2
sociolinguistica, sostiene Fishman, non si può prescindere dalle seguenti
domande: “Chi parla? Quale lingua? A chi? Quando? A quale scopo?”
(Fishman, 1973: 50). Pertanto, negli studi sul contatto linguistico che si
ricollegano a tale orientamento di ricerca, l’obiettivo principale è quello
di investigare i) come ciascuna lingua si distribuisca nei principali ambiti
sociali, ii) quale sia il grado di mantenimento e di perdita delle lingue
minoritarie nei confronti delle varietà dominanti, e iii) quali siano le
variabili situazionali, demografiche e culturali associate alla scelta di
ciascuna lingua. L’approccio di Fishman è essenzialmente di tipo
descrittivo e il suo fine si estrinseca innanzitutto nella produzione di
modelli generali di comportamento linguistico.
L’approccio secondo il quale ho inteso impostare la mia indagine
cerca invece di oltrepassare le istanze descrittive della ricerca
fishmaniana (pur tuttavia implicandole – cfr. Cap. 2), interpretando il
contatto linguistico secondo una prospettiva multi-disciplinare e multi-
dimensionale. Il paradigma a cui ricollego la mia indagine è noto nella
letteratura linguistica come ecologia della lingua o ecolinguistica, una
prospettiva di studio intrapresa all’inizio degli anni ’70 dal sociolinguista
americano di origine norvegese Einar Haugen. Secondo tale linea di
ricerca, il comportamento linguistico non può essere compreso
pienamente senza l’investigazione della totalità delle relazioni tra la
lingua e il suo ambiente, l’ecologia appunto. In prospettiva ecologica, lo
studio del contatto linguistico implica dunque l’analisi approfondita delle
caratteristiche del contesto storico, sociologico, culturale, economico,
politico, religioso e psicologico dei parlanti delle lingue in contatto,
nonché l’indagine degli effetti che l’interrelazione tra gli aspetti di tale
contesto produce sulle scelte dei parlanti. Solo alla luce di tali
osservazioni è possibile fornire una spiegazione attendibile del
comportamento dei parlanti e di fenomeni quali il language shift e la
perdita linguistica.
3
All’ecologia della lingua, e in particolare alla sua importanza
nell’interpretazione dei processi di shift e morte linguistica, dedico
buona parte del primo capitolo. In esso illustro i presupposti primari di
tale approccio al fine di fornire il quadro teorico di riferimento secondo il
quale si è sviluppata tutta la ricerca. Segue una breve descrizione della
situazione della lingua italiana negli Stati Uniti in confronto con quella
osservata nel resto del mondo anglofono.
Il secondo capitolo si incentra sulla raccolta, l’elaborazione e l’analisi
dei dati della ricerca sul campo da me condotta nella cittadina di
Schenectady (Albany, N.Y.). Sebbene l’indagine non intenda stabilire il
paradigma del comportamento linguistico degli italiani negli Stati Uniti,
essa fornisce indicazioni importanti circa l’articolazione dello shift verso
l’inglese tra gli emigrati. Alla descrizione del contesto della ricerca, del
questionario utilizzato, dei domini esplorati e delle caratteristiche socio-
demografiche, di competenza linguistica e di tipo socio-culturale dei
soggetti intervistati, segue l’analisi circostanziata del comportamento
linguistico dei soggetti nei domini esaminati nell’indagine.
Il terzo capitolo affronta in modo dettagliato il tema delle cause dei
fenomeni di perdita linguistica. Nell’illustrazione delle cause dedico
particolare attenzione alla trattazione delle motivazioni economiche, per
la crucialità del ruolo che esse assumono nelle dinamiche dei processi di
morte linguistica. In questo capitolo vengono inoltre individuati i due
fattori relativi al contesto ecologico statunitense che sembrano aver
maggiormente contribuito alla rapidità ed estensione del fenomeno di
perdita linguistica tra gli emigrati: la discriminazione razziale e la
pressione uniformante imposta dalla società americana.
