5
Infatti all’interno della società italiana, fondata su un modello capitalistico, l’anziano è
divenuto un peso a livello sociale ed economico, e ancor più colui il quale negli ultimi
anni della sua vita necessita di cure mediche costanti. La persona è estromessa dal
circolo produttivo e per l’economia entra a far parte di una sottoclasse che non produce
più, e consuma poco rispetto agli standard di persone più giovani. Infatti è vero che la
persona anziana tende a modificare le proprie abitudini consumistiche con l’avanzare
dell’età; non è per niente attratta dallo stile consumistico fondato su modelli di bellezza
e di eterna giovinezza proposti dalla nostra società, la quale non è interessata a
sviluppare un mercato per persone anziane non-autosufficienti.
“Da molto tempo e in molte sedi ci si interroga sulle possibili dimensioni della qualità
di vita della persona anziana. Politica del welfare, ricerca applicata ai servizi sociali,
operatori d’ambito, associazionismo non profit e rappresentanze organizzative e di
famigliari indagano possibili risposte alla questione, alla ricerca di persosi concreti che
restituiscano, se mai si fosse perduta, dignità di vita all’anziano all’interno delle
strutture residenziali o semi – residenziali.”
4
Anche se ci sono questi sforzi,
5
“le persone estromesse dal gioco [del mercato
economico
6
] sono anche private di qualsiasi funzione che possa essere immaginata
come utile, per non dire indispensabile, al pacifico e redditizio funzionamento
dell’economia”. L’anziano entra a far parte di una categoria che può essere definita
sotto molti aspetti (economico, relazionale, sociale, affettivo, eccetera) povera, una
sottoclasse, come detto in precedenza, un «peso per la società»
7
.
Ora si potrebbe pensare che per salvaguardare i diritti degli anziani basti volgere lo
sguardo al Welfare State, creato appositamente per i cittadini in difficoltà. Ma funziona
ancora come supporto?
Coburn sostiene che il Neo-liberalismo economico mina il Welfare State, andando a
diminuire il livello di benessere e a minare la salute dei cittadini, come illustra nello
schema intitolato “The Class/Welfare Regime Model” (Allegato 1)
8
. In un regime dove
la globalizzazione economica e il Neo-liberalismo (nel quale le persone, la loro salute e
il loro benessere dipendono quasi totalmente dal mercato economico, avendo quindi un
basso grado di decommodification, ovvero l’indice che misura il grado in cui i cittadini
4
FRANCHINI Roberto, La figura dell’animatore nelle strutture per anziani, Franco Angeli, Milano, 1999
p. 99
5
BAUMAN Zygmunt, La società individualizzata, Il Mulino, Bologna, 2002 p. 99
6
Mia precisazione
7
BAUMAN Zygmunt, Ibidem
8
COBURN David, A brief response, in Social Science & Medicine, Numero 51, 2000 Figure 2
6
possono avere uno standard di vita adeguato indipendentemente dalla loro posizione nel
mercato), connessi con il potere del capitale, assumo importanza e forza, cosicché i
mercati economici e finanziari ne traggono giovamento, mentre il regime di Welfare ne
risente in negativo.
Accade così che il cattivo funzionamento del Welfare va ad aumentare le ineguaglianze,
la povertà e rende più difficile a una grande fascia di cittadini l’accesso a numerose
risorse sociali; mentre i mercati provocano una diminuzione della fiducia e della
coesione sociale. Mercati e Welfare si influenzano ed alimentano a vicenda. Infine
Welfare e mercati vengono direttamente condizionati dalla globalizzazione, dal Neo-
liberalismo e dal potere del capitale. Tutto questo porta a una diminuzione del livello di
salute nei cittadini e del loro stato di benessere, influenzati anche dalla diminuzione
della ricchezza economica.
Come sostiene Coburn “[…] different welfare regimes and rising inequalities of various
kinds have important implications for health inequalities within nations since social
inequalities of many kinds are related to health status differences. In general the higher
a group’s Social-Economic Status or income, and, it is assumed the lower forms of
inequality, the higher its health status. […] Despite ‘expanding economies’, health
inequalities have increased.”
