4
In questo quadro il dilemma più grande che si pone all’interno delle case editrici è quindi quello di decidere se e
come entrare in questo settore. Gli editori sono proprietari di immensi giacimenti informativi e il loro problema
è di come utilizzarli per trasformarli in nuovi prodotti interattivi e/o multimediali.
In questa fase per l’editore è molto importante tenere sotto controllo l’evoluzione delle tecnologie e cominciare
a preparare e ad archiviare in formato digitale anche i materiali utilizzati per la realizzazione di testi tradizionali,
in modo da utilizzare gli stessi materiali creati per un libro cartaceo per produrre titoli multimediali interattivi
senza essere costretti a rifare tutta una serie di lavorazioni.
L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di fare il punto della situazione cercando, soprattutto, di
individuare e analizzare gli elementi più significativi sotto il profilo delle novità e delle trasformazioni in atto, in
uno scenario in rapido e continuo mutamento.
Per quanto riguarda il metodo di lavoro seguito sono stati utilizzati libri di autori specializzati in editoria
tradizionale ed elettronica; articoli di riviste a carattere economico generale e di settore e interviste dirette
all’azienda “Giunti Gruppo Editoriale”.
Il lavoro si articola in quattro capitoli.
Nel capitolo 1 viene innanzitutto analizzata la definizione di libro e la posizione che esso occupa come bene di
consumo; si cerca cioè di posizionare il bene libro all’interno del sistema economico. Viene successivamente
affrontata una breve storia dell’editoria libraria italiana, soprattutto in riferimento alla crisi che sta attraversando
questo settore, partendo dal dopoguerra, quando l’editoria libraria supera le restrizioni del regime, passando per
gli anni Cinquanta e Sessanta, dove l’editoria inizia ad allargare il proprio mercato grazie alla maggiore
alfabetizzazione della popolazione e al sopravvenuto benessere economico, per giungere fino agli anni Settanta
e Ottanta, dove si parla sempre più di editoria di nicchia e il settore inizia a seguire le regole aziendali,
separandosi dalla fase artigianale.
Viene esaminata poi la legislazione nazionale in materia editoriale facendo riferimento al quadro normativo e la
sua evoluzione, centrando l’attenzione sulla legge 5 Agosto 1981, n. 416, che si identifica come la prima legge
che stabilisce alcune regole del settore; rilevanza assumono anche le disposizioni fiscali in materia editoriale.
Dopo questi cenni circa la definizione del settore si scende più nel dettaglio andando ad analizzare l’industria
della lettura in una sua prospettiva futura; si pone attenzione alle strategie competitive adottate dalle aziende e al
cambiamento che si è verificato tra gli anni Ottanta e Novanta, quando il settore entra in fase di maturità e le
imprese devono riuscire a bilanciare l’aspetto culturale della loro produzione con le logiche del mercato; ed è
per questo che si possono individuare quattro variabili critiche all’interno della filiera di produzione del libro:
1. cambiamento nel sistema prodotto (si parla sempre più di industria dell’evento);
2. impatto delle nuove tecnologie (in particolare l’editoria elettronica);
3. modifiche nel settore della distribuzione;
4. ruolo dello Stato.
Queste quattro variabili concorrono a influenzare le strategie delle case editrici, portando ad alcune
implicazioni sul loro comportamento, riassumibili come segue:
• sensibilità alla fattibilità economica del progetto editoriale;
• internazionalizzazione;
• revisione delle strategie di alleanza.
E’ poi di rilevanza, nella situazione odierna, trattare i diversi sistemi di prezzo utilizzati, sia in Italia, che nel
resto d’Europa, in quanto nel settore vi è un acceso dibattito sulla necessità di instaurare anche in Italia una
legge sul prezzo fisso dei libri, disposizione presente in Francia da diversi anni.
Uno dei maggiori problemi legati al mondo dell’editoria libraria è quello rappresentato dalla domanda di libri
che in Italia rispetto ad altri Paesi, è particolarmente bassa. Si cerca di capire i motivi di questa scarsa
propensione alla lettura da parte dei consumatori, andando anche ad analizzare i prodotti che possono entrare in
concorrenza con il libro o i prodotti sostitutivi a questo.
Vi è quindi una serie di variabili influenti sulla domanda; vengono perciò proposte alcune indagini sull’intensità
della lettura in Italia, sui comportamenti dei consumatori attuali e potenziali e sulle possibilità di ampliamento
del mercato. Altra variabile influente sulla domanda è la modalità di acquisto dei libri e la formazione dei
bisogni di libri e di lettura.
Infine si studiano le domande e le funzioni d’uso relative a determinati segmenti del settore librario, analizzando
alla fine del capitolo l’elasticità della domanda di libri.
