riesce a guardare i propri figli con realismo, senza essere
intrappolati dall’immagine del figlio ideale e fantasticato. Questo li rende disponibili
e tolleranti nei confronti del proprio bimbo e compresivi ed empatici verso i suoi
vissuti: emozioni, desideri e paure. L’essere accettato e riconosciuto nelle proprie
emozioni (anche in quelle negative e dolorose come la rabbia, la gelosia e la
delusione) fa crescere il bambino con la sensazione di essere amato, e quindi
amabile; questa ripetuta esperienza positiva crea una mappa relazionale improntata
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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all’autostima e ad una realistica fiducia negli altri, che guida il soggetto nel creare
rapporti sociali intimi e gratificanti.
L’adulto che al contrario, ha sperimentato relazioni segnate da incostanza e
scarsa comprensione sarà facilmente vittima del suo passato e dei bisogni affettivi
insoddisfatti generando nel bambino una mappa relazionale di tipo evitante,
caratterizzata da sfiducia negli altri, scarsa autostima cui si accompagna, per
contrasto, l’idealizzazione dei genitori.
La possibilità di sperimentare relazioni sicure e coerenti nel corso
dell’esistenza, sembra, quindi, consentire all’individuo di costruire un mondo
rappresentazionale interno che si pone come uno spazio, un contenitore di affetti,
emozioni e cognizioni ripetibili in futuro e connotati a loro volta da caratteristiche di
sicurezza, supporto e continuità (Bowlby, 1988).
1.2.2 Profili di attaccamento nell’adolescenza
Tutti gli studi sull’attaccamento hanno dimostrato che a ogni età gli esseri
umani sono più contenti, ottimisti e in pace con se stessi se sanno di avere accanto
persone disposte ad aiutarli qualora emergano difficoltà.
Nell’adolescenza l’attaccamento si sposta di oggetto e di livello, passando dalla
relazione coi genitori alla formazione dei primi legami affettivi spesso attraverso
tutta una serie di oscillazioni tra allontanamenti e riavvicinamenti (Guidano, 1990).
Attaccamento infantile e risoluzione dello stesso nel periodo adolescenziale
sono però strettamente legati. Infatti, un attaccamento sicuro in adolescenza è
caratterizzato dalla capacità del genitore e del figlio di sostenere i comportamenti di
autonomia, pur mantenendo il senso della vicinanza e dell’appartenenza all’interno di
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Capitolo Primo: Cenni sullo sviluppo sociale con particolare riferimento alla fase adolescenziale
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una relazione intima e duratura come quella di attaccamento. Gli adolescenti insicuri,
invece, tendono ad affrontare la separazione dai genitori in modo disimpegnato e
rabbioso, per cui diventa più difficile rinegoziare le relazioni familiari; restando più
facilmente preda di forti emozioni, tenderanno a identificazioni massicce e acritiche
verso i pari.
Inoltre, la presenza di un rapporto positivo con i genitori potenzia
nell’adolescente risorse psicologiche necessarie per esplorare emotivamente diversi
scenari di crescita.
Vari studi hanno dimostrato che un attaccamento sicuro in infanzia è correlato
in adolescenza con una maggiore competenza sociale con i pari, più alti livelli di
autostima, e più efficaci abilità di coping (Allen J.P., Hauser S.T., 1996; Allen J.P,
Land D., Harwey M., Bird M., 2000).
In questa fase dello sviluppo le relazioni con i pari fungono da veri e propri
legami di attaccamento: essi potenziano (come vedremo nel secondo capitolo)
l’immagine di sé dell’adolescente, soprattutto per quanto riguarda l’immagine
corporea e gli obbiettivi di crescita.
1.2.3 Adattamento e rappresentazioni dell’attaccamento in adolescenti ospiti di
comunità residenziali: risultati di una ricerca
Come è stato delineato nei paragrafi precedenti, i modelli operativi
dell’attaccamento rappresentano un utile indicatore delle modalità relazionali
individuali, nonché un indice di rischio rispetto allo sviluppo di relazioni di
attaccamento non adattive.
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