9
Benché l’Italia non sia un pieno regime Neo-liberale, ma venga inserita in un gruppo
intermedio definito dall’autore Conservatore o Famigliare, caratterizzato da schemi di
classe sociale, un’assicurazione di base e un considerevole affidamento sulla famiglia
per offrire un supporto, la teoria di Coburn si adatta alla situazione che stiamo vivendo e
giustifica l’esclusione dell’anziano non-autosufficiente dal fulcro della società.
Ma, come detto in principio, anche in Italia si sta assistendo a un cambiamento del
nucleo famigliare; la famiglia non si fa più carico come una volta dei propri cari anziani
o che necessitano di cure, ma tendono ad affidarli a servizi esterni, che vanno ad
assumere sempre più importanza. Questi creano però molta confusione nel famigliare,
nonché dei sensi di colpa per aver affidato il parente ad un’istituzione. Inoltre la politica
del welfare non viene più in loro aiuto e sono colpiti anche dal punto di vista
economico.
La confusione però non è solo dei famigliari come vedremo. E’ molto difficile anche
per l’operatore sociale sapersi muovere all’interno e all’esterno dell’organizzazione e
9
COBURN David, Ibidem p. 1121
7
valorizzare il suo lavoro. Inutile dire che anche l’anziano è spaesato di fronte alla nuova
situazione che si è andata a creare. Cercare di dissolvere questo senso di smarrimento è
difficile ma importante. Si deve però partire dalle risorse che già si hanno e non
attendere che piovano del cielo degli aiuti.
Per questo ho deciso di utilizzare per il titolo del mio elaborato un quadro di Caspar
David Friedrich, artista romantico che ha operato in Germania a cavallo tra il ‘700 e
l’800. “Viandante sul mare di nebbia” vuole simboleggiare il percorso ricco di difficoltà
e lo smarrimento:
• Delle Case di Riposo a livello organizzativo e culturale all’interno di una società
che chiede loro di minimizzare i costi e massimizzare l’efficacia, portandole
molte volte a dover sottostimare gli effetti positivi di una buona rete sociale;
• Dell’anziano inserito in Casa di Riposo e privato del suo ambiente, dei suoi
punti di riferimento, della sua piena autonomia, dei suoi diritti;
• Dei famigliari dell’anziano;
• Degli operatori, soprattutto sociali sociali.
8
Allegato 1
Figure 2. The Class/Welfare Regime Model
A B C D
Globalizzazione
Neo-Liberalismo
Potere del
Capitale
Regimi del
Welfare
Mercati
Income inequality,
povertà, e accessi
differenziati a
numerose riscorse
sociali che includono il
tipo di lavoro,
l’educazione, la cura
della salute, casa,
trasporto, nutrizione,
eccetera.
Coesione Sociale
(Fiducia)
Salute
&
Benessere
Ricchezza
economica
9
2. IPOTESI
Non intendo proporre un modello risolutivo che serva ad affrontare le molte
problematiche che sussistono all’interno di una Casa di Riposo, soprattutto quando si
tratta di una grande istituzione. Il mio obiettivo è quello di illustrare come, partendo
dalle risorse offerte dalla situazione reale che ci si presenta davanti, e utilizzando il
modello di sviluppo skills for life, si possano progettare degli interventi di animazione
più attenti alla persona, ai suoi bisogni e volti a sostenere un processo di empowerment.
Si possa insomma migliorare la soglia di benessere percepito dal residente, ma anche
rinvigorire e migliorare la comunicazione e le relazioni di tutti coloro che operano
all’interno di una RSA.
Il mio percorso ha inizio con un’analisi generale dell’istituzione come Residenza
Sanitario - assistenziale caratterizzata quindi da ambiti differenti che vanno dall’area
amministrativa a una sanitaria, passando per aspetti assistenziali e sociali.
