2
Soltanto nel 1865 si registrarono i primi cenni di normazione in
materia di vigilanza e tutela delle cose d’arte; in particolare, la
legge 25 giugno 1865 n. 2359 prevede, all’art. 83: “Ogni
monumento storico o di antichità nazionale che abbia natura di
immobile, e la cui conservazione pericolasse continuando ad essere
posseduto da qualche corpo morale o da un privato cittadino, può
essere acquistato dallo Stato, dalle province o dai comuni, in via di
espropriazione per causa di pubblica utilità”
2
. Ma soltanto con la
presa di Roma, nel 1870, si pose con tutta la sua urgenza, il
problema della tutela del patrimonio storico artistico nazionale.
L’estensione delle leggi italiane e, in particolar modo, del
codice civile del 1865, a tutti gli ex-territori pontifici, fece si che
venisse abolita la pratica del fedecommesso, istituto che serviva per
conservare i beni nell’ambito dei discendenti di una determinata
famiglia
3
, e unico vincolo esistente a quel tempo per la
conservazione dei musei e delle gallerie di Roma. L’esigenza di
assicurare protezione all’asse storico artistico nazionale si scontrava
con il radicalismo ideologico di chi, sostenendo la necessaria
2
Mattaliano E., Il movimento legislativo per la tutela delle cose d’interesse artistico e storico
dal 1861 al 1939, in Ricerca sui beni culturali, vol. I, Camera dei deputati, Roma, 1975, p. 3.
3
Torrente A.-Schlesinger P., Manuale di diritto privato, Giuffrè, Milano, 1990, p. 960.
3
abolizione dei fedecommessi, abbracciava il pensiero di Carlo
Armellini che, in una relazione al parlamento pontificio, affermò:
“L’ora della libertà che suonò per le persone doveva battere altresì
per le cose”
4
. La legge 28 giugno 1871 n. 276, risolse parzialmente
il problema, stabilendo il rinvio alle leggi preunitarie, per ciò che
concerne la tutela del patrimonio culturale, pur restando sciolti i
fedecommessi. Ma fu soltanto con il disegno di legge “Correnti”,
del 1872, che le camere iniziarono una serie di studi che portarono,
nel 1902, alle prime leggi organiche in materia di cose d’arte.
Il lungo e travagliato iter parlamentare che approdò alla
realizzazione della legge “Nasi”, dal nome dell’allora Ministro
dell’istruzione, 12 giugno 1902 n. 185, evidenzia, “…quali
resistenze si dovettero superare, in ordine alle incidenze sulla
proprietà privata che andavano ad essere prodotte in applicazione
della normativa sulle cose d’interesse storico e artistico…”
5
.
Compito del legislatore del 1902 fu di porre chiarezza, circa i
rapporti tra proprietà privata e cose d’arte oggetto di tutela,
affermando che il primo testo organico che prevedeva una
4
Parpagliolo L., Codice delle antichità e degli oggetti d’arte, vol II, Roma, 1913, p. 211.
5
Giannini M.S., Introduzione, in Ricerca sui beni culturali, vol. I, Camera dei deputati, Roma,
1975, p. XX.
4
disciplina unitaria per la tutela delle cose d’interesse artistico e
storico non voleva modificare il concetto di proprietà posto dal
diritto comune, ma stabilire le cautele necessarie ad impedire che i
proprietari dei beni tutelati potessero disporne causando un danno a
sé stessi ed un pregiudizio alla nazione.
La legge “Nasi” prevedeva, come presupposto per
l’individuazione di cose mobili e immobili suscettibili di
protezione, la dichiarazione di antichità e pregio; la legge del 1902,
parlava di opere di sommo pregio per indicare i beni tutelati ma non
prevedeva la medesima protezione per gli oggetti antichi da scavo,
di notevole importanza archeologica, ma sprovvisti della apposita
menzione di “pregio”.
Altra incongruenza di questa legge era la differente previsione
giuridica in merito all’utilizzo dell’interno e dell’esterno di un
immobile; le cui parti sottratte alla pubblica vista potevano essere
oggetto di modificazioni senza una previa autorizzazione richiesta
dal proprietario al Ministro della pubblica istruzione.
