4
Da queste prime osservazioni si evince come l’agricoltura rappresenti
il «motore» che traina l’economia dei paesi in via di sviluppo.
L’affermazione trova fondamento in almeno due considerazioni:
ξ gli agricoltori rappresentano la maggioranza della popolazione
attiva dei paesi in via di sviluppo; consegue che il reddito
nazionale medio pro-capite è fortemente influenzato dai livelli del
reddito agrario. Consegue altresì che solo innalzando il reddito in
agricoltura è possibile imprimere un incremento significativo al
reddito nazionale medio pro-capite;
ξ lo sviluppo dell’agricoltura comporta la produzione di una
eccedenza di ricchezza nella società, utile a sostenere i consumi di
beni diversi da quelli di prima necessità. Innesca, per ciò, un
processo di sviluppo nei settori industriale e terziario
(
1
)
.
Se a queste considerazioni aggiungiamo la constatazione che a livello
mondiale circa 1,2 miliardi di persone vivono con un reddito inferiore al
minimo di sopravvivenza, pari a 360 dollari all’anno, (ci sono persone che
povertà), in Pro-Poor Livestock Policy Initiative (Iniziative politiche per la riduzione
della povertà tramite il bestiame), FAO, Roma, 2004, 1.
(2) MARTIN UPTON, op. cit., 2.
5
per vivere hanno a disposizione meno di un dollaro al giorno), e che il
75% di questi individui è concentrato in aree rurali, si comprende
facilmente come ogni strategia politica che si ponga per obiettivo lo
sviluppo economico dei paesi poveri deve comprendere interventi nel
settore agricolo
(
1
)
.
Nell’àmbito dell’agricoltura un ruolo significativo per il
miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rurali può
svolgerlo l’allevamento del bestiame. In certe situazioni agro-economiche
(ci si riferisce in particolare ad alcune zone semi-aride) il bestiame
rappresenta l’unica possibile fonte di sostentamento
(
2
)
. In questi casi
l’allevamento assume una funzione sociale importante perché, oltre a
garantire il mantenimento degli addetti, permette la colonizzazione di aree
che, senza l’allevamento, sarebbero destinate allo spopolamento, con gravi
ripercussioni sui piani sociale ed ambientale (problema delle aree difficili).
Nella maggior parte dei sistemi agricoli dei paesi in via di sviluppo,
tuttavia, il bestiame è importante perché integrato alla produzione di
derrate vegetali per l’alimentazione umana. Il modello più diffuso è
semplice:
(1) MARTIN UPTON, op. cit., 2.
(2) LINNEO N. CORTI, L’allevamento del bestiame nelle regioni tropicali,
Edagricole – Edizioni Agricole, Bologna, 1999, 178.
6
ξ la produzione vegetale è il perno dell’azienda agricola;
ξ la produzione animale è secondaria ed eventuale.
L’agricoltore, insomma, vive dei prodotti vegetali (in particolare
cereali e leguminose) e si giova dei prodotti che l’animale consegue
spontaneamente. L’alimentazione del bestiame è fondata sui rifiuti
domestici, i residui di coltivazione e la vegetazione spontanea. Il reddito
che si deriva dalla zootecnìa, se così può denominarsi il comparto, è
eventuale e complementare a quello delle colture vegetali.
(
1
)
.
In questo modo la coltivazione della terra e l’allevamento del
bestiame entrano in sinergia e contribuiscono al sostentamento del rurale
povero. I vantaggi di un siffatto rapporto (di complementarietà) sono
quattro:
ξ i prodotti alimentari animali (latte e carne) contribuiscono a
migliorare il livello nutrizionale della famiglia rurale (basti pensare
all’importanza delle proteine di origine animale). Con la vendita
degli stessi prodotti, inoltre, e anche di quelli di natura non
alimentare (lana, pelli, letame, etc.), si determina una più o meno
consistente integrazione economica;
(1) MARTIN UPTON, op. cit., 4.
