CAPITOLO PRIMO
La famiglia multigenerazionale
1.1 Il quadro demografico della realtà familiare
1. Gli indicatori demografici
Per cogliere lo scenario su cui si muove la famiglia, è certamente utile, nonché
necessario, soffermarsi su una breve analisi delle tendenze demografiche che
caratterizzano, in modo particolare, il contesto italiano.
Alcuni indicatori, in modo specifico, rispondono all’esigenza di pervenire ad un
profilo che renda evidente la peculiarità della famiglia del suo essere un luogo
intergenerazionale.
Il primo indicatore disponibile è il tasso di fecondità che, dopo aver avuto un
progressivo aumento nel corso degli anni cinquanta, fino all’“esplosione” del baby
boom (1964), ha cominciato una vorticosa discesa, iniziata nella seconda metà degli
anni sessanta, che ha provocato un dimezzamento dei valori, che da una media
nazionale di 2,7 figli per ogni donna nel 1964 raggiungono 1,18 nel 1995, mentre il
valore relativo al 2000 è 1,25 (dato provvisorio ISTAT).
Tale valore colloca l’Italia ad un livello più basso nel panorama mondiale della
fecondità e, stando alla pura estrapolazione dei comportamenti attuali, la popolazione
italiana potrebbe subire, nell’arco di cinquant’anni, una vera rivoluzione strutturale
(Blangiardo, 1991). Il valore attuale complessivo del nostro Paese si trova notevolmente
al di sotto della soglia di 2,1 figli per ogni donna, che assicura la stabilità della
popolazione nel lungo periodo. Questo dato acquista un peso particolare se si pensa che
la dilatazione di questo fenomeno produrrà uno sconvolgimento tra le differenti classi
d’età, a favore delle fasce anziane. Dal 1995 la popolazione italiana sperimenta, infatti,
per la prima volta nella storia, uno scambio intergenerazionale, per cui il numero dei
ragazzi con meno di 14 anni viene superato dal numero degli ultra-sessantenni
(maggiori di 65 anni = 16% della popolazione; minori di 14 anni = 15%).
L’indice di vecchiaia, determinato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e
più e la popolazione fino a 14 anni di età, per 100, a livello nazionale, è in continuo
aumento: da un valore di 38,9 del 1961 ha raggiunto nel 2001 il valore di 127,0 (dato
stimato ISTAT), e si prevede, in meno di un decennio, un incremento dell’indice tale da
raggiungere il valore di 146,5 (previsioni ISTAT per il 2010).
Focalizzando l’attenzione sulla realtà della Sardegna, il cui indice di vecchiaia
(dato ISTAT del 1998) è pari a 100,9, si può notare una disomogeneità dello stesso
indice tra le province. Infatti, mentre nella provincia di Cagliari l’indice di vecchiaia
assume il valore di 95,1, nella provincia di Oristano raggiunge il valore di 122,0; nelle
province di Sassari e Nuoro l’indice di vecchiaia assume valori intermedi,
rispettivamente 100,5 e 105,7.
Gli andamenti del tasso di fecondità si sono differenziati a livello territoriale;
infatti nell’Italia settentrionale e centrale, anche durante il periodo del baby boom, una
natalità superiore ai due figli per ogni donna è stata una rarità, mentre nelle regioni del
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Sud il tasso, che in passato era superiore a tre figli, è calato al di sotto del livello di
sostituzione.
In Sardegna il numero di figli per donna in età feconda (dato ISTAT del 1996) è
pari a 1,0, valore che ben rappresenta la realtà delle singole province.
Il calo delle nascite è riconducibile ad un altro indicatore demografico, ossia il
tasso della nuzialità, in quanto il matrimonio viene ancora oggi considerato, in Italia, il
luogo “naturale” della filiazione.
Il tasso della nuzialità, come quello della natalità, ha subìto un marcato calo, sia
numericamente sia per una sempre più evidente fragilità dell’unione coniugale.
