7
assoluto, ma che successivamente sono stati adattati alla
situazione costituzionale attuale.
Il passaggio, infatti, allo Stato moderno e la conseguente
divisione dei poteri, ha lasciato sussistere in capo
all’amministrazione residui di funzioni legislative e
giurisdizionali, sotto il profilo formale, ma in particolar modo
sotto il profilo materiale; basti pensare che l’autotutela è, senza
dubbio, attività amministrativa, ma avente contenuto
giurisdizionale, in quanto si manifesta in provvedimenti di
secondo grado, volti all’assicurazione della giustizia e
dell’efficienza dell’azione amministrativa.
Il fenomeno, di conseguenza, non è affatto marginale, e
rappresenta uno dei principi portanti di questa branca del diritto,
cioè il perseguimento dell’interesse pubblico, che trova, a sua
volta, fondamento nel rispetto dei principi costituzionali ‘del buon
andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione’
4
, tale potestà
della pubblica amministrazione di rimuovere gli atti invalidi per
vizi di legittimità o di merito è irrinunziabile e non incontra un
limite nella circostanza che l’atto originario sia stato impugnato,
ma solo nella circostanza che l’atto da rimuovere abbia dato luogo
alla costituzione di un diritto soggettivo perfetto
5
.
In particolare, nella nostra fase storica c’è stata una rivalutazione
di tale istituto, soprattutto a livello giurisprudenziale, tale per cui
l’autotutela costituisce un valido banco di prova per misurare le
prospettive del diverso rapporto che la mano pubblica intende
impostare con i soggetti privati, cioè con i fruitori dei suoi
preziosi servizi.
6
4
Art. 97 Costituzione, comma 1: “ I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di
legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”.
5
Vedi P. FALCONE E A. POZZI, Il diritto amministrativo nella giurisprudenza, che rinvia a
Cons. St., sez. V, 24 ottobre 1996, n.1263 e T.A.R. Lazio, sez. II, 27 novembre 1991, n.1812.
6
In tal senso V. AZZONI, Lo ius poenitendi della P.A., in Nuova Rassegna, 1995, p.489 ss.
8
Mutamenti come la trasformazione da Stato accentrato a Stato
regionale e il conseguente sviluppo delle autonomie locali, lo
sviluppo di tecniche procedimentali che si fondano sulla ricerca
del consenso preventivo dei futuri destinatari dell’atto e, quindi,
sulla contrattazione del suo contenuto tra costoro e
l’amministrazione, hanno portato a chiedersi quali siano il valore
ed il significato di tale istituto
7
, nel diritto amministrativo.
Al contrario, nel diritto privato, l’autotutela ha carattere
eccezionale ed è facoltativa Eccezionale perché contraddice il
principio di tutela giudiziale ed ha bisogno di un riconoscimento
legale esplicito: i casi più noti sono la legittima difesa, lo stato di
necessità (istituti mutuati dal diritto penale), l’esecuzione
extragiudiziale, il diritto di ritenzione del creditore. Mentre, è
facoltativa perché consiste in un diritto che può prescindere
dall’adire il giudice, ma ciò non toglie che quest’ultimo conservi
integro il potere di verificare la legalità dell’uso del diritto
soggettivo stesso.
A questo punto, tornando al diritto amministrativo, si può tentare
una classificazione delle categorie degli atti di autotutela, sulla
base dello studio svolto da Benvenuti
8
, il quale, partendo da una
considerazione unitaria dell’istituto, prevede una prima
suddivisione in autotutela decisoria o provvedimentale (sugli atti
ovvero sui rapporti) e autotutela esecutiva. La seconda è una
categoria unitaria, intesa a consentire la realizzazione materiale
degli interessi dell’amministrazione, sia che essi si concretino in
atti di autonomia o di autarchia, sia che si concretino in autotutela
decisoria.
7
Vedi in tal senso G. GHETTI, Autotutela della pubblica amministrazione, in Digesto, disc.
Pubblic., II, p.82.
