5
In seguito, l’argomentazione si concentra sulle conseguenze dell’ingresso della Cina
nella WTO, prendendo in considerazione il rapporto costi/benefici sia per la RPC sia
per gli altri paesi aderenti all’Organizzazione.
Sono delineati i benefici che la Cina è in grado di trarre dalla graduale eliminazione
delle barriere commerciali, ma anche i costi che il paese è costretto ad affrontare per
adeguarsi all’economia di mercato.
Allo stesso modo sono analizzate le implicazioni positive e quelle negative,
determinate dall’ingresso della RPC nel commercio internazionale, per gli altri
membri della WTO (con riferimento principalmente all’Europa, agli Usa e al
Giappone).
Tra i paesi analizzati, si è scelto di dedicare un approfondimento al dibattito italiano
che riguarda gli effetti provocati dall’emersione della Cina sulla scena economica
internazionale all’interno del nostro mercato, analizzandone sia i rischi sia le
opportunità. Così, se da una parte sono presentate le difficoltà che le imprese devono
affrontare, tanto che questa preoccupazione ha scaturito un dibattito sul neo-
protezionismo contro l’Oriente, dall’altra si sono volute prospettare le nuove
opportunità offerte all’Italia.
La parte centrale della tesi è dedicata allo studio dell’economia cinese in seguito
all’ingresso nella WTO, prendendo in considerazione prima i fattori di forza che
sono alla base della crescita commerciale della RPC e poi gli elementi che, al
contrario, sono considerati i punti critici in grado di rallentarne o persino arrestarne
lo sviluppo.
L’analisi “della miracolosa ascesa” cinese conduce alla descrizione della base sulla
quale si fonda la crescita del paese: il ruolo del governo nel promuovere il progresso
economico, le risorse umane della popolazione, l’alta presenza di investimenti esteri
(FDI), i progressi della tecnologia e il tasso di cambio particolarmente favorevole
alle esportazioni della RPC.
Invece, per quanto concerne i punti di debolezza, viene presentato lo squilibrio nella
crescita tra le regioni costiere che avanzano nello sviluppo mentre quelle interne
rimangono arretrate e l’aumento del divario nella distribuzione della ricchezza tra la
popolazione. In seguito, vengono delineate le difficoltà del sistema nell’ affrontare
l’aumento della disoccupazione e delle proteste sociali, mentre il governo ha il
6
compito di guidare la riforma sia delle imprese di stato (SOEs) sia del sistema
bancario seriamente in difficoltà.
Le ricerche relative alla tesi sono iniziate nel marzo del 2003, durante il
progetto Socrates Erasmus presso la School of Oriental and African Studies di
Londra, dove è stata consultata la maggior parte delle monografie e alcune delle
riviste riportate, mentre altri manuali sono stati resi disponibili dall’Università di
Toronto.
I testi pubblicati che riguardano l’argomento spesso non coprono i due anni più
recenti, perciò le fonti che hanno acconsentito di approfondire i temi di attualità sono
state principalmente le riviste specializzate nel settore, gli articoli della stampa
internazionale e le risorse presenti in Internet.
Per quanto riguarda i limiti relativi al contenuto di questa ricerca, considerando che
l’ambito di interesse è molto vasto, si sottolinea di aver selezionato alcuni argomenti
da approfondire, nonostante ve ne siano ulteriori meritevoli di attenzione.
Inoltre, si rimarca che l’analisi è avvenuta in tempo reale fino alla seconda metà del
2004, di conseguenza, alla luce della rapidità con la quale l’economia cinese si sta
sviluppando, con ogni probabilità, questa trattazione necessiterà di alcuni
aggiornamenti entro breve termine.
7
1. I NEGOZIATI PER L’INGRESSO DELLA CINA NELLA WTO
Alla fine del 1978, Deng Xiaoping diede inizio alla “politica di apertura” (
kaifang zhengzhi ), che condusse la Cina dalla lenta reintegrazione nel sistema
internazionale fino all’ufficiale consacrazione nelle relazioni commerciali globali,
sancita dall’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nel
novembre del 2001
1
. Questo tragitto fu segnato da numerose e difficili trattative,
complicate da variabili interne, internazionali, politiche, economiche e
congiunturali.
Dalla fine degli anni settanta, la Cina cominciò a sviluppare le proprie esportazioni
basate sul sistema manifatturiero e maturò l’idea che queste sarebbero state
maggiormente incentivate da un sistema di regolazione internazionale, in grado di
allentare il protezionismo degli altri paesi e che, allo stesso tempo, avrebbe liberato il
paese dagli accordi bilaterali, spesso difficili da raggiungere, in particolar modo
quelli con gli Stati Uniti
2
. Inoltre, si pensò che l’apertura internazionale avrebbe
incoraggiato gli investitori stranieri a introdurre in Cina capitale, tecnologia, know-
how e contratti di mercato, mentre le istituzioni straniere avrebbero favorito grandi
prestiti al governo cinese
3
.
