2
Naturalmente si tratta di misure strettamente e logicamente interrelate l’una con l’altra
all’interno di un più ampio sistema unitario di notevole impatto innovativo, e che per
tali motivi richiederebbero uno studio articolato, complesso, dedicato sia all’analisi di
ognuno di tali istituti, in sé considerato e isolatamente dagli altri, sia, proprio perché di
“sistema” si tratta, ad un esame integrato di ciascuno di essi, con particolare riguardo
agli effetti scaturenti dalle interrelazioni degli stessi, e dunque alle ripercussioni
provocate dalle peculiarità di ciascuno su quelle degli altri.
Con questo lavoro non mi assumerò un così “coraggioso” e “audace” compito, ma più
semplicemente mi concentrerò sullo studio di una parte di questo vasto sistema
innovativo, e in particolare sull’analisi del nuovo regime opzionale della trasparenza
fiscale, la cui ragion d’essere risiede nel sistema dell’esenzione nella tassazione dei
dividendi.
Dunque, fatte queste preliminari e necessarie considerazioni, mi dedicherò ab initio a
una breve analisi del nuovo regime di tassazione dei dividendi, per poi dedicarmi nei
successivi due capitoli, ad un più approfondito e dettagliato esame del regime della
trasparenza fiscale, sia di quella intersocietaria – ex art.115 T.U. - sia di quella delle
SRL a ristretta base partecipativa – ex art. 116 T.U. - .
Concludo infine anticipando che non arriverò a stabilire una generalis lex applicabile e
valida in assoluto che consenta di pervenire “ad una sola ed unica Soluzione”, la più
conveniente e vantaggiosa (in termini di convenienza fiscale), perché, non trattandosi di
una “Scienza esatta”, inconcepibile ed inverosimile in una realtà complessa e
multiforme quale quella attuale.
Mi propongo tuttavia di dare un quadro generale di quelli che sono i lineamenti del
nuovo regime ordinario di tassazione dei dividendi e di quello opzionale della
trasparenza, cosicché si possano percepire gli effetti, positivi o negativi, che la scelta
dell’uno o dell’altro determinerà in capo alla società.
Si tratterà poi di analizzare, di volta in volta, il caso concreto, tenendo conto di tante
variabili, probabilmente sempre differenti e comunque non definibili a priori, di fare
delle considerazioni certamente di convenienza economica, ma non solo, e di riuscire a
percepire, infine, quale peso e quale incidenza ciascuna di queste considerazioni
abbiano relativamente alla situazione societaria in oggetto.
3
CAPITOLO PRIMO
IL NUOVO REGIME DI TASSAZIONE DEI DIVIDENDI.
1. Dal vecchio al nuovo regime.
“Armonizzazione del sistema fiscale italiano con quello degli altri Paesi dell’Unione
Europea”: è questo uno dei criteri direttivi che hanno ispirato la riforma fiscale avviata
con la Legge Delega 07/04/2003 n°80 e intenzionata ad adottare un modello fiscale
omogeneo a quelli più efficienti già in essere nei Paesi Europei, al fine di incrementare
la competitività del sistema produttivo.
In una realtà sempre più aperta e globalizzata, il sistema fiscale di ciascun Paese deve
necessariamente essere, per quanto possibile, omogeneo ai sistemi fiscali degli altri,
affinché la conseguente standardizzazione e la neutralità degli stessi possano interferire
sempre meno sulle scelte di convenienza delle imprese e delle persone
2
.
Tale è stato il principio ispiratore che ha portato all’elaborazione del nuovo regime di
tassazione dei dividendi tra soggetti IRES e che ha completamente stravolto la
disciplina prevista dal precedente T.U.I.R.
D’altra parte non si può fare a meno di notare che con l’introduzione della riforma
fiscale in Germania, nel luglio 2000, l’Italia era rimasta uno dei pochissimi Paesi che
ancora ammetteva un sistema di tassazione dei dividendi basato sul credito d’imposta.
3
Ne conseguiva in tal modo un effetto distorsivo del corretto funzionamento del mercato,
in quanto, evidentemente, l’acquisizione di società residenti in Italia, da parte di soci
non residenti, con la costituzione di una società locale, risultava meno onerosa
dell’acquisizione di una società in qualunque altro Stato.