8
F. BENVENUTI, Autotutela, in EdD, 1959.
9
Ma ciò che interessa in questa trattazione è proprio l’autotutela
definita decisoria, all’interno della quale rileva un’altra
suddivisione in: diretta o non contenziosa e indiretta o
contenziosa.
Quest’ultima si fonda sull’azione, o ricorso, dell’interessato,
assumendo, quindi, una connotazione fortemente giurisdizionale
anche sul piano formale, infatti la disciplina giuridica dei ricorsi
prende le mosse da quella processuale della funzione
giurisdizionale, proprio a causa della presenza di una controversia,
la quale si conclude con un atto che tende a soddisfare, accanto a
quello del privato ricorrente, altresì l’interesse pubblico
dell’amministrazione, questo è il motivo per cui si parla di
autotutela indiretta.
Mentre con l’autotutela diretta, l’amministrazione esercita i suoi
poteri spontaneamente, attraverso l’annullamento definito
‘d’ufficio’, ovvero a seguito di un dovere stabilito dalla legge, in
questo caso si parla di funzione di controllo.
La classificazione appena accennata conferma che ci si trova di
fronte ad un’attività amministrativa in senso pieno, ma con forti
caratteri di “paragiurisdizionalità”
9
, in quanto con tali
procedimenti di secondo grado, l’amministrazione dispone, con
ampia discrezionalità, senza il consenso dei destinatari, il ritiro ex
post dei propri atti.
Grazie alla legge sul procedimento amministrativo, la L. n. 241 del
1990, tale rimedio successivo, in alcuni casi, può essere superato
con la ricerca del consenso preventivo dei futuri destinatari
dell’atto, attraverso, quindi, la contrattazione del contenuto
dell’atto, come previsto dal capo riguardante la partecipazione al
procedimento amministrativo ed in particolare dall’art 11.
9
Vedi G. CORAGGIO, Autotutela, in EG
10
In un caso, in particolare, la giurisprudenza ha ammesso la
possibilità di utilizzare l’accordo sostitutivo non solo in luogo del
provvedimento amministrativo, ma “anche in alternativa agli atti
di autotutela, stante la discrezionalità che caratterizza i relativi
procedimenti”
10
. Si vedrà, successivamente, che, a causa dello
scarso reperimento di tali forme di partecipazione all’interno dei
procedimenti tributari di primo grado, se non altro per l’esclusione
esplicita dell’applicazione delle norme sulla partecipazione ai
procedimenti tributari
11
, si sarebbe potuto lasciato “aperto uno
spazio non secondario ai poteri di autotutela”
12
, ma, comunque,
negli ultimi anni, anche nel settore tributario è stato incentivata la
partecipazione del contribuente, come nel caso dell’istituto
dell’accertamento con adesione, reintrodotto dal decreto
legislativo n. 218 del 1997, che ne ha ampliato l’ambito di
applicazione o con la recente L. 212/ 2000, anche detta ‘Statuto
del contribuente’.
Abbiamo detto che l’annullamento d’ufficio si inquadra all’interno
dei "procedimenti di secondo grado", locuzione introdotta dalla
pratica giurisprudenziale, ma che non ha trovato molto seguito in
dottrina, la quale ha preferito soffermarsi all’analisi del
fenomeno, invece di tentare la sintesi
13
, proprio per una difficoltà
oggettiva a considerare unitariamente tali procedimenti.
Il potere di emanarli, per una parte della dottrina, trova il suo
fondamento nel privilegio accordato all’amministrazione a tutela
dell’interesse pubblico
14
, per altri è una forma di manifestazione
10
Cons. St., sez. V, 3 giugno 1996, n. 621, in Foro amm., 1996, p.1869.
11
Vedi l’art. 13, co. 2: “Dette disposizioni non si applicano altresì ai procedimenti tributari
per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano.” L. n.241/1990.
12
In tal senso D. STEVANATO, L’autotutela dell’amministrazione finanziaria, Padova, 1996,
p.7.