Così, dopo aver aderito al Fondo Monetario Internazionale nel 1980, e all’Accordo
Multifibre ( Multi Fiber Agreement ) nel 1983, la Cina presentò la formale domanda
di adesione al General Agreement on Tariffs and Trade (GATT) nel 1986, istituendo
nel marzo del 1987 un gruppo di lavoro ( working party) per la negoziazione e la
redazione del protocollo di adesione.
Occorre ricordare che nel 1986 la Cina chiese il rientro, non il semplice ingresso nel
sistema multilatelare del GATT, ricordando di essere stata tra gli stati fondatori
1
Per il comunicato della Terza Sessione della Undicesima Commissione Centrale del Partito
Comunista Cinese, in cui venne discussa la modernizzazione socialista del paese, vd. “ Communique
of the Trird Plenary Session of the 11th Central Committee of the Communist Party of China”, Peking
Review,n.52, 29 dec. 1978.
2
David Wall, China and the WTO.In Robert Ash, China’s integration in Asia, Curzon, 2002, p.40.
3
Ivi.
8
dell’organizzazione nel 1948, nonostante due anni dopo il governo nazionalista di
Taiwan ne avesse richiesto e ottenuto l’uscita
4
.
I primi tre anni di negoziati scorsero con relativa facilità, prospettando un ingresso
ormai imminente, fino a quando nell’estate del 1989 i tragici fatti di piazza
Tiananmen interruppero bruscamente le trattative
5
.
Fino ad allora, le relazioni tra la Cina e gli Stati Uniti erano state particolarmente
favorevoli, tanto che durante il quinto incontro bilaterale, tenutosi nel maggio del
1989, l’America diede pubblicamente il suo supporto alla Cina per l’ingresso entro
l’anno. Gli USA non solo incoraggiavano i negoziati, ma erano anche consultati in
anticipo rispetto sia agli organi della WTO a Ginevra, sia rispetto agli altri paesi
membri
6
.
Inoltre, a rendere più semplici le trattative in quegli anni, fu il fatto che la Cina negli
anni ottanta non avesse ancora conflitti commerciali con i futuri partner, di
conseguenza, non erano presenti sulla scena politiche burocratiche, gruppi di
interesse e nemmeno i dibattiti dei mass media che dagli anni novanta in poi
avrebbero complicato notevolmente i negoziati. Per questo, nella prima fase delle
trattative, gli argomenti di interesse rimasero relativamente limitati, concentrandosi
sulla gestione del sistema commerciale, senza toccare la politica economica interna e
quella finanziaria
7
.
Tuttavia, la scorrevolezza delle prime trattative non significa che tra le parti non ci
fossero in corso argomenti di discussione rilevanti.
Tra le prime richieste della Cina, quella di essere considerata come parte contraente
venne facilmente accettata, perché non implicava nessun diritto od obbligo ma
4
Maria Weber, Il Miracolo Cinese, Il Mulino, 2001, p.82.
Tale richiesta evidenzia la rigida posizione di Pechino nei confronti del governo di Taipei,
considerato illegittimo.
Infatti, in seguito alla domanda di ammissione nella WTO da parte di Taiwan, la Cina rimase
irremovibile nella richiesta di essere ammessa nell’organizzazione prima della “provincia ribelle”.
5
Joseph Fewsmith, “ The Politics of China Accession to the WTO”, In Current History, Sept.2000, p.
268.
6
Liang Wei, China’s WTO Negotiation Process and its Implications. In Journal of Contemporary
China, Nov.2002, p.692.
7
Ivi.
9
consisteva solamente in una formalità legale, con lo scopo di denunciare la validità
dell’uscita dal GATT compiuta dal governo di Taiwan nel 1950
8
.
Invece, un punto controverso dibattuto a lungo, riguardò la definizione del modello
economico promosso dal governo cinese. La Cina intendeva rientrare
nell’organizzazione con il trattamento riservato alle economie di mercato, in modo
da poter seguire una politica commerciale basata sulle concessioni tariffarie, mentre
quello riservato alle economie pianificate consisteva nell’aumento delle quote
riservate alle importazioni, che sarebbe stato contrario al programma di riforma
economica concentrato sulla decentralizzazione e sulle forze di mercato
9
.
La Cina, avendo ancora molte delle caratteristiche dell’economia pianificata da
eliminare, non poteva ovviamente essere considerata una economia di mercato. Così,
si giunse al compromesso di seguire la procedura di riduzione tariffaria con
l’inserimento di alcune misure di protezione aggiuntive, riconoscendo il paese “in
processo di transizione verso un’economia di mercato” ( come venne poi definito nel
Preambolo del Protocollo di Adesione alla WTO)
10
.