I restanti capitoli presentano la vera e propria analisi del contesto
ecologico della lingua italiana negli Stati Uniti. Il quarto capitolo è
dedicato alla trattazione del tema della discriminazione razziale subita
dagli emigrati. Lo scopo della disamina è di evidenziare il carattere
4
radicale del pregiudizio nei confronti degli emigrati italiani come fattore
distintivo del contesto ecologico statunitense, e di illustrare le possibili
conseguenze della discriminazione sul piano del comportamento
linguistico.
Nel quinto capitolo esamino gli effetti delle pressioni omogeneizzanti
della società americana sugli emigrati. Analizzo in primo luogo le
principali caratteristiche del sistema scolastico, essenziale promotore del
mono-culturalismo imposto dalle istituzioni statunitensi durante l’epoca
della grande immigrazione di massa. In particolare, mi soffermo sugli
aspetti più significativi del movimento di ‘americanizzazione’ che si
sviluppò in quegli anni, e sugli effetti che esso produsse sul
comportamento linguistico degli emigrati. Esamino poi il ruolo svolto
dalla Chiesa Cattolica e Protestante nel processo di assimilazione e
anglicizzazione dei gruppi immigrati nel nuovo contesto.
Infine presento alcune considerazioni conclusive.
5
Ringrazio il Prof. Fabio Foresti per l'indispensabile apporto nella
progettazione di questa ricerca, per l’attenta e costante supervisione nelle fasi
di svolgimento e di correzione del lavoro, e per la disponibilità e la
comprensione dimostratemi durante la lunga ‘gestazione’ dell'indagine; il Prof.
Giancarlo Gasperoni, per le stimolanti discussioni sulla realtà italo-americana e
per l'accuratissima revisione dell’analisi dei dati relativi alla ricerca sul campo;
il Prof. Salikoko Mufwene, per l’ispirazione e la guida offertami durante
l’intensa attività di ricerca svolta all’Università di Chicago. Un caloroso grazie
a tutta la comunità di Schenectady, la cui grande cordialità mi ha consentito di
svolgere l’indagine in un clima di serenità e fiducia. In particolare, sono grata a
Bob Cudmore, per l’invito a discutere della mia ricerca all’interno del suo
programma radiofonico.
Rivolgo ai miei genitori il più profondo e devoto ringraziamento per avermi
permesso di raggiungere questo traguardo e per avermi compreso e sostenuto
in tutte le mie, a volte ‘dolorose’, scelte di vita. A loro e a Giuliano dedico la
mia tesi.
Sono immensamente grata a Giovanni, amico fraterno, insostituibile punto
di riferimento dei miei anni bolognesi e della mia vita presente e futura. Grazie
per l'affetto e per il fondamentale contributo nella ‘riuscita’ di questo lavoro.
Un ringraziamento speciale va a Daniele, per il dono di un'amicizia dolce e rara
e per il provvidenziale aiuto ‘pratico’ nella realizzazione della mia tesi.
Ringrazio Roberta, amica del cuore di una vita, per il coraggio e la forza che è
costantemente riuscita ad infondermi; Don Basilio, per la preziosa amicizia,
rifugio e cura per le mie piccole e grandi tribolazioni; Federica, amica maga,
per l’assistenza in fase di layout della tesi e per i vaticini sempre rassicuranti;
Marco, per aver condiviso mille gioie e dolori della vita di studenti e musicisti;
Daniela, per il meraviglioso affetto con cui segue i miei passi; Luca, per il
caldo conforto di mille ispiratissime chiacchierate notturne; Fabiana e Enrico,
per la splendida amicizia ‘in musica’; zia Giò e nonna Rosina per vegliare
sempre amorevolmente su di me.