Nel capitolo 2 viene analizzata la produzione editoriale.
5
E’ definito inizialmente chi è l’imprenditore editoriale e le differenze, se ci sono, tra questo soggetto e
l’imprenditore tradizionale; si cerca di identificare l’editore all’interno del settore.
Analizzando poi l’offerta editoriale, partendo dalle caratteristiche generali dell’industria editoriale italiana, si
cerca di identificare le dimensioni del settore e la concentrazione dello stesso, identificando diversi parametri
dimensionali.
Una delle caratteristiche più rilevanti del settore editoriale è data dall’elevato numero di imprese di piccole e
piccolissime dimensioni e dalla continua deverticalizzazione del ciclo produttivo. Si distinguono infatti diverse
forme di organizzazione del lavoro: aziende completamente integrate a valle, aziende parzialmente integrate e
aziende non integrate.
Per quanto concerne la produzione libraria in Italia viene analizzata la sua evoluzione e il suo andamento nel
corso degli ultimi anni, con particolare riferimento ad uno dei fenomeni caratterizzante gli anni Novanta: la
tascabilizzazione dell’editoria. E’ rilevante notare come la produzione sia situata per lo più in alcune regioni
italiane, dove anche la domanda appare maggiormente ricettiva.
La produzione editoriale è poi analizzata nelle sue grandi aree di segmentazione. Le grandi opere, che hanno
rappresentato in anni passati la “biblioteca di base” di molte famiglie italiane, sembrano aver raggiunto oggi la
fase di declino del loro ciclo di vita, anche se sono state tentate rivitalizzazioni attraverso le dispense. Abbiamo
poi una forma particolare del mercato librario rappresentato dalla vendita per corrispondenza; non è un canale
molto sviluppato, ma alcune aziende vi operano da moltissimi anni con significativi risultati e con la particolare
attitudine di avvicinare alla lettura alcuni segmenti della popolazione. L’editoria scolastica non è un segmento
molto concentrato, ma vi è la presenza di un numero molto elevato di imprese che si ripartiscono la produzione e
le prime quattro imprese detengono il 35% del mercato; il segmento però appare in crisi soprattutto per il
decremento della popolazione e per il massiccio mercato dell’usato e delle fotocopie. Il segmento dell’editoria
di varia presenta una bassissima concentrazione con basse barriere all’entrata, vi è la presenza di prodotti di
vario livello culturale e ciò che maggiormente distingue le case editrice è la presenza di un buon catalogo.
Nel capitolo 3 viene analizzato il segmento emergente dell’editoria elettronica.
Inizialmente è messa in evidenza la distinzione tra editoria libraria ed editoria elettronica, centrando l’attenzione
sulla mutazione che sta interessando l’intero comparto dell’informazione che porta a parlare sempre più di
industria del contenuto. Viene fatto riferimento a ciò che si intende per multimediale e all’evoluzione che ha
portato alla realizzazione dei supporti informatici. Si distinguono quindi le filiere dell’editoria tradizionale e
dell’editoria elettronica evidenziando le peculiarità di entrambi i segmenti.
Nel nuovo settore che si è andato delineando è poi possibile distinguere i prodotti Tv based da quelli Pc based.
Si passano rapidamente in rassegna le principali tecnologie legate al supporto televisivo e si confronta la
penetrazione del mezzo in Italia con il resto d’Europa.
I prodotti Pc based si distinguono in editoria on-line ed editoria off-line. Si analizza la penetrazione del personal
computer nelle abitazioni per cercare di definire il mercato di questi nuovi prodotti.
Per quanto concerne l’editoria off-line il cd rom rappresenta il supporto principale, il mezzo attraverso il quale
gli editori diffondono i nuovi prodotti. E’ stato quindi necessario analizzare il parco installato di lettori cd rom e
i punti di forza e di debolezza di questo supporto. I titoli su cd rom si distinguono a loro volta in titoli ad uso
professionale e titoli destinati ad un mercato di massa. I titoli professionali si sono sviluppati per primi, mentre i
titoli destinati al mercato consumer sono entrati nel mercato dapprima principalmente come videogiochi e
successivamente hanno allargato il proprio mercato. Gli editori sono entrati in questo nuovo segmento, ma
hanno dovuto rivedere e adattare le proprie scelte strategiche, magari effettuando alleanze o cooperazioni anche
con aziende estranee al settore editoriale.
Si studia poi la produzione e la distribuzione di un cd rom, evidenziando la differenza rispetto alla produzione di
un libro e le diverse competenze che entrano in gioco.
Si trattano quindi i prodotti on-line, analizzando le diverse modalità attraverso cui può essere utilizzato Internet,
la madre delle reti, e come gli editori possono sfruttare a loro favore la nuova tecnologia.