7
ξ l’allevamento del bestiame assicura la sopravvivenza della
famiglia rurale anche in casi di calamità naturali (con distruzione
del raccolto). Il bestiame, inoltre, rappresenta un risparmio
prontamente monetizzabile attraverso la vendita (si pensi a
necessità urgenti di denaro). Esso fornisce un reddito continuativo
tutto l’anno, mentre il raccolto è concentrato solo in taluni ristretti
periodi
(
1
)
;
ξ il letame è utilizzato per fertilizzare i terreni e, in alcune aree, per
la cottura dei cibi e il riscaldamento ambientale
(
2
)
;
ξ il bestiame è un importante mezzo per la lavorazione dei campi
(
3
)
.
Un sistema di produzione di questo tipo, a carattere estensivo e in
netto contrasto coi sistemi di produzione dei paesi evoluti, in cui
l’alimentazione bovina consuma ingenti risorse, ha rappresentato e
continua a rappresentare un ottimo sbocco per il sostentamento delle aree
in via di sviluppo. In India, in particolare, dove il suddetto rapporto di
competizione risulta essere il più basso al mondo, questo sistema ha
rappresentato la premessa per il rilancio del settore lattiero-caseario,
(1) MARTIN UPTON, op. cit., 4.
(2) JEREMY RIFKIN, Ecocidio – ascesa e caduta della cultura della carne, Arnoldo
Mondatori editore, Milano, 2001, 49.
(3) MARTIN UPTON, op. cit., 4.
8
avviatosi a partire dai primi anni settanta col programma di sviluppo rurale
poi denominato Operation Flood
(
1
)
.
Stabilito che il ruolo dell’agricoltura e della zootecnìa è decisivo per
lo sviluppo economico e sociale dei paesi poveri, occorre ora capire quali
possono essere le strategie per avviare un generale processo di
miglioramento della loro economia. Una strategia adottata da alcuni anni è
rappresentata dalla realizzazione di «programmi di sviluppo».
(1) NATIONAL DAIRY DEVELOPMENT BOARD, Draft Project Completion Report on
National Dairy Project (Stesura del Rapporto sul completamento del progetto
riguardante il caseario nazionale), NDDB, Anand, 1986, 3.
9
2. PROGRAMMI DI SVILUPPO DELL’AGRICOLTURA NEI PAESI POVERI:
QUESTIONI CHIAVE
In generale un «programma di sviluppo» consiste, come dice la stessa
espressione, in una pluralità di interventi pianificati e tra loro ordinati allo
scopo di promuovere lo sviluppo di un settore (cerealicolo, agrumicolo,
zootecnìco, etc.) attraverso il raggiungimento di prefissati obiettivi.
Due sembrano essere gli elementi cardine nella realizzazione di una
strategia di sviluppo nei paesi ad economia arretrata:
ξ la creazione di istituzioni pubbliche (enti, consorzî, cooperative,
etc.) a cui affidare ampî poteri decisionali nella gestione delle
risorse e nella determinazione degli interventi da adottare;
ξ la partecipazione di organismi internazionali, il cui intervento si
concretizza in aiuti di varia natura: consulenziali, logistici,
finanziarî, economici, etc.
(
1
)
.
(1) MARTIN DOORNBOS AND K. N. NAIR, The State of Indian Dairying: An overview
(La situazione dell’industria casearia: uno sguardo), in MARTIN DOORNBOS and K. N.
NAIR, Resources, Istitutions and Strategies - Operation Flood and Indian Dairying
(Risorse, istituzioni e strategie – l’Operation Flood e il caseario indiano), Indo-Dutch
Studies on Development Alternative-4, New Delhi/Newbury Park/London: Sage
Publications, 1990, 9-11.
10
Uno dei principî ispiratori dei programmi di sviluppo è la teoria
economica della «Rivoluzione verde», elaborata dall’economista
Theodore Schultz nella sua ormai celebre opera dal titolo: Transforming
Traditional Agricolture (Trasformando l’Agricoltura tradizionale)
(
1
)
.
