sistemi continui e discreti: questi sono inoltre interpretati mediante alcune possi-
bili rappresentazioni gra che. In seguito viene introdotta la nozione di equazioni
differenziali (che costituiscono a loro volta un caso particolare delle cosiddette
equazioni funzionali ), con le relative nomenclature e distinzioni. Successi-
vamente sono presentati i sistemi di equazioni differenziali del primo ordine ed
analoga esposizione viene fatta per le equazioni alle differenze nite del primo
ordine. Un ulteriore paragrafo Ł dedicato ai sistemi dinamici di ordine superiore,
ove viene esposta la possibilit di diminuire con una particolare trasformazione
le dif colt di risoluzione. Il primo capitolo si chiude quindi con una breve analisi
delle condizioni di esistenza ed unicit delle soluzioni.
Nel secondo capitolo lo studio si incentra sui metodi di risoluzione dei sistemi
dinamici lineari poichØ questi, oltre ad essere di piø semplice manipolazione, tro-
vano maggiori impieghi in campo economico.
Il terzo capitolo Ł dedicato alla de nizioni di punto di equilibrio di un sistema
dinamico e di stabilit . Si prosegue quindi con l esposizione di alcuni metodi
qualitativi e quantitativi per l accertamento della stabilit degli equilibri, che so-
no: il metodo dei diagrammi di fase, il metodo di linearizzazione ed il secondo
metodo di Liapunov.
Nel quarto capitolo viene considerato il modello di equilibrio walrasiano, il mo-
dello che riveste storicamente un ruolo di primo piano nella teoria economica
dalla seconda met dell Ottocento no agli ultimi sviluppi degli anni cinquanta.
Il capitolo si apre con una breve esposizione delle ipotesi introdotte in questa teo-
ria cui segue il problema dell esistenza dell equilibrio; successivamente l analisi
verte sul problema della stabilit dell equilibrio. In chiusura del capitolo vi sono
le ultime teorie che spiegano il processo di assestamento in un mercato in squili-
brio in un modo piø vicino alla realt .
Il quinto capitolo riguarda in particolare il caso di stabilit locale dell equilibrio
IV
walrasiano, ove si prenderanno in considerazione diverse proposte, fatte nella
letteratura economica e matematica, atte ad assicurare che una matrice quadrata
sia stabile, ossia abbia autovalori con parte reale negativa.
Nel sesto capitolo si passa all esame di alcuni modelli economici dinamici e alla
loro stabilit . Il capitolo si struttura nel seguente modo: il confronto tra stabilit
walrasiana e marshalliana, il modello della ragnatela, il modello keynesiano, il
modello del moltiplicatore acceleratore, il modello delle aspettative, il modello
di Domar, ed in ne il modello di crescita di Solow Samuelson.
Negli ultimi due capitoli si analizzano le applicazioni dei sistemi dinamici in al-
cune problematiche aziendali. Il settimo capitolo Ł dedicato ai modelli di marke-
ting: sono esposti il modello di proiezione delle vendite, il modello di transizione
da marca a marca ed il modello di spesa pubblicitaria.
L ottavo capitolo tratta i modelli nanziari con particolare riferimento ai regi-
mi di capitalizzazione, al calcolo dei valori attuali e dei montanti di rendite -
nanziarie ed in ne alla problematica relativa alla determinazione della riserva
matematica delle compagnie assicurative.
V
Capitolo 1
Sistemi continui e discreti
1.1 Introduzione
Tra le moltissime de nizioni proponibili di sistema economico, si accetta anche
per gli sviluppi successivi, la seguente.
Def. 1.1 Un dato sistema economico pu essere de nito come un
insieme di agenti che operano all interno di uno speci co ambiente,
caratterizzato dalla presenza di beni, di risorse e dei prezzi ad essi
associati.