Gli elementi che, in sintesi, paiono connotare i comportamenti delle nuove
generazioni adulte possono essere identificate nei seguenti:
- rinvio della nascita del primogenito, testimoniato dal calo della fecondità
nei primi anni del matrimonio;
- innalzamento generale dell’età delle donne alla nascita del primo figlio;
- calo delle nascite di ordine superiore a 2.
Tra i fenomeni emergenti merita certamente un’attenta considerazione il
diffondersi della presenza del figlio unico all’interno della famiglia. Mentre sono stati
analizzati puntualmente i vantaggi che tale scelta può far derivare, non è stata offerta
una dettagliata analisi dei limiti e degli effetti negativi che, anche a lungo termine,
possono essere causati. Oltre alla possibilità, per il figlio, di fare esperienza della fratria
come “palestra sociale”, e per i genitori di sperimentare la relazione con un figlio
maschio e con una figlia femmina, la scelta del figlio unico si ripercuote nel vuoto
relazionale del futuro dei genitori, e degli stessi figli, nell’ultima fase della vita. Si
pensi, per esempio, al fatto che sul figlio unico grava interamente la cura dei genitori
anziani, sia a livello materiale che psicologico. Inoltre, al figlio unico che affronta la
fase anziana nella sua stessa vita viene a mancare quella relazione tra fratelli che, dalle
ricerche condotte, sembra assumere un’importanza sempre maggiore nel corso degli
anni. I fratelli assumono, infatti, una particolare funzione nella condivisione dei ricordi
che, come osserva Goetting (1986), arricchiscono e rendono meno solitaria o spoglia la
vita degli anziani.
Un esame attento di alcuni indicatori demografici, tra cui l’età al primo
matrimonio, l’età alla nascita del primo e dell’ultimo figlio, e l’aumento della durata
della vita media, permette di cogliere, in particolare nel passaggio da una generazione
ad un’altra, i cambiamenti di alcune fasi del ciclo vitale della famiglia, soprattutto nella
modificazione dei suoi ritmi e delle sue cadenze.
Il ciclo di vita di una famiglia può essere così descritto:
- fase iniziale breve, dalla costituzione della coppia alla nascita dei figli; si
ha un aumento dell’età media al matrimonio; la coppia rimane per un
breve intervallo senza figli e tende a concentrare la nascita dei figli nei
primi anni di matrimonio;
- fase centrale prolungata, dove la fase educativa centrale con figli dell’età
scolare si estende fino al periodo in cui vi è la compresenza di due
generazioni adulte; il fenomeno dell’adolescenza prolungata ha reso
necessario la suddivisione di questa fase in due periodi: la famiglia con
adolescenti e la famiglia con giovani adulti;
- fase di coppia anziana, che attualmente risulta più estesa a motivo della
combinazione dell’allungamento dell’età media e della concentrazione
delle poche nascite; tutto ciò rende possibile una nuova lunga stagione
per la coppia;
2
- Fase di vita in solitudine, in particolare per le donne.
Alcuni mutamenti demografici, soprattutto quelli relativi alla bassissima
fecondità e mortalità, hanno contribuito a creare non solo nuovi modelli familiari, ma
anche nuovi rapporti intergenerazionali all’interno della famiglia stessa: il cambiamento
nelle proporzioni tra le fasce generazionali di bambini, giovani, adulti e anziani, sono
contemporaneamente causa ed effetto delle diverse relazioni e dei diversi
comportamenti che fra esse e in esse sono instaurati
(Golini e Silvestrini, 1995).
La fase di procreazione, nella quale la coppia è impegnata all’inizio della vita
familiare, tende a ridursi sotto il profilo temporale e ad essere caratterizzata da una
differenza tra le età dei figli più breve.
