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andare ad interferire nella nostra vita psichica cosciente.
Dunque ciò che abbiamo cercato di verificare non è stata la proiezione di
generiche parti di sé nei personaggi filmici, ma più precisamente la proiezione
delle proprie Ombre.
Significa utilizzare il film come uno specchio in cui ci si riflette non
frontalmente, ma leggermente di profilo.
Provate a pensare: il riflesso scompare ogniqualvolta ci si allontana dallo
specchio, ma l'ombra (o l'Ombra?) segue sempre il soggetto, non l'abbandona
mai.
Nell'arte l'ombra è valorizzata soprattutto nella precisione del profilo e non
compare invece nell'autoritratto. La frontalità e lo specchio simbolizzano il
rapporto tra Io e Sé, mentre il profilo e l'ombra rappresentano il rapporto tra Sé e
l'Altro.
Stiamo parlando di arte: proviamo a dipingere il "quadro" del nostro lavoro.
Come ogni gioco ha le sue regole, così ogni quadro ha la sua cornice, ovvero
un insieme di elementi ben precisi e stabili che delimitano uno spazio fuori dal
quale è meglio non andare, ma al cui interno possiamo ascoltare la nostra
creatività.
Nel nostro lavoro, la prima parte -non casualmente chiamata Cornice Teorica-
"contiene" gli elementi fondamentali su cui abbiamo basato la nostra ricerca.
Il Capitolo 1 è dedicato interamente all'Ombra psichica: spieghiamo la sua
contestualizzazione nella struttura di personalità così come è delineata da Jung e
le modalità con cui La incontriamo, durante la visione cinematografica.
Il Capitolo 2 spiega i meccanismi che si innescano nello spettatore
cinematografico, sia da un punto di vista psicologico (identificazione, proiezione e
rispecchiamento), sia da un punto di vista neurofisiologico (veglia sognante).
Abbiamo così voluto dare una visione olistica, sulla base della seguente
curiosità etimologica.
Nella lingua greca il verbo ειδέναι (eidénai) significa sapere e deriva da ιδεĩν
(ideìn) che significa vedere; dalla stessa radice etimologica deriva εĩδος (éidos),
che significa aspetto, immagine, idea e concetto. Il guardare è tradotto invece dal
verbo οράω (orào), da cui derivano in italiano le parole ottica, occhio, etc. .
Dunque vedere e guardare sono due modalità diverse: guardare è
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un'esperienza percettiva innescata dal contatto tra la coscienza percepente e la
realtà percepita; vedere costituisce invece un atto mentale la cui funzione non è
solo considerare l'esistenza della realtà naturale, ma è anche quella di
individuare il suo senso latente e invisibile.
Vedere è legato all'intuire l'invisibile: al cinema non solo guardiamo, ma
soprattutto vediamo ciò che non si manifesta nella fisiologia, ma che corrisponde
ad una nostra significazione soggettiva.
Nel Capitolo 3 spieghiamo il Disturbo Borderline di Personalità: gli studi teorici
effettuati a riguardo, la sua collocazione nella tassonomia psichiatrica, i
comportamenti, i vissuti e le fatiche legate a questa patologia, le diverse ipotesi
eziopatogenetiche. Hanno infatti partecipato alla nostra ricerca due soggetti in età
adolescenziale aventi questo disturbo di personalità.
La scelta di tale patologia non è stata casuale: siamo tutti consapevoli delle
difficoltà che si incontrano nello stabilire un'alleanza in psicoterapia con loro e a
volte le immagini distorte che il cinema fornisce sulle malattie mentali e sul
rapporto con il proprio terapeuta, non aiutano.
Il film -se opportunamente scelto- potrebbe invece costituire una modalità
diversa con cui riuscire a stabilire un contatto sempre più stabile con questi
pazienti.
La seconda parte costituisce lo spazio delimitato dalla cornice, entro cui
utilizzare i colori che più ci piacciono, dai più luminosi ai più scuri, per tracciare il
percorso della nostra ricerca, muovendoci tra coscienza ed inconscio.
Dunque il Capitolo 4 riporta più in dettaglio l'ipotesi di base e la descrizione
delle varie fasi di cui si compone la ricerca.
Precisiamo che si tratta di un lavoro su soggetti singoli, basato su un disegno
quasi-sperimentale a serie temporali interrotte, con approccio ermeneutico.
