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Ogni capitolo di questo saggio avrà inizio con una breve
introduzione, contenente cenni generali di storia per meglio
orientarsi nella mentalità dell’epoca e riconoscere l’ambiente
in cui scrittori ed artisti si sono formati. Successivamente a
questa breve infarinatura, saranno presentati gli autori dei
testi presi in esame, grazie ad una breve biografia. Daremo
una veloce occhiata alla produzione dell’autore in generale, e
quindi ci caleremo nell’analisi approfondita del romanzo in
questione.
A questo punto, faremo un tuffo nel mondo dell’arte, andando a
scoprire con immagini e critiche in quale modo i testi presi
in esame hanno influenzato la produzione artistica dell’epoca
( e, spesso, anche quella successiva).
Il tutto, sarà di quando in quando approfondito da schemi
informativi.
Mi prendo la briga di ricordare al Lettore che questo saggio è
ben lungi dall’essere esaustivo. Lo scopo per cui è stato
scritto è stuzzicarlo…convincerlo a prendere in mano un
romanzo, o ad interessarsi ad un autore che mai era entrato
nel suo panorama.
Sto offrendo al mio caro Lettore un pratico passe-partout con
cui avere accesso a quelle porte a prima vista così sinistre
ed impolverate a cui non aveva mai prestato eccessiva
attenzione.
Con questo, non ho nient’altro da aggiungere. Ti auguro una
buona lettura, chiunque tu sia, sperando che questo mio
modesto saggio possa servirti come trampolino di lancio per
entrare in un mondo dove nulla è ciò che sembra.
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1 - ANGELI E DIAVOLI
Iniziamo il nostro viaggio catapultandoci nella Vecchia
Europa, luogo ove la visione del mondo, terrestre o celeste
che sia, è così fortemente caratterizzata dalla tradizione
cristiana da lasciare poco spazio al dubbio.
Ci troviamo in una fascia temporale le cui caratteristiche
ritroveremo dalla seconda metà del ‘500 fino al 1700, coprendo
un ampio lasso di tempo fino all’avvento dei movimenti di
pensiero illuministici.
In questa Europa turbolenta e fondata sulla religione, vediamo
comparire alcuni scritti che a tutt’oggi rievocano in noi
immagini vivide di angeli, diavoli e Destino, i grandi
protagonisti della letteratura fantastica occidentale
dell’epoca.
Cerchiamo di fare alcune precisazioni e di non trascinare
subito il nostro Lettore nella confusione. Angeli e demoni,
creature del Paradiso e dell’Inferno, servi di Dio e servi del
Diavolo, facevano parte dell’immaginario comune, in quanto ci
troviamo ancora in un periodo di forte potere della Chiesa
cristiana, riformista o controriformista che sia, in tutta
l’area europea.
Più che creature fantastiche, le forze del Bene e del Male
erano per il popolino entità ben presenti e reali,
appartenenti a diversi livelli d’esistenza ma in grado di
interagire con l’uomo nella vita di tutti i giorni.
Perché dunque catalogare gli scritti del genere tra la
letteratura fantastica? Ottima domanda, ma ci arriveremo.
L’Europa era attraversata da disordini non indifferenti. Il
chiuso e dogmatico sistema di pensiero del periodo d’oro della
Chiesa era giunto al termine, e tra i popoli appena destatisi
dal Medioevo iniziavano a serpeggiare il dubbio e
l’insicurezza.
La Chiesa cristiana non era più una sola. Scismi ed eresie
crescevano a ritmo vertiginoso. Paure risalenti all’antico
background culturale del paganesimo si ripresentarono con
forza, prendendo forme riadattate da secoli di egemonia
cattolica. Ovunque sembravano nascondersi demoni e tentazioni.
Pestilenze flagellavano le popolazioni, rendendo sempre più
incerta l’esistenza. Ogni certezza sembrava costantemente sul
punto di crollare.
