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1.1. Il progetto 3_is
Nell’affrontare varie tematiche di design, farò riferimento
all’esperienza compiuta nell’ambito del progetto di ricerca
3_is, che ho seguito personalmente all’interno del team del
Dipartimento di Scienze della Comunicazione.
Il lavoro di progettazione si è articolato sulla base di
tre attività contemporanee e concorrenti: la definizione di
obiettivi didattici, la produzione di concepts e l’analisi
delle attività tenutesi in aula.
Gli obiettivi didattici definititi sono legati alla
produzione di concepts e prototipi che permettano l’editing
situato e la costruzione dialogica dei contenuti in ambito
formativo. Per editing situato si intende il processo di
cattura, selezione, elaborazione e fruizione dei contenuti.
Questa attività, nella lezione tradizionale, si realizza
mediante la produzione di appunti scritti, realizzati dagli
studenti, o con la distribuzione di dispense da parte del
docente. La costruzione dialogica è, secondo il paradigma
dell’apprendimento collaborativo, un momento fondamentale
del processo formativo; infatti, attraverso l’interazione
tra docente e discenti si generano, spesso, nuovi contenuti
didattici, o nuove relazioni tra il materiale proposto.
Tali contenuti, generalmente, si perdono e ne rimane
traccia solo negli appunti degli studenti.
L’obiettivo della mia attività all’interno del progetto, è
stato quello di concepire un sistema di catalogazione
semantica dei contenuti, che permetta la cattura, la
ricerca, l’editing e la condivisione del materiale
didattico. Questo elaborato tratta dell’attività di ricerca
che ha portato alla definizione degli elementi concettuali
e dell’architettura che sarà alla base di tale artefatto.
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Il punto di partenza è stato l’analisi delle possibilità
offerte dall’uso delle tecnologie del World Wide Web (WWW),
ed in particolare agli sviluppi di quello che è stato
denominato Semantic Web (SW). Tale iniziativa, promossa dal
World Wide Web Consortium(W3C), è stata introdotta da Tim
Berners Lee, il creatore del WWW, con un articolo apparso
nel maggio 2001
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. Lo scopo del Semantic Web è quello di
permettere ai computer, attraverso l’uso di metadati
“semantici”, di operare in maniera automatica con i
contenuti veicolati attraverso applicazioni web.
Il progetto di ricerca si è sviluppato in un ambito
multidisciplinare, per questo il presente elaborato farà
accenni a contesti metodologici eterogenei. Del resto la
stessa attività di software design si pone al centro tra
le varie discipline che riguardano l’uso del computer:
l’ingegneria dell’hardware e del software, la
programmazione, le ricerche sui fattori umani, l’ergonomia.
[Terry Winograd, 1999].
1
Scientific American 5/2001 www.scientificamerican.com/2001/0501issue/0501berners-lee.html
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1.2. Software Design.
“What is design? ... It’s where you
stand with a foot in two worlds—the
world of technology and the world of
people and human purposes—and you try
to bring the two together”
Il ruolo del software designer ha molti aspetti in comune
con il ruolo di un architetto. Nella fase di progettazione
di un palazzo, l’architetto dovrà tenere in considerazione
molti aspetti. In primo luogo dovrà conoscere la scienza
dei materiali e le tecniche di costruzione, anche se poi
nell’atto pratico saranno degli ingegneri ad elaborare i
progetti, l’architetto dovrà sapere quali sono i limiti
fisici della struttura. Dovrà considerare l’uso ne faranno
coloro che ci andranno a vivere o a lavorare. Solo sulla
base di queste conoscenze potrà progettare il palazzo.
Così come l’architetto, il software designer deve tenere in
considerazione le possibilità che la tecnologia hardware e
software gli mette a disposizione, ma deve altresì valutare
le esigenze degli utenti per realizzare degli strumenti che
siano di facile utilizzo e che rispettino le modalità
cognitive dell’utente.
L’analisi da me svolta, che è il soggetto di questa tesi,
si è rivolta proprio verso queste due direzioni, da un lato
ho analizzato le tecnologie che permettono la gestione di
ampie basi di conoscenza garantendone la conservazione e
l’accesso, sulla base dei contenuti semantici. Dall’altra
ho valutato come tali tecnologie potranno essere applicate
in ambiente didattico e l’impatto che l’uso dell’artefatto
potrà avere sugli attori del processo di apprendimento.
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L’utilizzo di scenari d’uso, per rappresentare l’iterazione
tra uomo e computer, supporta il processo di design,
aiutandoci a comprendere ed a progettare applicazioni.