L’istituzione ha una sua propria organizzazione, termine che sottolinea il legame
inscindibile tra pensare e agire (Fornasa Walter). L’organizzazione è inaspettata e
inattesa, è sempre dinamicamente attiva, e non è formata dalla mera somma delle sue
parti. Le relazioni che vi hanno luogo aggiungono significato ad ogni porzione (Fornasa
Walter), la quale è resa quel che è a causa della sua interdipendenza dalle altre parti.
In questo senso l’organizzazione diviene un sistema complesso dove i differenti attori
svolgono un determinato ruolo, ed influenzano l’ambiente venendone a loro volta
influenzati.
Purtroppo istituzioni ampie e a carattere fortemente medico molte volte curano di più il
lato assistenziale della vita dell’anziano. Si perde di vista la persona nel suo insieme,
privandola a volte di alcuni diritti fondamentali che venivano invece assicurati dalla
società quando l’anziano non era ancora stato inserito in RSA. Inoltre il contesto
contribuisce a creare delle particolari visioni delle categorie di tempo e spazio, che
portano il residente alla graduale perdita della propria identità, alla perdita della
memoria, all’isolamento.
Le prestazioni che dovrebbe fornire una RSA sono molto più articolate e comprendono
gli ambiti: medico, infermieristico, sociale, riabilitativo, alberghiero, psicologico,
relazionale, per citarne alcuni (Dare vita agli anni, 2003).
10
Ma se questo è l’approccio adottato nella maggioranza dei casi significa che le
rappresentazioni sulla vecchiaia presenti nella nostra società sono tendenzialmente
negative. Il nostro mondo valorizza la velocità, la bellezza, le capacità di rendere e di
produrre, tutte qualità che l’anziano non presenta in quanto avendo lasciato il mondo
lavorativo ha tempi molto più personalizzati, non produce capitale ma dipende dal
sistema previdenziale, in alcuni casi necessita di medicinali e cure a causa di malattie, e
il suo corpo non corrisponde agli standard pubblicitari che sostengono il mito della
giovinezza. Si sottovaluta molto spesso la grande esperienza che queste persone portano
con sé, le abilità acquisite col tempo, la voglia di imparare e di godersi il periodo della
pensione, la voglia di esplorare e di intessere nuove relazioni, di prendersi cura degli
altri.
Il mondo dell’anziano viene così estromesso dal cuore della società nel momento in cui
si trova a vivere un’esperienza di malattia e di istituzionalizzazione. Vengono a mancare
i punti di riferimento, la famiglia, le possibilità di gestire spazi e tempi, di mantenere
l’autonomia residua, di potenziare alcune capacità.
L’istituzione impone le sue regole, anche se involontariamente può darsi, cosicché il
residente è costretto ad adattarvisi e molte volte questo processo avviene dolorosamente
e comporta molte perdite a livello cognitivo e fisico e cambiamenti a livello
comportamentale. I giorni diventano tutti simili, scanditi dalle attività mediche.
La salute e il benessere divengono dei miraggi, dei ricordi lontani, la malattia invece
prendere il sopravvento sulla persona che molte volte attende la fine del proprio
cammino come atto liberatorio. A questo atteggiamento negativo contribuisce molte
volte lo stesso approccio medico che non vede le capacità residue ma solo i “guasti
corporei” a cui porre rimedio.
La dimensione della cura è così ridotta agli aspetti farmacologico, biologico e
assistenziale dimenticando che ogni essere umano si costruisce attraverso le relazioni
che ha con altri uomini.
Quello che propongo è un approccio alla persona che tenga si conto degli aspetti medici
(biologico, fisico, cognitivo), ma anche del lato relazionale – sociale e del mondo
personale e intimo di ciascuna persona, della storia che si porta appresso. Un prendersi
cura più ampio, inteso come cura dell’ambiente, delle relazioni, dei sentimenti. Un
approccio sistemico e complesso. Una cura delle identità.
Ridare un senso e una forma alla quotidianità della persona anziana in Casa di Riposo è
quindi la sfida che si pone all’animatore, sia esso professionale o volontario.