La fase del “nido vuoto” si estende: ciò produce, anche a livello psicologico,
nuovi spazi sia per l’individuo sia per la coppia di mezza età, e si fa più graduale il
trascorrere della vecchiaia. E’ interessante osservare come in una famiglia in cui tra
l’età del primo figlio e quella dell’ultimo ci sono quindici-vent’anni di differenza
(modello di famiglia frequente del passato), la fase di vuoto generazionale risulta,
sostanzialmente, inesistente poiché, all’uscita di casa dell’ultimo figlio, era già presente
una giovane generazione, cioè i figli dei primi figli.
Oggi si è in presenza, invece, di un fenomeno per cui i giovani adulti tendono a
protrarre il periodo di permanenza nelle loro famiglie di origine e a procrastinare il
progetto generativo; tutto ciò genera una fase di discontinuità nella quale possono essere
presenti nella stessa abitazione e nucleo familiare, per un intervallo di tempo alquanto
lungo, due generazioni adulte.
Le relazioni tra gli adulti diventano cruciali, proprio perché il ciclo di vita si
allunga nella fase adulto/anziana. E’ presente, infatti, una duplicità di fenomeni
significativi in tal senso: i giovani adulti prolungano la loro permanenza nella famiglia
d’origine e la fase anziana della famiglia assiste ad un suo dilatarsi in senso temporale.
Oggi l’asse di scambio si concentra tra e all’interno delle generazioni adulte, in cui si
manifestano nuove dinamiche di differenziazioni in questo tipo di relazioni.
2. Nonni e nipoti: le principali caratteristiche demografiche
Un secolo fa la durata della vita media rendeva difficile che una persona potesse
veder nascere tutti i suoi nipoti e li vedesse crescere; le condizioni odierne rendono
radicalmente nuovo il rapporto tra le generazioni e permettono agli anziani di
intrattenere rapporti prolungati con i loro nipoti. Del resto, le aumentate necessità di
cura dei bambini in una società complessa fanno sì che i nonni (e in particolare le
nonne) si trovino spesso a svolgere un ruolo importante nella vita quotidiana
dell’infanzia.
In Italia i nonni sono 10 milioni e 819 mila, cioè il 38,4% della popolazione con
più di 40 anni e la quota di nonni sulla popolazione, ovviamente, aumenta al crescere
dell’età; le donne sono più degli uomini (su 100 nonni, 40 sono maschi e 60 sono
femmine), sia per la maggiore durata media della vita femminile, sia perché le donne
diventano nonne in età più giovane.
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N° di nonni
di 40 anni e
più
(in migliaia)
per 100
persone di
40 anni e più
N° di nonni di
65 anni e più
(in migliaia)
per 100
persone di
65 anni e più
Maschi 4.328 33,0 2.851 70,2
Femmine 6.491 43,1 4.084 71,3
Totale 10.819 38,4 6.935 70,8
Tab. 1: Nonni per sesso
Metà delle donne da 55 a 64 anni sono nonne, contro il 37,9% degli uomini, ma
nelle età più anziane le differenze di genere tendono a diminuire. Oltre i 74 anni di età
solo un quarto dei maschi e delle femmine non ha nipoti.
CLASSE D’ETA’ Maschi Femmine Totale
40-54 anni 4,6 10,8 7,7
55-64 37,9 51,5 45,0
65-74 66,7 69,0 68,0
75 e più 76,5 74,6 75,3
Tab. 2: Nonni per sesso e classe di età
(per 100 persone dello stesso sesso e classe di età)
La distribuzione dei nonni sul territorio nazionale non è omogenea.
Rispetto alle altre ripartizioni territoriali al Sud i nonni sono di più (41,7%
contro il 34,3% del Nord-ovest) e più giovani: ben il 40% dei nonni residenti nel sud ha
meno di 65 anni, contro il 32,8% dei nonni del Nord-ovest.