Schultz sostiene la necessità di modificare la società agricola tradizionale
per mezzo di fattori esterni ad essa, dal momento che la sua stabilità
(sociale ed economica) è garantita da una forte tradizione interna. In un
contesto conservativo, infatti, solo un robusto fattore esogeno può
modificare, in breve tempo, il sistema. Secondo Schultz gli elementi che
impediscono lo sviluppo economico dei paesi poveri sono,
preminentemente, i bassi livelli di risparmio e, conseguentemente,
d’investimento nel settore rurale. Dal momento che un intervento
endogeno di cambiamento, cioè un intervento mirato a modificare la
struttura sociale tradizionale di una comunità (ad esempio una riforma
della proprietà terriera in grado di creare un maggior equilibrio nel
godimento della terra), risulta difficile o, addirittura, impossibile,
l’opzione percorribile è quella di introdurre esperienze innovative
dall’esterno. Nella fattispecie della «Rivoluzione verde» costituiscono
esperienze innovative l’introduzione di sementi ad alta produttività, di
(1) L’opera è stata pubblicata dalla Yale University Press nel 1964 a New Haven
(USA).
11
fertilizzanti, antiparassitari, etc., frutto della ricerca dei paesi più evoluti
(
1
)
.
In generale una esperienza innovativa può essere rappresentata anche da
una nuova forma di associazionismo dei produttori di un certo prodotto (il
latte nel caso di Operation Flood), da un nuovo sistema di erogazione dei
servizî creditizî, da un nuovo sistema di accesso al noleggio di macchine
agricole, etc.
Gli studî sull’impatto socio-economico della «Rivoluzione verde»
nelle società in cui venne applicata concordano, per la maggior parte, nel
ritenere insufficiente e pericolosa l’introduzione di un fattore di
cambiamento esterno, se prima non si creano le condizioni per una sua
equa utilizzazione. È noto, infatti, come l’utilizzazione di una innovazione
tecnologica trovi difficile accesso nelle imprese marginali le quali,
generalmente, non sono dotate di una struttura economica e culturale tale
da poter ammortizzare i costi addizionali che comporta. Solo graduali
riforme nella struttura della società tradizionale possono preparare
all’introduzione di frazioni crescenti di progresso tecnico, in modo da
garantire, da un lato, la piena realizzazione della filosofia «partecipativa»
(1) GIORGIO FRANCESCHETTI, ELENA PISANI, Rivoluzione verde e trasformazioni
economiche. Aspetti teorici e applicativi nello Stato indiano dell’Haryana, in Rivista di
Economia Agraria, nn. 2-3, settembre 2002, 473-474.
12
dello sviluppo rurale
(
1
)
e, dall’altro, l’autosufficienza alimentare del settore
agricolo, sfuggendo alle drammatiche previsioni malthusiane
(
2
)
.
In preliminare l’analisi e la messa in atto di una qualsiasi strategia di
sviluppo deve risolvere, allo scopo di definirne l’efficacia rispetto agli
obiettivi fissati, almeno tre quesiti:
ξ riuscirà a garantire un’equa distribuzione dei potenziali beneficî
agli agricoltori?
ξ può essere, una volta sperimentata in uno specifico territorio,
esportata altrove, in modo da coniugare le sue potenzialità di
sviluppo con le caratteristiche proprie dell’area da promuovere?
(1) SIMONE CANTINI, Il risveglio politico delle campagne indiane, in Affari Esteri,
xx, 80, autunno, 1988, 636-637.
(2) THOMAS R. MALTHUS (1766-1834) demografo ed economista inglese, nel suo
Saggio sul principio della popolazione afferma che «il potere di popolazione è
infinitamente maggiore del potere della terra di produrre sussistenza per l’uomo».
Riteneva, in altri termini, che la popolazione mondiale tendesse a crescere in
progressione geometrica, a fronte della produzione alimentare che sarebbe cresciuta in
progressione aritmetica. In una situazione del genere, il depauperamento delle risorse
naturali e la fame crescente avrebbero ben presto condotto ad una situazione di conflitto
sociale, guerre, malattie, etc., tali da ridurre gli abitanti del pianeta (le bocche da sfamare)
adeguandoli alle terre disponibili. I progressi scientifico e tecnologico hanno smentito tali
previsioni.
