4
scambievole conoscenza e magari anche una valida forma di collaborazione.
La regola suprema della saggezza, secondo Schopenhauer, non è il
piacere ma l’assenza di dolore
2
.
«Ogni comunità esige dei sacrifici, che risultano tanto più duri quanto
più notevole è la propria individualità. Ciascuno quindi fuggirà, sopporterà,
oppure amerà la solitudine, in una proporzione esatta con il valore della sua
personalità. Nella solitudine infatti il miserabile sente tutta la sua miseria e il
grande spirito tutta la sua grandezza, ciascuno in breve sente di essere ciò
che è»
3
.
«La via più sicura per sfuggire a una grande infelicità consiste nel
ridurre il più possibile le proprie pretese in rapporto ai mezzi propri di
qualunque genere»
4
.
Secondo Schopenhauer
5
, la vita è dominata dal destino, al quale occorre
adattarsi, non facendo assegnamento sul futuro, perché il «presente è l’unica
cosa reale e l’unica certa».
S. Freud
6
, dal canto suo, ci fornisce una visione particolare dell’uomo
inserito nella società, secondo cui «l’uomo non è una creatura mansueta… è
invero invece che occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una
buona dose di aggressività… Homo homini lupus: chi ha il coraggio di
_________________________
2
L. TORNATORE, G. POLIZZI, E. RUFFALDI, Filosofia. Testi e argomenti, 4. Dal Positivismo ai giorni nostri,
Torino 2000, 116.
3
A. SCHOPENHAUER, Parerga cit., 566-567.
4
Ibidem, 555.
5
Ibidem, 560.
6
S. FREUD nasce a Freiberg in Moravia nel 1856, muore a Londra nel 1939.
5
contestare quest’affermazione dopo tutte le esperienze della vita e della
storia?..»
7
.
Questa aggressività, di solito tenuta sotto controllo dalla società, può
riemergere in situazioni particolari
8
. D’altra parte, la repressione di tale
impulso garantisce a ogni individuo una maggiore sicurezza, ma determina
inevitabilmente la rinuncia, almeno parziale, alla felicità
9
.
«Di fatto l’uomo primordiale stava meglio, poiché ignorava qualsiasi
restrizione pulsionale. In compenso la sua sicurezza di godere a lungo di tale
felicità era molto esigua. L’uomo civile ha barattato una parte della sua
possibilità di felicità per un po’ di sicurezza
»10
.
In pratica, secondo Freud, la storia della civiltà è la storia della lotta
contro le nostre emozioni. Dal controllo dell’eros nasce il matrimonio, dal
controllo della prepotenza nascono le gerarchie, le carriere.
In definitiva, a parere di Freud, è necessaria una costante attenzione nel
regolare le emozioni, per evitare che esse si esprimano in modo distorto e
quindi sbagliato. Interessante tuttavia è il fatto che lo stesso Freud, pur
criticando il potere repressivo della civiltà, non si ritenga un nemico della
medesima
11
. Forse possiamo aspettarci di ottenere cambiamenti con l’andare
del tempo, tali che soddisfino meglio i nostri bisogni; ma egli stesso
_________________________
7
S. FREUD, Il disagio della civiltà, in Opere, 10, 559-560.
8
L. TORNATORE, G. POLIZZI, E. RUFFALDI, Filosofia, cit., 4, 629.
9
Ibidem, 629.
10
S. FREUD, Il disagio cit., 599-602.
11
M. De BARTOLOMEO, V. MAGNI, Percorsi di filosofia contemporanea, Bergamo 2000, 337.
6
sottolinea come occorra comunque abituarsi all’idea che «ci sono difficoltà
inerenti all’idea stessa di civiltà» e che non cederanno di fronte ad alcun
tentativo di riforma
12
.
A mio parere, in questo contesto è particolarmente significativo anche il
pensiero di T. Hobbes (1588-1679) sul vivere sociale. Egli sosteneva che
nella natura umana troviamo principalmente tre cause di contesa: in primo
luogo la competizione; in secondo luogo, la diffidenza; in terzo luogo, la
gloria. La prima fa sì che gli uomini si aggrediscano per guadagno, la
seconda per sicurezza e la terza per reputazione
13
.
«Da ciò è manifesto che durante il tempo in cui gli uomini vivono senza
un potere comune che li tenga tutti in soggezione, essi si trovano in quella
condizione che è chiamata guerra e tale guerra è quella di ogni uomo contro
ogni altro uomo»
14
.
Per natura l’uomo ha diritto di fare tutto ciò che rientra nelle sue
possibilità per preservare la propria vita. Ma in uno stato di guerra di tutti
contro tutti, la vita non è in alcun modo garantita, così come non è possibile
produrre nulla di duraturo, perché sarebbe sempre minacciato dagli altri
15
.
Allo stesso modo non è possibile lo sviluppo della civiltà, perché tutte
le energie di ogni individuo sono impegnate nella lotta per la sopravvivenza
_________________________
12
M. De BARTOLOMEO, V. MAGNI, Percorsi cit., 337.
13
T. HOBBES, Leviatano, 1, 119-120.
14
Ibidem, 119-120.