¨ possibile descrivere il comportamento di un sistema economico attraverso
l uso di modelli matematici, sia statici che dinamici. Un modello Ł statico se
rappresenta il sistema ad un dato istante; Ł invece dinamico, se la sua rappresen-
tazione Ł rapportata al tempo in una successione discreta o continua di istanti. In
questa dissertazione ci si occuper dei modelli dinamici, ritenendo che ci che
interessa maggiormente nel presente contesto sia la comprensione delle forze che
agiscono sulle diverse variabili al trascorrere del tempo.
Si pu pensare di rappresentare il sistema economico con un insieme di fun-
zioni che dipendono dal tempo t, ed il trascorrere del tempo come un intervallo
1
1 Sistemi continui e discreti
continuo od una successione nita o in nita di date pre ssate. Nel primo caso,
ove il tempo varia in modo continuo in un certo intervallo, si parla di sistema
dinamico continuo. Se invece il tempo Ł visto come una successione di istanti,
si parla di sistema dinamico discreto. Talvolta, infatti, Ł suf ciente analizzare il
sistema ad una serie di determinate epoche, scattando solo dei fotogrammi in
alcuni momenti: Ł il caso, ad esempio, di un sistema che descrive l andamento
di un indice di redditivit di una azienda, desunto da una serie di bilanci infra
annuali, oppure di un sistema che descrive l andamento dei prezzi a chiusura dei
futures sul mercato borsistico.
Consideriamo quindi T come un insieme di tempi, rappresentato nel caso
continuo da un intervallo T = [T0;T1] , in cui T0 sar l epoca iniziale e T1 quel-
la nale, e nel caso discreto da un insieme di epoche T = ft1;t2; :::;tng, tutte
susseguenti. Il sistema dinamico pu essere descritto come una funzione:x : T <!<n
ove x Ł quindi una funzione vettoriale del tipo:
x(t)=26666664 x1(t)x2(t)...xn(t)
37777775
le cui componenti rappresentano le variabili di stato del sistema all istante t 2T
. Per chiarire meglio il signi cato delle variabili di stato, si pensi ad esse come
se fossero le quotazioni dei titoli di un ipotetico portafoglio nanziario di un in-
vestitore: la prima componente potrebbe essere il corso tel quel di un BTP, la
seconda quello di un CCT, e cos via. I sistemi dinamici continui unidimensio-
nali si possono rappresentare gra camente mediante curve nel piano cartesiano
2
1.1 Introduzione
[T ;x(T )] ( g. 1.1).
Figura 1.1. Sistema dinamico continuo unidimensionale.
I sistemi continui bidimensionali sono invece rappresentabili gra camente nel-
lo spazio euclideo con gure tridimensionali ( g. 1.2).
Figura 1.2. Sistema dinamico continuo bidimensionale.
3
1 Sistemi continui e discreti
Per agevolare la loro rappresentazione, sovente Ł utile sottintendere il trascor-
rere del tempo, in modo tale da ottenere cos gure bidimensionali, rappresen-
tando soltanto i punti corrispondenti ad alcune date precise della funzione. Tale
espediente diviene necessario se si vogliono rappresentare sistemi tridimensiona-
li in spazi tridimensionali: rappresentazioni gra che di spazi di ordine superiore
non sono per ovviamente possibili.
I sistemi discreti unidimensionali si possono rappresentare come sequenze di
punti isolati nel piano [T ;x(T )] ( g. 1.3).
Figura 1.3. Sistema dinamico discreto.
Nei sistemi discreti si parla di una successione di date, che solitamente sono
intese come equidistanti: la distanza h tra una data e la successiva Ł detta passo,
ed Ł la ragione di una progressione aritmetica:
tn = t0 +nh
Se si prende h = 1 e come data iniziale oggi, quindi t0 = 0, si avr una succes-
sione di tempi per n periodi del tipo T 2 N = f0; 1; 2; :::;ng, (cfr. [15]).
