soltanto dall’inalazione o contatto ripetuto con tali
elementi.
Penso che le persone abbiano di certo il diritto di sapere
quello che respirano, quello che mangiano, quello che
giornalmente toccano e calpestano anche dentro i più
comuni ambienti domestici (bagno, camera da letto,
cucina, ma anche giocattoli, accessori per la casa).
Per tutte queste ragioni ritengo che l’organizzazione
internazionale del WWF abbia con questa campagna
centrato un argomento vitale, certamente di non
semplice “assorbimento”, ma non per questo meno
importante. La maggior parte di “noi” cittadini con
probabilità non è pronta a rendersi conto di quello che
realmente sta diventando il nostro pianeta, ed il più
delle volte preferisce demandare l’oneroso compito di
provvedere a queste mancanze ad altri enti o istituzioni
(ovviamente no profit).
Detox, iniziativa partita dallo staff inglese, è
finalmente arrivata anche in Italia. Ho ritenuto
importante anche menzionare tutti i protagonisti
principali di questa battaglia, affrontata come sempre
con serenità e mai con sfrontato allarmismo.
- 2 -
Ho analizzato accuratamente tutte le singole strategie
di persuasione e sensibilizzazione al problema da parte
del WWF, soffermandomi in particolar modo sul test
del sangue ai parlamentari, e sull’adesione al progetto
di importanti attori e attrici di cinema e di fiction.
La speranza è che venga finalmente firmato un
importante documento tuttora al varo della
Commissione europea denominato REACH. Se
approvato apporterà notevoli cambiamenti al nostro
stile di vita quotidiano, mettendo su carta accurate
modifiche legislative sull’uso di sostanze chimiche, e
vietandone in molti casi l’uso.
Ritengo in ultimo soddisfacente lo spazio che per una
volta la televisione pubblica ha accordato al problema,
ritenendosi molto probabilmente toccata dal tentativo
di sensibilizzazione, e dagli sforzi profusi a tale fine.
- 3 -
LA PERSUASIONE:
Storia e teorie
- 4 -
1. Cenni storici
1.1 Come definirla
Definire la persuasione è impresa assai complessa come
definire la pubblicità. Per praticità è utile riprendere le
diverse formulazioni forniteci dai vari studiosi del ramo
come Cronkhite
1
, Cacioppo
2
, Reardon
3
, Fishbein.
La persuasione è un atto intenzionale di comunicazione
che, se raggiunge il proprio obbiettivo, fa mutare gli
atteggiamenti cognitivi o affettivi del destinatario nei
confronti di un oggetto o di un’ azione, nel senso voluto
dall’emittente.
Con parole più semplici: si compie un atto di persuasione
quando con un messaggio si riesce a fare in modo che la
persona a cui si è rivolti cambi la propria maniera di
pensare e di sentire, guardando in modo diverso da quello
che aveva precedentemente. Eminenti personaggi come
DeFleur e Ball Rokeach sostengono che “l’unico obbiettivo
1
G. Cronkhite, La persuasione. Comunicazione e mutamento del comportamento,
Milano, Franco Angeli, 1975.
2
R. E. Petty e J. T. Cacioppo, Comunicazione e Persuasione: percorso centrale e
periferico nel cambio dell’atteggiamento, New York, Springer Verlag, 1986.
3
K. K. Reardon, Persuasione. Teorie e contesto, Beverly Hills e Londra, Sage
Pubblications, 1981.
- 5 -
della persuasione è l’effettiva modificazione del
comportamento”
4
.
Il problema della persuasione come risultato di uno
scambio sociale simbolico è comunque antico quanto la
civiltà della Grecia classica, di cui noi siamo gli eredi: è da
allora che l’uomo si è chiesto come ottenere che i suoi
interlocutori assumessero un atteggiamento favorevole ai
suoi interessi ed è allora che nasce la prima disciplina che
si propone di stabilire le tecniche della persuasione: la
retorica.
5
1.2 Da Corace a Preleman: breve storia della retorica
“La migliore introduzione alla retorica è la sua storia”.