13
M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1993, p.553, che accenna all’unica
eccezione di rilievo e cioè: A. M. SANDULLI, Manuale, p.697ss.
14
G. ZANOBINI, Corso, Milano, 1942, p.246.
11
dell’imperatività
15
. Ma, secondo buona parte della dottrina
16
, però,
tali provvedimenti consistono nella manifestazione del potere di
modificare gli effetti dei propri atti, il che significa che la
funzione di tali atti è la medesima rispetto a quella esercitata
dall’amministrazione nei provvedimenti di primo grado
17
.
Secondo un sostenitore di tale visione
18
, a conferma di ciò sta, da
un lato, la titolarità del potere di riesame che spetta allo stesso
organo che ha adottato il provvedimento di primo grado o ad un
organo superiore gerarchicamente (comunque nell’esercizio delle
medesime funzioni), dall’altro lato, il fatto che per la rimozione di
un atto occorre lo stesso procedimento utilizzato per la sua
adozione, infatti la giurisprudenza enuncia, spesso, il principio del
contrarius actus
19
.
Non a caso, in una recente sentenza
20
si è affermato che “tale
principio è assurto a regola inderogabile sulla validità degli atti
amministrativi dopo l’entrata in vigore delle leggi nn.142 del 1990
e 241 del 1990, rendendo insostenibile il principio della revoca
implicita”.
Tale regola, però, non è assoluta, basti pensare, ad esempio, al
caso in cui il Consiglio di Stato abbia dichiarato legittimo un
procedimento di secondo grado durante il quale non sia stata
richiesta la ripetizione di un parere facoltativo, il quale era stato
15
M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1993, p.279.
16
S. CASSESE, Diritto amministrativo, Milano, 2000, p. 829; A. M. SANDULLI, Manuale;
G. CORSO, L’efficacia, Milano, 1969, p. 336; P. VIRGA, Diritto amministrativo, II vol,
Milano, 1999, p.128.
17
Contra Cons. St., sez. V, 25 marzo 1961, n. 112, in Foro amm., 1961, p. 972, che richiama
una massima della costante giurisprudenza dell’epoca: “L’annullamento si traduce
nell’esercizio di un potere diverso da quello che aveva dato origine all’atto annullato, il
potere, cioè, di autoimpugnativa riconosciuto agli organi della P.A.” Contra in dottrina, F.
BENVENUTI, ,Autotutela, EdD, CANNADA BARTOLI, Annullabilità e annullamento, EdD,
vol. II.
18
S. CASSESE, Diritto amministrativo, cit., p. 829
19
Vedi, ad es., Cons. St., sez.V, 23 maggio 1980, n.531, in Foro amm., 1980, I, p.973.
20
T.A.R. Toscana, sez. I, 1993, n.564, in Foro amm.1994.147.
12
rilasciato nel procedimento da riesaminare, in conseguenza del
fatto che l’annullamento dipende da motivi diversi da quelli
contenuti nel parere stesso
21
.
Classificazione dei procedimenti di secondo grado.
A questo punto della trattazione si può iniziare a descrivere i
differenti provvedimenti in cui si manifesta il potere di autotutela,
in base agli effetti che producono sugli atti di primo grado; senza
dimenticare che oggetto di tali provvedimenti è anche il silenzio-
assenso della P.A., che si affianca, quale fatto produttivo di effetti
giuridici, agli atti amministrativi, infatti la L. 7 agosto 1990
n.241
22
, dopo aver disciplinato la formazione del silenzio-assenso,
ha espressamente stabilito il potere di “annullare l’atto di assenso
illegittimamente formato” sussistendone le ragioni di pubblico
interesse, “salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda
a sanare i vizi entro il termine prefissatogli dall’amministrazione
stessa”.