4
1.2 Le equazioni differenziali
1.2 Le equazioni differenziali
Secondo la de nizione di dinamica economica dovuta a Frisch (1936) e perfezio-
nata da Samuelson (1947), un modello economico Ł dinamico se il suo compor-
tamento nel tempo Ł determinato da equazioni funzionali in cui entrano in modo
essenziale variabili a differenti punti del tempo (cfr. [23]). Risulta necessa-
rio quindi, spiegare il concetto di equazione funzionale: essa Ł un equazione la
cui incognita non Ł una variabile ma una funzione. Le equazioni funzionali che
meglio permettono di descrivere fenomeni in continuo mutamento, e quindi im-
piegate nello studio della dinamica economica, sono le equazioni differenziali ele
equazioni alle differenze nite.
Molti fenomeni, naturali e non, sono descritti da modelli in cui i valori va-
riano in proporzione alla loro entit . In una legge di capitalizzazione composta,
ad esempio, il valore di un capitale investito aumenta in relazione al suo valore
iniziale. I fenomeni che si comportano in questo modo possono essere descritti da
una relazione matematica di questo tipo:@y=@t = ky
ove la funzione y = y(t) misura l entit di una grandezza, il montante, mentre la
sua derivata misura la variazione rispetto ad un intervallo in nitesimo di tempo.
Quest ultima Ł pari al valore del capitale iniziale moltiplicato per uno scalare.
Questa equazione Ł detta equazione differenziale della crescita o del decadimento
esponenziale (cfr. [2]), poichØ, applicando le opportune trasformazioni, Ł possibile
notare che la sua soluzione Ł la funzione:y = Cekt
valida per qualsiasi valore della costanteC, con andamento crescente, decrescente
o costante al variare del valore del parametro k (si veda la g. 1.4).
5
1 Sistemi continui e discreti
Figura 1.4. Funzione della crescita o del decadimento esponenziale.
Le equazioni differenziali esprimono una relazione implicita o esplicita tra una
funzione e una o piø delle sue derivate. La de nizione Ł la seguente:
Def. 1.2 Un equazione differenziale Ł un equazione funzionale in
cui compaiono una o piø delle derivate di una funzione incognitay = f(t).
Esse possono essere distinte in due categorie: ordinarie, allorchØ la funzione incognita Ł una funzione di una sola varia-
bile, e di conseguenza compaiono una o piø derivate ordinarie y 0;y00;y000,
ecc.; alle derivate parziali, allorchØ la funzione incognita Ł funzione in due o piø
variabili, e di conseguenza compaiono delle derivate parziali.
Nel seguito ci si occuper soltanto delle equazioni differenziali ordinarie, sottin-
tendendo quindi tale aggettivo.
Si dice ordine di un equazione differenziale l ordine massimo delle derivate che
6
1.2 Le equazioni differenziali
compaiono in essa; il grado Ł invece l esponente massimo a cui Ł elevata la deri-
vata di ordine massimo. Di conseguenza un equazione differenziale ordinaria di
ordine n Ł una relazione della forma:F (t; y(t);y0(t);y00(t); :::;y(n)(t)) = 0 (1.1)
con F : <(n+2) !<.
L equazione Ł scritta in forma normale o canonica, quando la derivata di ordine
massimo Ł esplicitata in funzione delle altre:y(n)(t)=(t; y(t);y0(t);y00(t); :::;y(n 1)(t);b(t)) (1.2)
Qualora essa sia scritta come un equazione implicita, sar in forma non normale: (t; y(t);y0(t);y00(t); :::;y(n)(t);b(t)) = 0
Se nella (1.1) F Ł un polinomio di primo grado in y;y0;y00; :::;y(n) l equazione
si dice lineare. La sua forma generale Ł la seguente:a0(t) y(n)(t)+a1(t) y(n 1)(t)+:::+ an 1(t) y0(t)+an(t) y(t)=b(t) (1.3)
Se F nella (1.1) o nella (1.2) non dipendono esplicitamente da t, l equazione si
dice autonoma; inoltre se b(t) Ł pari a 0, l equazione si dice omogenea.
