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di una riforma importante come quella che ha portato alla
“depubblicizzazione” degli ex-enti lirici e alla loro
trasformazione in Fondazioni private, la gestione di queste
organizzazioni si sarebbe maggiormente avvicinata a quella
di un’azienda privata, pur nella consapevolezza dei tratti
distintivi che caratterizzano le imprese culturali.
L’obiettivo di questo lavoro è, quindi, quello di vedere come
le Fondazioni liriche, e in special modo Fondazione Arena,
hanno reagito alla dinamica ambientale che le ha investite in
questi anni, quali sono i cambiamenti previsti dalla
letteratura in questo campo (molto povera a dire il vero) e, a
seguito di una verifica empirica su una realtà
rappresentativa come l’Arena, quali siano state le reali
trasformazioni.
In particolare, nel primo capitolo si sono analizzate le
principali caratteristiche del settore del melodramma in Italia
per comprendere il contesto di mercato in cui Fondazione
Arena s’inserisce.
E’ stato abbastanza difficile ricostruire un quadro
complessivo del settore a causa della natura stessa dello
spettacolo dal vivo, e del melodramma in particolare,
estremamente composita e differenziata che ha reso molto
complicata la costruzione sistematica di dati economici
accurati.
Ci si trova, quindi, di fronte ad un forte vincolo sostanziale
alla possibilità di indagare l’aspetto economico e produttivo
del comparto della lirica: la mancanza di dati di base da
poter analizzare ed elaborare in maniera innovativa.
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Nell’ambito di questo capitolo si è tentato di colmare alcune
di queste difficoltà rappresentative ed integrare i dati
preesistenti almeno qualitativamente. Si è proceduto
attingendo alle fonti, vale a dire avvicinando direttamente chi
lavora nella lirica: sono state, infatti, condotte una serie
d’interviste che hanno permesso di corredare la ricerca con
informazioni d’esperti, aggiornate e di prima mano.
Nel secondo capitolo si passa ad esaminare la normativa che
ha condotto gli enti lirici verso una nuova figura istituzionale
a sfondo privato.
Il riconoscimento della natura giuridica privata ha certamente
imposto un immediato cambiamento nei modelli di gestione e
nelle relative strutture, ma ha lasciato a ciascun teatro,
trasformato in fondazione, il difficile compito di modificare
regolamentazioni e consuetudini teatrali nelle parti non più
rispondenti al sistema competitivo in vigore sul piano
nazionale ed internazionale.
Dalla società anonima di fine ottocento sino alle fondazioni
dei giorni nostri, i teatri lirici, pur movendo da figure di
diritto comune, sono divenuti qualcosa di peculiare, di
singolare, di difforme rispetto alle sue regole, e ciò proprio in
considerazione della particolarità, della diversità della
materia che devono regolamentare.
Il legislatore sceglie di “depubblicizzare” gli enti lirici
[Rigano, 1997] e lo fa con il decreto legislativo 29 giugno
1996 n.367, che reca Disposizioni per la trasformazione degli
enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto
privato (cosiddetta legge Veltroni) e con il decreto legislativo
23 aprile 1998 n.134 che sancisce la Trasformazione in
4
fondazioni degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche
assimilate.
Il terzo capitolo, analizzando gli aspetti delle variabili
organizzative, gestionali e di management del personale che
caratterizzano le fondazioni lirico-sinfoniche, presenta la
vera e propria “macchina teatrale” e il suo funzionamento.
Sono messe in evidenza le attività principali e secondarie
delle Fondazioni, i suoi ruoli, sono descritti i meccanismi
organizzativi e di gestione del personale tipici di queste
organizzazioni e sono illustrati clima e cultura aziendale.
Il legislatore nel favorire il passaggio da ente autonomo di
diritto pubblico, quali erano gli ex enti lirici, a fondazione di
diritto privato non si è preoccupato di sancire tale passaggio
attraverso una necessaria e fondamentale riorganizzazione
gestionale. È mutata meramente la ragione sociale; non è
mutato invece il taglio pesantemente pubblicistico né la
gravosità delle strutture della macchina organizzativa di
questi soggetti.
Il capitolo seguente, il quarto, è il vero e proprio cuore del
lavoro di ricerca. Tramite l’analisi di letteratura italiana, ma
soprattutto americana (in America le strutture teatrali
operano come organismi privati già da molti anni), si sono
tracciate le linee essenziali riguardanti la dinamica
organizzativa e gestionale che dovrebbe riguardare i teatri
lirici, in un ottica d’efficienza e imprenditorialità, come
indicato dal legislatore.