L’ideale superamento e completamento delle deficienze
evidenziate dalla legge del 1902, si ebbe con la legge 20 giugno
1909 n. 364 (legge Rosadi). Essa, “costituì un solido baluardo
5
contro cui, per lo più, si spuntarono le insidie che da varie parti
erano state mosse al patrimonio storico e artistico nazionale”
6
. La
“Rosadi”, all’art. 1, abolì il principio posto dalla legge “Nasi”, in
base al quale i beni protetti dovevano necessariamente essere iscritti
in un apposito catalogo ufficiale e definiti “pregiati”, e dichiarò
soggette alle sue disposizioni le “….cose immobili e mobili che
abbiano interesse storico artistico e archeologico”
7
.
La legge del 1909, disponeva inoltre, agli articoli 12, 13 e 14,
una rete protettiva a salvaguardia degli immobili pregevoli dal
punto di vista artistico, non solo in via diretta, vietando interventi di
demolizione o di restauro senza la necessaria autorizzazione del
Ministero, ma anche in via mediata, statuendo l’obbligo di
presentare i progetti di nuovi lavori pubblici che potessero anche
latamente incidere sul valore di un monumento. La legge “Rosadi”,
emanata sotto il governo di Giovanni Giolitti, rappresentò un
momento di indubbio progresso legislativo rispetto ai tentativi
precedenti, circa la tutela dell’asse storico artistico nazionale.
Per la prima volta si affermò con essa la necessità di pensare al
6
Mattaliano E., op. ult. cit., p. 21.
7
Mattaliano E., op. ult. cit.,p. 22.
6
“…bene architettonico come bene pubblico, come valore in sé
e per sé, da vivere e da fruire…”
8
, bisognoso di una tutela dello
Stato e non rimessa agli interessi dei privati proprietari. In seguito
emersero le pecche che condizionarono tutta la produzione
legislativa del periodo giolittiano, in particolare la legge “Rosadi”,
sotto il profilo della scarsa tutela delle istanze del proprietario nella
procedura di dichiarazione di interesse pubblico della cosa da
proteggere. Ma ciò non sminuisce l’importanza delle leggi del 1902
e del 1909, che fissarono criteri generali e permisero l’abbandono
della pratica “…di provvedimenti singoli, per questo e per quel
bene, in un epoca in cui prevale la concezione favorevole alla
proprietà libera da vincoli”
9
.
La rivoluzione legislativa del periodo giolittiano, sfocia, nel
primo dopoguerra, nella costituzione del sottosegretariato autonomo
per le Belle arti e le Antichità, poi soppresso dopo soli quattro anni
di vita dal regime fascista, separato dalla struttura della Pubblica
Istruzione, nella convinzione che “…cultura scolastica e cultura non
8
Spadolini G., Beni culturali. Diario, interventi, leggi, Vallecchi, Firenze, 1976, p. 113.
9
Cassese S., I beni culturali da Bottai a Spadolini, in L’amministrazione dello Stato, Giuffrè,
Milano, 1976, p. 155.
7
scolastica debbano trovare una diversa amministrazione coordinata
negli obiettivi finali ma distinta negli strumenti di esercizio”
10
.
Per ciò che concerne l’altra parte della trattazione storico
giuridica in esame, va rilevato che le prime velate manifestazioni di
tutela paesaggistiche furono fortemente condizionate dallo studio
della geografia
11
. Il prevalere, quindi, di una nozione meramente
descrittiva dell’oggetto dell’analisi in discorso, era consequenziale
al carattere della disciplina suddetta.
Coerentemente con questa visione espositiva del paesaggio, nel
periodo corrispondente all’intervallo fra le due guerre mondiali, vi
fu un rilancio della politica di conservazione e restauro che portò
alla emanazione di diverse leggi speciali, tra cui la legge 23 giugno
1912, n. 688 , in materia di protezione delle bellezze naturali e la
legge 11 giugno 1922, n. 788, sulle bellezze panoramiche. Con il
primo dei due provvedimenti poc’anzi citati, si operò un "innesto"
della tematica paesaggistica sulla legislazione precedente, in
particolare la legge 364/1909, le cui disposizioni furono applicabili
anche a ville, parchi e giardini, che avessero interesse storico e
10
Greco N., op. ult. cit., p. 40.