Mentre per quanto riguarda gli accordi della P.A. con i cittadini, a
questi sono applicabili solo i procedimenti di revisione cioè quelli
che incidono sulla efficacia, e non i procedimenti di riesame
23
, è
previsto, infatti, dalla stessa L.241
24
un’ipotesi di ‘autotutela
legata’, è previsto, cioè, che l’amministrazione possa recedere
unilateralmente dall’accordo, ma con due condizioni: la
21
Vedi Cons. St., sez. V, n. 621/1996
22
Vedi l’art. 20, comma 1.
23
Distinzione accolta solo da una parte della dottrina: M.S. GIANNINI, Diritto
amministrativo, Milano, 1993, p.549 ss. e V. CERULLI IRELLI, Corso di diritto
amministrativo, Torino, 1997, p.586 ss, e p.637 ss.
24
Vedi l’art. 11, comma 4.
13
sopravvenienza di motivi di pubblico interesse e l’obbligo di
liquidare un “indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi
verificatisi in danno del privato”.
In realtà, la materia è molto complessa a causa della già accennata
carenza di disciplina normativa, soprattutto a livello generale e
sistematico, ma anche perché la dottrina ha ampiamente studiato il
tema, come già detto, in maniera più analitica che sistematica,
spesso soffermandosi sullo studio delle due figure più importanti e
cioè l’annullamento e la revoca.
Volendo tracciare un quadro delle posizioni della dottrina riguardo
i procedimenti di secondo grado, si può, innanzitutto, rilevare la
presenza di due correnti : la prima
25
che sottolinea la distinzione
tra procedimenti di riesame e procedimenti di revisione, cioè
procedimenti che hanno ad oggetto il riesame dell’atto stesso in
ordine alla sua validità in un caso, e la revisione del risultato di un
provvedimento avente efficacia durevole nell’altro.
Mentre la seconda corrente
26
, considerando tali procedimenti
all’interno di un'unica categoria, traccia le differenze in
conseguenza degli effetti prodotti dai singoli provvedimenti,
definendoli tutti ‘di secondo grado’ o ‘di ritiro’, dando maggior
rilievo alla contrapposizione tra le figure dell’annullamento e della
revoca.
La prima corrente, all’interno della categoria dei procedimenti di
riesame, considerata la manifestazione vera del potere di
autotutela, descrive i provvedimenti a seconda degli effetti che
vengono a prodursi sugli atti di primo grado.
25
Vedi nota n .21.
26
Vedi F. BENVENUTI, Appunti di diritto amministrativo ,Padova, 1987, p.149 ss; P.
VIRGA, Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1999, p.129 ss; S. CASSESE, Diritto
Amministrativo, Milano, 2000, p.829 ss.
26
V. Cons. Stato, sez.V, 4 dicembre 1981, n.632.
14
Nel caso in cui l’atto risulti conforme alla legge e quindi non
viziato si procede alla conferma dell’atto. La conferma si
differenzia dall’atto meramente confermativo, in quanto
quest’ultimo non è preceduto da un procedimento amministrativo
che riesamini la fattispecie, il che significa, secondo la
giurisprudenza, che è “confermativo il provvedimento emanato,
con riferimento ad un’istanza di riesame proposta dall’interessato,
senza una nuova istruttoria e senza nuove motivazioni”
27
.
Nel caso in cui l’atto sia affetto da un vizio che risulti rimovibile,
il provvedimento di riesame si estrinseca in varie figure di cui la
dottrina coglie le sfumature: si procede alla convalida nel caso di
un vizio di legittimità attinente, ad esempio, alla procedura, è stata
definita anche conversione ed ha un effetto di sanatoria; si procede
alla rettifica o correzione nel caso in cui si debba procedere ad
eliminare una mera irregolarità dell’atto, la quale presuppone la
legittimità dello stesso; per quanto riguarda la ratifica e la
sospensione, c’è disaccordo anche all’interno della stessa corrente,
per cui la ratifica, che consiste nell’appropriarsi da parte
dell’organo competente di un atto posto in essere da un organo
incompetente, ma legittimato in conseguenza di circostanze
eccezionali, viene trattata come procedimento avente natura
discussa da Giannini
28
, il quale ne sottolinea la differenza con la
ratifica del rappresentato in diritto privato, mentre viene
assimilata alla convalida da Cerulli Irelli
29
. Anche per la
sospensione c’è divario di vedute tra i due autori: il primo ne
afferma ancora la natura discussa, in base al fatto che la
sospensione incide solo su uno dei contenuti dell’efficacia e cioè
28
In Diritto amministrativo, Milano, 1993, p.554 ss.