6
Non sarei riuscita a portare a compimento questo lavoro senza l’aiuto e la
presenza costante di Vincenzo. Lo ringrazio con tutto il cuore per la fede
incrollabile (e per certi versi inspiegabile) nei miei mezzi, per il supporto
morale e materiale, per la pazienza infinita e la straordinaria capacità di placare
la mia natura tempestosa, ma soprattutto, per l'amore e la fiducia
incondizionati.
7
1 Il quadro teorico dell’indagine: l’ecologia della lingua
_______________________________________________________________
1.1 Premessa
Lo studio della lingua italiana negli Stati Uniti consiste essenzialmente
nell’investigazione dei risultati del suo contatto con l’inglese americano,
avvenuto soprattutto attraverso il noto fenomeno migratorio che, in poco
più di un secolo (1860-1970), ha portato nel ‘Nuovo Mondo’ circa sette
milioni di Italiani. Il contatto linguistico è un’area di studio
multidisciplinare e multidimensionale in cui le interrelazioni sono la
chiave per comprendere come e perché le persone usano le lingue in un
dato modo. Lo studio del contatto linguistico implica infatti
l’investigazione della totalità delle relazioni tra le lingue in contatto e il
particolare contesto in cui vengono parlate. Questo comporta l’analisi
approfondita della storia dei parlanti, l’esame delle caratteristiche sociali,
culturali, economiche, politiche e geografiche del contesto in cui essi si
trovano, nonché l’indagine degli effetti che l’interrelazione tra questi
aspetti produce sul comportamento linguistico. Ciò suggerisce che lo
studio del contatto linguistico sia essenzialmente uno studio
dell’ecologia di una lingua. E’ infatti solo all’interno di una prospettiva
ecologica che i risultati di tali indagini possono essere integrati.
Considero questa ricerca come uno studio di ecologia della lingua, o
ecolinguistica, e in particolare, come lo studio dell’ecologia della lingua
italiana negli Stati Uniti. Prima di formulare qualsiasi tipo di
osservazione nell’ambito di tale prospettiva, è dunque importante
chiarire perché e in quale modo essa è ecologica. A partire dai più
importanti riferimenti alla letteratura linguistica, illustrerò nei prossimi
paragrafi (1.2 e 1.3) i fondamentali principi e nozioni di tale approccio.
8
1.2 L’approccio ecologico nella letteratura linguistica
Il termine ökologie fu coniato nel 1866 dallo zoologo tedesco Ernst
Haeckel sulla base del greco oikos, letteralmente, ‘casa’. Haeckel utilizzò
la parola nel senso più esteso di ‘habitat, ambiente’ definendo l’ecologia
come lo studio dell’insieme delle relazioni entro le quali un organismo
entra, con tutti gli organismi che incontra.
Il termine divenne comune nel ventesimo secolo quando le comunità
accademiche iniziarono ad utilizzarlo per indicare lo studio delle
relazioni tra gli esseri umani e il loro contesto sociale e fisico.
Accreditata inizialmente come il settore delle scienze biologiche che
studia le relazioni tra gli organismi e il loro ambiente, l’ecologia iniziò
dunque ad affermarsi anche nelle scienze sociali come lo studio delle
relazioni tra individui e/o gruppi e il loro ambiente (Enninger, W. –
Haynes, L. M., 1984).
In un saggio intitolato “Sociolinguistics and the description of
language change and language ecology or: language splitting vs.
language contact” (1984), il linguista Matthias Hartig cerca di dimostrare
come la comparsa del paradigma ecologico nello studio della lingua
possa datarsi addirittura al diciannovesimo secolo. Hartig illustra le sue
convinzioni considerando principalmente tre autori: Johann Andreas
Schmeller, August Schleicher, e Hermann Paul
1
. Dei tre studiosi tuttavia,
solo Paul sembra in effetti anticipare alcuni degli attuali fondamenti
dell’ecolinguistica. Paul (1909: 41) è infatti l’unico ad utilizzare il
momento sociologico per dimostrare gli effetti della prossimità e
distanza sociale sulla differenziazione linguistica, implicando in tal modo
che le lingue non possono essere studiate adeguatamente senza che
vengano considerate come ‘incorporate’ in una comunità parlante con i
suoi specifici contatti e bisogni comunicativi.