Vengono anche presentati la comunità educativa che ci ha ospitati per la
ricerca e i due soggetti coinvolti: Mario e Giovanni.
Nel Capitolo 5 descriviamo i tre strumenti somministrati in tempi diversi ai due
ragazzi: l'Intervista di Personalità, il Questionario di Personalità e l'Intervista Dopo
il Film. Preciseremo le modalità e i criteri diagnostici del DSM-IV, con cui li
abbiamo costruiti.
Nel Capitolo 6 troverete l'analisi delle trame dei due film proiettati e le
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caratteristiche di personalità dei personaggi più importanti.
I due film sono: "The Warriors" di Walter Hill e "The Outsiders" di Francis Ford
Coppola.
Se ne avete voglia, vi invitiamo a vederli: vi sarebbe di maggior aiuto per
comprendere meglio l'andamento della ricerca.
Questo capitolo è stato reso necessario, in considerazione del dialogo che si
instaura tra film e inconscio del soggetto. Per poter cogliere le sfumature di
questo spazio intersoggettivo, è importante conoscere i due interlocutori.
Nel Capitolo 7 riportiamo i risultati ottenuti. Prima affrontiamo il caso di Mario,
che purtroppo ha potuto assistere solo alla proiezione di "The Warriors."
In un secondo momento presentiamo i risultati di Giovanni, che invece ci ha
accompagnato anche nella seconda proiezione.
Nel Capitolo 8 cercheremo di attuare un approccio ermeneutico, al fine di
valutare se la nostro ipotesi è risultata confermata oppure no, ricollegandoci ai
concetti basilari riportati nella Cornice Teorica.
Infine nel Capitolo 9 trarremo le conclusioni del nostro lavoro, cercando di
individuarne le luci e le ombre, in modo da divenirne consapevoli e creare così i
presupposti per un eventuale progetto successivo.
Nelle sue dissertazioni, Jung temeva sempre di essere sopraffatto da tre dei
suoi demoni:
- la Ripetizione: aiuta a fissare le idee, ma instaura una circolarità in cui a volte
si perde il senso della progressione;
- la Divagazione: attrae e insieme distrae;
- la Complessità: apre continuamente delle porte su universi possibili o ulteriori,
cui però risulta difficile accedere per mancanza di sufficienti informazioni.
Essendone consapevoli, cercheremo nel nostro lavoro di tenerci lontani da
essi.
Fin dal 1913, l'industria cinematografica è stata denominata "fabbrica dei
sogni", infatti la produzione delle immagini oniriche nell'inconscio umano è
analoga alla creazione di un film.
Il cinema parla dall'inconscio: il canale comunicativo straordinariamente
utilizzato dal film per dialogare è l'inconscio.
Ascoltare le energie e le informazioni provenienti da questo luogo oscuro significa
raggiungere una maggiore consapevolezza di sé e una maggiore autenticità.
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Prima parte
Cornice teorica
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Cap. 1 IL CONCETTO DI OMBRA PSICHICA
Eppure, quando vidi quell'immagine
raccapricciante nello specchio, ciò che
provai fu un senso di gioia e di sollievo, non
di ripugnanza. Anche quello ero io.
(Stevenson)
1.1 LA STRUTTURA DELLA PSICHE UMANA
Il concetto di Ombra psichica deriva principalmente dalla Psicologia Analitica
di Carl Gustav Jung, pur risentendo delle profonde influenze di Rudolf Steiner e
di Friedrich Nietzsche.
Per capirne il significato, è necessario contestualizzarla nella struttura della
psiche umana, così come viene delineata da Jung, composta
fondamentalmente da Io, inconscio personale e inconscio collettivo.
Jung (1968) ritiene che la nostra sfera psichica assomigli ad un globo
luminoso (Fig.1.1).
Sfera ectopsichica
Sfera endopsichica
Inconscio personale
Inconscio collettivo
Fig. 1.1 La psiche nella
concezione di C.G. Jung
(Tratto da Introduzione alla
Psicologia Analitica, 2000,
C.G. Jung, pg.58).