29
In Corso di diritto amministrativo, Torino, 1997, p.641.
15
sull’esecuzione, il secondo, invece, la include nei procedimenti di
revisione, ma partendo dallo stesso presupposto e cioè che solo
indirettamente ne viene colpita l’efficacia.
L’annullamento d’ufficio è l’ultimo istituto, ma non per
importanza, tra i procedimenti di riesame, anzi ne è la
manifestazione tipica: è un potere a carattere generale, sussistente
in capo ad ogni autorità amministrativa e che consiste nel potere
di annullare con efficacia retroattiva un atto ritenuto illegittimo,
da parte dello stesso organo che lo aveva emanato o da un organo
superiore gerarchicamente (definiti rispettivamente
autoannullamento e annullamento gerarchico), con efficacia
immediata nei confronti della controparte, anche contro la volontà
di questa.
A questo punto, è doveroso soffermarsi sui procedimenti di
revisione, che rappresentano l’altra faccia dei procedimenti di
secondo grado, quella che ha ad oggetto il risultato del
provvedimento, nell’ipotesi in cui non sia più rispondente
all'interesse pubblico: la revoca ne è l’istituto più rappresentativo
ed anche il più complesso.
E’ necessaria una prima precisazione di carattere terminologico in
quanto il termine revoca viene utilizzato, in senso improprio, per
definire genericamente gli atti di ritiro, cioè di eliminazione
dell’atto quali ne siano le ragioni da parte della stessa autorità
emanante, mentre la revoca in senso proprio consiste nel
provvedimento che produce la cessazione definitiva dell’efficacia
durevole di un atto, a causa del fatto che l’ulteriore protrarsi
dell’efficacia risulta incompatibile con interessi pubblici, nel
frattempo emersi, valutati dall’amministrazione come preminenti
30
,
30
V. CERULLI IRELLI, op.cit., p.592.
16
pertanto l’esatta portata del provvedimento di eliminazione deve
essere accertata caso per caso
31
.
Riservandoci di trattare gli ultimi due istituti in maniera più
approfondita successivamente, si accenna, ora, alla seconda
corrente dottrinaria
32
, la quale non classifica gli atti a seconda
dell’oggetto su cui producono gli effetti( cioè l’atto o l’efficacia
dell’atto), ma in base ad altre caratteristiche.
Virga
33
, ad esempio, riunisce nella categoria ‘atti di ritiro’
l’annullamento, la revoca, l’abrogazione, mentre parla di
‘convalescenza’ per i provvedimenti che mantengono in vita l’atto,
eliminandone solo i vizi, come la convalida, la ratifica e la
sanatoria, e infine inserisce nella categoria della ‘conservazione’ i
provvedimenti che non mirano a sanare i vizi, ma a conservare
l’atto, come la conversione o la conferma.
A questo punto merita rilievo un’autorevole voce della dottrina
34
,
anche se ormai superata, che si occupa dei provvedimenti di
autotutela spontanea definendoli decisioni costitutive, le quali
assumono il nome di annullamento, revoca, abrogazione e
caducazione. Tale autore, in contrasto con la dottrina
maggioritaria
35
, la quale è concorde nell’affermare esclusivamente
la retroattività dell’annullamento, dichiara l’efficacia retroattiva
anche della revoca, mentre afferma che i provvedimenti di
abrogazione e caducazione, utilizzati per eliminare atti divenuti
31
Per Cons. St., sez. V, 1990, n. 239, in Foro amm., 1990, n.640: occorre “fare riferimento al
contenuto più che alla denominazione”.
32
Si rimanda alla nota n. 20.