L’uso di strumenti digitali per l’archiviazione e
l’elaborazione di dati, ristruttura il modo in cui gli
uomini agiscono e pensano; creando nuove possibilità ma
anche nuove problematiche. Nel momento in cui si inizia la
progettazione di una nuova applicazione, si deve
considerare come l’utilizzo di tale artefatto inciderà nei
comportamenti dell’utente. Uno scenario è proprio una
rappresentazione delle attività che l’utente sarà chiamato
ad effettuare. L’uso degli scenari, nel contesto della
nostra sperimentazione, si è affiancato ad attività di
produzione di concepts e nello sviluppo di prototipi di
una serie di serie di artefatti hardware e software utili
al conseguimento degli obiettivi definiti.
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1.3. Tecnologie per l’apprendimento.
Nel piano d’azione dell’Unione Europea denominato e-
learning, si propone questa definizione:
“L’uso delle nuove tecnologie multimediali e di Internet
per migliorare la qualità dell’apprendimento agevolando
l’accesso a risorse e servizi nonché gli scambi e la
collaborazione a distanza”.
In questa definizione si pone l’accento sulle potenzialità
dell’uso delle tecnologie come supporto alla collaborazione
tra gli attori del processo formativo, all’accesso al
materiale didattico ed allo scambio di tale materiale.
Come mostrerò in questo elaborato, questi sono tre degli
obiettivi, che ci siamo posti nel momento in cui abbiamo
iniziato il lavoro di ricerca. Tuttavia, mentre la
definizione di e-learning, citata sopra, fa riferimento
esclusivo alla formazione a distanza, l’approccio proposto
nell’ambito del progetto 3_is prevede la convergenza delle
due modalità di fruizione del sapere, in presenza ed a
distanza, cercando di sommare i vantaggi dei due momenti.
L’insieme di attività che si realizzano in aula diventano,
anzi, il momento in cui si generano i contenuti didattici
che saranno fruibili anche a distanza.
A questo scopo, vedremo come, l’uso di tecnologie digitali
per la comunicazione e l’elaborazione amplia le
potenzialità di archiviazione e di fruizione dei contenuti
didattici da parte di discenti e docenti.
La fruizione a distanza di contenuti educativi, propria
delle applicazioni di e-learning, promette vantaggi e
nuove possibilità. Tra questi, il principale è dato dal
fatto che si superano le distanze fisiche e temporali,
favorendo l’accesso ai contenuti e rispondendo alle
esigenze di flessibilità degli studenti.
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Ciò comporta, tuttavia, la perdita della dimensione sociale
del processo di apprendimento. Infatti, l’attività
educativa, quando si svolge interamente a distanza riduce i
momenti di collaborazione tra docenti e discenti. E’,
quindi, opportuno superare la distinzione tra formazione a
distanza, che utilizza le tecnologie della rete, e la
formazione tradizionale basata sulla lezione frontale e
sull’uso di libri e appunti.
Si deve iniziare a concepire un ambiente nel quale, gli
artefatti basati sulla codifica digitale dell’informazione,
sono utilizzati in tutti i contesti del processo formativo.
A ben vedere, già da tempo, le tecnologie elettroniche e
digitali sono entrate nelle aule universitarie. L’uso di:
videoproiettori collegati a personal computer, in
sostituzione delle lavagne luminose o delle lavagne
tradizionali; microfoni ed registratori, che alcuni
studenti utilizzano per registrare l’audio delle lezioni, e
il web, dove già molti docenti pubblicano parte del
materiale didattico e che gli studenti utilizzano per le
proprie ricerche. Alcune di queste tecnologie si sono
integrate “naturalmente” nell’interazione tra docenti e
discenti, ed il loro uso è stato interiorizzato, aumentando
le potenzialità a disposizione di questi e migliorandone
l’apprendimento(Walter J. Ong, 1982).
Quello che ci siamo proposti è l’utilizzo diffuso di
tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la
realizzazione di un artefatto cognitivo che, supportando
l’attività formativa, si integri in modo trasparente nelle
attività messe in atto da docenti e discenti, nel contesto
del processo di insegnamento/apprendimento.
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1.4. Ubiquitous e pervasive computing.
“The most profound technologies are
those that disappear. They weave
themselves into the fabric of everyday
life until they are indistinguishable
from it.” (Mark Weiser, 1991)
Se si pensa alla scrittura, ci si accorge che l’uso di tale
tecnologia è oggi così interiorizzato, da noi umani, che si
ritiene questo metodo, utile a concettualizzare il suono
in segni grafici, una capacità “naturale” (Walter J. Ong,
1982). Ciò è dovuto ad un processo psicologico, infatti,
quando impariamo ad usare qualcosa sufficientemente bene,
ne perdiamo la consapevolezza. (Mark Weiser, 1991)
A differenza di ciò che accade con la scrittura, ancora
concepiamo il computer come un elemento tecnologico
artificiale, ciò implica che percepiamo come problematica
l’interazione con esso.