11
Galasso G., Storia del paesaggio e storia della civiltà agraria, in Nord-Sud, 1964, n. 52, pp.
90 ss..
8
artistico. Ciò denotava con chiarezza la carenza, nel panorama
legislativo italiano, di una legge relativa allo specifico segmento
della tutela del patrimonio paesaggistico.
Espressione di mera conservazione integrale delle qualità
paesistiche del bene protetto, sono alcuni testi normativi degli anni
venti, meritevoli di menzione nel novero dei provvedimenti di tutela
del periodo fascista poiché essi rappresentarono la prima
sistemazione di ciò che oggi definiremmo area naturale protetta,
nell'ambito del contesto territoriale nazionale. Essi sono: il r.d. 3
dicembre 1922, n. 1584, istitutivo del Parco nazionale del Gran
Paradiso e la legge 12 luglio 1923, n. 1511, istitutiva del Parco
nazionale d’Abruzzo, i quali pongono al 1° art. la finalità di
conservazione delle bellezze naturali.
A questi seguirono altri provvedimenti sempre orientati verso
la costituzione di aree naturali protette, in particolare la legge
istitutiva del Parco nazionale del Circeo (l. 25 gennaio 1934, n.
285), e quella istitutiva del Parco nazionale dello Stelvio (l. 24
aprile 1935, n. 740), che prevedevano oltre ad aspetti meramente
conservativi del bene paesaggistico anche finalità dirette alla
9
promozione, nel territorio del parco, dello sviluppo turistico e
dell’industria alberghiera.
Dall’analisi della legislazione “ante costituzione” nel settore
del paesaggio emerge, quindi, la presenza di previsioni relative a
forme di sviluppo socio-economico delle aree interessate, con
specifico riferimento ai valori del turismo e della fruizione
collettiva del paesaggio. Tali indicazioni furono recepite ed
assorbite dal dettato della successiva legge n. 1497/39, sulla
protezione delle bellezze naturali, circa la quale prevalse, almeno
secondo una scuola di pensiero risalente ai primi anni di
emanazione della legge stessa, l’impostazione tesa privilegiare gli
aspetti di tutela conservativa e la visione più fortemente estetico
impressionistica del paesaggio da intendere “…unicamente sotto il
profilo dei quadri naturali, che essi (i valori paesistici)
realizzano..”
12
.
Ciò premesso è possibile intravedere una naturale e logica
consequenzialità concettuale e di ispirazione tra la normativa del
1922 e quella del 1939. Gli sforzi dei cultori della materia furono
12
Sandulli, La tutela del paesaggio nella Costituzione, in Riv. giur. edilizia, 1967, II, pp. 72-
73. Nello stesso senso Grisolia, voce Arte, in Enc. Dir., III, 1959, Milano, pp. 111-112.
10
profusi nella realizzazione della legge 11 giugno 1922, n. 778,
che disciplinò per la prima volta la protezione paesaggistica e del
panorama.
La legge fu elaborata in un periodo in cui non era
particolarmente sviluppata l’attenzione per i problemi del
paesaggio. Infatti all’epoca la tutela era concepita con riferimento
alle “peculiari caratteristiche del territorio in cui il popolo vive e da
cui, come sorgenti sempre fresche, l’anima umana attinge
ispirazione di opere e di pensieri”
13
.
Quindi, nonostante le indubbie innovazioni introdotte dalla l.
778/22, la materia rimase quella disciplinata dalla precedente legge
20 giugno 1909
14
, n. 364, per le antichità e belle arti, e bisogna
attendere la l. 1089/39 (legge “Bottai”), per aver una forma di tutela
13
Queste parole sono contenute nella relazione al disegno di legge n. 204 “Per la tutela delle
bellezze panoramiche e degli immobili di interesse artistico”, (divenuto, poi, legge n. 778 del
1922, sulla cui base è stata poi redatta la legge del 1939, n. 1497), presentato il 25 settembre
1920, nel corso della XXV legislatura al Senato del Regno, dall’allora Ministro della Pubblica
Istruzione Benedetto Croce. La relazione può leggersi integralmente in Mattaliano E., op. ult.
cit., pp. 27 ss.