Era evidente che ai negoziatori internazionali, in molte occasioni, si presentavano
diverse difficoltà nel tentativo di assegnare delle definizioni chiare per nominare una
politica economica che, invece, aveva apertamente intrapreso la via delle riforme in
chiave pragmatica, come sintetizza la celebre affermazione di Deng Xiaoping:
“attraversando il fiume toccando i sassi”
11
.
Un altro punto fondamentale nella politica di accesso consisteva nel riconoscere la
Cina come paese in via di sviluppo, affermazione fondamentale perché solo alle
nazioni così classificate poteva essere maggiormente tollerato l’intervento statale
nella gestione dell’economia, permettendo anche un tempo di transizione più lungo
8
Il Protocollo di Accessione alla WTO della Repubblica Popolare Cinese cita: “ Recalling that China
was an original contracting party to the General Agreement on Tariffs and Trade 1947”. Il testo del
Protocollo è reperibile sul sito ufficiale http://docsonline.wto.org/.
9
David Wall, China and the WTO, in Robert Ash, China’s integration in Asia, Richmond, Curzon,
2002, p. 47.
Riguardo alla transizione della Cina verso un’economia di mercato, vd. Jason Z.Yin, The WTO: What
next for China?, in Andrew J. Nathan, Z.Hong, S.Smith (edited by), Dilemmas of reform in Jiang
Zemin’s China, London, Lynne Rienner Publishers, 1999, p.92.
10
Ivi.
11
Liang Wei, China’s WTO Negotiation Process and its Implication,cit. , p.689.
Un’altra pragmatica dichiarazione di Deng Xiaoping afferma: “ white cat, black cat, if it catches mice
it is a good cat”. Vd. Robert Weil, Red Cat White Cat, New York, Monthly Review Press, 1996, p.11.
10
per l’applicazione delle regole del GATT
12
. Invece, secondo i negoziatori americani
la posizione della Cina, come paese in transizione verso un’economia di mercato,
implicava che non si potesse considerarla semplicemente un’economia in via di
sviluppo. Infatti, nonostante il reddito pro capite della Cina fosse ben al di sotto degli
indici contemplati dal GATT per gli stati in via di sviluppo, già si constatava che il
potenziale di esportazione era molto alto, come dimostreranno in seguito i dati
esposti dall’ambasciatore Charlene Barshefsky nel 1994, con un’espansione annuale
del 24 percento tra il 1985 e il 1993
13
.
Un’altra richiesta fondamentale della Cina riguardava la concessione incondizionata
del trattamento nazione-più-favorita (Most Favored Nation), necessario per poter
commerciare con gli Usa, e che veniva dibattuto dal Congresso statunitense per
essere concesso su base annuale a seconda delle relazioni politiche tra i due paesi
14
.
Ammettendo l’ingresso della Cina nel GATT, gli USA avrebbero dovuto emendare
la propria legge nazionale che, secondo il Jackson-Vanik Amendment del Trade Act
del 1974, bandiva la concessione permanente del MFN ai paesi caratterizzati da un’
economia non di mercato ( Polonia e Jugoslavia escluse)
15
.
Nonostante esistessero dei punti controversi nelle discussioni per l’accesso della
Cina nel GATT, sembrava che gli USA alla fine degli anni ottanta fossero pronti a
superare le maggiori divergenze, per accogliere prima possibile la Cina
nell’economia di mercato globale.
Ovviamente non é possibile stabilire con certezza che gli accordi si sarebbero
conclusi entro l’anno o comunque in breve tempo. Tuttavia, é innegabile che gli
eventi di piazza Tiananmen, nel giugno del 1989, infersero un duro colpo
all’immagine della Cina come paese proiettato verso la modernizzazione, integrato
12
Margaret Pearson, The case of China’s Accession to GATT/WTO. In David Lampton, The Making of
Chinese Foreign and Security Policy in the Era of Reform 1978-2000, Stanford Univ.Press, 2001,
p.357
13
N.R.Lardy, U.S.-China Economic Relations. In T.A.Metzger, R.H.Myers, Greater China and US
Foreign Policy,Hoover Press, 1996, p.69.
Riguardo al tema Cina come paese in via di sviluppo, vd. “ A troubled birth”, The Economist,
24/12/94-6/1/94, vol.333, Issue 7895, p.85. Inoltre, Hugh Corbet, Journal of Northeast Asian Studies,
Fall 96, vol.15, Issue 3.