La Chiesa contrastò questo degrado del proprio potere col
pugno di ferro dell’Inquisizione, con la caccia alle Streghe
ed agli Eretici, aggravando a tal punto la propria posizione
da rendere ancora più confusa la netta separazione, una volta
così apparentemente chiara, di cosa fosse Bene e cosa Male. I
movimenti di pensiero razionalistici dei secoli successivi, e
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la consacrazione all’Oscurità di tanti poeti ed artisti,
derivò proprio da questo crollo di credibilità dell’Unica
Religione.
Le grandi opere teatrali di Shakespeare, il ‘Paradiso Perduto’ di
Milton e i ‘Libri Profetici’ di Blake sono senza dubbio segni
indelebili della mentalità densa di dubbi ed in continua
rivoluzione dell’epoca. In questo fermento, gli autori sopra
citati seppero cogliere il succo della questione e portarlo ad
un livello letterario superiore.
Qual è il soggetto?
La lotta eterna tra le forze della Luce e quelle delle
Tenebre, lotta in cui l’uomo è la preda costante di entrambe
le forze, l’oggetto conteso. Il Male ha molte facce, il Bene
sembra averne una sola. Dagli inganni degli abitanti fatati
dei boschi di Shakespeare, alla perdita dei privilegi in
Milton, alle cruente battaglie divine di Blake, visioni dalla
spaventosa intensità si fecero strada nell’immaginario comune
per non andarsene mai più.
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WILLIAM SHAKESPEARE : LA VITA E LE OPERE
Esistono pochi altri testi al mondo che abbiano una tale
diffusione e siano stati tradotti in così tante lingue, senza
contare la fonte di ispirazione che i drammi di Shakespeare
sono stati per un numero incalcolabile di grandi della
letteratura, della musica e dell’arte. Perfino Johann Goethe
disse : “Non ricordo che altro libro, o persona, o evento
nella mia vita mi abbia mai fatto così grande impressione
quanto le opere di Shakespeare.”
Caratterizzato da un linguaggio particolare, sempre pronto a
tuffarsi negli estremi di arzigogolati monologhi o sboccate
frasi da popolano, Shakespeare seppe scrivere opere
comprensibili a tutti e pregne di immagini potenti. Dopotutto,
non fu un caso se Shakespeare mise in ombra tutti i suoi
colleghi dell’epoca e se ogni sua nuova uscita costituì un
successo assicurato, sia nelle rappresentazioni per la nobiltà
che per quelle destinate al popolo.
Shakespeare non scriveva a caso, né dettato da ispirazione
artistica per eccellenza. Non fu un innovatore alla
Christopher Marlowe, per essere chiari. Le sue opere avevano
il preciso intento di andare incontro ai gusti di attori e
pubblico, dimostrando uno spiccato senso nel valutare la
reazione degli astanti.
Shakespeare nacque nel 1564 a Stratford-upon-Avon, nel
Warwickshire, una cittadina ad ottanta miglia da Londra, terzo
figlio del commerciante Jhon Shakespeare e della moglie Mary
William Shakespeare, il
primo autore di cui ci
occuperemo anche a causa
del fattore cronologico,
fu senza ombra di dubbio
il più grande scrittore di
teatro non solo del suo
secolo, ma probabilmente
dell’intera storia della
recitazione. Non a caso,
la gran parte dei testi in
programma nei corsi di
letteratura inglese
appartengono a questo
inimitabile autore, che
seppe destreggiarsi senza
difficoltà tra commedie,
tragedie e poesia pura.
William Shakespeare
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Arden. Fino al suo matrimonio, stipulato quando aveva appena
diciotto anni con la ventiseienne Anne Hathaway, sono davvero
poche le informazioni raccolte sulla vita di questo autore, in
quanto le cronache biografiche risalgono ad almeno cento anni
dopo la morte di Shakespeare. All’epoca, non era uso scrivere
della vita di scrittori o attori, se non dopo anni dalla loro
morte, e questo ci pone di fronte al problema di dover
distinguere la verità dalle leggende.
Pare comunque che ad un certo punto Shakespeare padre abbia
avuto problemi con la legge, in quanto si rifiutava di seguire
le direttive della Chiesa anglicana (era cattolico). Seguirono
problemi finanziari che costrinsero il giovane Shakespeare ad
abbandonare gli studi. Questo potrebbe aver costretto William
a contrarre il matrimonio di comodo.