A titolo d esempio, la seguente equazione differenziale(y000)2 +2y00 +5(y0)3 =0
Ł un equazione differenziale di terzo ordine, secondo grado, omogenea e a coef -
cienti costanti.
La soluzione di un equazione differenziale si trova tramite l operazione di in-
tegrazione, essendo questa l operazione inversa della derivazione: quindi note le
derivate, integrando Ł sovente possibile trovare la funzione incognita del problema
in questione.
7
1 Sistemi continui e discreti
1.3 Il problema ai valori iniziali (o di Cauchy)
Una soluzione di un equazione differenziale Ł una relazione tra le variabili, espli-
citata in un equazione che Ł libera da derivate e che Ł concorde con l equazione
differenziale. Piø formalmente:
Def. 1.3 Si dice soluzione o integrale di un equazione differenziale
del tipo (1.2), una funzione y = y(t), de nita e differenziabile n-volte
in un intervallo I <tale che:y(n)(t)=(t; y(t);y0(t);y00(t); :::;y(n 1)(t);b(t)); 8t 2 I
L integrale generale di un equazione differenziale, Ł una famiglia di funzioni:x = (t; c) (1.4)
dipendenti dal parametro c che rappresenta tutte le possibili soluzioni dell equazione
(cfr. [27]).
Figura 1.5. Il fascio di funzioni.
8
1.3 Il problema ai valori iniziali (o di Cauchy)
In altre parole un equazione differenziale ha in nite soluzioni generali, che
differiscono tutte per una costante arbitraria c. Se non si hanno informazioni ag-
giuntive, si otterr come soluzione, un fascio di in nite funzioni tutte identiche,
ma a quote differenti (si veda in g. 1.5). Fissando nella (1.4) uno speci co valore
di c, si ottiene una soluzione particolare.
Risulta quindi molto importante, dopo aver trovato la soluzione generale di
un equazione differenziale, osservarne il comportamento imponendo una partico-
lare condizione iniziale, pensando che si debba partire da un determinato puntoP (x0;y0) nel piano cartesiano: questa tipologia di problemi Ł detta problema
ai valori iniziali o di Cauchy, ed in essi viene calcolato il valore della costante c
in modo da poter trasformare la soluzione da generale a particolare.
Def. 1.4 Per problema ai valori iniziali o di Cauchy relativo all equa-
zione, si intende la ricerca di un integrale dell equazione tale da sod-
disfare una condizione iniziale del tipo:x(t0)=x0
Ne deriva che, conoscendo l integrale generale, si possono determinare tutti gli
eventuali integrali particolari che soddisfano una data condizione iniziale, sce-
gliendo c in modo che x0 = (t0;c).
Non in tutti i casi per , la soluzione del problema di Cauchy esiste ed Ł unica:
occorre che alcune ipotesi di regolarit siano soddisfatte. Verr approfondito nel
paragrafo 1.8 l argomento riguardante le condizioni di esistenza e di unicit delle
soluzioni.
Oltre alle soluzioni particolari, ve ne possono esistere altre non ottenibili dalla
soluzione generale, particolarizzando la costante c: sono i cosiddetti integrali sin-
golari. Questi ultimi sono curve integrali tali che in ogni loro punto non sono
soddisfatte le ipotesi del suddetto teorema, pur essendo anch esse delle soluzioni.
9
1 Sistemi continui e discreti
Ci pu essere spiegato dal concetto di inviluppo di una curva: data una famiglia
di curve (t; x; c) = 0 dipendente dal parametro c, si dice inviluppo una curva
che Ł tangente in ogni suo punto ad una diversa curva della famiglia. Se l inte-
grale generale di un equazione differenziale ammette inviluppo, allora questo Ł
un integrale singolare.