14
“L’art. 4 della legge 788/22, ripete la stessa formula dell’art. 14 della legge del 1909,
modificato dall’art. 3 della già menzionata legge n. 688/12, in ordine alla facoltà dell’autorità
governativa di imporre distanze, misure e altre norme necessarie in caso di costruzioni,
ricostruzioni ed attuazioni di piani regolatori affinché le nuove opere non danneggino l’aspetto
e lo stato di pieno godimento delle bellezze panoramiche di cui all’art. 1 della presente legge.”,
in Martini G., Disciplina urbanistica e tutela del patrimonio storico, artistico e paesistico,
Giuffrè, Milano, 1970, p. 27.
11
seppur indiretta per ciò che concerne le bellezze
panoramiche
15
. Ciò che la legge del 1922 non prevede, lacuna poi
colmata dalla l. 1497/39, è una forma di concertazione tra le allora
competenti amministrazioni dei Lavori Pubblici e della Pubblica
Istruzione, relativamente alla tutela paesistica; infatti, la l. 788/22
ribadiva il principio, già menzionato in precedenza, della
imposizione di distanze per impedire che le nuove opere
danneggiassero lo stato delle bellezze oggetto della legge
16
.
Soltanto con il r.d. di attuazione della l. 1497/39, si avrà una
disciplina organica rispetto al passato, intesa a conservare inalterato
l’aspetto dei luoghi oggetto della tutela in discorso perché
distinguibili per la loro non comune bellezza naturale; a tale scopo,
non limitando la potestà dei proprietari di alienare i beni ma
sottoponendo al controllo dell’amministrazione soltanto l’uso dei
beni stessi.
15
Martini G., op. ult. cit., p. 27: “La formulazione dell’art. 21 l. 1089/39 è più ampia circa la
protezione da accordare agli immobili protetti, in quanto mira ad evitare non solo che ne sia
danneggiata la prospettiva o la luce ma che ne siano alterate le condizioni di ambiente e di
decoro.”
16
“Ma la bellezza naturale o del paesaggio può essere alterata o danneggiata anche da lavori e
segnatamente da nuove costruzioni che si facciano fuori del perimetro degli immobili vincolati.
Nel disegno di legge, si è dovuto inserire una disposizione speciale la quale valga ad impedire
il godimento delle bellezze naturali e panoramiche sia comunque impedito, che la vista ne sia
ostacolata, che la prospettiva ne venga alterata, che nuove opere possano elevare come un
sipario dinanzi alla bella scena paesistica o portare in essa una nota stonata e sgradevole.”, in
Mattaliano E., op. ult. cit., p.30.
12
2. La disciplina dei beni culturali e ambientali alla luce delle ll.
1089/39 e 1497/39.
2.1. Tipologia dei beni culturali e ambientali.
Lo sforzo compiuto dal legislatore del tardo fascismo può dirsi,
a ragione, fondamentale nello studio dei meccanismi di tutela dei
beni artistici e paesaggistici; poiché “…rappresentò un autentico
complessivo programma di politica della cultura”
17
. In questo
disegno unitario di riforma legislativa e organizzativa trova
collocazione importante, la legge 1 giugno 1939 n. 1089, sulle cose
d’arte, considerate, principali beni culturali, assieme alle bellezze
paesistiche e agli archivi, rispettivamente disciplinate dalla legge 29
giugno 1939 n. 1497, e dalla legge 22 dicembre 1939 n. 2006.
La tutela delle cose d’interesse artistico e storico è,
essenzialmente, contenuta nella legge n. 1089/39 e successive sue
modificazioni, il cui art. 1 assoggetta al tenore della normativa: “le
cose, immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico,
archeologico e etnografico”
18
. Nella previsione della legge, sono
comprese le cose attinenti alla paleontologia e alle civiltà primitive;
17
Cassese S., I beni culturali da Bottai a Spadolini, op. cit, p. 156.
18
Falcone P.,Codice dell’urbanistica e dell’edilizia, annotato con la giurisprudenza, vol II,
UTET, Torino, p. 120.
13
le cose d’interesse numismatico, nonché manoscritti, carteggi,
documenti notevoli, libri rari e pregiati, ville, parchi e giardini che
abbiano un interesse storico. La formulazione contenuta nella prima
parte dell’art. 1, non esaurisce la categoria dei beni protetti; “le
elencazioni espresse devono intendersi come meramente
esemplificative di beni particolari compresi nella categoria
generale”
19
.