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I primi otto strati rappresentano la coscienza, a cui appartengono due
tipologie di funzioni:
- le funzioni ectopsichiche (sensazione, pensiero, sentimento, intuizione)
costituiscono un sistema di rapporti tra i contenuti della coscienza e le
impressioni che provengono dall'ambiente, sono un sistema di orientamento
che serve per mettersi in rapporto con i dati del mondo esterno trasmessi
dalle funzioni sensoriali;
- le funzioni endopsichiche (memoria, componenti soggettive delle funzioni
coscienti, emozioni-affetti, possessione) sono un sistema di rapporti tra i
contenuti della coscienza e i processi che presumiamo siano in atto
nell'inconscio.
La superficie da cui emana la luce è la funzione ectopsichica con cui
prevalentemente ci adattiamo, perciò l'ordine dei primi strati è altamente
individuale.
In fondo all'intera struttura, si trova l'inconscio: prima quello personale, che
potrebbe divenire conscio e poi quello collettivo, il cui contenuto appare sotto
forma di immagini archetipiche e non è riducibile alla coscienza.
Vediamo ora dettagliatamente, le parti che più ci interessano per la nostra
ricerca.
1.1.1 INCONSCIO COLLETTIVO ED ARCHETIPI
Partiamo dal nucleo della sfera.
Per parecchi anni, Jung si occupò di inconscio personale. Come afferma in
Tipi Psicologici (1921), esso comprende in sé: "tutte le acquisizioni
dell'esistenza personale, dunque cose dimenticate, rimosse, percepite,
pensate e sentite al di sotto della soglia di coscienza." Tuttavia questi elementi
potrebbero divenire coscienti; infatti in L'Io e l'inconscio (1948) afferma che: "è
ben comprensibile che elementi psicologici incompatibili soggiacciano alla
rimozione e siano quindi inconsci, ma d'altra parte è data la possibilità che i
contenuti rimossi siano resi coscienti e mantenuti tali, una volta riconosciuti."
Torniamo alla prima citazione, che continua così: "Accanto a questi
contenuti inconsci personali esistono però altri contenuti che non provengono
da acquisizioni personali, ma dalla possibilità di funzionamento che la psiche
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ha ereditato, cioè dalla struttura cerebrale ereditaria. Queste sono le trame
mitologiche, i motivi e le immagini che in ogni tempo e luogo possono
riformarsi indipendentemente da ogni tradizione e migrazione storica. Questi
contenuti io li denomino collettivamente inconsci."
Dunque l'inconscio collettivo abbraccia le parti inferiori delle funzioni
psichiche, le parti saldamente fondate, a decorso autonomo, ereditate,
onnipresenti e impersonali. L'inconscio personale abbraccia le parti superiori
delle funzioni psichiche, cioè quelle acquisite e sviluppate ontogeneticamente.
L'espressione tipica dell'inconscio collettivo sono gli archetipi: immagini
arcaiche e primordiali, proprie di un'epoca o di tutta l'umanità, che si
manifestano, a livello individuale, nei sogni, nell'immaginazione provocata e
nei disegni liberi e a livello collettivo, nei miti, nelle fiabe e nelle opere d'arte. Il
nome deriva da Sant'Agostino ed indica un typos (impronta), cioè un insieme
ben definito di carattere arcaico contenente motivi mitologici.
Gli archetipi non sono contenuti o rappresentazioni inconsce, ma forme che
strutturano l'inconscio collettivo; sono vuoti e formali, sono possibilità di
rappresentazione date a priori.
Jung (1954) paragona gli archetipi al sistema assiale di un cristallo, che
preforma la cristallizzazione nell'acqua madre, senza possedere in sé
un'esistenza materiale. Quest'ultima appare solo nel modo in cui si aggregano
gli ioni e poi le molecole.
Per concludere, occorre distinguere tra archetipi, che sono latenti e inconsci
e immagini archetipiche, che sono le manifestazioni di questi alla coscienza.
1.1.2 L' IO E IL SUO SCHELETRO NELL' ARMADIO
Al centro della coscienza si trova l'Io, costituito in primo luogo da una
generale consapevolezza del proprio corpo, della propria esistenza e dei
propri dati mnestici; in secondo luogo da una parte (le funzioni endopsichiche)
che ci permette di entrare in contatto con il nostro inconscio personale.
Jung (1968) descrive l'Io come un frammento di coscienza che fluttua
sull'oceano dei contenuti oscuri. Esso è immaginabile così (Fig. 1.2):
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Fig. 1.2 L'Io nella concezione di C. G. Jung (tratto da Introduzione alla Psicologia Analitica,
C.G. Jung, 2000, pg.35).