1
Questi autori sono nati rispettivamente nel 1821, 1863 e 1880.
9
E’ in realtà a partire dal 1959, con le pubblicazioni di Charles A.
Ferguson, John J. Gumperz, Basil Bernstein, Uriel Weinreich, William
Labov, Dell Hymes e Joshua A. Fishman che si assiste all’affermazione
di un nuovo orientamento delle indagini linguistiche oltre le descrizioni
di tipo storico e strutturale in favore dell’analisi del comportamento
verbale come attività sociale.
Il termine ecologia viene per la prima volta applicato alle scienze del
linguaggio nel 1972 dal sociolinguista norvegese-americano Einar
Haugen per designare “lo studio delle relazioni tra ogni lingua e il suo
ambiente” (Haugen, 1972: 325)
2
. In questo senso l’ambiente non
identifica il mondo referenziale del quale la lingua costituisce un indice
(che infatti è piuttosto l’universo del lessico e della grammatica), ma la
società che usa la lingua come uno dei suoi codici. Secondo Haugen, la
lingua esiste solo nella mente di chi la utilizza e la sua funzione è di
mettere in relazione i parlanti l’uno con l’altro e con l’ambiente, ovvero
con il contesto sociale. In termini di sociologia del linguaggio ciò
significa che ogni lingua si relaziona al proprio ambiente in un modo
peculiare, e che è modellata e caratterizzata dalle condizioni socio-
economiche, culturali e geografiche nelle quali si trovano i suoi parlanti,
così come dal suo ambiente linguistico, costituito dalle lingue con le
quali è, o è stata in contatto.
Per ogni data lingua, sostiene Haugen, lo studioso dovrebbe essere in
grado di rispondere ai seguenti interrogativi ecologici: “1) qual è la sua
classificazione in relazione alle altre lingue?; 2) chi sono i suoi parlanti?;
3) quali sono i domini in cui viene usata?; 4) quali lingue concorrenti
sono usate dai suoi parlanti?; 5) quali varietà interne possiede?; 6) qual è
2
L’unico precedente utilizzo del termine ecologia in relazione alla lingua viene fatto da C.M. e
F.M. Voegelin e N.W. Schutz in un saggio intitolato “The language situation in Arizona as part
of the Southwest culture area” (1976). Tuttavia, questi autori affrontano il problema
dell’ecologia solo dal punto di vista di una particolare area geografica e non di una particolare
lingua, circoscrivendo il termine alle società bilingui e trilingue. E’ invece ugualmente
possibile considerare l’ecologia di una particolare lingua o dialetto, studiando il problema dal
punto di vista di chi la utilizza.
10
la natura della sua tradizione scritta?; 7) fino a che punto la sua forma
scritta è standardizzata, unificata e codificata?; 8) quale tipo di supporto
istituzionale ha ottenuto, tramite le istituzioni di governo, il sistema
scolastico o le organizzazioni private, sia per la sua diffusione che per la
regolazione della sua forma?; 9) quali sono gli atteggiamenti verso la
lingua da parte dei suoi parlanti, in termini di competenza e status, che
conducono all’identificazione personale?; 10) in conclusione, lo status
della lingua deve essere tipizzato secondo una classificazione ecologica
che ci indichi dove essa si posizioni e come si stia evolvendo rispetto alle
altre lingue del mondo” (Haugen, 336-37: 1972). Haugen ritiene che
l’espressione “ecologia della lingua” copra un’ampia area di interessi tale
per cui i linguisti siano sollecitati a cooperare con tutti i tipi di scienziati
sociali al fine della comprensione del processo di interazione tra lingue e
parlanti.