RIPARTIZIONE
nonni per 100
persone di 40 anni
e più
nonni per 100
persone di 65 anni
e più
Nord-ovest 34,3 66,5
Nord-est 38,7 70,8
Centro 40,3 72,5
Sud 41,7 75,0
Isole 38,2 70,4
Totale 38,4 70,8
Tab. 3: Nonni per ripartizione territoriale
(per 100 persone della stessa ripartizione)
4
RIPARTIZIONE
nonni con
meno di 65
anni per 100
nonni
nonni con 65
anni e più per
100 nonni
Totale
Nord-ovest 32,8 67,1 100,0
Nord-est 34,5 65,4 100,0
Centro 35,0 65,1 100,0
Sud 40,0 60,0 100,0
Isole 38,5 61,4 100,0
Totale 35,9 64,1 100,0
Tab.. 4: Nonni per ripartizione territoriale e grandi classi di età
A livello regionale, la quota più elevata di nonni si registra nel Molise, Abruzzo
e Calabria (sopra il 45%), mentre in Campania si registra la quota maggiore di nonni più
giovani con meno di 65 anni (42,8% dei nonni).
La metà dei nonni ha 1 o 2 nipoti, mentre solo un quarto ha 5 nipoti o più.
Inoltre, i nonni del Nord e quelli residenti al Sud hanno un numero di nipoti diverso.
La maggioranza dei nonni del Sud ha 4 nipoti o più, mentre la maggioranza dei
nonni del Centro-Nord ne ha 1 o al più 2. Il numero di nipoti risente degli effetti delle
diverse scelte riproduttive effettuate dalla generazione dei nonni e da quella dei loro
genitori nelle varie aree del paese.
Numero di nipoti
RIPARTIZIONE 1 2 3 4 5 e più Totale
Nord-ovest 30,6 31,8 13,6 9,8 14,2 100,0
Nord-est 32,7 26,2 15,6 10,2 15,3 100,0
Centro 26,0 27,8 16,8 12,3 17,1 100,0
Sud 15,6 19,0 13,7 12,6 39,1 100,0
Isole 16,7 21,8 14,7 12,1 34,7 100,0
Totale 25,0 25,7 14,8 11,3 23,2 100,0
Tab. 5: Nonni per numero di nipoti e per ripartizione territoriale
(per 100 nonni della stessa ripartizione territoriale)
5
E’ così che nel Mezzogiorno la quota di nonni che ha cinque o più nipoti si
attesta sul 35-40%, mentre è intorno al 15% nelle ripartizioni del Nord dove, al
contrario, sono più del 30% i nonni di un solo nipote.
In sintesi, si può affermare che, nelle diverse aree del paese, non è diversa solo
la probabilità che ha una persona di diventare nonno, ma soprattutto il numero di nipoti
che un nonno può aspettarsi di veder nascere.
Dal punto di vista del livello di istruzione e della condizione professionale, si
rileva che i nonni sono per oltre i tre quarti persone con titolo di studio molto basso,
nella condizione di pensionati o casalinghe. Sono le nonne le meno istruite: quelle con
licenza elementare e senza titolo rappresentano più dell’80%. Nel dettaglio:
TITOLO DI
STUDIO
Maschi Femmine Totale
Laurea, diploma 12,4 6,9 9,1
Licenza media 17,9 12,5 14,6
Elementare,
nessun titolo
69,7 80,6 76,3
Totale 100,0 100,0 100,0
Tab. 6: Nonni per sesso e titolo di studio
(composizione percentuale)
CONDIZIONE
NELLA
PROFESSIONE
Maschi Femmine Totale
Occupati 17,9 6,1 10,9
Ritirati dal
lavoro
76,8 38,4 53,7
Casalinghe -- 45,7 27,4
Altra condizione 5,3 9,8 8,0
Totale 100,0 100,0 100,0
Tab. 7: Nonni per sesso e condizione nella professione
(composizione percentuale)
Il contesto familiare in cui i nonni sono inseriti è diverso per gli uomini e per le
donne; infatti, ad oltre l’87% di nonni maschi che vive in coppia (con figli o senza
figli), corrisponde il 57% di nonne nella stessa situazione. Per contro, una nonna su
quattro vive da sola, contro l’8,4% dei nonni.