AA' è la soglia della coscienza; D è un'area della coscienza che si riferisce
al mondo ectopsichico B.
C è il mondo Ombra: lì l'Io è qualcosa di oscuro, di impenetrabile; noi
possiamo conoscere l'Io solo in D e non in C. Questo è il motivo per cui
scopriamo sempre qualcosa di nuovo su noi stessi; siamo incompiuti:
cresciamo e cambiamo.
Jung (1968): "L'Io è come la sequenza dei fotogrammi di un film: la
personalità futura non è ancora visibile, ma si sta avvicinando e fra poco
apparirà. Naturalmente queste potenzialità appartengono al lato oscuro
dell'Io."
Tutti abbiamo uno scheletro nell'armadio, cioè un insieme di reazioni e di
aspetti che non ci piacciono, perché non ci fanno apparire perfettamente
innocenti, simpatici ed onesti. D'altronde è meglio essere completi e non
perfetti e il nostro lato Ombra è sempre pronto a ricordarcelo. Jung (1939): "la
fuga dell'Ombra impersona tutto ciò che il soggetto rifiuta di conoscere e
tuttavia continuamente gli si impone", anche grazie alle emozioni travolgenti
del cinema.
Il dialogo dinamico tra componenti consce e componenti inconsce è un
percorso arduo, ma fondamentale perché porta alla realizzazione del proprio
progetto di vita, ovvero all'individuazione. Arduo perché l'Io si deve scontrare
non solo con l'Ombra ma anche con le altre organizzazioni archetipiche di
B D C
A
A'
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personalità, di carattere inconscio.
Queste sono:
- la Persona: in latino significa maschera teatrale. E' la parte di noi stessi
che mostriamo pubblicamente, nel rispetto di convenzioni e tradizioni.
Jung (1950) afferma : "si potrebbe dire che la Persona è ciò che in realtà
uno non è, ma ciò che egli e gli altri credono che sia."
- L'Anima e l'Animus : sono rispettivamente la personificazione della natura
femminile nell'uomo e della natura maschile nella donna. Jung (1925)
afferma che l'uomo ha sempre portato in sé l'immagine della donna, o
meglio di un determinato tipo di donna. Questo è un insieme ereditario
inconscio d'origine molto remota, innestato nel sistema organico, sintesi di
tutte le esperienze ancestrali intorno all'animo femminile.
Anche la donna ha un'immagine innata di un determinato tipo di uomo,
che viene proiettata sulla persona amata ed è una delle cause principali
dell'attrazione passionale e del suo contrario.
- Lo Spirito: l'individuo incontra tale archetipo in situazioni critiche della
propria vita o quando deve prendere decisioni difficili. Esso tende ad
apparire come la figura del Vecchio Saggio o della Magna Mater e può
essere proiettato su un essere umano reale, come accade nel processo
psicoterapeutico.
- Il Sé: Jung usa il termine tedesco Selbst (lett.: se stesso), in contrasto a
Io, per indicare l'intimo centro di personalità; è una totalità psichica che
risulta dall'unione del conscio con l'inconscio. Appare nei sogni, nei miti e
nelle favole, come immagine di personalità superiore (re, eroe, profeta)
oppure come simbolo della totalità (cerchio, quadrato). E' un'unità in cui gli
opposti trovano la loro sintesi ed è la tappa finale del processo di
individuazione.
Il percorso terapeutico diviene una sorta di viaggio nell'inconscio, durante il
quale tutti questi archetipi vengono rivisitati e fatti propri dal paziente. Jung
stesso sperimentò questo percorso, la Nekyia, tra il 1913 e il 1918.
A conclusione di questa breve contestualizzazione, niente potrebbe essere
più chiaro delle stesse parole di Jung (1948): "L'analisi, rendendo cosciente
l'inconscio personale, rivela all'individuo cose che egli di regola conosceva
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negli altri, ma non in se stesso. Per effetto della scoperta, egli diventa meno
singolare, più collettivo, talvolta in senso cattivo, ma tal altra anche in senso
buono. …La soppressione delle rimozioni personali trasferisce nella
coscienza, dapprincipio, dei contenuti puramente personali, ma a questi sono
già attaccati gli elementi collettivi dell'inconscio, gli istinti, le qualità, idee o
immagini universalmente presenti, e tutte quelle quote 'statistiche' di virtù
media e di vizio medio. …Ognuno ha in sé qualcosa del delinquente, del genio
e del santo. Così si forma infine un vivo quadro che contiene quasi tutto ciò
che si agita sulla scena del mondo, ricca di ombre e di luci: il bene come il
male, il bello come il brutto."