Infine viene trattato l’impatto che le nuove tecnologie hanno portato nelle strategie delle case editrici. Quindi
come cambiano i processi di lavoro aziendale, lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi e il nuovo ruolo
dell’editore. Si evidenziano le specificità dei diversi supporti e come possono agire le case editrici in questo
nuovo scenario.
6
Nel capitolo 4 viene analizzata un’azienda editoriale.
La Giunti Gruppo Editoriale. Questa azienda ha avuto negli ultimi anni un aumento considerevole del fatturato
grazie alle strategie seguite. E’ stata pronta ad entrare in nuovi segmenti di mercato quando questo lo richiedeva.
E’ stata infatti costituita nel 1992 la Giunti Multimedia, oggi leader del settore. Si analizza l’impatto che
l’avvento dell’informatica ha avuto sull’organizzazione del lavoro all’interno dell’azienda e le nuove tecnologie
utilizzate dalla stessa.
Si ringrazia per la disponibilità concessa il Gruppo Giunti Editoriale, ed in particolare:
Dott. Morganti Marco
Dott. Cecconi Aldo
Dott.ssa Finotti Sandra
Dott. Bergometti Marco
Rossana Billocci
7
Capitolo primo
1. IL MERCATO DEL LIBRO IN ITALIA E LE RELATIVE PROSPETTIVE.
8
1.1 Il libro
L’Annuario Statistico dell’UNESCO definisce libro una pubblicazione non periodica stampata di almeno 49
pagine, escluse le copertine, e lo distingue dall’opuscolo, che ha invece al massimo 48 pagine. Per sua natura, il
libro è destinato a essere letto e alla circolazione, è un prodotto che conserva il proprio valore d’uso nel tempo e
funge da supporto a un’opera dell’ingegno
1
; il supporto materiale è rappresentato dalla carta stampata, che rende
il libro un oggetto maneggevole e destinato a essere diffuso e conservato; queste caratteristiche lo distinguono
dalle forme di diffusione del testo precedenti all’invenzione della stampa e dalle nuove tecnologie, che
consentono l’accesso e il trasferimento di testi, senza identificare tuttavia oggetti fisicamente maneggevoli. In
quanto supporto di un testo scritto, il libro è riproducibile all’infinito e questo lo rende un bene economico
“consumabile”, per cui vale la dizione di consumatori per indicarne il mercato; in quanto testo scritto da un
autore e risultato di un’attività editoriale, il libro è una creazione unica e culturale, la cui fruizione da parte di un
lettore non esclude la possibilità di utilizzo da parte di altri. Come tutti i prodotti della comunicazione, si
qualifica quindi per essere bene culturale riproducibile su scale industriale e in quanto tale risponde a cinque
caratteristiche:
1) è il risultato di un lavoro artistico;
2) ha una funzione d’uso difficilmente definibile;
3) ha carattere di prototipo;
4) è riproducibile;
5) si caratterizza per una componente editoriale
2
.
Bene pubblico e privato. Un libro è inteso come bene pubblico in quanto è un mezzo di trasmissione della
cultura, un fenomeno artistico, un elemento di integrazione sociale o di intrattenimento; le informazioni
contenute in un libro hanno tutte le caratteristiche di inappropriabilità e di indivisibilità ed è socialmente
desiderabile che abbiano la massima diffusione, come è desiderabile che per il consumatore sia disponibile la
massima varietà e le capacità necessarie per fruirne. Col termine di bene pubblico si intendono quei beni il cui
consumo da parte di un soggetto non riduce quello di altre persone e il cui uso, una volta che il bene è prodotto,
non può essere precluso a nessuno. Nella teoria nei beni pubblici nessun consumatore è disposto a pagare senza
un meccanismo istituzionale; il libro è un bene pubblico in senso improprio, perché i consumatori sono disposti
a pagare, ma non sempre per remunerare tutti i soggetti che portano alla produzione del libro.
Il libro è anche un bene privato, ossia un bene prodotto e scambiato in condizioni di mercato con un
funzionamento ragionevole; può essere prodotto, acquistato e utilizzato individualmente. Vi è una stretta
relazione tra questi concetti di libro come bene pubblico e privato, in quanto un libro diviene un bene pubblico
in quanto a suo tempo è stato un bene privato; infatti fin quando un libro non viene pubblicato e immesso sul
mercato il suo valore come bene pubblico è solo potenziale. Spesso, inoltre, proprio il successo di un libro
contribuisce a definirne il valore come bene pubblico, almeno nei termini di sintonia con fenomeni sociali in
corso.
Bene di consumo e d’investimento. Nella contabilità nazionale i libri sono considerati come beni di consumo, ma
possono essere considerati anche come beni di investimento.