La casa di Shakespeare
Tra il 1583 e il 1585, Shakespeare e sua moglie ebbero tre
figli, Susan e i gemelli Hamnet e Judith. La vita coniugale,
però, non bastava al giovane William, ed egli lasciò in un
momento imprecisato Stratford-upon-Avon per trasferirsi a
Londra, ed ivi iniziare la sua grande carriera di scrittore.
Quel che è certo, è che nel 1592 la sua carriera aveva già
preso ad andare a gonfie vele, non solo in qualità di autore
dei drammi in scena, ma anche come attore affermato. In
quell'anno venne rappresentato ‘Enrico VI’, ed il suo roboante
successo valse a William il titolo di Shake-scene, Scuoti –
scena.
“C'è un nuovo venuto, cornacchia presuntuosa rimpannucciata
con le nostre penne, con un cuore di tigre nella pelle di un
attore, che si pretende di essere capace di snocciolare un
verso sciolto come il più bravo tra di voi; e per di più,
essendo un Gianni Tuttofare, s'è messo in testa d'essere
l'unico "Scuoti-scena" del nostro paese [...].”
Nel 1593 un’epidemia flagellò Londra e costrinse il governo a
decretare la chiusura dei teatri. Shakespeare si dedicò allora
alla poesia, e pubblicò nel giro di due anni prima ‘Venere e
Adone’, e quindi ‘The rape of Lucrece’ (Lucrezia violata).
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Nel 1594 i teatri vennero riaperti, e Shakespeare entrò a far
parte della Compagnia del Lord Ciambellano, nella quale restò
fino al 1603. L’attore principale della compagnia era Richard
Burbage, il quale divenne l’interprete di quasi tutti i
protagonisti shakespiriani.
Nel 1596 morì Hamnet, l’unico figlio maschio di Shakespeare.
Lo scrittore iniziò a comprare proprietà terriere a Stratford
e Jhon Shakespeare ricevette, grazie all’opera del figlio, il
titolo di Gentleman. Non poté goderne a lungo, purtroppo, in
quanto si spense nel 1601.
Mentre i drammi teatrali si susseguivano sulle scene, la
situazione familiare di Shakespeare fu segnata da altri
importanti avvenimenti. Nel 1607 si sposò la figlia maggiore,
Susan, e nel 1608 morì la madre. E’ probabile che questo abbia
spinto Shakespeare a tornare a Stratford nel 1609, senza per
questo porre un freno alla sua opera creativa. Nel 1613, una
carica di salve d’artiglieria sparate durante la
rappresentazione di ‘Enrico VIII ‘ distrusse il Globe, lo storico
teatro costruito nel 1599 per le rappresentazioni popolari.
Nel 1616 si sposò la figlia minore di Shakespeare, il quale
iniziò probabilmente ad accusare gravi problemi di salute, in
quanto fece testamento lasciando i suoi beni alla figlia Susan
e ad alcuni attori di sua conoscenza. Il 23 aprile dello
stesso anno, Shakespeare morì.
Nel 1603, la grande
Regina Elisabetta morì, e
salì al trono il suo
successore, Giacomo VI di
Scozia, il quale prese il
nome di Giacomo I
d’Inghilterra. Egli pose
sotto la sua ala
protettiva la Compagnia
del Lord Ciambellano e le
cambiò nome in King’s
Men, Uomini del Re.
Shakespeare rimase nella
compagnia e ne fu uno dei
maggiori azionisti, ma
smise di recitare.
IL GLOBE
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Venne sepolto a Stratford, e sulla sua pietra tombale venne
inciso un epitaffio da lui stesso composto:
‘Good friend, for Jesus’ sake forbear,
To dig the dust enclosed here!
Bles’t the man that spares these stones
And Curs’t be he that moves my bones!’
(Per amor di Gesù, amico caro, / Non riportare alla luce la
polvere qui racchiusa! / Benedetto colui che rispetta queste
pietre / E maledetto colui che rimuove le mie ossa!)