14
M.A.Groombridge, China’s Accession to the WTO: costs and benefits. In Carpenter Dorn, China’s
Future ,Cato, 2000, p.168
15
Per un approfondimento relativo al Jackson-Vanik Amendment, vd. James Montgomery, “ China’s
entry to the WTO and the Jackson-Vanik amendment”, Journal of Northeast Asian Studies, Fall 96,
vol 15, Issue 3. Inoltre, Lori Nitschke, “China’s human rights record dominates debate as house votes
to keep doors open”, Congressional Quarterly Weekly, 31/07/99, vol.57, Issue 31.
11
nel sistema internazionale. Di conseguenza, l’atmosfera di dialogo che aveva
costituito la base delle discussioni venne bruscamente congelata, sostituita dalle
sanzioni economiche contro Pechino decise da molti governi
16
.
I gravi incidenti a Pechino del 1989 non possono però essere considerati l’unico
motivo dell’interruzione dei negoziati. Occorre sottolineare che diversi elementi, in
particolar modo la mutata congiuntura internazionale e la rapida evoluzione
dell’economia cinese, si aggiunsero alle acclamate preoccupazioni riguardo alla
violazione dei diritti umani.
Per quanto riguarda gli equilibri internazionali, il crollo dell’Unione Sovietica
ridusse l’importanza del ruolo politico-strategico della Cina, mentre incrementò
l’attenzione mondiale nei confronti del suo peso economico-commerciale.
Inoltre, quando a partire dal 1991 i negoziati vennero formalmente ripresi,
l’aggravarsi della bilancia commerciale tra Stati Uniti (oltre ad altri paesi) e Cina
incominciarono a far salire i timori, in particolar modo in alcuni settori del governo
americano, che la crescita del paese asiatico potesse diventare un potenziale
pericolo
17
. Questa immagine venne ulteriormente rafforzata dal rapporto del Fondo
Monetario Internazionale del 1993, che prospettò la Cina come la più grande
economia de ventunesimo secolo, una “nazione esportatrice”, sempre più lontana da
una posizione di debole economia in transizione, e sempre piu’ vicina a quella di
possibile grande potenza
18
.
Alle preoccupazioni per le dimensioni dell’economia cinese nel futuro, si
aggiungevano i timori legati alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale (IPR).
Nel 1991 gli Usa aggiunsero la Cina alla lista di paesi che permettevano la pirateria
dei diritti d’autore, patenti, marchi e segreti industriali, provocando gravi danni a
molte imprese internazionali
19
.
16
Il MFN nel 1989 venne approvato prima del verificarsi dei fatti di piazza Tiananmen, quindi non
poteva essere tolto. Tuttavia, il Congresso statunitense ricorse ad altre forme di sanzioni. Il dibattito
riguardo ai diritti umani in Cina , in particolar modo dal 1989 al 1994, rese particolarmente accese le
riunioni all’interno del Congresso.
17
M.M.Pearson, The Case of China’s Accession to GATT/WTO, p.341.
Riguardo alla Cina come potenziale pericolo dal punto di vista economico ma anche politico e
militare, vd. Bill Gertz, The China Threat, How the PRC Targets America, Regnery, 2000.
18
Liang Wei, China’s negotiation Process and its Implications, p.701
19
Un primo debole tentativo verso la risoluzione dei IPR avvenne nel 1992, quando nel Memorandum
of Understanding (MOU), la Cina si impegnò a rafforzare il sistema legale a tutela della proprietà
intellettuale. Vd. 1996 National Trade Estimate, PRC. In www.ustr.gov. United States Trade
Representative.
12
Nonostante nel 1992 il governo di Pechino avesse annunciato l’obiettivo di costruire
una “economia socialista di mercato”, confermando così la propria determinazione
nel proseguire le riforme verso l’apertura, e avesse dimostrando buona volontà nel
rimuovere gradualmente alcune quote all’importazione durante gli accordi bilaterali
tenuti a Washington nello stesso anno, l’accesso al mercato cinese venne considerato
ancora troppo limitato per poter permettere al paese di entrare nel GATT. Così,
incominciò a diventare sempre più evidente che la posizione dei paesi membri
dell’organizzazione si stava complicando. Gradualmente, soprattutto a causa
dell’avvicinarsi degli accordi dell’Uruguay Round, le richieste rivolte alla Cina si
stavano espandendo, presto arrivarono sul tavolo delle trattative nuovi argomenti,
come ad esempio l’accesso al settore dei servizi, tra i quali il settore bancario, quello
assicurativo e quello delle telecomunicazioni
20
.
Riguardo agli ostacoli interni, occorre ricordare che gli anni tra il 1989 e il 1994
furono particolarmente sensibili sia per il governo cinese sia per quello americano.