11
Esplorerò a questo proposito il mondo dell’animazione: gli scopi, il metodo,
l’antropologia che lo contrassegna, cosa significhi relazionarsi alla persona anziana non
– autosufficiente.
Benché l’intervento animativo sia caratterizzato da una forte spontaneità, è sempre utile
tener presente le caratteristiche dell’istituzione in cui l’animatore, questa volta
professionale, si trova ad operare. Il modello skills for life offre una solida base per
comprendere al meglio quali siano i bisogni di tutti gli attori che operano
nell’organizzazione, potendo così progettare degli interventi sensibili e coerenti.
Naturalmente la situazione all’interno di un sistema complesso sarà sempre in
cambiamento, ma il modello skills for life è appunto un modello circolare che non si
ferma al primo risultato ottenuto, ma attua sempre una verifica del contesto e un
eventuale modificazione dei risultati.
Terminerò con un esempio su come si possano individuare i bisogni dell’anziano
attraverso l’analisi delle storie di vita. A questo scopo analizzerò una sola storia di vita
con un metodo di codifica aperta, assiale e selettiva per giungere a individuare delle
core categories, dei temi fondamentali nella vita dell’anziano.
Voglio sottolineare che non intendo sostenere che si debbano prendere in
considerazione soltanto i bisogni dell’ospite; quest’ultimo è ritenuto il fulcro della
progettazione, ma il fine ultimo dell’applicazione del modello skills for life è quello di
promuovere il benessere di tutti i soggetti che operano in una RSA e
dell’organizzazione stessa.
Tutti gli attori sono chiamati a sostenere l’empowerment dell’anziano in Casa di Riposo,
ma devono accettare di aprirsi all’anziano, di non chiudersi nel proprio ruolo, ma di
accettare il cambiamento che inevitabilmente una relazione con l’altro implica.
Per concludere ci tengo a sottolineare che, benché l’elaborato risulti essere molto
teorico, non è un mero collage di teorie e affermazioni. Esso nasce e viene caratterizzato
dalla mia esperienza come animatrice sociale, iniziata nove mesi fa, nella Casa di
Riposo di Bergamo, da poco tempo Fondazione Santa Maria Ausiliatrice. Il fatto di
poter entrare in contatto con un’organizzazione così grande in qualità di operatore
sociale mi ha permesso infatti di comprendere molti meccanismi che non avevo mai
notato nelle mie precedenti esperienze di volontaria e tirocinante.
12
3. LA RESIDENZA SANITARIO – ASSISTENZIALE
Introduzione
L’RSA è più comunemente detta Casa di Riposo. E’ una struttura che comprende ambiti
sanitari e assistenziali, ma anche sociali, relazionali e psicologici. Ed è da considerare
un’azienda, un’istituzione, con una sua propria organizzazione.
Edgar Morin definisce l’organizzazione un macro – concetto perché si inserisce in una
triade concettuale relativa al cambiamento di forma in e tra sistemi (Morin, 1983). Il
“sistema si configura come l’espressione di un processo organizzativo ed ha come
caratteristiche la chiusura (o identità) e l’apertura (o relazione) ed è
contemporaneamente struttura e funzione dall’organizzazione (che si esprime come
rete) che l’ha prodotto” (Fornasa, 2001 - 2002). L’ambiente produce invece delle
perturbazioni che vanno modificare gli schemi procedurali del sistema, ovvero il modo
di relazionarsi all’ambiente, mantenendone l’organizzazione, ovvero la sua identità
(Ibidem).
Nell’istituzione vi sono differenti figure che operano e contribuiscono a mantenere il
sistema aperto. Ma l’organizzazione con la sua propria identità porta ad accentuare
alcuni lati che a volte vanno contro i bisogni dall’anziano, ovvero del soggetto al quale
l’azienda offre i suoi servizi. Ad esempio gli spazi, privati e comuni, e i tempi non sono
sempre pensati e agiti in funzione dei bisogni/desideri della persona anziana. Infatti i
tempi e i modi scanditi dalle attività medico – assistenziali e sociali si impongono
all’anziano.