Di lui rimase al mondo un enorme numero di opere, il cui
successo non è mai scemato nei secoli.
Alcune frasi famose dei suoi drammi sono ormai diventate modi
di dire comuni.
Come non citare, ad esempio, la celeberrima frase del folletto
Puck in ‘Sogno di una Notte di Mezza Estate’, Atto III, Scena II :
“Signore, come sono sciocchi questi mortali!” ; o ancora:
“Fragilità, il tuo nome è donna!” dall’’Amleto’, Atto I, Scena
II; o, per concludere questa parentesi, dal ‘Riccardo III’, Atto
V, Scena IV: “Un cavallo! Un cavallo! Il mio regno per un
cavallo!”
Ebbene, dell’ampio genio che è perdurato nei secoli, noi
analizzeremo qui solo quattro delle sue opere. Ho utilizzato
la parola ‘solo’, ma sembra quasi sminuire i testi di cui sto
parlando, quattro tra i migliori della produzione
shakespiriana. Mi sto riferendo a ‘Sogno di una Notte di Mezza Estate’,
‘La tempesta’, ‘Amleto’ e ‘Macbeth’.
Parlando della concezione fantastica dell’epoca, facile far
ricadere la scelta su queste opere, che racchiudono in se gran
parte delle superstizioni, delle credenze e delle paure di
quel periodo storico.
‘Sogno di una notte di Mezza Estate’ e ‘La tempesta’ sono legate da una
storia ricca di magia e creature fatate, densa di riferimenti
alle antiche credenze sulle fairies e alla concezione della
magia che permea l’antica cultura celtica.
‘Macbeth’ ed ‘Amleto’, invece, sono più una terrificante lente
d’ingrandimento sui lati oscuri dell’animo umano, e mostrano
con spietata crudezza quale Oscurità possa celarsi nell’uomo.
Ma andiamo ad osservare questi testi teatrali più da vicino.
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MACBETH
‘Macbeth’, tragedia in cinque atti messa in scena per la prima
volta tra il 1605 ed il 1606, è un dramma a sfondo storico di
ineguagliabile intensità per la profondità con cui scava
nell’animo umano e nella degradazione che le azioni ed il
Destino vi possono apportare.
Il Destino, in questo caso, è incarnato nelle tre sorelle
streghe, le quali compaiono di tanto in tanto, nei momenti
cruciali di indecisione per il nobile Macbeth, mostrandogli
avvenimenti che già sono scritti.
Ma, come è pronto a fidarsi ciecamente delle predizioni a lui
favorevoli, Macbeth è altresì pronto ad usare tutti i suoi
mezzi per far sì che le azioni future a suo danno non possano
mai avvenire.
Inutile dire che in questo egli fallisce miseramente, perché
nulla può cambiare quanto è già scritto. La storia, quindi,
fin dal suo inizio ci lascia già intuire il finale tragico a
cui il nostro eroe- anti eroe andrà incontro.
-Macbeth e le Streghe-
di Fussli
Macbeth, che possiede solo il primo titolo, rimane perplesso e
piuttosto spaventato. Banquo chiede a sua volta quale sarà il
suo destino, e le streghe gli annunciano che egli non sarà re,
ma padre di re. Indi, scompaiono.
I due nobili incontrano re Duncan, che, con loro sommo
stupore, insigne Macbeth del titolo di Thane di Cawdor, come
annunciato dalla profezia. Macbeth inizia ad essere spaventato
dalle possibilità che gli si stanno aprendo di fronte e, dopo
aver invitato tutti al suo castello, precede i suoi ospiti a
casa e corre a parlare dello strano fatto con la moglie, Lady
Macbeth.
Il dramma si svolge in Scozia, e si apre
sulle sanguinose battaglie che la stanno
flagellando. Dopo una grande vittoria a
nome del re Duncan, i nobili Macbeth e
Banquo si apprestano a tornare a casa.
Durante il viaggio, però, sul loro
cammino incontrano tre streghe, le quali
sorprendono i due con una profezia.