6
L’uomo da sempre ha cercato di persuadere i propri
simili, lo ha fatto da quando è stato in possesso di una
qualsiasi primitiva forma di linguaggio. Ma di retorica si
può parlare solo quando nasce con l’aspetto e la struttura
di una tecnica consapevole dei propri mezzi e dei propri
fini. Questo avviene nell’antico mondo greco o, per meglio
dire, nella Sicilia della seconda metà del V secolo a.C.
4
M. L. DeFleur e S. Ball – Rokeach, Teorie delle comunicazioni di massa, Bologna,
Il Mulino, 1995, p. 292.
5
G. Marrone, Corpi sociali. Processi comunicativi e semiotica del testo, Einaudi,
Torino, 2001, p. 139.
6
O. Reboul, Introduzione alla retorica, Bologna, il Mulino, 1996, p. 27.
- 6 -
La tradizione ci narra che, quando nel 467 a.C. l’ultimo
tiranno della dinastia dei Dinomenidi, Trasibulo, venne
cacciato da Siracusa, e nella città si instaurò la democrazia,
i Siracusani dovettero affrontare il problema del recupero
di beni e terreni a loro confiscati. Ne derivarono liti,
contestazioni e soprattutto processi in cui, data la
mancanza di documenti irrefutabili era necessario che chi
difendeva la propria causa riuscisse a persuadere i giudici
del suo buon diritto. Corace, filosofo allievo di Empedocle,
si propose di scrivere i discorsi che i querelanti avrebbero
dovuto pronunciare in tribunale e, con il suo allievo Tisia,
scrisse il primo trattato che si ricorda di tecnica retorica.
La retorica, per tutte queste ragioni, è nata in un ambito
giudiziario che sin dalle origini orientò la tecnica di
argomentare “partendo non dal vero ma dal verosimile”.
E’ anche importante notare come questa nascita fu
propiziata dal contesto democratico, dal momento in cui
leggi e decreti non potevano più essere imposti dall’alto
senza discussioni, ma dovevano essere deliberati da
cittadini persuasi della loro positività. Dal canto loro, ben
presto, anche i tiranni appresero e impiegarono la tecnica
retorica, molto più efficace delle minacce e delle
imposizioni.
Comunque il successo della scuola di Corace fu tale che
anche la madre patria, e Atene in particolar modo, accolse
- 7 -
immediatamente la nuova tecnica offrendole un terreno
assai fertile.
Intanto nel processo di costruzione della retorica si era
inserito un altro personaggio: Gorgia. Se Corace era
esclusivamente interessato agli argomenti che potevano
far trionfare una delle parti in causa, Gorgia era convinto
che, per poter persuadere il pubblico, fosse necessario
anche necessario incantarlo con una prosa bella come la
poesia: non solo più gli argomenti, ma anche le figure.
Il dissidio che ne nacque, provvisoriamente fu risolto
dall’elaborazione che alla metà del IV secolo a.C. darà alla
retorica e alla sua tecnica Aristotele. Egli propose un suo
riscatto in quanto strumento “utile”. Utile perché solo un
discorso ben costruito può far trionfare la giustizia che
verrebbe oppressa se sostenuta da un discorso “debole”.
Utile perché esercita quella che è la facoltà propria
dell’uomo: la parola, che è molto più nobile della forza
fisica.
Contemporaneamente, fra Platone, che ammette soltanto il
vero assoluto rifiutando tutto ciò che è solo verosimile, e
Protagora che ammette solo verità relative e
convenzionali, Aristotele stabilisce per primo il dominio
della retorica, che non è quello della verità, campo
d’azione della filosofia e della scienza, ma quello delle
opinioni e del verosimile.
- 8 -
Intanto sulla base della dottrina aristotelica, d’ora in poi
alla base di ogni futura retorica, e con il simultaneo
trasferimento del potere a Roma, anche questa nuova
disciplina vi si trasferisce trovando in Cicerone prima, e in
Quintiliano poi, due eccezionali divulgatori. Tutta la
cultura medievale, infatti, continuò sulla strada tracciata
dai due, anche se, soprattutto all’inizio, diverse voci si
levarono contro la retorica come arte dell’inganno
oratorio.