Inoltre l’ambiente gioca un ruolo fondamentale per quanto riguarda la visione che
l’anziano ha di sé; molte volte si percepisce soltanto come un corpo malato, privo di una
sua propria identità.
Questa visone è tipica dell’approccio biomedico che inquadra il soggetto più come un
paziente con un “guasto” fisiologico o mentale, piuttosto che concentrarsi
maggiormente sulla globalità della persona, come consente di fare un approccio
ermeneutico. Dal primo orientamento derivano una visione della salute, della malattia e
della cura che molte volte trascura l’aspetto più psicologico e sociale nella relazione con
l’anziano. La malattia è vista che come “guasto da sistemare”, invece che come un
nuovo tempo da vivere, in cui riorganizzare la vita. Da qui la necessità di integrare i
due approcci per permettere a tutti gli attori dell’organizzazione di relazionarsi al
meglio con l’anziano e provvedere ai suoi bisogni.
13
L’istituzione
Una RSA rientra nel quadro dei servizi socio – sanitari che presentano una duplice
natura:
• Sono una componente essenziale del sistema di sicurezza sociale e del
benessere;
• Rappresentano un settore in crescita dell’economia
10
.
Una casa di riposo è quindi, come accennato precedentemente, un sistema complesso
che entra a far parte del welfare e alla quale affidiamo la nostra sicurezza e il nostro
benessere; necessita di interventi equi ed efficaci per promuovere un’alta qualità dei
servizi e far si che abbiano effetti positivi sull’economia. Ogni servizio ha quindi una
sua propria organizzazione, formata a volte da tante piccole organizzazioni
interdipendenti quando siamo in presenza di un grande istituto.
Secondo il modello a diamante di Leavitt (Scott W.R., 1981) l’organizzazione è
composta da una struttura sociale, dai partecipanti, dalla tecnologia e dai fini; questi
elementi interagiscono in continuazione:
Ambiente
Organizzazione
Struttura sociale
Tecnologia Scopi
Partecipanti
Il “diamante” di Leavitt
Fonte: SCOTT W. Richard, Le organizzazioni, Il Mulino, Bologna, 1981 p. 35
I partecipanti sono “soggetti che […] danno un contributo all’organizzazione” (Scott
W.R., 1981); non solo i dipendenti quindi, ma anche gli stessi residenti, i famigliari, i
volontari e i politici. Per quanto riguarda i dipendenti, devono essere dotati di
appropriate qualità umane, relazionali e tecniche, che permettano loro di affrontare un
cammino di maturità in modo più corretto possibile (Alfieri R., 2000).
10
ALFIERI Roberto, Dirigere i servizi socio –sanitari, Franco Angeli, Milano, 2000 p. 29
14
Gli scopi devono essere chiari, coerenti con i valori e la cultura e aggiornati
periodicamente, possibilmente attraverso interventi di ricerca - azione. Per fare ciò si
devono tenere presenti i problemi che un’istituzione ha e le risorse di cui dispone per
scegliere poi degli interventi efficaci, appropriati e fattibili (Alfieri R., 2000). Le finalità
di un’organizzazione vengono reinterpretate ed espresse nella mission, alla quale è
collegata la vision, intesa come “la visione più generale di ciò che si propone di
raggiungere che porterà a sviluppare una pianificazione complessiva, individuando i
macrobiettivi e le aree ad essi interessate”
11
. Mission e vision sono comunque inserite
nella cultura organizzativa che caratterizza in specifico ogni istituzione.
La tecnologia assume vitale importanza, e un occhio di riguardo va posto alla tecnologia
dell’informazione che rende espliciti gli scopi e le linee guida dell’organizzazione sia al
suo interno, tra i partecipanti a tutti i livelli, sia al suo esterno, ovvero alla comunità
(Alfieri R., 2000).
Mentre per quanto riguarda la struttura sociale, formata da una struttura normativa
(valori, norme, ruoli) e da una struttura comportamentale (ordine fattuale e
comportamenti effettivi) (Scott W.R., 1981), occorre sviluppare un adatto disegno
organizzativo e promuovere una cultura e metodologia adatte (Alfieri R., 2000).