La distinzione fondamentale è data dal fatto che un bene sia utilizzato all’interno di altri processi produttivi,
oppure sia destinato al consumo finale e solitamente viene convalidata dal fatto che un bene sia acquistato dai
consumatori finali ovvero dalle imprese. In certi segmenti, quali l’editoria professionale o scolastica, il libro è
considerato bene di investimento, in quanto è consumato al fine di un processo di apprendimento. Questo si può
riscontrare anche in molti libri acquistati e letti per uso personale, in una prospettiva di allargamento culturale e
professionale dell’individuo. Inoltre, sebbene i libri generalmente vengono letti solo una volta, sono conservati
in biblioteche individuali, proprio come bene d’investimento.
Prodotto di massa o focalizzato. Il libro sembra ormai essere diventato un prodotto di massa; tuttavia, metà degli
italiani sono lettori e molti paesi hanno un tasso di lettura più sviluppato. I best seller sono considerati come
beni di largo consumo, ai quali applicare politiche e strumenti di marketing appropriati. Quando un best seller
raggiunge in Italia le cinquecentomila copie si tratta di un successo strepitoso e negli ultimi anni i libri che
hanno raggiunto questa soglia sono pochi. Ma un libro che vende cinquecentomila copie ha raggiunto meno
1
J. Lallement - “Essai de définition économique du livre”, in “Cahiers de l’économie du livre”, n.9, 1993
2
Paola Dubini - “Voltare pagina” - Etaslibri, 1997
9
dell’1% della popolazione italiana, una penetrazione decisamente più bassa di qualsiasi show televisivo o della
stragrande maggioranza dei veri beni di largo consumo.
Nell’industria editoriale il passaggio da una logica aziendale accentrata solo sul prodotto, ad una che
considerasse anche il mercato e i consumatori, ha recepito la convinzione che il libro sia un bene di largo
consumo. Tuttavia possiamo notare come l’editoria raggiunga buona parte del fatturato grazie ad una
produzione specializzata. Occorre, dunque effettuare un adeguata segmentazione della domanda.
Bene banale o problematico. La distinzione tra beni banali e problematici è relativa sostanzialmente alle
modalità d’acquisto e di conseguenza alle alternative distributive. I beni banali sono generalmente beni non
durevoli, consumati frequentemente e di basso valore unitario; i consumatori dispongono di informazione circa i
loro prezzi e le modalità d’uso. I beni problematici sono tendenzialmente beni durevoli o semidurevoli, sono
acquistati con minor frequenza, hanno caratteristiche tecniche e merceologiche più complesse, richiedano
maggiori informazioni al momento dell’acquisto e rendono più difficile una visione delle alternative offerte dal
mercato. Un’altra distinzione spesso ricondotta a quella precedente è quella introdotta da P. Nelson (1970) tra
experience goods, ossia beni la cui qualità e le cui caratteristiche possono essere conosciute dal consumatore
prima dell’acquisto, e search goods, dove l’informazione necessaria può essere reperita in modo efficiente con
un processo di ricerca che precede l’acquisto. Il libro mostra caratteristiche intermedie tra quelle indicate, in
quanto può essere considerato un bene problematico che richiede una ricerca prima dell’acquisto, ma di basso
valore unitario. L’informazione che i consumatori hanno a disposizione sul singolo titolo prima dell’acquisto
rende il processo d’acquisto del libro simile a quello dei beni banali
3
.
1.2 Linee di sviluppo dell’editoria libraria italiana dal 1945 ad oggi.
La “crisi del libro” assume, oggi, per lo più toni apocalittici, si pone come l’equivalente della crisi della “cultura
occidentale”, se non della civiltà pura e semplice. Gran parte dei bambini odierni sono in primo luogo
socializzati e hanno dimestichezza con la televisione, e quindi con la cultura orale e in generale audio-visiva, e
solo più tardi si familiarizzano, ma non sempre, con il libro e la cultura scritta. Ciò significa dover rendersi
conto delle nuove condizioni in cui il libro viene prodotto e distribuito. In altre parole, occorre comprendere che
anche il libro, da strumento di consapevolezza e crescita umana per pochi e quindi da strumento di élite, è
divenuto un prodotto di largo consumo, pur restando essenzialmente un prodotto di un’epoca in cui il consumo
culturale non aveva rapporti diretti con il mondo della produzione in senso proprio. Divenuto bene di consumo,
il libro entra necessariamente e condivide le vicissitudini del mercato e i suoi andamenti ciclici.