L’obiettivo di questo capitolo è di definire se e quali sono i
cambiamenti delle logiche organizzative che sottendono la
5
gestione di un’organizzazione artistica dello spettacolo dal
vivo quale l’opera lirica.
Si sono esaminati i fattori e le dinamiche che
contraddistinguono il concreto funzionamento dei teatri e
l’impatto che il nuovo assetto istituzionale ha sui processi di
gestione, sull’organizzazione e sulla cultura del teatro. Scopo
di questo capitolo è stato studiare il cambiamento in atto
secondo una visione economico-aziendale che richiami
l’attenzione sulle trasformazioni negli obiettivi operativi e
nelle priorità gestionali del teatro, sull’impatto che tale
variazione determinerà nei processi di gestione, nella
cultura, ma soprattutto nell’organizzazione del teatro,
evidenziando il potenziale di miglioramento delle
performance, realizzabile attraverso una gestione che
accolga i principi dell’economia aziendale e, infine, sui rischi
e le opportunità di questo processo di trasformazione in una
prospettiva di sviluppo del teatro.
Nell’ultimo capitolo, questi presupposti alla logica
imprenditoriale vengono confutati direttamente con la realtà
aziendale di Fondazione Arena. Tramite una verifica empirica
di quelli che nei capitoli precedenti erano solo concetti
teorici, si è passati alla descrizione di cosa è veramente
cambiato nei moderni teatri lirici. Le fondazioni italiane del
melodramma, attualmente, sono ancora lontane dalla realtà
aziendale che si era prefissato il legislatore con la sua
riforma, ma stanno percorrendo la strada giusta.
In Fondazione si dice che, riforma o no, si era già iniziato ad
andare verso una direzione manageriale e attenta ai nuovi
bisogni di efficienza ed imprenditorialità, ma che tutto
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questo deve essere fatto in modo molto cauto, per non
correre il rischio di smantellare un qualcosa che, in un modo
magari non strutturabile, aveva, però, sempre funzionato,
senza avere pronto un valido sostituto.
Ed è questo l’atteggiamento che caratterizza finora le realtà
liriche italiane, un comportamento prudente. Non è possibile
cambiare qualcosa, affermato nel modo di pensare, nella
cultura di un settore, in modo radicale, ma serve un lento e
graduale inserimento.
Sono state condotte una serie di interviste nelle diverse
funzioni che caratterizzano la Fondazione, concentrandosi,
poi, prevalentemente su quelle che si sono realmente
confrontate con la riforma.
Fondazione Arena è, insieme alla Scala di Milano, uno dei
primi teatri lirici a capire l’importanza di gestire secondo una
logica più aziendalistica. Scopre che il commerciale, la
promozione internazionale, il marketing, sono strumenti
fondamentali per un’organizzazione che è sempre resistita
solo grazie ai contributi dello Stato; apporti che, però,
stanno riducendosi sempre di più.
Tutto questo nasce non dalla riforma, ma dal management
stesso del teatro, che sempre di più è teso all’efficienza e ad
un modello di gestione imprenditoriale.
Primo capitolo Il settore operistico
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PRIMO CAPITOLO
IL SETTORE OPERISTICO
“Il mezzo migliore per sfuggire il mondo è l’arte, il mezzo più
sicuro per entrare in contatto con il mondo è l’arte.”
J.W.Goethe
Primo capitolo Il settore operistico
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1.1 PREMESSA________________________________
Non esistono dati quantitativi completi e aggiornati
dell’attuale stadio di sviluppo della “industria” dello
spettacolo dal vivo in Italia.
E’ estremamente difficile, quindi, ricostruire un quadro
complessivo del settore. Peraltro, la natura stessa dello
spettacolo dal vivo, estremamente composita e differenziata,
rende assai difficile la costruzione sistematica di dati
economici accurati.
Al momento disponiamo solo di alcune fonti sistematiche che
offrono dati periodici di riferimento ad un livello molto
generale e fonti campionarie che evidenziano aspetti molto
specifici e di dettaglio.
Permangono quindi numerose zone grigie nella completezza
dei dati ancora poco esplorate.
Ci si trova, quindi, di fronte ad un forte vincolo sostanziale
alla possibilità di indagare l’aspetto economico e produttivo
del comparto della lirica: la mancanza di dati di base da poter
analizzare ed elaborare in maniera innovativa.
L’impostazione delle varie statistiche nazionali dello
spettacolo, qualunque sia la fonte (ISTAT, SIAE, ANFOLS,
ecc.) è in definitiva obsoleta e, per essere utile a chi deve
interpretarle, deve differenziarsi da quella utilizzata per la
rappresentazione delle altre attività produttive.