Salutano Macbeth quale Thane di Glamis,
Thane di Cawdor e quindi come Re di
Scozia.
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Ella non possiede gli scrupoli ed i timori del marito. Sicura
di sé, vede nella profezia una certezza di potere che la
galvanizza e la spinge a mandare il marito all’azione. Quella
notte, quando tutti dormiranno, Macbeth dovrà uccidere il re e
permettere alla profezia di avverarsi. Macbeth è pieno di
incertezze, ma sua moglie possiede carattere per entrambi e
non gli dà pace finchè il nobile non commette l’atroce gesto.
Quando il cadavere di Duncan viene ritrovato, i figli del re,
nel timore di essere ingiustamente accusati, fuggono,
lasciando il titolo a Macbeth e diventando agli occhi di tutti
i fautori dell’orribile omicidio.
Macbeth è ora re di Scozia, ma un trono conquistato nel sangue
non sarà mai sereno. Il re e la sua regina sono assillati
dalla seconda parte della profezia, che vede i figli di Banquo
sul trono. Macbeth ordisce così l’assassinio di Banquo, a cui
scampa solo il figlio di quest’ultimo, che fugge. Lo spettro
di Banquo appare a Macbeth durante una festa, facendolo quasi
uscire di senno.
Il re, allora, va in cerca delle streghe, e riceve da loro
ulteriori informazioni. Le tre orride donne lo avvisano di
stare attento a Macduff, ma lo incitano a rimanere tranquillo,
in quanto nessun uomo nato da donna potrà nuocergli, e a non
aver paura finchè la foresta di Birnam non giungerà nei pressi
del Castello di Dunsinane.
Macbeth si sente sollevato, e per essere ancora più tranquillo
fa uccidere la moglie ed il figlio di Macduff, che è fuggito
in Inghilterra.
Ormai è Macbeth ad avere uno spirito nero e corrotto, mentre
la moglie perde progressivamente forza e determinazione, preda
dei dubbi e dei rimorsi fino a diventare sonnambula.
Quando l’armata di Macduff si muove verso il castello,
camuffata con rami della foresta di Birnam, Macbeth trema. Gli
viene anche portata la notizia che Lady Macbeth si è
suicidata.
Macbeth scaccia i dubbi e le paure e scende in combattimento.
Dopotutto, nessun uomo nato da donna potrà nuocergli. Macduff
gli rivela di essere stato fatto nascere con un cesareo e
ingaggia battaglia con lui.
Macduff uccide Macbeth e lo decapita, ponendo fine al regno di
terrore e permettendo a Malcom, figlio di Duncan, di salire al
trono di Scozia.
Questa tragedia dai toni cupi e orrorifici è in sostanza una
terribile storia incentrata su un destino già scritto e sulla
tentazione insita nel potere, sui suoi effetti sull’animo
umano.
Come già detto, le tre streghe rappresentano il Destino. Esse
conoscono ciò che sarà, e fanno parte Macbeth delle loro
visioni, ma al contempo gli rivelano solo parte del futuro, e
lasciano che le cose scorrano verso la loro tragica fine senza
intervenire in alcun modo.
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Sono tre, tre come le Parche, e con i loro intrecci
condizionano e guidano su una strada prestabilita le vite di
molti. Era concezione comune che le streghe avessero accesso a
conoscenze al di fuori dell’umano, ma quel che si sapeva per
certo era che queste conoscenze derivavano da forze oscure, e
che quindi non avrebbero fatto altro che nuocere agli esseri
umani timorati di Dio.
Questa loro insita malvagità sembra essere sottolineata dalla
conversazione iniziale delle tre streghe, le quali illustrano
l’una all’altra i loro malefici nell’attesa del passaggio di
Macbeth. Certo le informazioni che danno non sono
disinteressate. Forse il sangue che verrà versato dal futuro
re sarà loro gradito, e per questo mettono becco negli affari
di Scozia. Scoprire i veri piani dell’Oscurità, però, è
impossibile, ed infatti nemmeno in Macbeth si saprà mai per
quale motivo le tre streghe hanno deciso di parlare.