L’obiettivo degli studi in corso in molti centri di
ricerca, è quello di progettare dispositivi che permettano
l’interazione tra esseri umani e personal computer in modo
trasparente. Tale approccio è stato anche la base
dell’attività progettuale del nostro team; ci siamo infatti
concentrati nella ideazione di strumenti, che aggiungendo
capacità computazionale agli artefatti, usati
quotidianamente nell’attività didattica, permettessero
l’ampliamento delle potenzialità cognitive di tali
strumenti. Ad esempio, abbiamo ipotizzato l’uso di sistemi
che integrandosi nei comuni sistemi di scrittura basati su
carta e penna o su lavagne con pennarello, permettano oltre
alla normale fruizione anche la cattura del tratto e
l’archiviazione su supporti digitali.
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1.5. Apprendimento Collaborativo.
I contenuti della memoria universale
vengono riversati in Internet, così
come molte facoltà mentali vengono
delegate ai computer. Pensare e
ricordare diventano processi collettivi
che possono essere condivisi in tempo
reale. ( D. de Kerckhove, 1998)
In un’aula tradizionale il docente è visto come colui che
apporta conoscenza a dei discenti, il flusso del sapere
passa dall’insegnate agli studenti. In contrasto con questa
concezione il nostro approccio al processo formativo si
richiama ad una visione collaborativa della produzione di
conoscenza condivisa. Il docente è un soggetto con il
proprio bagaglio di conoscenza e di capacità che comunica
ai discenti, ma è aperto al confronto con le conoscenze e
le esperienze degli studenti, instaurando un processo
circolare di comunicazione attraverso il quale si può
produrre nuova conoscenza.
In questa visione costruzionista, il discente è un soggetto
attivo che non solo risponde agli stimoli, ma è coinvolto
in questo ambiente e cerca di attribuire significati ai
contenuti che gli vengono trasmessi. La sua conoscenza
viene generata attraverso questo processo interno e non
assorbita direttamente da una fonte esterna di sapere.
In questo contesto l’interazione con gli altri discenti e
con i docenti è un momento fondamentale del processo di
apprendimento.
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Alla base del paradigma sull’apprendimento collaborativo ci
sono le teorie di Vygotsky e Bruner che hanno influenzato
gran parte delle ricerche sull’importanza della
collaborazione tra docenti e discenti nel processo di
apprendimento. Vygotsky ha introdotto il concetto di “Zona
di sviluppo prossimale”. La zona di sviluppo prossimale è
la zona cognitiva entro la quale uno studente riesce a
svolgere, con il sostegno (scaffolding) di un adulto o in
collaborazione con un pari più capace, attraverso la
mediazione degli scambi comunicativi, compiti che non
sarebbe in grado di svolgere da solo.
L'ambiente d'apprendimento è un luogo, reale o virtuale, in
cui gli studenti possono lavorare insieme ed aiutarsi a
vicenda per imparare ad usare una molteplicità di strumenti
e risorse informative nel comune perseguimento di obiettivi
di apprendimento e di attività di problem solving.
Il tema principale nella teoria di Bruner è che
l’apprendimento è un processo attivo nel quale il discente
costruisce nuove idee o concetti sulla base del bagaglio
di conoscenza che ha interiorizzato. Il discente seleziona
e trasforma l’informazione, costruisce ipotesi e prende
decisioni, appoggiandosi ad una struttura cognitiva. Tale
struttura fornisce il significato ed un’organizzazione alle
esperienze e permette all’individuo di “fare un passo in
avanti rispetto all’informazione che gli è stata veicolata”
La premessa principale di queste teorie, è data dalla
constatazione che le funzioni intellettuali sono il
prodotto della storia sociale. Il linguaggio è lo strumento
attraverso il quale noi assorbiamo gli elementi culturale,
organizziamo il nostro pensiero e le nostre azioni.
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FIGURA 2. Processo di apprendimento collaborativo
Nel modello descritto in FIGURA 2 l’apprendimento è
descritto come un flusso interattivo in cui definiti gli
obiettivi didattici questi influenzano il materiale ed i
contenuti proposti dal docente. Tali contenuti sono
filtrati dal discente, i cui processi mentali sono
caratterizzati da una serie di fattori sociali e culturali.
Questi fattori modificano mediante l’interazione tra
docente e discente sia i contenuti, sia l’insieme delle
influenze che agiscono sul docente.