In seguito alle sanzioni imposte alla Cina dopo i fatti di piazza Tiananmen, Jiang
Zemin, che doveva ancora rafforzare la propria posizione al potere, difficilmente
avrebbe potuto dimostrarsi debole e remissivo nei confronti delle richieste degli Stati
Uniti, soprattutto alla luce della crescente preoccupazione di alcuni dirigenti cinesi,
tra cui il ministro Li Peng, che dimostravano seri dubbi riguardo alle conseguenze
per le imprese statali e per il sistema burocratico interno che sarebbero seguite
all’integrazione del paese nell’ordine economico globale
21
.
Anche la situazione politica negli USA, in particolar modo tra il 1992 e il 1993, era
particolarmente delicata. Infatti, durante la campagna elettorale del 1992, Clinton
criticò ripetutamente il presidente Bush per essere stato troppo debole nella difesa dei
diritti umani in Cina. Conseguentemente, dopo l’elezione del presidente americano, i
negoziati subirono un rallentamento perché il governo Cinese si trovò a intessere
nuove relazioni con una amministrazione statunitense appena installata che doveva
20
Il c.d. “Uruguay Round” riguarda i negoziati tenutisi tra il 1986 al 1994, che condussero al
passaggio dal GATT alla WTO. L’atto finale che sancii la nascita della WTO venne firmato a
Marrakesh il 15 Aprile 1994. Il regolamento della WTO accolse quello del GATT a cui si aggiunsero i
nuovi accordi ottenuti, in particolar modo relativamente al settore dei servizi. Vd.
www.esteri.it/polestera/wto/documenti.htm.
21
J.Fewsmith, The Politics of China’s Accession to the WTO, p.268.
13
ancora rendere nota la propria “China policy”, ovvero la propria posizione riguardo
alle relazioni bilaterali tra i due paesi
22
.
Quando dal primo gennaio 1995 entrarono in vigore gli accordi che sostituirono il
GATT con la WTO, la Cina manifestò il proprio disappunto nel non trovarsi tra i
paesi fondatori dell’organizzazione e nei tre anni che seguirono irrigidì la propria
posizione non offrendo ulteriori concessioni e non cercando di riavviare i negoziati
23
.
Inoltre, in seguito alla visita del presidente taiwanese alla Cornell University negli
Usa, che provocò uno stato di tensione nello stretto di Taiwan a causa di una serie di
esercitazioni militari cinesi di larga scala nello stretto che separa la Repubblica
Popolare Cinese (PRC) dalla Repubblica della Cina (ROC), tra il 1995 e il 1996
l’atmosfera della politica internazionale non permise ai negoziati per la WTO di
compiere sostanziali passi in avanti
24
.
La successiva occasione nel promuovere gli accordi fu la visita negli Stati Uniti del
presidente Jiang Zemin nell’ottobre del 1997
25
. Il miglioramento delle relazioni
sino-americane e il consolidamento all’interno del governo cinese del gruppo dei
“riformatori”, confermato poi nel marzo del 1998 dalla sostituzione di Li Peng con
Zhu Rongji, sostenitore dell’ingresso della Cina nella WTO, facilitarono il riavvio
delle trattative
26
. Tuttavia, un clima negoziale piu’ favorevole non condusse
direttamente alla sottoscrizione di nuovi accordi
27
. Nonostante la Cina avesse
annunciato la propria disponibilità a ridurre ulteriormente le tariffe fino ad una media
del 10 percento entro il 2005, gli Stati Uniti mostrarono di non voler cedere alle
richieste di Pechino in aree particolarmente sensibili per la Cina, in particolar modo
22
Liang Wei, China’s WTO Negotiation Process and its implications, p. 701.
23
Riguardo alla determinazione della Cina ad essere ammessa nella WTO come stato membro, vd.
“Saving Face”, Economist,19/11/94, vol.333, Issue 7890. Inoltre, “China wants to join the
club”,Economist, 14/05/94, vol.331, Issue 7863.
24
Joseph Fewsmith, The Politics of China’s Accession to the WTO, p. 268.
25
Nel giugno dell’anno successivo fu Bill Clinton a recarsi a Pechino. Secondo la strategia
dell’amministrazione americana è negli interessi degli Stati Uniti una Cina forte, inserita nella
comunità internazionale con la quale intrattenere buoni rapporti diplomatici. Vd.Renzo Cavalieri, “La
Cina oltre Deng”, Asia Major 1998 cap.II.
26
Ibid, p. 269.
27
Riguardo all’impeparazione della Cina nell’accogliere i principi relativi al libero mercato, per essere
accettata nella WTO, vd. “Faking it”, Economist, 7/01/95, vol.334 Issue 7896. Inoltre, “A great leap
forward?”, Economist, 25/11/95, vol.337 Issue 7942.