Deve, quindi, escludersi la tassatività della elencazione dei beni
oggetto di tutela storico artistica, poiché, in mancanza di una
definizione esaustiva, l’insieme dei beni protetti ex lege n. 1089/39,
è tutto ciò che presenta un determinato interesse meritevole di
protezione: l’intrinseco pregio storico artistico del bene esaminato.
La categoria dei beni tutelati è, necessariamente, aperta, esistendo,
come unico criterio classificatorio, l’interesse individuabile nel
bene in sé e per sé considerato, ovvero “la risultanza di una
operazione di giudizio necessariamente storicizzata, e quindi
correlata al momento storico in cui il giudizio viene reso”
20
.
La tutela predisposta dalla legge n. 1089/39, non riguarda
19
Grisolia M., La tutela delle cose d’arte, in Foro italiano, Roma, 1952, pp. 243 ss.
20
Alibrandi T., Beni culturali e ambientali, in Enciclopedia giuridica, Treccani, p. 2.
14
soltanto beni individuabili per il loro intrinseco valore storico
artistico; coerentemente con la formula aperta dell’art. 1, al
successivo art. 2, la legge protegge anche immobili privi di pregio
artistico, ma riconosciuti “...di interesse particolarmente importante
a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della
letteratura, dell’arte e della cultura in genere”
21
. Possono essere
oggetto di tutela, ai sensi della presente legge, non solo i singoli
beni, ma i complessi di beni o la serie di oggetti che, unitariamente
considerati, rivestono un eccezionale valore artistico.
Il legislatore predispone una rete di protezione anche per beni
meritevoli di tutela non in sé ma in quanto afferenti un determinato
contesto epocale o socio-politico, allorquando riconosce la
conservazione del bene storico, “testimonianza materiale di
civiltà”
22
, funzionale alla sua fruizione da parte della collettività.
La tutela legislativa del patrimonio culturale nazionale,
fortemente voluta dal Bottai, era completata dalla l. 1497/39,
21
Anzon A., Il regime dei beni culturali nell’ordinamento vigente e nelle prospettive di
riforma, in Ricerca sui beni culturali, vol. I, Camera dei deputati, Roma, 1975, p. 180.
22
Cassese S., op. ult. cit., p. 177.
15
relativa alla protezione delle bellezze naturali
23
, che, come in
precedenza affermato, si poneva come naturale complemento alla
dettagliata proliferazione di leggi speciali del primo decennio
dell’era fascista.
La protezione assicurata alle bellezze naturali dalla legislazione
precostituzionale, oggi esplicitamente abrogata ex art. 166 d. lgs. 25
ottobre 1999, n. 490, non era esaustiva
24
. Presupposto necessario ed
indefettibile per la tutela delle cose in oggetto era la dichiarazione
di notevole interesse pubblico, la quale era contenuta in un decreto
del Ministro della Pubblica Istruzione, il quale istituiva speciali
commissioni provinciali predisposte affinché venissero redatti
appositi elenchi delle bellezze panoramiche. Sul punto è illuminante
la previsione dell’art. 10 del regolamento attuativo della l .1497/39,
23
Art. 1 l. 1497/39: “Sono soggette alla presente legge a causa del loro notevole interesse
pubblico:
1) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità
geologica;
2) le ville, i giardini e i parchi, che non contemplate dalle leggi per la tutela delle cose
d’interesse artistico o storico, si distinguono per la loro non comune bellezza;
3) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore
estetico e tradizionale;
4) le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di
vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle
bellezze., in Torregrossa G., op. ult. cit., p. 275.
24
Per completezza di analisi si vedano, ad esempio, la legge 20 giugno 1935, n. 1251 sulla
costituzione dell’Ente Autonomo del Monte di Portofino, la legge 22 luglio 1939, n. 1450
(mod. con legge 6 giugno 1952, n. 678) sulla istituzione dell’Ente per la valorizzazione
dell’isola di Ischia, ed altri provvedimenti legislativi la cui rassegna dettagliata è argomentata
in Pasini, La tutela delle bellezze naturali, pp. 18 ss.