13
ξ ove avviata mediante supporti internazionali, può rendere il paese
progressivamente autosufficiente e, di conseguenza, indipendente
dalle risorse estere?
(
1
)
La risposta al primo quesito è già stata formulata a proposito della
teoria di Schultz. Va ricordato, tuttavia, come alcuni studî
(
2
)
su diversi tipi
di programmi hanno evidenziato che un equo accesso ai beneficî derivanti
dalla loro applicazione può realizzarsi solo se, prima del loro avvio, i
governi riformano l’assetto tradizionale della struttura sociale, in modo da
porre gli interessati nelle condizioni di fruire effettivamente dei beneficî.
L’obiettivo, quindi, è quello di coniugare gli interventi endogeni e quelli
esogeni. Spostando invece l’accento dalle riforme istituzionali al
progresso tecnologico si rischia di creare sperequazioni nella distribuzione
(1) MARTIN DOORNBOS, FRANK VAN DORSTEN, MANOSHI MITRA, PIET TERHAL,
Dairy aid and Development – India’s Operation Flood (Aiuto caseario e sviluppo –
l’Operation Flood dell’India), Indo-Dutch Studies on Development Alternative 3, New
Delhi/Newbury Park/London: Sage Publications, 1990, 22.
(2) Si ricordano in particolare: GIORGIO FRANCESCHETTI, ELENA PISANI, op. cit.;
ELISABETTA BASILE, CLAUDIO CECCHI, Il riso e la seta. Processi di differenziazione
produttiva nell’India rurale, in Rivista di Economia Agraria, nn. 2-3, settembre 2002;
LUIGI OMODEI ZORINI, GINEVRA VIRGINIA LOMBARDI, L’impatto della modernizzazione
agricola in un area tradizionale del Rio delle Amazzoni in Rivista di Economia Agraria,
nn. 2-3, settembre 2002. ELISABETTA BASILE, La «Rivoluzione verde» nell’India
meridionale, in Politica Internazionale, nn. 1-2, 1998.
14
della ricchezza, aggravando le condizioni preesistenti.
Per quanto attiene al secondo quesito, è difficile riprodurre le
condizioni di una esperienza di successo e, quindi, è difficile estendere
una specifica situazione innovativa ad un modello generale. È possibile,
tuttavia, estrapolare da una data esperienza quelli che sono i suoi principî
ispiratori in modo da formulare un modello più agevolmente
generalizzabile. La successiva applicazione del modello ad altri contesti,
naturalmente, richiede sempre un attento studio delle peculiarità agro-
economiche, sociali ed ambientali dei luoghi di esportazione. Solo in
questo modo si può sperare in una replicazione fruttuosa del modello In
merito all’obiettivo di rendere indipendente il paese dall’apporto esterno,
infine, l’esperienza insegna come l’aiuto internazionale, se non è
governato nella direzione di una effettiva crescita dell’autosufficienza,
rischia di produrre una dipendenza esterna che in taluni casi può
trasformarsi in un vero e proprio dominio economico dei paesi o degli enti
sovventori
(
1
)
.
L’Operation Flood (Operazione Diluvio), cioè il programma di
sviluppo del comparto lattiero-caseario dell’India, che costituisce oggetto
del presente studio, sembra essere uno dei pochi esempî di strategia dello
(1) MARTIN DOORNBOS, FRANK VAN DORSTEN, MANOSHI MITRA , op. cit., 22.
15
sviluppo in grado di rispondere positivamente ai tre quesiti e, sopratutto, a
quello sulla esportabilità territoriale del modello.