La riforma ha così modificato la filosofia di fondo della tassazione dei dividendi
eliminando il meccanismo del credito d’imposta e passando dal cosiddetto “metodo
dell’imputazione” al “metodo dell’esenzione”.
2
Cfr. Relazione- Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale, C. 2144.
3
Il metodo dell’esenzione solo di recente introdotto anche in Germania, è invece sempre stato operante in
Olanda, Belgio e Lussemburgo.
4
Il metodo dell’imputazione
4
, basato sull’integrale partecipazione del dividendo al
momento della sua distribuzione al reddito del socio percettore, e sulla contestuale
attribuzione di un credito d’imposta, è stato così superato dal metodo dell’esenzione che
invece si caratterizza per una non totale concorrenza del dividendo al reddito del
percettore
5
(ciò in considerazione del fatto che il reddito sconta, almeno in astratto, una
tassazione definitiva in capo al soggetto, la società, che lo produce).
Rientra sempre all’interno di questo ampio progetto di armonizzazione del sistema
fiscale complessivo, l’adeguamento del regime di tassazione dei dividendi a quello di
altri Paesi Europei sulla base del principio secondo cui l’utile vada tassato al momento
della produzione, in capo alla società che lo produce, e non anche in sede di
distribuzione ai soci.
6
Il sistema del credito d’imposta era stato elaborato appositamente al fine di evitare ed
eliminare fenomeni di doppia imposizione (dello stesso reddito, prima in capo alla
società e poi in capo al socio), in quanto l’Irpeg assolta dalla società diventava una sorta
di anticipazione dell’imposta dovuta dal percettore dell’utile
7
. Si fondava infatti sul
presupposto che fossero i soci, percipienti l’utile distribuito, i contribuenti effettivi
dell’utile societario, e non la società, con la conseguenza che l’imposta assolta dalla
società in sede di produzione dell’utile stesso rappresentasse, come già detto, una sorta
di prelievo in acconto dell’imposta dovuta dai soci.
In sostanza con tale metodo i dividendi, incrementati dell’imposta assolta dalla società,
partecipavano alla formazione del reddito dei soci al momento della loro percezione;
successivamente, su tale reddito complessivo, era calcolata l’imposta personale (con
l’applicazione delle aliquote progressive) e dall’imposta in tal modo determinata veniva
sottratta l’imposta già pagata dalla società partecipata. Logicamente e volutamente, in
tal modo, il prelievo definitivo veniva determinato in relazione alla situazione
soggettiva del socio e non a quella della società, unica fonte di produzione del reddito.
4
introdotto nel nostro ordinamento dalla legge 16 dicembre 1977, n.904 al fine di contrastare i fenomeni
di doppia imposizione economica.
5
Cfr. M. Nessi, Contabilità fiscale e bilancio d’esercizio, Gruppo editoriale Esselibri- Simone, marzo
2004, 85.
6
Cfr. La relazione governativa allo schema di decreto Legislativo recante la riforma dell’imposizione sul
reddito delle società in attuazione dell’art.4, co.1, lett. da a) a o) della L.7/4/2003 n.80
7
Cfr. L&T Consultino, Art.89: Il regime fiscale dei dividendi in ambito Ires, in La Riforma del Diritto
Tributario, 2004.
5
Tuttavia era un metodo che finché i confini dei mercati coincidevano, tendenzialmente,
con quelli dei singoli Stati, di cui i soci erano residenti, poteva comunque ritenersi
“efficiente”. Ma la realtà naturalmente è mutata, e in un’economia globalizzata, quale
quella attuale, sono tutt’altro che sporadici i casi in cui il socio risieda sotto una
giurisdizione diversa da quella della società partecipata.
Per tali motivi si è reso necessario spostare “la determinazione del prelievo” sulla
“situazione oggettiva” dell’impresa e non su quella “soggettiva del socio”.