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1.6. 3_is e la catalogazione semantica dei contenuti
didattici.
Quando la memoria e l'elaborazione
dell'informazione (ossia il pensiero)
mutano sede, di solito è per fare
qualcosa di nuovo, qualcosa che non era
mai stato fatto prima nelle società
umane: così l'invenzione dell'alfabeto
ha reso possibile il pensiero
individuale; la televisione ha creato
una mente collettiva, e ora Internet
offre la possibilità di connettere le
menti dei singoli individui. ( D. de
Kerckhove, 1998)
L'utilizzo dei computer, dei nuovi mezzi multimediali e
della rete, può portare ad una profonda trasformazione
delle condizioni in cui avviene l'apprendimento. Non è più
importante, oggi, imparare qualcosa, ma sapere come si fa
ad accedere alle conoscenze.
In questo elaborato proporrò, l’architettura per un sistema
di archiviazione del materiale didattico che permette: la
cattura situata di contenuti didattici, la ricerca e
l’elaborazione di tali contenuti, la collaborazione a
distanza ed in presenza, l’integrazione della conoscenza
prodotta nel contesto della lezione con materiale presente
nel Web.
Tale architettura è stata elaborata nell’ambito del
progetto di sperimentazione didattica 3_is; questa prevede
la produzione di concepts e la sperimentazione di nuovi
artefatti, destinati all’editing situato ed alla produzione
dialogica di contenuti didattici. Ciò sarà possibile per
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mezzo di un sistema di indicizzazione semantica dei
contenuti mediante la produzione di metadati, così come
previsto dall’insieme di tecnologie e linguaggi che sono
alla base del Semantic Web.
Vedremo come, un ambiente basato su tali tecnologie
favorisca la collaborazione e lo scambio di contenuti
didattici, sia in presenza che a distanza.
Il presente lavoro si articola in quattro capitoli.
Nel secondo capitolo, analizziamo l’evoluzione del World
Wide Web dalla prima versione lanciata nel 1990, col primo
server http://info.cern.ch, ad oggi. Si pone in evidenza
l’evoluzione dei linguaggi utilizzati per creare i dati, e
soprattutto quella dei metadati atti alla descrizione dei
contenuti. In questo contesto evidenzieremo il ruolo del
World Wide Web Consortium (W3C), come autorità per la
definizione di standard per il web. Vedremo come, grazie
all’implementazione delle tecnologie e dei linguaggi
sviluppati nell’ambito del Semantic Web, potrà affermarsi
nel prossimo futuro una nuova generazione di applicazioni
“intelligenti”.
Il terzo capitolo descrive lo stato dell’arte nell’utilizzo
di tecnologie destinate alla didattica. Si farà
riferimento alla necessità della definizione di standard,
per quanto riguarda la produzione di applicazioni dedicate
all’apprendimento. Facendo riferimento alla diffusione del
concetto di learning objects all’interno di applicazioni
didattiche, sarà evidenziata l’importanza della produzione
di metadati al fine di garantire la fruizione dei contenuti
educativi.
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Saranno poi descritte le caratteristiche di due progetti
nei quali, metadati RDF permettono lo sviluppo di ambienti
per la collaborazione e lo scambio di materiale didattico:
Annotea ed Edutella.
Infine si esamineranno due progetti di ricerca: “Oxygen”
ed “e_Class”, che riguardano l’applicazione di varie
tecnologie in contesti collaborativi e formativi.
Il quarto capitolo descrive le azioni intraprese
nell’ambito della sperimentazione 3_is. In particolare si
fa riferimento alla metodologia utilizzata nelle diverse
fasi del processo di design dell’ambiente 3_is: la
definizione degli obiettivi, la produzione di concept,
realizzazione di mock up e prototipi, il testing e la
valutazione degli artefatti. Si proporrà un’architettura
per la realizzazione di tale ambiente, nel quale alla
produzione ed alla fruizione di oggetti di apprendimento, è
associata quella dei metadati utilizzati per descriverne il
contenuto semantico.
Nel capitolo conclusivo si mostreranno, mediante la
rappresentazione di scenari di envisioning, i risultati che
si potranno ottenere grazie all’implementazione
dell’artefatto concepito durante il progetto 3_is.
Attraverso l’analisi del modello d’archiviazione degli
oggetti d’apprendimento e dei metadati ad essi correlati,
verranno evidenziate le potenzialità nell’implementazione
di ambienti didattici. In particolare, si vedrà come
un’efficace catalogazione dei contenuti didattici, permette
il rapido accesso al materiale didattico archiviato, la
condivisione e lo scambio di conoscenza tra docente e
discenti.