33
In Diritto amministrativo, vol. II, Milano 1999, p.127 ss.
34
F. BENVENUTI, Autotutela, in EdD,1959 e Appunti di diritto amministrativo, Padova,
1987, p. 150-151. Vedi anche G. GHETTI, Autotutela della pubblica amministrazione, in
Digesto, disc. Pubbl., II, p.80.
35
S. CASSESE, op. cit., V. CERULLI IRELLI, op. cit., M. S. GIANNINI, op. cit., A. M.
SANDULLI, op.cit, V. VIRGA, op.cit.
17
rispettivamente inopportuni e illegittimi per motivi sopravvenuti,
hanno efficacia solo dal momento della loro emanazione
36
.
La recente inversione di tendenza si spiega semplicemente con la
maggiore tutela offerta al principio di affidamento e al rispetto
della certezza delle situazioni giuridiche consolidate, che negli
ultimi anni, anche e soprattutto con interventi legislativi, è stata
riservata ai cittadini, destinatari degli atti amministrativi.
Si vuole evitare, quindi, che le situazioni giuridiche sorte sulla
base dell’atto revocando siano esposte alla caducazione
dell’efficacia retroattiva per una diversa valutazione
dell’amministrazione sul suo operato.
E’ stato affermato
37
che alla base delle due correnti dottrinarie si
trova, ancora una volta, la diversa concezione dell’ atto
amministrativo, infatti in conseguenza di un’impostazione di
stampo negoziale la classificazione per atti dà vita alle categorie
degli atti di ritiro da una parte, e di convalescenza e di
conservazione, dall’altra; mentre l’impostazione pubblicistica,
privilegiando l’aspetto funzionale, distingue tra funzione, appunto,
di riesame e di revisione.
In conclusione si può rilevare, in assenza di una disciplina
normativa, una disomogeneità di vedute nella classificazione degli
atti di autotutela da parte della dottrina, ma è presente una
sostanziale visione d’insieme per quanto riguarda gli effetti che lo
ius poenitendi produce sui provvedimenti amministrativi di primo
grado.
36
Cioè efficacia ex nunc
.
37
R. GALLI, Corso di diritto amministrativo, Padova, 1996, pp.734,735.
18
Caratteristiche dell’annullamento d’ufficio.
Nel diritto amministrativo l’annullamento si articola in diversi
istituti, di cui solo l’annullamento d’ufficio e quello governativo
costituiscono espressione di autotutela in senso proprio.
Partendo da una visione generale, l’istituto che viene definito
annullamento giurisdizionale è devoluto ai giudici amministrativi
e si attua mediante procedimenti giurisdizionali, mentre
l’annullamento definito non giurisdizionale si estrinseca, come già
detto, in atti e provvedimenti amministrativi che si dividono in:
ξ annullamento di giustizia, cioè quello conseguente ad un
ricorso amministrativo;
ξ annullamento in seguito all’esercizio di una potestà di controllo
espressamente stabilita dalla legge;
ξ annullamento d’ufficio e governativo, appena definiti come
espressione della potestà di autotutela in senso proprio
38
.
L’annullamento su ricorso amministrativo e quello conseguente
alla potestà di controllo non sono espressione del potere di
autotutela
39
, proprio per la carenza di autonomia
dell’amministrazione, che annulla esclusivamente perché richiesto
dal soggetto privato, nell’interesse proprio di quest’ultimo,
mediante opposizione, ricorso gerarchico o ricorso al Presidente
della repubblica; ovvero perché vincolata a parametri o criteri
stabili dalle leggi sulla potestà di controllo, che riguardano le
modalità di esercizio, i termini e la forma di esplicazione.
38
In tal senso vedi E. CANNADA BARTOLI, Annullabilità e annullamento, in EdD, vol. II,
Milano, 1958, p.486.
39
Contra F. BENVENUTI, Autotutela, in EdD, p.541, il quale considera tali istituti
manifestazione di autotutela, aventi, però, presupposti diversi rispetto ai provvedimenti di
autotutela decisoria.