A partire da Haugen molti altri autori hanno applicato e sviluppato
l’approccio ecologico allo studio delle lingue. Alcuni studiosi fanno
esplicitamente riferimento all’ecologia della lingua, come Peter
Mühlhäuser (1996), che usa essenzialmente l’ecologia nel senso
dell’ambiente sociale in cui una lingua è parlata, e Werner Enninger e
Karl-Heintz Wandt (1984), che promuovono l’allargamento dell’oggetto
di studio dell’ecologia della lingua oltre i sistemi comunicativi verbali
per includere lo studio dei sistemi di comunicazione non-verbali. Altri
autori possono essere posti in relazione con l’ecologia della lingua solo
implicitamente, come J.Fishman (1966) nella sua indagine sulle lealtà
linguistiche negli Stati Uniti e S.Gal (1979) nel suo studio sul language
shift. Entrambi analizzano contesti bilingui e trilingui focalizzando
l'interesse sui determinanti sociali dello shift. Allo stesso modo, L.A.
Timm (1973) e W. Dressler/R. Wodak Leodolter (1977) prendono in
considerazione i fattori sociali nella loro analisi su alcuni fenomeni di
perdita linguistica in Brittany, così come K. McKinnon (1972), A.
11
Fenyvesi (1995) e N. C. Dorian (1973, 1977) vi fanno riferimento nella
trattazione rispettivamente della processo di morte linguistica del gaelico
nel Sutherland (Scozia), dell’ungherese a McKeesport (Pennsylvania) e
del tedesco nella contea di Berks (Pennsylvania). Tuttavia, questi lavori
enfatizzano l’importanza solo della dimensione sociale dell’habitat di
una lingua, trascurando gli effetti che altri elementi producono sulle
dinamiche dello shift linguistico. Nel prossimo paragrafo cercherò di
mostrare quali altri fondamentali fattori del contesto ecologico devono
essere considerati al fine di comprendere pienamente il comportamento
dei parlanti in situazioni bilingui o plurilingui.
12
1.3 Fattori cruciali dell’ecologia di una lingua
L’ancoraggio di una lingua alla sua ecologia complessiva è essenziale
nella comprensione e interpretazione di fenomeni come il language shift,
l’obsolescenza o la perdita linguistica. Gli autori che illustrano nel modo
più persuasivo quali fattori sono cruciali in tali processi linguistici sono
William F. Mackey (1980) e Salikoko S. Mufwene (2001, 2002), due tra
i più recenti sostenitori del paradigma ecologico nello studio delle lingue.
Entrambi similmente sostengono che ogni processo di language shift che
produca una perdita linguistica viene invariabilmente influenzato da ciò
che i parlanti valorizzano maggiormente in un determinato momento e in
un determinato contesto ecologico. In altre parole, il passaggio ad
un’altra lingua è tipicamente connesso ai particolari benefici derivanti dal
suo uso in un dato ambiente. Mackey (1980) identifica alcune forze
cruciali che determinano lo shift da una lingua ad un’altra o che, al
contrario, ne favoriscono il mantenimento. Tra di esse, l’ideologia, la
religione e l’economia vengono considerate come forze ugualmente
potenti. Mackey illustra come, per tre secoli, la religione abbia consentito
il mantenimento del francese in ampie zone rurali del Quebec
3
e come
l’ideologia similmente spieghi l’attuale bilinguismo del Canada. Le
motivazioni economiche, asserisce Mackey, sono solitamente
responsabili dello shift verso le lingue dominanti nelle società tribali.
Mufwene (2002) sostiene invece che, nell’ecologia dei fenomeni di
language shift che producano una perdita linguistica, il ruolo
fondamentale viene sempre svolto dall’economia. Osservando lo spettro
globale delle lingue, Mufwene afferma che un declino irreversibile
minaccia le lingue che non si adattano a nuove o mutate ecologie socio-
economiche (ovvero lingue che non vengono più utilizzate per funzioni
comunicative tradizionalmente assolte da esse stesse, e che non sono in
3
La sopravvivenza del francese era strettamente legata al mantenimento della fede. “La langue,
guardienne de la foi” era il motto della popolazione francese del Quebec (Mackey, 1980: 41).
