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Diversi rimedi sono stati consigliati nel corso dei secoli per la cura della
tubercolosi: Sukruta nell’Ayur-Vedha (1000 a.C.) proponeva aglio e resina di
pino; Eurifone di Cnido(400 a.C.) suggeriva il latte di donna, inaugurando una
indicazione che perdurerà per molti secoli; Diocle di Caristo (300 a.C.)
consigliava colla forte, cotta nell’acqua con farina e rovi di siepe contro
l’emottisi, mentre Erasistrato (250 a.C.) proponeva le legature degli arti (dette
anche legature ippocratiche) per combattere lo stesso male; Catone il Censore
(200 a.C.) consigliava il cavolo (brassica); Pedacio Dioscoride d’Anabarze
(100 d.C. circa) prescriveva l’oppio contro la tosse dei tisici e le pietre di color
rosso (principio della segnatura) contro l'emottisi; Claudio Galeno (180 d.C.)
descriveva i segni per riconoscere l'abito tisico e suggeriva il trattamento
climatico per la cura della tisi, il soggiorno nelle pinete; Alessandro di Tralles
(500 d.C.) esponente della medicina bizantina e vero tisiologo delle epoche
antiche, dava una buona descrizione della tisi e suggeriva per la sua cura
cambiamento di clima, viaggi per mare, vitto adeguato e non pesante, latte
d’asina; Avicenna (1000 d.C.) accennava al concetto di contagiosità della tisi e
suggeriva per la sua cura le istillazioni endotracheali di sostanze balsamiche e
di essenze profumate.
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Piero De Crescenzi (1280 d.C. circa) studioso dell’agricoltura, accennava per
primo alla pretesa utilità dell'aria delle stalle nel trattamento della tbc; Matteo
Ferrari di Grado (1450 circa) intuiva l'importanza del trattamento psicoterapico
della tbc; Gerolamo Fracastoro (1546) pubblicava il suo De contagione e
propone per la cura le inalazioni balsamiche; Marco Aurelio Severino (1630)
praticava ai tisici trasfusioni di sangue di montone;
Piorry e Ramadge dopo circa due secoli di silenzio (1836) sostenevano la
necessità di comprimere il polmone tubercoloso per ottenere la guarigione;
Hastings e Storks (1844) drenavano un’ampia caverna mediante un tubo infisso
per via transtoracica e ottenevano un notevole miglioramento; Spregler e
Hunger (1847) davano inizio allo sviluppo di Davos come stazione climatica
sanatoriale che dava l’avvio alla costruzione di altri luoghi di cura similari;
Carlo Forlanini (1882) proponeva il pneumotorace per la cura delle caverne
tubercolari.
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MINI-CARRELLATA DEI TISICI ILLUSTRI
Federico Chopin
Nicolò Paganini
Eleonora Duse
Marchesa Pompadour
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Indubbiamente sono stati proposti nel corso dei secoli rimedi tra i più disparati,
ricordiamo anche che nel 1200 si trova affermata la tradizione del
“toccamento” da parte del re fondata sulla credenza che i re di Francia avessero
il potere di guarire, con il solo tocco, le ghiandole scrofolose ( uguale potere
era attribuito al re di Inghilterra nei confronti del gozzo), usanza perdurata fino
al 1824 anno in cui Carlo X (1824-1830) toccò gli ultimi scrofolosi
presentatigli dal celebre chirurgo Dupuytren.
Solo nel 1882 Robert Koch (vedi immagine seguente) scopriva il bacillo della
tubercolosi e nel 1908 Calmette e Guèrin annunciarono di aver isolato un
ceppo di bacillo tbc bovino reso innocuo con ripetuti passaggi su patata biliata
(B.C.G.).
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LA SCOPERTA DELLA TUBERCOLINA
DA PARTE DI ROBERT KOCH
A sinistra: Robert Koch ritratto in
una fotografia
Sotto: Annuncio della sua
scoperta al congresso
medico internazionale di
Berlino del 1890
Il 4 Agosto del 1890, Robert
Koch che a lungo si dedicò alla
sperimentazione al fine di
trovare un rimedio per la
tubercolosi, dichiarò di aver
individuato una sostanza che
appariva in grado di ritardare la
crescita sia in vitro che in vivo
del bacillo tubercolare. La
formula non venne svelata e
Koch cominciò a trattare un
gran numero di pazienti.
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Ma per la cura bisogna aspettare Waksmann (1944) con la scoperta della
streptomicina e della neomicina (1949-1950).