Al contrario, con riferimento all’auspicato ingresso della Cina nella WTO come premessa per
adempiere con maggiore efficacia ai vincoli legati al libero commercio, vd. Robert Ross, “Enter the
Dragon”, Foreign Plicy, Fall 96, Issue 104.
14
nell’area dell’agricoltura, della distribuzione, delle telecomunicazioni e dei servizi
28
.
Queste condizioni, soprattutto in un momento di recessione dovuta alla crisi
economica asiatica, indusse i negoziatori cinesi a trattare con particolare cautela
29
.
Nonostante neanche la visita di Clinton in Cina nel giugno del 1998 riuscì a tradursi
nella conclusione degli accordi, il presidente americano, in una lettera scritta nel
novembre del 1998 e indirizzata al presidente cinese, espresse il proprio desiderio di
concludere i negoziati bilaterali entro il 1999
30
.
Anche in Cina dalla fine del 1998 si rafforzò una maggiore determinazione nel
proseguire e concludere gli accordi per l’ingresso del paese nella WTO.
In seguito alla crisi economica che aveva colpito tutta l’Asia, si consolidò la
consapevolezza del governo cinese che, per proseguire lo sviluppo dell’economia del
paese nella globalizzazione, sarebbe stato di beneficio incrementare le esportazioni,
incentivare gli investimenti esteri e, soprattutto, rendere l’industria cinese più
competitiva
31
. In questo modo la pressione per l’ingresso nella WTO avrebbe potuto
incoraggiare le imprese statali (SOE) a rompere i monopoli, con l’obiettivo di essere
più competitive oppure chiudere. Secondo le parole del primo ministro Zhu Ronji,
“Competition arising from such a situation will promote the more rapid and healthy
development of China’s national economy”
32
.
Sia da parte cinese sia da parte americana, la propensione a raggiungere un accordo
venne confermata dalla delegazione statunitense che giunse a Pechino nel febbraio
del 1999. Durante un mese di intensi negoziati, si raggiunse il consenso su molti
aspetti, inclusi gli argomenti trattati in precedenza con difficoltà, tra i quali le misure
non tariffarie, le tariffe doganali per alcuni prodotti agricoli ed alcuni aspetti sui
servizi
33
. Nell’Aprile del 1999, quando Zhu Ronji arrivò a Washington per
confermare di accogliere gran parte delle richieste americane, i negoziatori e le
28
M.M.Pearson, The case of China Accession to Gatt/WTO, cit.
29
Tuttavia, i negoziatori cinesi continuarono a perseguire l’ingresso nella WTO con lo sforzo
diplomatico, sottolineando i tentativi di riforma interna riguardo alla politica di apertura. Vd. Il
discorso di Long Yongtu durante la Conferenza Ministeriale, tenutasi a Singapore nel dicembre 1996.
“China-WTO”, Presidents and Prime Ministers, Jan/feb 97, vol.6 Issue1.
30
Liang Wei, China’s WTO Negotiation Process and its implications, cit.
31
J.Fewsmith, The Politics of China’s Accession to the WTO,cit. , p.269.
32
ibid. “ La competizione derivante da questa situazione, promuoverà uno sviluppo piu’ rapido e
salutare dell’economia nazionale cinese”.
33
Liang Wei, China’s Negotiation Process and its Implications, p. 709.
15
associazioni degli imprenditori statunitensi ne furono piacevolmente sorpresi
34
.
Tuttavia, Bill Clinton non riuscì a concludere l’accordo durante i giorni di
permanenza a Washington di Zhu Ronji. Il presidente americano non trovò il tempo
sufficiente per affrontare le pressioni del Congresso che minacciò di votare contro il
progetto dell’ingresso della Cina nella WTO se non fossero state prima stabilite delle
misure di protezione per i sindacati ( labour unions) e per le industrie in
competizione diretta con quelle cinesi
35
. Successivamente, il governo americano,
oltre a perdere l’occasione di raggiungere un accordo favorevole, permise
unilateralmente la pubblicazione delle concessioni fatte dalla delegazione cinese,
tramite il sito internet United Sates Trade Representative
36
. Il risultato della
diffusione dei dettagli legati ai negoziati non solo irritò il governo cinese, ma
alimentò anche la forza delle voci all’interno della Cina preoccupate dalle potenziali
conseguenze negative per il paese, dovute all’eventuale ingresso del paese nella
WTO. I critici più severi definirono i vincoli della WTO sottoscritti dalla Cina come
la “nuove ventuno domande”, un modo per ricordare le umilianti concessioni
ottenute dal Giappone nel 1915
37
.
Quando l’8 di maggio del 1999, un aereo NATO, durante una missione delle forze
militari in Jugoslavia, bombardò per errore l’ambasciata cinese a Belgrado, le
difficoltà che già incombevano sui negoziati divennero insuperabili e le trattative
furono nuovamente interrotte
38
.