Nell’ambito del nostro Sistema Statistico Nazionale, la
classificazione delle attività economiche (ISTAT 1991)
inserisce la lirica nella divisione “Attività ricreative, culturali e
Primo capitolo Il settore operistico
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sportive”, è classificato come sottoinsieme dell’industria della
comunicazione, del quale peraltro fanno parte anche e
soprattutto, in termini dimensionali, l’industria
cinematografica, televisiva, radiofonica e la pubblicità, a loro
volta attività tra di loro molto dissimili.
Ne risulta da una parte una sottovalutazione della lirica
nell’ampio settore culturale, dall’altro la dipendenza dalle
misurazioni economiche tradizionali, non adatte a
rappresentare un settore sì economico ma con peculiarità
distintive. Nell’ambito di questo capitolo, pur con mezzi
limitati, si è tentato di colmare alcune di queste difficoltà
rappresentative ed integrare i dati preesistenti almeno
qualitativamente. Si è proceduto attingendo alle fonti, vale a
dire contattando direttamente chi lavora nella lirica: sono
state, infatti, condotte una serie di interviste che hanno
permesso di corredare la ricerca con informazioni di esperti,
aggiornate e di prima mano.
Primo capitolo Il settore operistico
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1.2 PREMESSA STORICA________________________
Il teatro lirico, vecchio di quasi 400 anni, nasce da una
polemica tra i polifonismi rinascimentali e i fautori del ritorno
alla monodia, rappresentati dalla “Camerata Bardi” e nella
polemica si è sviluppato.
Il primo vero atto politico che riguarda la lirica lo abbiamo nel
1672 quando il Re Sole concede l’istituzione a Parigi
dell’Acadèmie Royale de Musique, un organismo stabile
preposto a regolare in esclusiva la produzione teatrale e
musicale in Francia.
In Italia, invece, un atto del genere era impensabile, per la
semplice ragione che ancora non esisteva uno Stato vero e
proprio e la nostra penisola era divisa, frazionata in molteplici
staterelli. Esisteva, però, già da una settantina d’anni, l’opera
e numerosi teatri erano proliferati un po’ ovunque, ma
soprattutto erano molto radicati e vivi il senso dell’identità
culturale e della patria che trovarono nell’opera un nuovo,
vitale elemento di aggregazione.
L’opera attraversa questi quattro secoli, tra crisi e riforme,
allieta le raffinate nobiltà europee, espandendosi dal palazzo
dei Medici alle corti dei Gonzaga, dagli splendori di
Versailles ai saloni viennesi degli Asburgo (che realizzarono
nel 1667 una stupefacente messa in scena del “Pomo d’oro”
di Cesti: 5 atti, 67 scene, 48 ruoli solistici). La storia ci narra
che l’opera deve la sua nascita alla necessità dei sovrani
italiani del XVII secolo di manifestare la loro grandezza e
magnificenza alla propria corte e agli altri sovrani.
Primo capitolo Il settore operistico
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Erano in essa, infatti, riunite varie forme d’arte e utilizzando
a questo scopo artisti e artigiani già al servizio del sovrano
nascevano spettacoli di grande sfarzo, ma anche di notevole
dispendio economico che trovava la sua ragion d’essere non
nel lucro, ma nel ritorno d’immagine e in un’affermazione
politica e diplomatica del sovrano. Era, infatti,
dimostrazione di ricchezza, di buona salute e di efficienza
delle case regnanti e si traduceva, però, solo nel prestigio,
comportando, d’altra parte, un enorme costo. E a questi
scopi era anche rivolta la scelta del pubblico,
quell’aristocrazia che, oltre a contribuire al prestigio dello
spettacolo, avrebbe anche realizzato una vera e propria
operazione pubblicitaria. Con il mutare dei tempi queste
caratteristiche sarebbero rimaste proprie dell’opera,
destinata ad essere un’operazione economica dai costi
sproporzionati ai ricavi e quindi realizzabile solo grazie ai
finanziamenti, ad eccezione del periodo in cui è stato
permesso, all’interno dell’impresa teatrale, il gioco d’azzardo.
Sempre in Italia i primi a dotarsi di un teatro stabile pubblico
a pagamento e ad esportare il proprio sistema “impresariale”
furono i borghesi veneziani, nel 1637, con il teatro San
Cassiano, seguito poco dopo, specialmente nella stagione del
Carnevale, da molti altri. Alla fine del XVII secolo, solamente
nella Serenissima, esistevano almeno una dozzina di questi
palcoscenici.