In Italia, dopo l’impennata soprattutto della saggistica e della pubblicistica di orientamento politologico e
sociologico, intorno agli anni caldi della contestazione (dal 1968 alla metà degli anni ’70) si va ora registrando
un calo notevole del tasso di lettura, le librerie sono in crisi, si profila nettamente un conflitto tra il libro,
l’impegno che la lettura di esso richiede, e lo spettacolo essenzialmente evasivo che viene offerto dai mezzi di
comunicazione di massa, specialmente dalla televisione, che dispone ad un atteggiamento di totale passività
mentale.
4
Vediamo cosa pensano della situazione dell’editoria in Italia alcuni esponenti del mercato dell’editoria per
capire le problematiche reali del settore.
Secondo Bruno Mari del Gruppo Giunti: “Il termine “mercato” è troppo statico per comprendere una realtà così
multiforme. Sul versante della commercializzazione mi pare si possono identificare zone considerabili “mature”,
se non addirittura sature, e altre che invece sono potenzialmente espandibili e/o “inevitabili”. Per quanto
riguarda invece il versante della produzione, si potrebbe verificare un fenomeno di “autolimitazione” da parte
degli editori, una possibilità che mi allarma particolarmente; penso ad una limitazione dovuta al generale
abbattimento dei prezzi di copertina, che sacrifica fortemente l’offerta soprattutto nel settore della saggistica. Un
danno irreparabile per il mondo della cultura e della scienza causato dal dilagare degli ipertascabili, che
oltretutto rischia di crescere nel prossimo futuro. E’ un fenomeno solo apparentemente a favore del
consumatore, in quanto nel medio e lungo periodo è destinato a mortificare la domanda. Ci sono però anche
spunti di sviluppo, e uno di questi è la multimedialità che, ben lungi dagli scenari che alcuni prefigurano, non
sostituirà il libro ma anzi lo affiancherà e porterà verso questo consumo anche un pubblico per ora non
conquistato.”
3
Marco Gambaro - “I confini dell’industria editoriale”, in Francesco Silva (a cura di) - “Indagine sull’editoria: il libro come bene economico e culturale” -
Fondazione Agnelli, 1992
4
Ferrarrotti Franco - “La produzione del libro come bene di consumo” - Lanua, 1986
10
Giuseppe Antonini della Feltrinelli: “E’ necessario allargare il mercato. E questa è ormai un’ovvietà, come pure
è ovvio indicare negli editori, nei librai e nelle istituzioni, i soggetti operativi di questi interventi. Naturalmente
le spinte di questi tre soggetti sono diverse: per i primi due, essendo imprenditori, la molla è sicuramente quella
economica, del business. Per il Governo la spinta è completamente differente, qui si deve parlare di “dovere
sociale” di impegno verso la collettività, di piano politico di sviluppo. Non credo però che i nostri indici di
lettura siano così drammatici come potrebbero indicare le percentuali. Certo è necessario svilupparli e per fare
questo dobbiamo stare attenti al punto di partenza: vendere più libri è solo una conseguenza naturale di
un’abitudine al leggere. E’ necessario partire da qui risolvendo i problemi alla radice, cioè scuola ed educazione,
dove è indispensabile riflettere sulla proposta che presentiamo ai giovani, intervenendo sulla struttura del
manuale scolastico e introducendo il libro di varia. Si tratta di un intervento complesso che deve vedere tutti gli
operatori messi nella condizione di intervenire e di “giocarsi”: è necessario quindi snellire tutta la struttura
distributiva e promozionale nella scuola, per far sì che anche l’editore di varia possa diventare un interlocutore
propositivo e la libreria più consapevole.”
Marco Pittini della Rcs Rizzoli: “Il mercato del canale libreria è diminuito nel ’96 rispetto al 1995 del 2%; se
consideriamo l’inflazione il mercato è diminuito di 5-6%, dato non controbilanciato dalla modesta crescita del
canale GDO (+4,9%); ci possono poi essere al suo interno degli scambi di quote fra editori, ma la somma è
sempre la stessa. Credo che fino a che ci muoveremo singolarmente, sarà praticamente impossibile trasformare
questa situazione. Per ottenere dei risultati è necessario agire su tre direzioni che possono risultare quasi ovvie,
ma che non lo sono poi tanto se si va a vedere la realtà:
1) fare buoni libri a prezzi ragionevoli; e questo spetta alle case editrici;
2) realizzare il massimo ampliamento possibile, congruente a ogni tipologia di prodotto, nei canali distributivi:
le librerie sono fondamentali, ma per alcune tipologie di libri, ci possono essere canali alternativi;
3) allargare il numero dei lettori: uno sforzo che nessun editore potrà mai realizzare da solo e dove è necessario
prevedere un’azione congiunta fra editori, librai e Governo.