Nonostante la quasi totalità dell’opinione internazionale e cinese considerasse
l’accaduto accidentale, in Cina si scatenò un forte sentimento nazionalista e anti-
americano che portò Jiang Zemin ad affermare che se la Cina aveva aspettato tredici
anni per essere accolta nella WTO, avrebbe potuto attenderne ancora altrettanti
39
.
34
M.M.Pearson, The case of China’s Accession to GATT/WTO, p.345.
Riguardo alle aspettative degli imprenditori americani, vd. “Prepare for fireworks”, Economist,
22/01/2000, vol.354.
35
Liang Wei, China’s WTO Negotiations Process and its Implications, p.710.
36
Ivi.
37
Per il riferimento storico relativo alle “ventuno domande” imposte dal Giappone, vd. Jonathan D.
Spence, The Search for Modern China, New York, Norton and Co. , 1999, p.281.
38
Hongyi Harry Lai, Behind China’s WTO Agreement with the Usa. In Third World Quarterly vol22,
2001, p.241.
Per la descrizione dell’ondata di nazionalismo e dei sentimenti anti-americani che si scatenarono in
Cina, in seguito all’incidente di Belgrado, vd. Gordon G. Chang, The Coming Collapse of China, UK,
Arrow, 2002, pp.187-192.
39
J.Fewsmith, The Politics of China’s Accession to the WTO, p.271.
16
Tuttavia il periodo di tensione era destinato a terminare nei mesi seguenti, perché i
negoziati in corso erano considerati troppo importanti da entrambe le parti per essere
sacrificati a causa di un incidente.
Lo dimostrò l’incontro tra Clinton e Jiang Zemin avvenuto in Nuova Zelanda durante
il vertice dell’APEC in settembre, seguito dall’incontro tenutosi a Pechino tra il 10 e
il 15 Novembre che portò all’accordo finale. Gli ultimi sei giorni di intense
trattative, in cui la delegazione americana minacciò di andarsene più volte a causa
del “tradizionale approccio estenuante” della parte cinese, portarono alla firma di un
accordo molto simile a quello mancato in aprile
40
. Tra gli argomenti più difficili da
risolvere, venne accordata la percentuale del 49-50 come tetto massimo per gli
investimenti stranieri nelle telecomunicazioni, mentre gli Usa abbandonarono la
richiesta di abolizione del monopolio cinese sui fertilizzanti e acconsentirono ad
alleggerire le quote sul tessile entro il 2005
41
.
In cambio, la delegazione statunitense ottenne l’approvazione di alcuni meccanismi
di salvaguardia (anti-market disruption safeguards) verso i prodotti tessili cinesi,
previsti per dodici anni dal giorno di accesso della Cina nella WTO
42
.
I tredici anni di negoziati bilaterali sino-americani costituirono la condizione
necessaria per la successiva ammissione della Cina nella WTO. L’approvazione degli
Usa, come prima economia nel sistema internazionale, rappresentò tuttavia una
condizione necessaria ma non sufficiente; infatti per ammettere la Cina
nell’organizzazione era necessaria anche l’approvazione di tutti gli altri paesi. Questa
trattazione non vuole sottovalutare il peso svolto dagli altri governi nei negoziati per
l’ingresso cinese nella WTO, ma non può prescindere dall’evidenziare il ruolo
prioritario dei rappresenti statunitensi per renderlo possibile
43
.
Nonostante una sostanziale parte delle trattative sia avvenuta sotto la direzione degli
incontri bilaterali o plurilaterali condotti privatamente, la Working Party ha sempre
40
Per uno studio approfondito riguardo alla tradizione della politica negoziale cinese, vd.
R.H.Solomon, Chinese Negotiating Behavior ,Inst. of Peace, 1999.
41
Hongyi Harry Lai, Behind China’s WTO Agreement with the Usa, p.244.
42
Occorre ricordare che, una volta sottoscritto l’accordo con il governo cinese, l’amministrazione
dovette ottenere la difficile approvazione finale del Congresso. Riguardo al combattuto consenso
relativo al permanent normal trade relations (PNTR), dibattuto dal Congresso statunitense, vd. “China
trade: will Clinton pull it off?”, Business Week, 29/05/2000, Issue 3683.
43
Riguardo al ruolo prioritario degli Stati Uniti, del Giappone e dell’Unione Europea nella
conduzione dei negoziati bilaterali, vd. H.Corbet “Issues in the accession of China to the WTO
system”, Journal of Northeast Asian Studies, Fall 96, vol.15, Issue 3.