1.1.3 OMBRA CONTRO LUCE?
L'ombra richiama tutto ciò che inquieta, che celandosi, si manifesta come
qualcosa di cui temere e da non dire. La luce, quando è troppo abbagliante,
annulla lo sguardo e lo fa ancora più dell'ombra.
In realtà, la relazione non è da intendersi in termini oppositivi, perché
"polare" rispetto alla luce non è l'ombra, ma l'oscurità. L'ombra è il regno
dell'ambiguità della visione, non della sua assenza. Esse sono dunque
complementari.
Ogni uomo ha un'Ombra, una zona cioè che a livello individuale, muta col
trasformarsi dell'Io e, a livello collettivo, coi cambiamenti dei parametri di
giudizio e di valore.
L'Ombra è tutto ciò che viene negato e cade nell'inconscio, perché
inaccettabile e condannato dal giudizio dell'Io.
E' una sedimentazione inconscia che si forma a partire da divieti nati sulla
base di giudizi di valore cui l'Io si accorda. L'Io è la matrice dell'Ombra, è il
regista delle Ombre e delle Luci.
L'Ombra racchiude quelle parti di sé sentite come intollerabili, perché legate
a sentimenti "negativi" quali l'aggressività, la collera o il desiderio e il piacere.
La coscienza legittima solo una piccola porzione di desiderio, l'altra parte
scivola nell'Ombra e a poco a poco si separa, diventando un complesso
autonomo.
Spesso l'Ombra viene proiettata sulle persone che ci sono vicine e che a
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loro insaputa si trovano investite di un ruolo doppiamente negativo, perché si
addossano il peso dell'essere insieme persecutori e vittime.
L'incontro con l'Ombra porta a un reale cambiamento della personalità, solo
lì dove vi sia riconoscimento e confronto.
Se si riesce ad instaurare un dialogo con l'Ombra, l'Io sarà meno
monolitico, meno rigido e più tollerante.
L'insegnamento che proviene dal contatto con l'Ombra è la consapevolezza
di una contraddizione dinamica: un'equilibrata coscienza di sé, una giusta
conoscenza del proprio valore aiutano l'Io nel contatto con l'Ombra, perché
verrà così integrata senza effetti nocivi.
L'Ombra costituisce una presenza costante anche se inavvertita,
sotterranea, in grado di minare l'intero edificio della vita psichica cosciente.
L'atteggiamento di condanna verso le nostre parti negative alimenta sempre di
più l'Ombra. Ad esempio, quando una persona è stata portata, per diversi
motivi, a congelare inconsciamente la propria parte più fragile, più debole, più
impotente, svilupperà gradualmente l'Ombra dell'onnipotenza che, a livello
dinamico, si manifesterà anche come Ombra dell'impotenza. Allora imparare a
riconoscere il limite e ad averne paura, segnerà l'inizio di un dialogo con
queste Ombre.
Siamo abituati a guardarci solo dal punto di vista della Luce, ma
assumendo un nuovo punto di osservazione, avremo una configurazione
inaspettata e sorprendente. La non considerazione dell'Ombra rende la
coscienza unilaterale, non rispetta l'interezza dell'esperienza psichica,
generando la sensazione di un'oscura minaccia interna.
Confrontata con l'Ombra, la coscienza è chiamata ad uno sforzo di
integrazione, affinché Luci ed Ombre possano coesistere e completarsi.
Questo è anche l'invito che ci fa il regista, in quanto uomo creativo e quindi
abituato a confrontarsi con il caos: usare il film per aprire un dialogo con le
nostre Ombre e imparare a conoscerci meglio o comunque diversamente.
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1.2 L'INCONTRO CON L'OMBRA, NEL CINEMA
Gli archetipi della Persona e dell'Ombra sono considerati come gli aspetti più
esteriori dell'individuo; le altre organizzazioni archetipiche sono connesse alla
realtà psichica interiore dell'inconscio collettivo.