In questo periodo l’opera è divisa in due: una rappresentata
nei fastosi teatri di corte (il melodramma serio, aulico, con le
grandi voci dell’epoca), l’altra nei palcoscenici minori, ma non
per questo meno frequentati (l’opera comica).
Primo capitolo Il settore operistico
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Nell’800 diventa spettacolo popolare per eccellenza, grazie
anche alla perfetta organizzazione teatrale e alla capillarità
con cui i teatri invadono l’Italia, la produzione diventa
straordinariamente prolifera, vitale e particolarmente
feconda.
L’annuale “Indice de’teatrali spettacoli”, infatti, registra nel
1785/86 un centinaio di teatri attivi in Italia, tra il 1821 e il
1847 un altro centinaio di palcoscenici si aggiungono a quelli
già esistenti e nel 1871 i teatri presi in esame per un
censimento e una ripartizione in categorie sono addirittura
940.
1
Il policentrismo politico, tipico del periodo, si riflette nel
policentrismo artistico. Ogni grande città ha il suo teatro,
presenza architettonica e sociale essenziale per il nucleo
urbano, centro d’aggregazione per l’elite dell’epoca e punto
fermo per la storia del melodramma e della comunità.
Nell’opera dei primi anni del novecento ancora sopravvivono
le novità di giovani autori, ma con il passare del tempo il
cosiddetto “teatro di repertorio” schiaccia definitivamente
ogni forma di creatività. Soverchiato dalla concorrenza di
nuove forme d’intrattenimento come il cinema e la rivista
prima, la televisione poi, il teatro d’opera si ritira nella
tradizione e cerca la sua ragione di sopravvivenza
nell’“evento”.
I giornalisti dell’epoca, aizzati dagli impresari, gonfiano le
prime, puntando sulle polemiche tra Puccini e Leoncavallo o
fra Mascagni e D’Annunzio per renderle incandescenti.
1
Dati tratti da L.Bianconi, “Il teatro d’opera in Italia”, Il Mulino, Bologna,
1993.
Primo capitolo Il settore operistico
13
Oggi questa cultura dell’evento si è spostata dall’uscita di una
nuova opera alla realizzazione grandiosa di un titolo storico,
all’allestimento di un grande regista, alla presenza di una
grande voce, ai costumi firmati da grandi nomi. Si punta,
insomma, più sull’esteriorità dello spettacolo che sulla
sostanza dell’opera.
Primo capitolo Il settore operistico
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1.3 ANALISI DELLA STRUTTURA DI BASE ___________
Le aziende che compongono il settore dello spettacolo dal
vivo (performing arts), e quindi della lirica, hanno il fine di
soddisfare “bisogni di svago attraverso la produzione e la
distribuzione d’eventi singoli od organizzati all’interno di
strutture stabili” [Dubini, 1999].
Carattere distintivo è la coincidenza tra il momento della
produzione dello spettacolo con quello della sua distribuzione,
a differenza, per esempio, delle produzioni cinematografiche,
radiofoniche e televisive.
Le altre caratteristiche che contraddistinguono il settore degli
spettacoli dal vivo sono:
ξ Intangibilità;
ξ Irripetibilità;
ξ Non durevolezza;
ξ Partecipazione contestuale del pubblico durante la
fase di erogazione/produzione.
Le aziende considerate competono tra loro per l’attenzione e
il tempo, cosiddetto, di svago delle persone e a questo scopo
propongono un prodotto con un alto grado di coinvolgimento,
di unicità e di valore simbolico ed emotivo del cliente,
insomma devono lasciare qualcosa di buono allo spettatore
che vi assiste, altrimenti costui sposterà le sue preferenze
verso qualche altra attività.
Primo capitolo Il settore operistico
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Frequenze annue rispetto alla popolazione per visita/attività
2000
82
68
64
60
57
50
46
44
44
40
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
Attività
Shopping a motivazione leisure
Partecipazione a manifestazione sportiva o pratica diretta
Cinema
Biblioteca
Passeggiata o escursione
Visita a chiesa o cattedrale
Visita a edificio storico/monumento antico
Visita a museo
Visita a parco a tema
Teatro, concerto, balletto, opera
Fonte: EMMS Survey, 2000
Lo spettacolo lirico, specialmente, utilizza tutte le forme
artistiche dello spettacolo dal vivo: danza, canto, coro,
scenografie, musica d’orchestra; è una forma di
rappresentazione unica al mondo, di sicuro impatto, ma che
comporta costi elevatissimi, come già si è accennato prima.