Lo spazio per uno sviluppo esiste ed è verificabile anche dal confronto con i tassi di acquisto libri pro capite dei
paesi d’oltralpe. Solo alcune zone italiane sono già “compatibili” con il livello europeo, per il resto del Paese il
divario è molto più ampio. Per il Centro-Sud le possibilità di crescita sono dunque molte, ma ampi margini
esistono anche per il Nord. Per migliorare la situazione, abbattere le rese e migliorare i termini di pagamento, la
nostra strategia è quella di diminuire le novità, potenziare la rete di vendita, che diventa un anello congiunto fra
libraio ed editore e , pur avendo un sistema informativo che ci permette di conoscere tutta la storia di ogni titolo
e di ogni punto di vendita, non sottovalutare mai, ma anzi esaltare, i segnali che arrivano dal mercato.”
Andrea Boroli dell’Istituto DeAgostini: “Che il mercato sia fermo dal 1992 è un dato di fatto. E’ vero che alcuni
canali si sono mossi meglio di altri, ma i totali delle copie vendute sono sempre i medesimi. Naturalmente ci
sono da rilevare alcuni fenomeni interessanti, tra i quali vale la pena segnalare la prepotente irruzione dei
supereconomici, che hanno impedito al mercato di trovarsi davanti allo spettro della recessione. Se vogliamo
fare un paragone tra lo stato dell’editoria in Italia e la situazione in Europa bisogna rilevare che la quantità e la
qualità delle pubblicazioni sono adeguate agli standard internazionali. Purtroppo però il nostro Paese deve fare i
conti con una crisi molto più accentuata.”
Roberto Formigoni della Mondadori: “Il 1996 è stato un anno in cui il mercato del libro è sceso del 3% in copie
e, per il 1997, le aspettative non sono migliori. Il libro inoltre, nel contesto della comunicazione globale, in cui
si trovano le televisioni, i giornali e i nuovi strumenti di interrelazione informatica (Internet), soffre la
competizione con un numero di media sempre più grande, il tempo disponibile viene suddiviso dagli utenti tra le
diverse modalità di comunicazione-informazione disponibili.”
5
Gli anni della ricostruzione. Dopo la seconda guerra mondiale l’editoria italiana si trovò davanti a repentini
cambiamenti, animata da un grande impegno culturale ed etico, anche se immersa in notevoli difficoltà di
carattere generale e problemi di carattere economico e aziendale.
In questo periodo si assiste ad un interrelazione molto stretta tra editoria e società, le quali, dopo anni di
oppressione e rigore, si trovano ad affrontare la nuova situazione culturale, spinte da un desiderio comune
d’avventura e di scoperta. Siamo davanti ad una fecondità di varie collane o titoli, e la nascita di imprese di
vaste dimensioni, che rappresentano dei capisaldi dell’editoria italiana. Questo impegno appare evidente
dall’incremento massiccio (+131,8%) del numero dei libri pubblicati tra il 1945 e il 1949; dovuto in parte a
questo processo di ripresa, ma in parte collegato all’esplosione di creatività di quegli anni.
La letteratura, oltre che come numero di titoli, si imponeva per qualità e varietà di scelte. Mondadori rilancia la
“Medusa” e propone quattro collane “I classici contemporanei italiani” (1946), “I classici contemporanei
5
Bea Marin (a cura di) - “Governo: il giudizio del 70% dell’editoria”, in “La rivisteria”- Marzo 1997
11
stranieri” (1947), “La medusa degli italiani” (1947) e la “Biblioteca moderna Mondadori”(1948); Longanesi
inizia la propria attività con “La gaja scienza” (1946); Einaudi lancia “I millenni” (1947), “I coralli” (1947) e i
“Supercoralli” (1948); Bompiani il “Pegaso letterario” (1947); e questo per citare solo qualche collana che fece
il suo ingresso in un mondo letterario totalmente in fervore.
Una vera rivoluzione iniziò, poi, nel 1949 con la “Biblioteca Universale Rizzoli”, prima collana mirante a dar
corpo a un progetto letterario di grande portata: la letteratura universale dall’antichità ai giorni nostri; i caratteri
salienti sono da ricercarsi nell’estensione temporale, nell’ampiezza delle scelte e nella frequenza del ritmo di
pubblicazione. Anche il grande pubblico può, dunque, accedervi.
Anche nel campo saggistico si evidenziano segni positivi; si moltiplicano le traduzioni di opere straniere
importanti, ma aumentano anche i testi di scrittori e intellettuali italiani di prestigio.
Un’ulteriore sviluppo si verifica nell’editoria scolastica: dal 1945 al 1950 si ha un aumento dei titoli del
217,7%, ciò dovuto al lavoro di depurazione dei contenuti fascisti, che condusse al rifacimento e
all’aggiornamento di molti libri scolastici; vennero promulgati nuovi programmi scolastici e abolito il “Libro di
stato”; anche attraverso la progettazione e il dibattito scolastico si andava costruendo la cultura e l’educazione
della nuova società.