Infatti nel processo psicoterapeutico, così come viene delineato da Jung,
l'Ombra è la parte inconscia che viene analizzata nel corso del primo stadio,
durante il quale il paziente deve divenire consapevole di quegli aspetti della
propria personalità che si era rifiutato di vedere.
Per promuovere questo processo, Jung utilizza mezzi, quali l'analisi dei
sogni, disegni liberi e l'immaginazione attiva, sottolineando l'importanza dell'arte
che permette di esprimere fantasie e conflitti interni.
Il cinema costituisce certamente una forma d'arte caratterizzata
dall'universalità delle tematiche rappresentate, a loro volta legate a quella parte
transpersonale della psiche in cui operano gli archetipi dell'inconscio collettivo.
Erede del mito e della letteratura e ancor più di questi, il cinema rappresenta
gli archetipi che strutturano la psiche, rivisitandoli continuamente e cercando
per essi sempre nuove forme di rappresentazione.
Attingendo alla profondità dell'inconscio collettivo, il cinema ne cambia i
topoi, portando sullo schermo immagini che parlano una lingua universale.
Tra i vari archetipi, ci soffermeremo sull'Ombra, perché, come abbiamo prima
spiegato, è insieme alla Persona la parte più esteriore e perché, una volta
riconosciuta e assimilata, porta ad un reale ampliamento della personalità.
Vedremo dunque con quali modalità risulta possibile proiettare le proprie
Ombre sui personaggi di un film.
1.2.1 IMMAGINE COME LUOGO DELL' INCONTRO
Sul piano evolutivo, il pensiero per immagini è stato collocato in posizione
antecedente allo sviluppo del pensiero astratto e concettuale infantile; esso si
differenzia dal pensiero realistico o concettuale, collocandosi più vicino alle
sorgenti pulsionali e alla sfera emotiva dell'individuo. Il pensiero per immagini è
alla base dello stesso lavoro di sceneggiatura, regia e montaggio ed è la sua
attività che consente l'espressione cinematografica.
Per questo motivo, il cinema consente un rapporto particolare con il
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fantasma endopsichico. L'immagine interna non viene solo descritta mediante
le parole, ma direttamente rappresentata. Questa immagine diviene il luogo
primario in cui sperimentare emozioni; infatti quando la soglia della coscienza
si abbassa e il linguaggio perde la centralità tipica dell'esperienza adulta,
l'immagine torna ad essere preponderante nella psiche. Il sogno e la
fantasticheria ne sono due esempi.
E' come se dentro la mente scorresse la pellicola di un film che non ha
interruzioni e che accompagna ogni istante della visione.
Anche Jung ha riconosciuto nella immagine il perno su cui ruota la vita
psichica; è all'immagine e alla sua capacità rappresentativa che si deve la
possibilità di trasformare le emozioni.
A questo proposito, Jung ha messo a punto il metodo dell'immaginazione
attiva: il paziente viene invitato a dialogare con le proprie raffigurazioni
interiori, rappresentando questo dialogo nello spazio del disegno, della
scrittura o anche della danza, uno spazio dove l'emozione possa essere
contenuta e trasformata.
L'immagine rende possibile un ponte tra coscienza e inconscio, poiché
rappresenta un'espressione concentrata della situazione psichica totale (Jung,
1921). Evoca insieme una presenza ed una assenza, è dunque portatrice del
conflitto e della sua soluzione, racchiudendo la potenzialità trasformativa della
psiche.
L'immagine è una presenza dell'inconscio con cui la coscienza può
confrontarsi: essa si presenta al posto di un desiderio ancora rimosso o di
un'angoscia non rappresentabile.
L'arte crea uno spazio in cui la fantasia inconscia diviene condivisibile.
Prendendo il posto occupato nell'infanzia dal gioco, l'arte condivide con esso
la possibilità di mettere in contatto l'individuo con il suo mondo interno,
dandogli la forma di rappresentazione.
Se il sogno e la fantasticheria consentono di elaborare la fantasia inconscia,
sospendendo tuttavia l'esame della realtà, il gioco e l'arte permettono di darle
spazio senza abolire del tutto la realtà e dunque aprendo il dialogo anche al
mondo esterno.
Le immagini presenti nei film hanno spesso un carattere perturbante, in
quanto richiamano l'Ombra e generano paura, orrore, angoscia e sgomento.