E’ interessante soffermarsi inoltre sul ‘passaggio di potere’
tra le anime corrotte di Lady Macbeth e di Macbeth stesso, un
cambiamento di ruolo che è quasi più terribile nel suo
sviluppo della lunga scia di sangue che la coppia si lascia
alle spalle durante lo svolgersi del dramma.
Inizialmente, come abbiamo sottolineato nel nostro breve
riassunto, il nobile Macbeth è terrorizzato alla sola idea di
commettere un atto tanto scellerato quanto uccidere nel sonno
il proprio re per ottenerne il titolo.
Nei monologhi in cui mostra la sua sofferenza e la sua paura,
pare un uomo sull’orlo del tracollo mentale di fronte alla
propria incapacità e debolezza nel soccombere ai desideri
sanguinosi della moglie. Macbeth, a questo punto della storia,
è un uomo debole, un uomo incapace di decidere, totalmente in
balia della donna che ha sposato...e della tentazione al
potere che è stata instillata a forza nel suo cuore. Poiché la
tentazione c’è già. Un nobiluomo retto e fedele, benché
succube della moglie, non potrebbe mai compiere un tale atto
feroce, e ad esso, se non ad altro, si ribellerebbe con
fierezza. Ma la ribellione di Macbeth è solo un lungo lamento
a parole, venato, si potrebbe dire, da inconscia ipocrisia.
Lady Macbeth, al contrario, all’inizio del dramma è una donna
dal pugno di ferro e dalla volontà indistruttibile. Nella
profezia vede la sua occasione per portare il marito, e lei
stessa, ai vertici del potere. Una volta che la possibilità si
è presentata, è impossibile scacciarla dalla mente. Lady
Macbeth è in grado di spazzare via dalla sua strada qualsiasi
ostacolo si frapponga tra lei ed il suo obiettivo. A parole e
a fatti, agisce con una crudezza, una spietata freddezza che è
ancora più spaventosa se riscontrata in una donna, figura di
norma associata alla dolce moglie e madre.
Lady Macbeth non è niente di tutto questo. Riduce al silenzio
le rimostranze del marito, recita con profitto di fronte a
tutti i suoi ospiti, e nel momento fatale in cui Macbeth,
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compiuto l’omicidio, si fa prendere dal panico e lascia i
pugnali accanto al cadavere di Duncan, è lei stessa a tornare
sul luogo del delitto e a far sparire le prove.
Il messaggio iniziale sembra voler dipingere Lady Macbeth come
il diavolo tentatore, ed il povero Macbeth come la sua
vittima, spinta dagli eventi a macchiarsi l’anima. Eppure,
dopo poco questa visione delle cose viene del tutto sconvolta.
Col procedere del dramma, Macbeth si immerge nella nefandezza
con una naturalezza stupefacente, collezionando un omicidio
dietro l’altro senza il minimo ripensamento, riducendo a
cenere tutte le parole di cordoglio e colpa pronunciate la
notte dell’assassinio di Duncan.
Lady Macbeth, da parte sua, inizia ad essere assillata
dall’omicidio del re. Perde il suo controllo sul marito, ne
diventa l’ombra, per poi iniziare ad ammalarsi e sparire quasi
definitivamente dalla scena. Progressivamente rosa dal
rimorso, perde presa sulla realtà e diventa sonnambula,
aggirandosi nottetempo per il castello e continuando a mimare
il gesto di lavarsi le mani.
Ogni volta che le guarda, vi vede il sangue di Duncan, sangue
di cui vuole assolutamente liberarsi e che le corrode la
sanità mentale. Infine, sconfitta da se stessa, Lady Macbeth
si suiciderà.
Macbeth è a tal punto immerso nell’oscurità che non farà
nemmeno caso alla morte della moglie...senza sapere che di lì
a poco la raggiungerà per mano di Macduff.
Shakespeare ci dà uno scorcio di terrificante intensità di
quale nefandezza può contenere l’animo umano, e come la
differenza tra diavolo tentatore e vittima sia a volte così
labile da poter essere superata.