13
grado di adattarsi a nuove funzioni comunicative). Infatti, una varietà
può difficilmente continuare ad essere parlata come lingua veicolare se le
strutture socio-economiche che la supportano decadono. Mufwene
osserva inoltre che insistere sul mantenimento di una lingua obsolescente
quando le strutture socio-economiche non possono più supportarla,
significa implicare che una lingua possa essere sostenuta
indipendentemente dal fatto che essa contribuisca o meno alla
socializzazione dei membri della comunità parlante in nuove realtà. I
parlanti, invece, tendono generalmente ad investire in lingue che offrano
loro i maggiori benefici socio-economici.
Tale prospettiva non intende stabilire una spiegazione mono-causale
dei fenomeni di language shift e di perdita linguistica, né intende
sostenere che gli atteggiamenti dei parlanti verso le proprie lingue siano
determinati solo dalle ragioni economiche. Come evidenziato da
Mackey, i motivi ideologici, specie se correlati alla religione, al
nazionalismo e all’identità etnica, spesso costituiscono i fondamenti di
lealtà linguistiche sufficientemente tenaci da resistere anche alle
seduzioni dei benefici economici. Tuttavia, come osserva Mufwene,
quando si tratta di studiare processi linguistici come il language shift o la
perdita linguistica, l’economia assume un ruolo decisivo. Pertanto,
un’ecologia che non tenga in considerazione l’economia rischia di
risultare priva di significato
4
.
4
Il ruolo cruciale dell’economia nei fenomeni di perdita linguistica verrà ampiamente discusso
nel Capitolo 3.
14
1.4 La situazione della lingua italiana negli Stati Uniti
Le osservazioni finora presentate circa l’ecologia dei fenomeni di
language shift e di perdita linguistica sono particolarmente rilevanti per
questa ricerca in quanto il mio intento è quello di tentare di fornire una
spiegazione dell’avanzato stato del processo di perdita linguistica in atto
tra gli emigrati italiani negli Stati Uniti. L’analisi del particolare contesto
ecologico dell’italiano nel territorio statunitense sembra infatti assumere
un’importanza fondamentale nella comprensione delle cause di tale
fenomeno.
La mia ricerca sul processo di shift dall’italiano all’inglese che ha
determinato la perdita linguistica si basa primariamente i) sull’indagine
del comportamento linguistico di soggetti di prima e seconda
generazione nella comunità italo-americana di Schenectady (Albany,
N.Y.) e sull’analisi dettagliata delle variabili demografiche, situazionali e
socio-culturali che condizionano la scelta tra dialetto e inglese, ii) sullo
studio dello scenario economico, socio-storico, politico e culturale del
contatto linguistico tra italiano e inglese nel territorio statunitense, e iii)
sull’esame del supporto istituzionale ottenuto dalla lingua italiana negli
Stati Uniti (in particolare attraverso il sistema scolastico e le istituzioni
religiose).
I risultati relativi al comportamento linguistico oggetto della mia
indagine sono sostanzialmente differenti da quelli emersi in alcune delle
ricerche più significative circa la situazione della lingua italiana
all’estero (cfr. ad es. Bettoni-Rubino, 1996; Clyne, 2003) e dai risultati di
uno dei più noti studi sull’italiano degli italo-americani (Haller, 1993).
Mentre questi lavori attestano tutti la relativa vitalità della lingua etnica
tra gli emigranti italiani, gli esiti della mia indagine mostrano invece
come nella comunità italo-americana di Schenectady si rilevi
l’abbandono pressoché totale del dialetto già a partire dalla seconda
generazione (e in alcuni casi anche nella prima).