Riconosciuta in ogni sede come la più importante iniziativa per lo
sviluppo del settore lattiero-caseario nell’àmbito dei paesi in via di
sviluppo, l’Operation è un programma di enormi potenzialità nella lotta
contro la povertà rurale. Lo studio ha posto in evidenza una sua notevole
capacità di adattamento a diverse condizioni agro-economiche, come
dimostra il fatto che da una sola regione dell’India è stata estesa a tutto il
territorio nazionale e come dimostrano le iniziative di diversi paesi in via
di sviluppo e di diverse agenzie internazionali, tesi ad adottarne i principî
ispiratori. Nonostante, infine, buona parte del successo dell’Operation sia
dipesa da cospicui aiuti internazionali (forniti essenzialmente dalla
Comunità Economica Europea, dal World Food Programme, dalla World
Bank, dalla Nuova Zelanda, e da altri enti internazionali) e
dall’importazione di innovazioni tecniche, è stato promosso uno sviluppo
del settore lattiero-caseario autonomo dalle influenze esterne e talmente
efficiente da far raggiungere non solo l’autosufficienza economica ma
anche il posizionamento dell’India al primo posto tra i paesi produttori di
latte in campo mondiale
16
3. CARATTERI GENERALI DELL’ECONOMIA BOVINA INDIANA
Il ruolo dei bovini nella società indiana è molteplice. Dal punto di
vista religioso, com’è noto, sono oggetto di culto. Gli Indù credono che
tutto ciò che discende dalla vacca sia sacro, perché la vacca è la madre
della vita. Gandhi soleva dire che la vacca è «madre di milioni di indiani».
Frequentemente diverse sostanze di origine bovina (latte, letame, urina)
hanno un ruolo sacro nella celebrazione dei riti religiosi
(
1
)
.
Da un punto di vista economico, si può affermare che la
sopravvivenza della popolazione indiana dipende, in larga parte, dal
contributo del complesso bovino-bufalino. Del resto l’India rappresenta il
primo paese al mondo per il numero di bovini e di bufali allevati (nel 2000
si stimavano circa 200 milioni di bovini e 80 milioni di bufali)
(
2
)
.
Per secoli la funzione economica principale dei bovini è stata quella
di produrre la forza motrice nelle lavorazioni dei campi e nella trazione dei
veicoli. Ancora oggi, nonostante il progresso tecnologico delle campagne,
la forza motrice bovina ha una consistente importanza. Basti pensare che
circa 60 milioni di piccoli agricoltori fanno ancora affidamento,
(1) JEREMY RIFKIN, op. cit., 48.
(2) INDIAN AGRICULTURAL RESOURCES – Dairy Milk Products (Produzione lattiero-
casearia), 2000. Sito internet: www.indiaagronet.com/indiaagronet/DAIRY/dairy3.htm.
17
principalmente o esclusivamente, sulla forza bovina per le arature e per le
altre attività agricole
(
1
)
.
La produzione di latte costituisce un altro fondamentale aspetto
dell’economia bovina. La vocazione delle popolazioni indiane al consumo
di latte e di prodotti da questo derivati è storicamente nota. I prodotti
lattiero-casearî, infatti, data la prevalente dieta vegetariana della
maggioranza della popolazione, costituiscono l’unica fonte disponibile di
proteine animali. In generale rappresentano una fondamentale integrazione
della dieta, basata sopratutto su cereali e legumi. Il latte, inoltre,
rappresentando il prodotto di un animale sacro, risulta gradito per
l’alimentazione oltre che del corpo, anche per l’anima
(
2
)
.
Carattere peculiare del sistema di produzione rurale indiano è stato da
sempre il rapporto di complementarietà tra le coltivazioni e l’allevamento
del bestiame. Per sopravvivere, la famiglia ottocentesca aveva bisogno di
almeno due buoi per tirare l’aratro e di una vacca per la produzione di
latte. I bovini erano alimentati con i residui del raccolto e con i rifiuti
domestici, non entrando mai in competizione alimentare con l’uomo. Il
bestiame, inoltre, forniva altri importanti prodotti tra cui il letame,
(1) JEREMY RIFKIN, op. cit., 49.
(2) UNITED NATIONS DEVELOPMENT PROGRAM, The Dairyng in India: India (Il
caseario in India), Innovative experiences, Roma, 1999, 2. Sito web:
www.undp.org/tcdc/bestprac/agri/casas/indiae.htm.