In molti trattati compariva e compare la storica frase e celebre aforisma di
Giorgio Baglivi (1696) “O quantum difficile dignoscere morbus pulmonum! O
quantum difficilius curare!” a dimostrazione dei tentativi e delle difficoltà
incontrate nei secoli nella cura di questa storica malattia.
La malattia ha colpito nei secoli persone note (pochi esempi nell’immagine
seguente) e non; comunque ha mietuto vittime dall’antichità ad oggi, data in
cui l’infezione non è stata ancora debellata anche se conoscendo la cura
appropiata, il tasso di sopravvivenza e di miglioramento delle condizioni di vita
è aumentato.
Segue il grafico con le date di scoperta del micobatterio, conoscenze che hanno
permesso una migliorata diagnosi e un’adeguata cura.
La Scoperta dei Micobatteri
1874 A. Hansen M. leprae
1882 R. Koch M. tuberculosis
1889 A. Maffucci M. avium
1898 T. Smith M. bovis
1926 G. Aronson M. marinum
1938 J. Da Costa Cruz M. fortuitum
1950 Autori vari M. intracellulare
M. kansasii
M. scrofulaceum
Dal 1950 ad oggi molte altre specie sono state scoperte tanto che oggi
se ne contano 49.
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Eziologia
La tubercolosi è dovuta al Mycobacterium Tubercolosis, o bacillo di Kock, che
appartiene al genere Mycobacterium, ordine Actynomicetacae, classe
Schizomycetae. Si tratta di batteri a caratteristica forma a “bastoncino”, Gram
positivi, aerobi, asporigeni, immobili e privi di ciglia. Sono lunghi 1,5-3,5 nm,
larghi 200-400 nm.
Sono formati da proteine, carboidrati e lipidi. Questi ultimi costituiscono il
50% del Micobatterio, conferiscono l’idrofobicità e l’alcool-acido resistenza. Il
M. tuberculosis sintetizza un grande numero di acidi grassi, gli acidi micolici,
che costituiscono il 30-40% del peso secco della membrana cellulare (Rastogi
et al., 2001) Gli acidi micolici prodotti nei micobatteri sono i più lunghi acidi
grassi identificati in natura. Minnikin ha proposto inizialmente che questi acidi
fossero parte della membrana esterna oltre che quella citoplasmatica (Minnikin,
1982;1991). Modelli sperimentali che utilizzano la diffrazione a raggi X hanno
mostrato un blocco lipidico quasi cristallino in una parete cellulare purificata di
M. chelonae. Sembra molto verosimile che i lipidi legati non covalentemente
integrano il riarrangiamento ordinato degli acidi micolici in un doppio strato di
membrana asimmetrico (Nikaido et al., 1993). Questa membrana resiste anche
a temperature di 70 °C (Liu et al.,1996).
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Immagini di microscopia ottica ed
elettronica del Micobacterium tuberculosis
Fig. 2
Immagine del micobatterio
Microscopia elettronica a
scansione
I bastoncelli: particolare
Fig. 1
Immagine del micobatterio
Microscopia ottica.
Colorazione Ziel-Neelsen
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La doppia membrana della parete esterna protegge il micobatterio: la bassa
permeabilità rende intrinsecamente resistente il micobatterio a molti antibiotici.
Infatti i farmaci normalmente utilizzati come l’isoniazide, l’etambutolo e la
pirazinamide sono costituiti da molecole piccole e idrofile; ciò significa che
possono penetrare attraverso il doppio strato lipidico ma possono anche trovare
resistenza, con o senza l’aiuto delle porine ( Jackson et al., 1999; Raynaud et
al., 1999). Le proteine del poro attraversano la membrana esterna mediante la
diffusione di nutrienti idrofili. Il M. tuberculosis possiede almeno due porine e
la proteina di canale OmpATb, necessarie per l’adattamento al basso pH e la
sopravvivenza nei macrofagi. L’attività del OmpATb è fondamentale per il
ruolo che riveste nei confronti dell’acidificazione nel fagosoma dei macrofagi
(Niederweis, 2003).
L’architettura della membrana è importante per la struttura e la funzione delle
proteine di membrana. Per esempio, lo spessore delle regioni idrofobiche è
nota per influenzare proprietà quali la fluidità, la permeabilità degli ioni, le
proprietà elettriche di membrana e la struttura e la funzione delle proteine
transmembranarie (Killian, 1998).
Vi è poi un polisaccaride antigenico che inibisce la fagocitosi e la migrazione
dei granulociti neutrofili. Il batterio è costituito da una membrana esterna con
una lipoproteina ricca di colesterolo e i recettori neuraminidasi sensibili che
inoculano nucleasi ed altri enzimi e estraggono altri metaboliti cellulari.