Alla fine degli anni quaranta l’editoria libraria si trovava completamente inserita nel nuovo mondo culturale,
politico e sociale dell’Italia del dopoguerra. Le case editrici non solo si ristrutturarono a livello di impresa,
migliorando il livello qualitativo dei testi, ma si riorganizzò anche sul piano associativo.
Gli anni Cinquanta. Agli inizi degli anni cinquanta si assiste all’assestamento del settore editoriale, lungo il
percorso segnato dal dopoguerra. In questi anni migliorano le condizioni di vita, diminuisce l’analfabetismo e si
inizia veramente a parlare italiano. Per quanto il mercato della lettura fosse ancora ristretto, in quanto
considerato fenomeno d’élite, le case editrici migliorarono i propri programmi e ne avviarono di nuovi.
Un gran numero di editori, oltre ai due complessi editoriali maggiori (Mondadori e Rizzoli) e ad altre piccole-
medie imprese, fecero la loro comparsa in questi anni, grazie alla collaborazione di letterati e intellettuali di
prestigio. Tuttavia in questi anni non si verifica un sostanziale aumento della produzione. Addirittura negli anni
dal 1951 al 1955 si assiste ad un decremento del 8,5%; questo fenomeno è dovuto principalmente al proliferare
di nuove forme di intrattenimento, quali l’estensione capillare su tutto il territorio di radio e televisione, il boom
del cinema, fenomeni che spostavano l’attenzione del pubblico, orientando così il consumo del tempo libero.
La produzione però cambiava: iniziò la pubblicazione di collane di qualità e grazie al proliferare di case editrici
tutti i settori venivano pienamente coperti. La narrativa era tuttavia il settore trainante dell’intera editoria; gli
editori ottenevano i maggiori successi con gli scrittori stranieri, sebbene gli italiani non fossero meno incisivi:
era una narrativa che rispondeva ai bisogni emergenti della nuova società italiana.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta si assiste ad un considerevole aumento della produzione, 43,4 %,
dovuto all’intensificazione produttiva delle case editrici esistenti in quanto in questi anni non nacquero molte
case editrici.
Alla fine degli anni Cinquanta venne importata in Italia una formula già molto diffusa negli Stati Uniti e in altri
paesi: venne creato il Club degli editori (1959). Questo si avvaleva della vendita per corrispondenza attraverso
delle riviste riservate ai soci e istituì una nuova strategia di approccio al pubblico, raggiungendo coloro che non
erano soliti servirsi dei canali tradizionali di vendita. Era una formula che avrebbe avuto grande seguito in
quanto riusciva a fornire romanzi contemporanei e di qualità ad un prezzo conveniente.
Gli anni Sessanta. Nei primi anni Sessanta la società italiana attraversa una grande crescita industriale,
economica e culturale; si creano nuove attività e bisogni nuovi e si verifica un forte allargamento dei consumi.
Ciò si riflette anche nel settore editoriale, che cerca di riorganizzarsi, adeguandosi alla nuova domanda di massa
e cercando di sfruttare tutte le possibilità dei nuovi ceti medi.
Viene istituita la scuola media statale (1962) e rielaborati i programmi di insegnamento (1963), favorendo non
solo le case editrici scolastiche, ma tutta l’editoria, chiamata a rispondere a bisogni di un pubblico sempre più
scolarizzato.
E’ in questi anni che si sviluppano alcuni fenomeni caratteristici: l’editoria tascabile e l’editoria a dispense.
Quest’ultima permetteva una diffusione su ampia scala e rendeva disponibile ad un vasto pubblico opere
enciclopediche, confezionate ad hoc, di qualità e che riuscivano a soddisfare un forte bisogno di cultura. Nel
periodo 1960-1965 si assiste ad un fortissimo sviluppo del mercato delle dispense, percorso da un gran numero
di editori. Tuttavia un’offerta eccessiva, portò ad una saturazione dello stesso mercato, e alla fine degli anni
Sessanta si assistette ad un crollo delle vendite, dovuto anche ad uno spostamento di interessi da parte degli
editori che cercavano nuovi sbocchi commerciali.
12
In questi anni si sviluppò un altro grande fenomeno. I tascabili, lanciati con gli “Oscar” Mondadori, che avevano
come canale commerciale primario l’edicola. Attraverso questo nuovo prodotto il libro fu portato fuori dal
canale consueto delle librerie, con un ritmo periodico e ad un prezzo conveniente, e mise in contatto il grande
pubblico con le grandi opere della letteratura contemporanea. In seguito al successo degli “Oscar” vennero
pubblicate molte collane tascabili periodiche ed oltre a quelle di letteratura narrativa vennero coperti variegati
settori. Tuttavia anche in questo caso la produzione sovrabbondante portò rapidamente ad un ridimensionamento
del fenomeno.