8
Quanto detto finora, e cioè l’inadeguatezza di un tale sistema ad una realtà sempre più
aperta, emerge per esempio dal fatto che operava solo per i dividendi di fonte nazionale
percepiti da soci residenti, mentre per i dividendi distribuiti da società non residenti si
erano venuti a creare tre diversi regimi relativi a :
ξ Dividendi di fonte Comunitaria;
ξ Dividendi di fonte extra-comunitaria, ma provenienti da Paesi diversi da quelli a
regime fiscale privilegiato;
ξ Dividendi provenienti dai Paesi cd. Black list (inizialmente trattati come tutti gli
altri dividendi di fonte extra-comunitaria)
Al verificarsi di particolari condizioni
9
, si ricorreva ad una parziale esclusione,
differente a seconda dei casi suddetti, dei dividendi stessi dal reddito dei percettori
residenti, in modo da tenere in considerazione, seppur in via forfetaria, l’imposta assolta
all’estero dalla società non residente.
Con il decreto legislativo n.136, del 6 marzo 1993, in recepimento della direttiva CEE
cosiddetta “madre-figlia” l’art. 96-bis del T.U.I.R. stabilì la detassazione al 95% dei
dividendi distribuiti da società figlie, residenti in Stati membri dell’Unione Europea, a
condizione però che si trattasse di una partecipazione diretta al capitale in misura non
inferiore al 25%, posseduta ininterrottamente da almeno un anno.
10
8
La relazione alla legge delega di riforma fiscale del 2001, punto 4, sostiene infatti che ”.. tale metodo di
determinazione del prelievo in base alla situazione soggettiva del socio…non è efficiente in un’economia
globalizzata…”
9
Tale regime operava solo per le società soggette ad IRPEG in possesso di partecipazioni al capitale che
superassero determinate soglie, possedute ininterrottamente da almeno un anno.
10
Tale regime di detassazione è stato successivamente esteso, e in particolare con la Legge 21 novembre
2000, n.342 (art. 1), anche ai dividendi di società controllate residenti fuori dall’U.E. ma comunque nei
cosiddetti Stati di white list.
6
Gli altri dividendi distribuiti da società estere, che inizialmente comprendevano
indistintamente anche quelle residenti nei Paesi a regime fiscale privilegiato, in
possesso dei requisiti del collegamento societario di cui all’art. 2359 c.c. “concorrevano
alla formazione del reddito, per il 40% del loro ammontare”, come stabilito dal vecchio
art. 96 T.U.I.R.
11
Solo successivamente si è esclusa qualunque forma e percentuale di detassazione dei
dividendi provenienti dai Paesi di “black list”, imponendo la loro integrale
partecipazione al calcolo del reddito, al momento della produzione del reddito.
La novità della riforma sta proprio nel realizzare il principio dell’integrazione
dell’imposta societaria con quella personale del socio per il tramite di un meccanismo
differente, operante allo stesso modo sia per gli utili di fonte nazionale che per quelli di
fonte estera: si abbandona il credito d’imposta e si arriva ad un meccanismo di
esclusione dei dividendi stessi dal reddito imponibile dei soci.
Si passa da uno scenario caratterizzato dalla concomitante presenza di quattro diversi
meccanismi di tassazione dei dividendi, ad una semplificazione consistente
nell’applicazione di un unico sistema di tassazione dei dividendi, a prescindere, in linea
di massima, dalla loro provenienza.
Alla base del nuovo sistema vi è il principio secondo cui l’utile vada sottoposto a
tassazione una sola volta al momento della sua produzione, e in capo alla società che lo
produce (rendendo irrilevante, ai fini impositivi, la sua eventuale e successiva
distribuzione ai soci).
Con il sistema dell’esenzione il meccanismo del credito d’imposta viene infatti abrogato
per passare ad un meccanismo secondo il quale solo parte del dividendo distribuito
debba concorrere alla formazione del reddito imponibile del singolo socio; ne consegue
un effetto di esenzione parziale, in quanto si verifica in capo al percettore del dividendo
un fenomeno di doppia imposizione per quella quota parte soggetta a tassazione sia al
momento della produzione da parte della società, sia in sede di percezione dello stesso
da parte del socio (ammontante al 5% dei dividendi complessivi, nel caso di utili
percepiti da soggetti IRES).
11
Fino all’entrata in vigore della direttiva madre-figlia questo era l’unico sistema di tassazione dei
dividendi alternativo a quello dei dividendi “domestici”: la distinzione era perciò tra dividendi distribuiti
da società italiane e dividendi di fonte estera ( tassati per il 40% del loro ammontare).