Ben presto essa tuttavia, soprattutto sulla scia di S. Ago-
stino ( 354- 430), essa viene accettata pienamente anche dal
pensiero cristiano, come arma utile della predicazione,
peraltro con una fondamentale differenza rispetto alla
retorica classica: la convinzione che le premesse di fede
fossero vere e che quindi il retore si muovesse non sul
terreno del verosimile, ma del vero, con una conseguente
maggiore centratura sull’elocutio. Se per certo si sapeva
“che cosa” bisognava dire, compito del retore cristiano era
soltanto cercare “come” dirlo per avere la certezza di
persuadere un uditorio di destinatari da convertire alla
fede. Sulla stessa strada proseguirà anche il Rinascimento,
nonostante la riscoperta dei testi greci originali e il fiorire
degli studi classici, e poi il Barocco che spesso porterà ai
limiti estremi l’utilizzo del linguaggio figurato. “Le
metafore il sole han consumato” dirà Salvator Rosa nella
- 9 -
satira La Poesia per sottolineare questo abuso a cui i poeti
sottoponevano la retorica.
In un clima di tale euforia venne ben presto ad inserirsi un
grande elemento di dissidio e di danno.
Il rigore razionalista di Descartes e poi di Leibniz avranno
la meglio, riuscendo a segregare la retorica in un ambito
sempre più ristretto di riprovevole arte del mentire. La
chiusura della disciplina nelle scuole tra XVIII e XIX
secolo, con il ruolo di sterile esercitazione letteraria e il
conseguente rigetto delle sue norme ad opera degli
scrittori romantici, faranno toccare alla retorica il suo
punto più basso.
In questa situazione di abbandono e di rigetto per la
retorica, fu con un Trattato sull’argomentazione. La nuova
retorica che nel 1958 Preleman ottenne un effetto
assolutamente rivoluzionario. L’opera dimostra la
modernità delle teorie aristoteliche e getta le basi di una
rinnovata teoria dell’argomentazione e della persuasione.
Preleman accenna solo di sfuggita alla pubblicità, ma è
chiaro come tutto ciò che egli dice a proposito della
argomentazione in generale è applicabile, con i dovuti
adattamenti, all’attività pubblicitaria. Recentemente due
studiosi francesi
7
hanno evidenziato la singolare
7
Ph. Breton e G. Gauthier, Storia delle teorie e dell’argomentazione, Parigi, La
Decouvertè et Syros, 2000, pp. 54 e sgg.
- 10 -
coincidenza per cui, nello stesso anno in cui Preleman, con
il suo saggio, dava l’avvio alla riscoperta della retorica nei
paesi neolatini, altrettanto faceva per i paesi anglosassoni
Stephen Toulmin. Quest’ultimo parte per la sua riscoperta
dell’argomentazione retorica dalla confutazione
dell’estremismo matematico proprio della logica formale,
accusandolo di totale astrazione e inapplicabilità alla
realtà della comunicazione quotidiana.
L’argomentazione che per Toulmin sta alla base di ogni
persuasione, segue secondo la sua elaborazione un
determinato modello: egli asserisce che un determinato
argomento funziona partendo da dei dati (D) che
interpretati secondo una determinata qualificazione
modale (Q) portano “sicuramente” o “probabilmente” ad
una conclusione (C), se sono sostenuti da un elemento di
garanzia (G) e a patto che non agisca un elemento di
restrizione (R) contraria, e il tutto si fonda su una base (B)
accettata. Dopo i trattai di Preleman e Toulmin si è
assistito ad un vero fiorire di studi e saggi intorno alla
retorica, molti dei quali hanno preso in esame anche i
rapporti che la pubblicità ha con questa disciplina.
- 11 -
2. La persuasione oltre la retorica: teorie e
modelli
La retorica, da Aristotele a Preleman, ha studiato
essenzialmente le tecniche utili a persuadere. Nel secolo
passato, però, si è anche sviluppata tutta una serie di
ricerche che hanno studiato le condizioni e i meccanismi
della persuasione. La domanda che ci si pone è: “Perché e
come un individuo riesce a persuadere altri?”. Pionieri in
questo nuovo campo, soprattutto all’inizio, saranno
Kathleen K. Reardon
8
e il recente lavoro di Turnes, de la
Corte e Beccera
9
che ci guideranno.