Nella seconda metà degli anni Sessanta si attraversa un nuovo periodo dell’editoria. Molte case editrici, non in
grado di competere sul mercato, dovettero abbandonarlo; altre per fronteggiare i processi di cambiamento
dovettero far ricorso a capitale finanziario extraeditoriale; altre entravano in competizione. I piccoli editori
cercarono di occupare spazi più politici, spinti dall’ideologia; le case editrici maggiori si spostarono su filoni
saggistico e della società in genere. Si correva in sostanza su un doppio binario: da un lato, un’editoria che
respirava il clima della “strategia della tensione” e della “lotta di classe”, rinchiudendo il discorso politico-
sociale entro i confini della visione ideologica e della pratica rivoluzionaria; dall’altro, un’editoria che si
confrontava con i grandi temi della società e della storia partendo da solide basi culturali e scientifiche, anche se
politicamente molto orientate.
Gli anni Settanta. Nei primi anni Settanta l’editoria era in linea con le fermentazioni in atto nella società
italiana, tesa ad un’emancipazione su vari fronti; essa cercava di rispecchiare questa situazione, offrendo al
pubblico una vasta gamma di produzioni saggistiche e di strumenti di base che, tuttavia, risultavano scadenti, in
quanto l’offerta era molto superiore al grado di assorbimento del mercato e non veniva sostenuta da adeguati
strumenti promozionali e distributivi. Tuttavia, una volta ristabilito un clima di relativa tranquillità sociale e
politica, l’editoria si vide costretta ad una riconversione verso altri filoni editoriali.
Accanto ad un’editoria politica che subiva delle rilevanti flessioni nel settore saggistico, aumenta la presenza
della piccola editoria specializzata in determinati segmenti di mercato ancora favorevoli.
Nella metà degli anni Settanta si hanno due mercati paralleli: quello dell’editoria specializzata e quello
dell’editoria di massa, dove la narrativa occupava, comunque, un posto di rilievo. E, questi anni, videro il
rilancio del settore tascabile, che incrementava il consumo di narrativa e di saggistica. L’informazione libraria
iniziò a dilatarsi anche grazie a nuove forme comunicative, quali le rassegne librarie, le rubriche televisive e
radiofoniche; le case editrici avvertivano l’esigenza di trovare nuove formule per comunicare con il pubblico,
attraverso tecniche e materiali idonei.
6
In questo periodo, che sembrava di grande rilancio per l’editoria, l’intero sistema economico appariva precario.
La crisi economica era alle porte, i costi industriali iniziarono ad aumentare e così i prezzi e la contrazione,
conseguente, dei consumi. A partire dal 1976, ed in particolare nel 1977 la situazione nell’editoria cominciava a
risentire della crisi, sia nelle piccole, che medie e grandi aziende. I grandi gruppi cercavano di reagire attraverso
concentrazioni ed alleanze tra il settore librario e quello della stampa e della televisione. In questa fase di
recessione il ruolo dell’editoria di massa si modifica, poiché la necessità di alfabetizzare ampie fasce di
popolazione è sostituita dall’emergere di bisogni di svago e di intrattenimento; l’editoria di nicchia in molti casi
si trasforma in editoria di cultura, fortemente caratterizzata sul piano ideologico e politico; alcuni prodotti di
grande successo negli anni Sessanta e Settanta (le enciclopedie per le famiglie, i classici “rivisitati”, i tascabili)
entrano in fase di maturità, mentre emergono nuovi prodotti (i primi libri multimediali per molte case editrici) e
nuovi canali (i club del libro). La fase recessiva coincide per molte case editrici con il momento della
successione imprenditoriale; le aziende, spesso nate per l’intuizione di una persona e gestite in modo molto
accentrato, non sempre sono in grado di affrontare la fase di recessione; molte si riorganizzano e sono cedute,
dando inizio a fenomeni di concentrazione. Nelle case editrici cominciano a diffondersi nuovi modelli gestionali
incentrati sulla delega di responsabilità e sulla maggiore specializzazione della professionalità.
7
Tuttavia di
fronte alla moltitudine di imprese editoriali costrette a chiudere, ne sorgevano di nuove: il periodo tra il 1976 e il
1980 è uno dei più fecondi, per la nascita di nuove industrie. La crisi del settore può essere osservata dal calo
della tiratura dei libri -11%, e dal forte aumento dei prezzi, +102,2%.
6
Giuliano Vigini - “L’Italia del libro: struttura, produzione e mercato editoriale” - 1990
7
Paola Dubini - “Voltare pagina”- op. cit.