Infine, l’8,6% delle nonne vive con figli, come unico genitore, e il 9,2% come
membro aggregato ad un nucleo familiare. Per i maschi, queste ultime percentuali sono
pari rispettivamente a 2,8% e 2,2%.
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Riassumendo:
CONTESTO
FAMILIARE
Maschi Femmine Totale
Coppia senza
figli
56,2 36,8 44.5
Coppia con
figli
31,1 20,2 24.6
Monogenitore 2,1 8,6 6.0
Single 8,4 25,2 18.5
Membro
aggregato a
nucleo
familiare
2,2 9,2 6.4
Totale 100,0 100,0 100,0
Tab. 8: Nonni per sesso e contesto familiare in cui sono inseriti
(composizione percentuale)
La convivenza tra nonni e nipoti è una situazione oggi non frequente, ma che,
soprattutto in alcune aree del paese, presenta ancora una certa rilevanza.
RIPARTIZIONE
Vivono con
tutti i nipoti
Vivono con
alcuni dei
nipoti
Non vivono
con i nipoti
Totale
Nord-ovest 3,4 4,4 92,2 100,0
Nord-est 4,3 6,7 89,0 100,0
Centro 5,8 6,7 87,5 100,0
Sud 2,9 6,0 91,1 100,0
Isole 2,9 3,5 93,6 100,0
Totale 3,9 5,6 90,5 100,0
TAV. 9. Nonni per convivenza con i nipoti e ripartizione territoriale
(per 100 nonni della stessa ripartizione territoriale)
Come si può notare, nel complesso la coabitazione delle generazioni risulta
attualmente modesta; si registra comunque che quasi il 10% dei nonni abita nella stessa
casa con almeno un nipote. La ripartizione territoriale in cui la convivenza è più
frequente è il Centro, seguita dal Nord-Est, mentre nelle Isole se ne rileva la quota
minore.
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Convivono di più con i nipoti i nonni più anziani: il 15,5% dei nonni con almeno
75 anni. Inoltre, ad eccezione della classe di età 40-54, sono le nonne a vivere più
spesso insieme ai nipoti (in complesso l’11,2% contro il 7,1%).
NONNI
CONVIVENTI
Maschi Femmine Totale
40-54 10,6 7,7 8,6
55-64 6,1 7,6 7,0
65-74 5,3 9,0 7,4
75 e più 10,2 18,6 15,5
Totale 7,1 11,2 9,5
Tab. 10: Nonni che vivono con almeno un nipote per sesso e classe di età
(per 100 nonni dello stesso sesso e classe di età)
Anche quando non vivono insieme, nonni e nipoti spesso abitano vicini: oltre il
44% dei nonni ha almeno un nipote che abita nel raggio di un chilometro.
I rapporti tra nonni e nipoti risultano essere piuttosto continui e si mantengono
anche al crescere dell’età dei nipoti. La frequenza con cui nonni e nipoti che non abitano
insieme si vedono o si sentono telefonicamente tende ad essere elevata e si accentua nel
caso di nipoti più piccoli: nel 77,8% dei casi i nonni si vedono con i nipoti con meno di
14 anni almeno qualche volta alla settimana e il 57,6% si sente telefonicamente con la
stessa frequenza.
RIPARTIZIONE
Vedono i nipoti
qualche volta a
settimana
Sentono i nipoti
al telefono
qualche volta a
settimana
Nord-ovest 71,9 54,2
Nord-est 68,1 47,5
Centro 69,5 53,5
Sud 73,0 53,2
Isole 73,7 56,0
Totale 71,1 52,7
Tab. 11: Nonni che vedono o sentono al telefono almeno un nipote
qualche volta la settimana, per ripartizione territoriale
(per 100 nonni della stessa ripartizione territoriale)
8
• Il contributo alla cura dei nipoti
Il 58% dei nonni - pari a circa 6 milioni 275mila persone - ha almeno un nipote
con meno di 14 anni. Questa percentuale diminuisce con il crescere dell’età: l’84,5% dei
nonni fino a 65 anni ha un nipotino, contro il 20,1% dei nonni di 75 anni e più.