Si deve sempre pensare alla struttura organizzativa come a una “forma dinamica, che
evolve per mantenersi in grado di supportare i processi e le relazioni necessarie alla […]
funzionalità”
12
; il disegno organizzativo favorirebbe poi i processi e le relazioni.
Un’asserzione di questo tipo concorda con la definizione di cultura fornita da Piccardo e
Benozzo quale “metafora fondamentale che organizza la lettura e l’interpretazione
dell’organizzazione. […] E’ un processo dinamico di costruzione, ricostruzione e
distruzione di significati, processo realizzato attraverso azioni e decisioni individuali e
collettive definite sulla base di uno scambio continuo intersoggettivo tra gli attori”
13
.
“[…] L’organizzazione, nascendo e mantenendosi nell’interazione, è soggetta ad uno
scambio continuo con le parti per cui fa emergere qualità nuove non totalmente
prevedibili”
14
, che creano continuamente differenze, necessarie a mantenere l’apertura
del sistema. “La differenza è quindi una condizione essenziale per dare un significato
11
OLIVETTI MANUOKIAN Franca, Produrre servizi Lavorare con oggetti immateriali, Il Mulino,
Bologna, 1998 p. 29
12
ALFIERI Roberto, Dirigere i servizi socio –sanitari, Franco Angeli, Milano, 2000 p. 44
13
Ibidem p. 3
14
FORNASA W., MEDEGHINI R., Abilità differenti. Processi educativi, co-educazione e percorsi delle
differenze, Franco Angeli Editore, Milano, 2003 p. 12
15
alle relazioni”
15
, le quali vengono così inserite nel contesto della quotidianità offrendo a
tutti i partecipanti la possibilità di fare esperienza con idee e concetti differenti dai
propri, di modificarli o di eliminarli. La staticità renderebbe insignificanti le
informazioni che sarebbero falsate da un contesto inalterato che non si modifica a
seconda dei cambiamenti, dei problemi e delle differenze che subentrano, più o meno
inaspettatamente, al suo interno.
I tasselli sopra descritti si muovono tutti all’interno di un ambiente che li influenza e
nello stesso tempo viene influenzato, ovvero le relazioni tra organizzazione e ambiente
formano un ciclo di interdipendenza.
Quindi una casa di riposo, in quanto istituzione, presenta:
• Una sua propria organizzazione più o meno complessa;
• Una cultura organizzativa più o meno complessa;
• Un alto grado di dinamicità, di flessibilità tipiche di un sistema complesso;
• Un ambiente formato da differenti contesti che viene influenzato
dall’organizzazione e viceversa (Scott W.R., 1982).
Una casa di riposo è quindi una struttura, un’istituzione di lungodegenza, con anche
servizi semiresidenziali, che deve approntare un sistema di cura che mantenga e
promuova l’autonomia dei residenti, ove possibile, e tuteli la loro identità sociale. Ma
“negli ultimi anni le RSA sono andate assumendo una sempre più marcata
caratterizzazione sanitaria. Questa evoluzione è stata determinata dal cambiamento
profondo della tipologia degli ospiti e dei bisogni sanitari da loro espressi” (Censi A.,
2004). Al giorno d’oggi non si può più pensare di formare un polo geriatrico che guardi
soprattutto ai bisogni biologici della persona anziana perché significherebbe non
sostenere l’identità individuale e sociale della persona, e regredire dal punto di vista
culturale. Si andrebbe incontro allo spettro dell’istituzione totale che “può essere
definita come il luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone che – tagliate fuori
dalla società per un considerevole periodo di tempo – si trovano a dividere una
situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente
amministrato.”
16
Vi è la necessità che i servizi per gli anziani comprendano un approccio globale e
unitario alla persona, un “prendersi cura” (Scortegagna R., 2002).
15
Ibidem
16
GOFFMAN Erving, Asylums, Einaudi, Torino, 1961 p. 29