Si pu determinare, per esempio la funzione f(x) la cui derivata Ł f 0(x) =6 x2 1 ed il punto iniziale Ł P (2; 10). La funzione f(x) si ricava integrando
ambo i membri dell equazione:f(x)=Z (6 x2 1) dx =2x3 x+ c
PoichØ f passa per P , il valore della costante c0 viene cos calcolato:10 = f(2)=2 (23) 2+c0
c0 =10 14 = 4
la soluzione particolare sar quindi la funzionef(x)=2x3 + x 4
1.4 Sistemi dinamici continui del primo ordine
Si supponga di osservare ora una funzione vettoriale x : < ! <n, che associa
all epoca t 2 < un vettore x(t) che descrive le quantit siche delle n merci. Si
ammetta che la sua variazione tra t e t + h, pari a x(t + h) x(t), possa essere
rappresentata nel seguente modo:x(t + h) x(t)=A(t) x(t) h+ o(h)
10
1.4 Sistemi dinamici continui del primo ordine
ove A(t) Ł la matrice dei coef cienti.
Dividendo ambo i membri per h e passando al limite per h! 0, si ottiene:x0(t)=A(t) x(t)
Ci che si Ł ottenuto, rappresenta un esempio di sistema di equazioni differenziali
lineari del primo ordine.
Piø in generale si parla di sistemi di equazioni differenziali di primo ordine in
forma normale o canonica, quando ci si riferisce alle scritture di questo tipo:x0(t)='(x(t); t)
con ' : <n <!<n.
¨ ora possibile dare la seguente de nizione che meglio precisa, da un punto di
vista formale, quella gi fornita.
Def 1.5 Un sistema dinamico Ł un insieme di 2 o piø equazioni
differenziali, in cui vi sono 2 o piø funzioni incognite.
Ci si occuper in particolare dei sistemi lineari, che in ambito economico trova-
no maggiore applicazione a casi concreti. Un sistema lineare del primo ordine di
dimensione n, rappresenta le variazioni istantanee delle n variabili come combi-
nazione lineare dei loro valori correnti. Esso si pu scrivere come:x0(t)=A(t) x(t)+b(t)
in cui:
x0(t)=26666664 x01(t)x02(t)...x0n(t)
37777775 Ann(t)=26666664a11 a12 ::: a1na21 a22 ::: a2n... ... . . . ...an1 an2 ::: ann
37777775
11
1 Sistemi continui e discreti
x(t)=26666664 x1(t)x2(t)...xn(t)
37777775 b(t)=26666664 b1(t)b2(t)...bn(t)
37777775
Il vettore x0(t) Ł il vettore che contiene le n derivate, la matriceA ha come elemen-
ti i coef cienti che legano i valori correnti delle variabili ai valori futuri e viene
denominata state-transition matrix o matrice di transizione,eb(t) Ł il vettore delle
costanti note. Per esteso, il sistema diventa:8>>>>><>>>>>>: x01(t)=a11(t) x1(t)+a12(t) x2(t)+:::+ a1n(t) xn(t)+b1(t)x02(t)=a21(t) x1(t)+a22(t) x2(t)+:::+ a2n(t) xn(t)+b2(t)...x0n(t)=an1(t) x1(t)+an2(t) x2(t)+:::+ ann(t) xn(t)+bn(t)
Se le equazioni non sono contraddittorie e sono in numero eguale alle funzioni
incognite, il problema Ł matematicamente risolvibile.
1.5 Le equazioni alle differenze nite
Si prenda ora in considerazione un sistema discreto. Esso presenter valori solo in
corrispondenza dei vari punti che rappresentano le diverse epoche: la variazione
tra uno di questi valori e il successivo Ł detto differenza. La differenza pu quindi
essere intesa come la variazione tra l epoca t e l epoca t+ h 1:4x = f(t+ h) f(t)
1
Tale spostamento pu essere inteso sia in avanti sia indietro , quindi Ł possibile prendere
un qualsiasi h arbitrario sia positivo sia negativo.
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