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Come componenti della parete cellulare sono stati individuati i glicolipidi
fenolici: è noto come essi abbiano il ruolo funzionale sulla stimolazione
immune delle cellule evidenziato dal ruolo che queste molecole hanno sulla
patogenicità del micobatterio. Questa proprietà è conferita dalla presenza dei
glicidi (Puzo G., 1990).
Il M. tuberculosis appare piuttosto resistente all’azione degli agenti esterni: è
in grado di rimanere in vita per 30-40 giorni nel muco tracheale; muore entro 2
giorni nelle feci esposte al sole ma se il tempo è umido, sopravvive 2 mesi in
estate e addirittura, 5 mesi in inverno. Nel latte anche se acidificato, sopravvive
per più di 15 giorni e nel burro per almeno 4 settimane.
Questo micobatterio ha una notevole capacità di adattamento sugli animali ed
oltre che nel bovino, si può ritrovare nell’uomo, nelle scimmie, nei suini, nei
cavalli, nei gatti, nelle pecore e nelle capre.
Il micobatterio si può ritrovare anche nelle autopsie a lunga distanza dalla
morte del soggetto e se non si prendono adeguate misure protettive ci si può
infettare e sviluppare la malattia. In passato sono stati trovati molti casi di
questo tipo di trasmissione.
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Epidemiologia
Vi sono secondo l’OMS, circa 2 miliardi di infezioni tubercolari latenti nel
mondo, 15 milioni di casi di malattia in atto, 7-10 miloni di nuovi casi all’anno
(8.8 milioni nel 2002, di cui 3,9 milioni espettorato positivi) e 3 milioni di
decessi all’anno sempre nel mondo: di questi l’80% tra i 10 ed i 50 anni, con
un decesso ogni 10 secondi! A livello mondiale dal 1997 al 1999 si è
manifestata una creescita del 6% di casi di TBC e da qui al 2005 si prevede un
ulteriore incremento che porterà a circa 10,2 milioni di nuovi casi.Il tasso di
incidenza pro capite sta aumentando in generale approsimativamente dell’1,1%
per anno e secondo il numero di casi, del 2,4% all’ anno. La crescita dei casi di
notifica è più veloce nei paesi africani per l’ elevata prevalenza di HIV e
nell’Europa dell’est (paesi dell’ex-unione sovietica) ma in entrambe queste
regioni la crescita ha subito una decelerazione dalla metà degli anni ’90.
A dare l’allarme sulla diffusione di questa malattia infettiva è l’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) che vuole favorire la possibilità di curare la
tubercolosi in modo adeguato in tutto il mondo con lo slogan ”Tbc, una cura
per tutti”.In tutto il mondo è utilizzato l’approccio terapeutico DOTS (Direct
Observed Therapy). Una terapia di breve durata, somministrata sotto il
controllo medico, che risulta efficace nel 95% delle situazioni.
Obiettivo dell’organizzazione è proprio quello di garantire la possibilità di
accedere al trattamento DOTS, il cui costo è basso (10-15 dollari per ogni
individuo), nei territori di maggiore diffusione e in quelli dove i casi sono
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limitati. La necessità di diffondere il trattamento è quella di prevenire il
contagio: ogni persona contagiata se non curata infetta dalle 10 alle 15 persone
l’anno.
Secondo l’OMS i paesi che hanno adottato l’utilizzo della DOTS è stato di 25
nel 2002, numero che si somma ai 155 paesi che già la utilizzavano: mancano
ora solo 30 paesi al totale. Alla fine del 2002, il 69% della popolazione
mondiale vive in paesi o in parte di essi, dove era stata introdotta la DOTS. Si
calcola che tra il 1995 e il 2002 sono stati trattati con la DOTS un totale di
13.3 milioni di pazienti con tubercolosi e 6.8 milioni di pazienti con espettorato
positivo.
L’1.4 milioni di pazienti espettorato positivi del 2002 rappresentano il 37%
dell’incidenza stimata, un po’ più della metà rispetto al 70% del target
dell’OMS. L’incremento dei pazienti espettorato positivi notificati nel 2001-
2002 (214656) è stato più grande della media del 1995-2000 (134157). Si
calcola che per raggiungere il target del 70% di pazienti trattati con la DOTS
dovrà verificarsi entro il 2005 un incremento di 1.04 milioni di casi di
tubercolosi e un aumento di 433000 casi di pazienti espettorato positivi.