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AMLETO
‘Amleto’ è, come ‘Macbeth’, un dramma storico. Messo in scena
per la prima volta tra il 1600 ed il 1601, narra di nuovo
della tentazione insita nel potere, stavolta dal punto di
vista della vittima, il giovane Amleto, principe di Danimarca,
il cui padre viene assassinato dallo zio, il quale acquisisce
e il suo trono, e la regina vedova.
Quando la storia si apre, Amleto è affranto dal matrimonio
appena contratto dalla madre, così poco tempo dopo la morte
del re. Nel suo animo, Amleto sente che la presa del potere da
parte di Claudio, suo zio, nasconde atti nefandi, ma non ne ha
le prove e non può fare altro che struggersi.
Il suo amico Orazio, però, lo mette a parte di un fatto strano
che accade durante la notte. Uno spettro è stato visto
aggirarsi dalle guardie di ronda. Amleto, curioso e con una
piccola luce di speranza nel cuore, si reca sugli spalti
nottetempo, ed ivi gli appare lo spettro di suo padre, una
presenza terribile e quanto mai dolente.
Egli conferma al figlio ciò che già sospettava: il re è stato
assassinato da Claudio. Esortando il figlio a vendicarlo, lo
spettro scompare.
Comincia così un terribile periodo all’interno del castello
dei reali di Danimarca. Amleto inizia a comportarsi come se
fosse completamente pazzo, gettando nello sconcerto i regnanti
ed anche Ofelia, la fanciulla figlia del consigliere del re di
cui si era un tempo innamorato. I suoi discorsi privi di senso
e spesso aggressivi turbano sempre di più la fanciulla.
Amleto, al di sotto di questa facciata da spensierato grullo,
si chiede cosa debba fare. Pensa addirittura al suicidio, ma
si risolve a continuare la sua missione. Fa inscenare una
commedia per la corte, in cui inserisce alcune battute che
fanno sussultare il re Claudio. Il re si scusa pretendendo un
malanno, ma Amleto ha avuto la prova che cercava. Si reca
nelle stanze della madre e trafigge colui che si nasconde
dietro una tenda, credendo sia il re. Si tratta invece di
Polonio, padre di Ofelia, nascosto a spiare per conto del re.
A questo punto, la coppia reale non può far altro che mandare
Amleto lontano, in Inghilterra, e Claudio ne approfitta per
ordire il suo omicidio. La povera Ofelia, venuta a sapere
della morte del padre e della partenza di Amleto, perde
completamente il senno. Cadendo in acqua, affoga e perde la
vita.
14
Amleto e il fantasma - Füssli
La regina beve a sua volta accidentalmente del veleno e muore
anch’essa.
Così, trova la morte l’intera famiglia reale di Danimarca.
La sostanziale differenza tra ‘Macbeth’ e ‘Amleto’, è che mentre
il primo dramma ci pone sui passi dell’uomo corrotto, nel
secondo ci troviamo ad assistere alla vicenda dal punto di
vista della vittima che cerca riscatto (in ‘Macbeth’, il ruolo
rivestito dai figli di Duncan e Banquo).
‘Amleto’ è altresì molto più ancorato ad una visione realistica
della vicenda, meno trascinato da forze soprannaturali, non
fosse per la presenza inquietante e di grande forza scenica
dello spettro del padre.
‘Amleto’ è un viaggio attraverso la follia e la sua relazione
con la morte; mostra come la pazzia possa divenire un mondo a
sé all’interno di quel contesto che noi chiamiamo Realtà.
Amleto, nel frattempo, resosi
conto del piano ordito alle sue
spalle, fugge dall’Inghilterra e
torna in patria, giusto in tempo
per assistere al seppellimento
di Ofelia. Il giovane si dispera
a questo inaspettato risultato
della sua presunta follia, ma
subito Laerte, fratello di
Ofelia, lo sfida a duello per
vendicare la sorella. Laerte è
in combutta con Claudio e
durante il duello utilizza una
daga avvelenata. Laerte muore,
ma ferisce Amleto, che prima di
morire uccide Claudio.