15
L. TORNATORE, G. POLIZZI, E. RUFFALDI, Filosofia. Testi e argomenti, 2. Dal quattrocento al seicento,
Torino 2000, 337.
7
e d’altra parte non è possibile nessuna forma di collaborazione (homo homini
lupus)
16
.
La ragione impone all’uomo delle leggi, che sono perciò naturali, la più
importante delle quali prescrive ad ognuno di operare in modo da
salvaguardare la propria esistenza
17
.
«Ma come gli uomini, per conseguire la pace e per conservare con essa
sé stessi, hanno fatto un uomo artificiale, che chiamiamo Stato, così hanno
fatto anche delle catene artificiali chiamate leggi civili, che essi, con mutui
patti, hanno attaccato per una estremità alle labbra di quell’uomo o
assemblea di uomini cui hanno dato il potere sovrano e per l’altra estremità
alle proprie orecchie. Questi vincoli deboli per loro natura, possono
nondimeno essere resi saldi non dalla difficoltà, ma dal pericolo di
infrangerli»
18
.
Non esiste di conseguenza la libertà, se non negli ambiti non coperti
dalle leggi civili, nei quali ognuno potrà condursi secondo la ragione
19
.
Nel pensiero dei tre filosofi citati, vissuti tra l’altro in epoche diverse,
esiste un filo conduttore comune, dato dalla percezione che l’uomo
inevitabilmente vive nella società tra mille difficoltà: «ogni comunità esige
dei sacrifici (Schopenhauer)»; «ci sono difficoltà inerenti all’idea stessa di
_________________________
16
L. TORNATORE, G. POLIZZI, E. RUFFALDI, Filosofia cit., 337.
17
Ibidem, 338.
18
T. HOBBES, Leviatano, 2, 207.
19
L. TORNATORE, G. POLIZZI, E. RUFFALDI, Filosofia cit., 2, 344.
8
civiltà» (Freud); «homo homini lupus» (Hobbes).
Tutti e tre, nello studio delle varie soluzioni possibili per uscire da
questo stato di disagio sociale, avvertono l’esigenza di ‘ordine’, vuoi per
«ridurre il più possibile le proprie pretese in rapporto ai mezzi propri di
qualunque genere» (Schopenhauer), vuoi per tenere sotto controllo le nostre
emozioni (Freud), vuoi per preservare la propria vita in una comunità in cui
naturalmente homo homini lupus (Hobbes).
La tesi in oggetto ha lo scopo di valutare la possibilità di comunicazione
e collaborazione nel vivere sociale, in particolare nel rapporto gerarchico.
Si tratterebbe di far risaltare il grado di corrispondenza tra le esigenze
della vita sociale e la dinamica giuridica.
Il mio obiettivo principale, partendo dallo studio della gerarchia da un
punto di vista storico-giuridico, sarà quello di attribuire una cornice di
riferimento ai “porcospini di Schopenhauer” e nel contempo di
“sperimentare sul campo” la possibile realizzazione della “giusta distanza”.
9
b. Prospettive
La presente tesi è articolata essenzialmente in due parti. La prima
riguarda la formazione storico–giuridica del concetto di gerarchia, muovendo
da un piccolo quadro illustrativo dei ranghi e delle carriere nel diritto
romano.
A seguire, nel primo capitolo, si vedrà come la gerarchia col passare del
tempo sia andata assumendo contenuti nuovi e a tale proposito verranno
analizzati concetti quali la competenza, il coordinamento, la direzione.
Il campo d’indagine si allargherà all’analisi del controllo (che da
‘controllo sulle persone’ si trasforma in ‘controllo sulle attività’), volto
all’individuazione di obiettivi di fondo e di scelte strategiche.
D’altra parte, di fronte allo spirito del mondo sociale che muta, i
fenomeni e gli avvenimenti si intrecciano variamente, così come gli istituti
giuridici si particolarizzano. L’ultimo paragrafo del primo capitolo tratterà a
grandi linee della costituzione del rapporto del pubblico impiego a partire
dalle prime riforme giolittiane (1908) fino al d.lgs. n. 165 del 2001, intorno
al quale ruota l’intero programma di riforma dell’assetto organizzativo
interno della pubblica amministrazione.
La seconda parte del lavoro sarà destinata all’osservazione del rapporto
gerarchico e dei fattori di soddisfazione o malcontento che ne derivano,
osservazione contestualizzata al Gruppo Operativo Servizi
10
Contravvenzionali della Polizia Municipale di Terni, al quale
appartengo. Le “cavie” scelte per la predetta indagine- mi sia concessa la
battuta- saranno i colleghi componenti di tale gruppo.
I risultati della ricerca saranno poi oggetto di riflessione, al fine di
elaborare proposte innovative inerenti alla gestione del personale, con
l’intenzione di presentare concetti vivi come strumenti funzionali al
raggiungimento della “giusta distanza” dei porcospini di Schopenhauer.