Si deve cominciare da un celebre modello di
comunicazione formulato negli anni ’40 ad opera dello
psicologo Harold D. Lasswell: “chi dice cosa a chi con quali
effetti?”.
Questo modello mette l’accento sull’approfondimento
della comunicazione persuasiva e soprattutto sui suoi
effetti: infatti si intende per persuasione il raggiungimento
intenzionale di un effetto, ossia di un cambio di
atteggiamento. Il cambiamento può essere di due tipi:
8
Reardon, Op. cit.
9
P. Brinol Turnes, L. de la Corte Ibanez, A. Beccera Grande, Qué es persuasion,
Madrid, Editorial Biblioteca Nueva, 2001.
- 12 -
• Di intensificazione: quando aumenta il grado di
intensità di un atteggiamento ma non cambia la sua
polarità.
• Di inversione: quando diminuisce il grado di intensità
di quell’atteggiamento o addirittura si capovolge.
Sulla possibilità che uno di questi due mutamenti si
verifichi sono state elaborate differenti teorie, ognuna
specifica e peculiare.
2.1 Teoria razionalista
Si dovrebbe parlare più correttamente di un modo di
concepire l’uomo come essere esclusivamente razionale,
che presuppone che, nel momento in cui il persuasore
fornisca informazioni e dimostrazioni chiare, ragionevoli e
plausibilmente credibili, queste diventino di per se stesse
validi strumenti per modificare l’atteggiamento del
destinatario.
2.2 Teoria dell’apprendimento: dal condizionamento
classico ad oggi
Questa teoria si deve in gran parte agli esperimenti del
premio Nobel russo Ivan Pavlov, che dimostrò come, ad
esempio, esponendo più volte di seguito un cane
all’associazione di un segnale neutrale (suono di un
- 13 -
campanello) con uno stimolo significativo (odore di carne
che provoca salivazione), dopo un certo numero di
esposizioni il cane produrrà la salivazione anche soltanto
sentendo il suono del campanello.
Un passo ulteriore venne dalla scuola psicologica del
comportamentismo o behaviourismo, fondata da John B.
Watson, agli inizi del secolo scorso, che, riprendendo le
teorie di Pavlov le applicò per la prima volta agli esseri
umani. Secondo tali teorie l’apprendimento e il
comportamento umano derivano soltanto da riflessi
condizionati indotti o volontariamente dall’educatore, o
involontariamente dall’ambiente circostante la persona.
Allo scopo di persuadere, i comportamentismi propon-
ono oltre alla ripetizione degli stimoli, come asseriva
Pavlov, anche l’aggiunta di premi o castighi .
Negli anni successivi, dopo oltre un decennio di
esperimenti, un gruppo di studiosi della scuola di Yale
10
,
guidato da Carl Hovland, ha proposto negli anni ’50 un
modello il cui postulato di base è che l’apprendimento del
messaggio sia l’elemento determinante del cambio di
atteggiamento. Perché il cambiamento avvenga è
necessario che il destinatario:
10
C. I. Hovland, I. L. Janis, H. H. Kelley, Comunicazione e Persuasione, New Haven,
Yale University Press, 1953.
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• Sia esposto
• Gli presti attenzione
• Capisca il messaggio
• Lo accetti
• Lo ricordi
• Dia attuazione pratica
Unendo insieme in un unico momento di ricezione del
messaggio i primi tre punti, ne deriva una recente
formulazione di tale teoria, proposta da McGuire
11
e
chiamata modello dei due fattori. Questa afferma che la
probabilità di persuasione è direttamente proporzionale
solo al grado di ricezione e di accettazione del messaggio;
va tenuto inoltre presente l’importanza che anche per
McGuire ha il premio proposto al destinatario. Innegabile
elemento di novità è l’introduzione da parte dello studioso
del concetto di “probabilità” che mette l’accento sul
passaggio ad una fase in cui il risultato della persuasione
non è più dato per certo ma viene legato a un calcolabile
grado di probabilità.
11
W. J. McGuire, Attitudini e cambio di atteggiamento, in G. Lindzey e E. Aronson (a
cura di), Libro di Psicologia sociale, New York, Random House, 1985, vol. II, pp.
233- 246.
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