Rispetto alla popolazione complessiva di nonni, quelli che hanno nipoti "piccoli"
sono più giovani, presentano livelli di istruzione più elevati e sono più spesso impegnati
nel mondo del lavoro (il 10,9% è laureato e il 17,7% è diplomato, contro
rispettivamente il 9,1% e il 14,6% della popolazione totale dei nonni; il 15,3% è
occupato, contro il 10,9%).
La maggioranza dei nonni che ha nipoti fino a 14 anni contribuisce in qualche
modo alla loro cura. Infatti, complessivamente, l’84,2% di questi nonni si prende cura
dei nipoti almeno in qualche occasione. In effetti, solo i nonni molto anziani (oltre i 75
anni) mostrano un coinvolgimento minore, seguiti da quelli della fascia di età più
giovane (40-54 anni), tra i quali va considerato che è maggiore la quota degli occupati.
Inoltre, le nonne sono più spesso partecipi della vita quotidiana dei nipotini: solo il 13%
delle nonne non si occupa mai di loro, contro il 18,8% dei nonni.
I tipi di contributo dati dai nonni non conviventi alla cura dei nipoti sotto i 14
anni sono molti e diversi. I nonni in maggioranza contribuiscono alla cura dei nipoti in
modo non continuativo. Il tipo prevalente di contributo è fornito per impegni
occasionali dei genitori, seguito dalla cura prestata mentre i genitori lavorano. La
principali occasioni di coinvolgimento sono indicate nella tabella seguente:
TIPO DI CURA Maschi Femmine
Non curano mai 18,8 13,0
Mentre i genitori
lavorano
27.2 31.9
Impegni occasionali
dei genitori
33.6 38.6
Tempo libero dei
genitori
12.3 15.2
Periodi di vacanza 10.9 11.8
Quando il bambino
è malato
9.1 13.0
In caso di
emergenze
21.5 23.9
Altro 1.8 1.4
Tab. 12: Nonni di nipoti con meno di 14 anni per sesso e tipologia di cura fornita
(per 100 nonni con le stesse caratteristiche)
9
TIP0 DI CURA 40-54 anni 55-64 anni 65-74 anni 75 anni e più
Non curano mai 17,3 13,8 14,7 26,6
Mentre i genitori
lavorano
27.5 30.9 32.2 18.0
Impegni
occasionali dei
genitori
37.8 38.2 35.0 32.4
Tempo libero dei
genitori
18.1 15.9 11.2 11.4
Periodi di
vacanza
11.1 10.1 13.1 10.2
Quando il
bambino è malato
10.2 12.3 11.5 7.8
In caso di
emergenze
21.1 22.7 24.3 19.1
Altro 1.9 2.0 1.0 1.8
Tab. 13: Nonni di nipoti con meno di 14 anni per classe di età e tipologia di
cura fornita (per 100 nonni con le stesse caratteristiche)
TIPO DI CURA
Laurea o
diploma
Media
Elementare o
nessun titolo
Non curano mai 17,4 14,5 15,8
Mentre i genitori
lavorano
24.5 30.3 30.5
Impegni
occasionali dei
genitori
36.3 35.4 36.7
Tempo libero dei
genitori
16.9 16.2 12.9
Periodi di vacanza 13.9 11.3 11.0
Quando il
bambino è malato
11.0 13.3 10.8
In caso di
emergenze
27.3 26.2 21.3
Altro 1.3 2.3 1.4
Tab. 14: Nonni di nipoti con meno di 14 anni per titolo di studio e tipologia di
cura fornita (per 100 nonni con le stesse caratteristiche)
La partecipazione dei nonni alla cura dei nipoti varia principalmente in funzione
del loro sesso e della loro età, ma anche a seconda del titolo di studio.
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