17
vigilato sui progressi dei negoziati in modo che venissero trattati tutti gli aspetti
legati alla politica commerciale cinese
44
. La Cina, come tutti gli altri paesi aderenti
all’organizzazione, ha così dovuto sottoscrivere non solo gli obblighi derivanti dai
principi di libero mercato stabiliti nel regolamento della WTO, ma anche le
condizioni di accesso per i beni e i servizi da garantire agli altri membri.
Occorre inoltre ricordare il ruolo di moderatrice che l’Unione Europea svolse in
diverse occasioni, assumendo una linea negoziale basata sulla cooperazione e la
flessibilità ( mentre gli statunitensi spesso preferirono un confronto duro), in modo
da favorire il graduale adattamento dell’economia cinese al sistema commerciale
internazionale
45
.
In questo modo però, la linea negoziale europea seguì il tracciato segnato dagli
accordi condotti dagli Stati Uniti, fino alla sottoscrizione dell’accordo definitivo tra
UE e Cina, avvenuto a Pechino il 19 maggio 2000
46
. La delegazione guidata dal
commissario europeo al commercio Pascal Lamy rinunciò, considerando i punti più
importanti dell’accordo, a insistere sulla quota del 51 percento per gli investimenti
stranieri nel settore delle telecomunicazioni e dei servizi, ottenendo in cambio la
riduzione tra il 10 e il 18 percento dei dazi su 150 prodotti europei
47
.
La firma degli accordi tra Cina- Stati Uniti e tra Cina-UE permise al governo cinese
di non trovare più ostacoli alla sua ammissione nella WTO, proclamata durante il
vertice di Doha del 10- 13 novembre 2001.
Il 17 settembre, poche settimane prima dell’incontro ufficiale di Doha, si riunì a
Ginevra la diciottesima, conclusiva sessione della Working Party per l’accesso della
Cina. Il vice ministro Long Yongtu, capo della delegazione cinese, durante il suo
discorso di ringraziamento sottolineò l’importanza di un giorno memorabile che
sanciva l’ingresso di un paese con un quarto della popolazione mondiale all’interno
del sistema commerciale multilaterale
48
. Long Yongtu ricordò che l’accesso nella
WTO rappresentava una decisione strategica del governo cinese nel consolidare un
sistema socialista trainato dall’economia di mercato, con l’obiettivo di accelerare la
44
Wto successfully concludes negotiations on China’s entry. In www.wto.org.
45
M.Elgin, China’s Entry into the WTO with a little Help from the EU. In International Affairs,vol.73,
1997, p.495.
46
Ibid, p.496.
47
M.Weber, Il Miracolo Cinese, p.83.
48
Meeting of the Working Party on the accession of China. In www.wto.org.
18
politica di apertura che avrebbe integrato meglio la Cina nell’economia globalizzata,
portando vantaggi sia alla Cina sia al resto del mondo
49
. Inoltre, il vice ministro
cinese ribadì che la RPC avrebbe diligentemente rispettato le regole della WTO, in
consonanza con il principio dell’ equilibrio tra diritti ed obblighi, adoperandosi ad
implementare gli accordi internazionali mediante l’adattamento del sistema legale
cinese
50
.
Durante la conclusione del vertice, il direttore generale della WTO Mike Moore,
affermò che l’ingresso della Cina rappresentava un passo fondamentale per rendere il
sistema di cooperazione economica, basato su di un sistema regolamentato,
veramente mondiale
51
. Una volta sottoscritte le regole della WTO, la Cina si
impegnò formalmente a rispettarle, mentre tutti gli altri paesi si assunsero il dovere
di vigilare sulle promesse fatte
52
.
49
Stephen Findler, “International economy: Beijing rules out of devaluation to spur exports. Declining
trade growth finance minister looks to WTO entry for relief”, Financial Times, 20/11/2001.
50
Durante il dibattito interno negli Stati Uniti relativo al rispetto delle regole del commercio
internazionale da parte cinese, Charlene Barshefsky disse con ottimismo: “What’s the worst scenario?
They make 50 million promises and only keep 25 million? Sounds pretty good to me!”. Jodie T.
Allen, US News and World Report, 08/05/2000, vol.128, Issue 18.
Tuttavia, ancora prima dell’ingresso formale, si levarono le prime critiche nei confronti del governo
di Pechino, accusato di tener celati i termini di ammissione e di non preparare adeguatamente il paese
all’implementazione degli accordi. Vd. James Kynge, “Critics slam Beijing over lack of information.
Entry to WTO country kept in dark”, Financial Times, 09/11/2001.
51
Wto successfully concludes negotiations on China’s entry. In www.wto.org.
52
Pascal Lamy commentò : “Just like every member of the WTO, China will have to deliver on its
commitments, and we will be watching this very carefully”. Vd. Frances Williams, “ WTO formally
approves China as a member”, Financial Times, 10/11/2001.