4
Una volta esaminati, i profili evolutivi dell’ istituto, le sue caratteristiche, il
procedimento e i poteri riconosciuti al tribunale in tale sede, si procederà con
l’analisi degli altri mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento contro le
ordinanze in materia di misure cautelari personali, descrivendo le caratteristiche
peculiari di ciascuno, le principali diversità e affinità degli stessi rispetto
all’istituto del riesame, ed in particolare i rapporti tra quest’ ultimo e la revoca.
Semplicità, chiarezza e sintesi saranno gli obbiettivi di questo lavoro, nella
speranza che il legislatore, i giuristi e la giurisprudenza proseguano nell’arduo
compito di raffinare, nel tempo, gli aspetti ancora controversi dell’ istituto.
Un ringraziamento speciale alla dott.sa Raffaella Marini, per la preziosissima
collaborazione prestatami nella realizzazione di questo lavoro.
5
CAPITOLO I
PROFILI GENERALI DELLE MISURE CAUTELARI
1.1 I PRESUPPOSTI DELLE MISURE CAUTELARI ANCHE ALLA LUCE
DELLA LEGGE 8 AGOSTO 1995, N. 332
Ogni indagine che abbia ad oggetto la tutela del diritto alla libertà personale e lo
studio delle sue limitazioni, non può non prendere le mosse dall’analisi delle
disposizioni contenute nella Costituzione. Le misure cautelari sono, infatti,
provvedimenti provvisori immediatamente esecutivi che incidono proprio su
alcune delle libertà fondamentali garantite dalla Carta Costituzionale, tra le
quali, assume un’importanza preponderante la libertà personale solennemente
proclamata all’art. 13 della Cost.
1
. Dalla norma ricaviamo l’inviolabilità’ del diritto
alla libertà personale e, al contempo, i principi di tassatività e di riserva di legge
2
che rendono il nostro sistema chiuso, ossia un sistema dove non esistono, né
possono esistere, misure cautelari non previste e disciplinate dalla legge. L’art.
13 della Cost. non è l’unica disposizione sovraordinata a dettare i principi
generali in tema di misure restrittive della libertà personale: essa va infatti
correlata con l’art. 27 che, al secondo comma, sancisce un principio cardine in
materia de libertate: ”l’ imputato non è considerato colpevole sino alla condanna
definitiva”
3
. Si tratta di una regola di trattamento dell’imputato in virtù della quale
1
Art. 13 “la libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, d’ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra
restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità’ giudiziaria e nei soli casi e modi
previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità’ di pubblica
sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore
all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore,si intendono revocati
e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva”. In dottrina si cfr.: V. Grevi, voce
Libertà personale, in Enicl. dir., vol. XXVI, 1989, p. 315 ss.; Bresciani, voce Libertà personale, in Dig.
disc. pen. 1993, pp. 438-460; P. Caretti, voce Libertà personale, in Dig. disc. pubb. 1994, pp. 231-253;
M. Chiavario, Libertà personale-diritto processuale penale, in Encicl. giur. Treccani, vol. XIX, III, Roma
1990, p. 1ss..
2
Vedi art. 13 comma secondo Cost.: ”Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o
perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’
autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.
3
Sul ”principio di non colpevolezza”, (o “presunzione di innocenza”) fino alla condanna definitiva, vedi:
Pierro, il giudicato cautelare, Torino 2000, p. 23 ss. e Tonini, Manuale di procedura penale, Milano
2001, p. 290 ss..
6
lo stesso, essendo in attesa di giudizio, non può essere equiparato ad un
soggetto colpevole, nei cui confronti cioè, è intervenuta una sentenza definitiva
di condanna. Da ciò deriva che le restrizioni di libertà ante iudicatum non
possono rappresentare un’anticipazione provvisoria della sanzione penale
applicabile, in seguito all’intervento della sentenza di condanna, ma soltanto
strumenti processuali giustificati dall’esistenza di un pericolo per il procedimento
penale e per la società
4
. Da ciò possiamo ricavare come le due norme
costituzionali suddette siano strettamente connesse e costituiscono il combinato
disposto disciplinante il bilanciamento tra l’ interesse del singolo alla libertà
personale e l’ interesse collettivo al regolare svolgimento del processo per
assicurare un sistema giudiziale efficace. La presunzione di non colpevolezza è
posta dal costituente a difesa della libertà personale, che è inviolabile fino al
momento in cui verrà emanata la sentenza di condanna. Peraltro, l’art. 13 Cost.
presenta una formulazione generica in quanto non permette una compiuta
delimitazione dei criteri e delle situazioni identificabili negli interessi che,
prevalendo sulla libertà personale, ne autorizzano la restrizione prima della
formazione di un giudicato penale di condanna, provocando, così, una lacuna
nel sistema, comunemente nota come “vuoto di fini”
5
. Ciò, si traduce in una più
ampia autonomia del legislatore ordinario nella predisposizione delle norme
d’attuazione del disposto costituzionale.
I suddetti principi hanno acquisito un’importanza fondamentale, anche al di là
dei nostri confini, grazie al riconoscimento internazionale dovuto
all’approvazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali firmata a Roma nel novembre del 1950, e del Patto
internazionale sui diritti civili e politici firmato a New York nel dicembre del
4
Pierro, il giudicato cautelare, Torino 2000, p. 27 ss. rileva come dall’art. 27 primo (“La responsabilità
penale è personale“) e secondo comma si desume, in materia di misure cautelari,”la personalizzazione
dell’ accertamento” in quanto, essendo decisioni prese “rebus sic stantibus” subiscono un mutamento
naturale in seguito al cambiamento dei presupposti che ne hanno giustificato l’ emanazione temporanea.
Pertanto, eventuali norme, che prevedessero presunzioni legali assolute intorno alle ragioni della
limitazione della libertà, risulterebbero costituzionalmente illegittime, dovendo le esigenze cautelari esser
oggetto di una valutazione specifica, in base, cioè, alla posizione dell’imputato, e successivamente
rivedibile in qualsiasi momento. In questo modo l’esercizio del potere coercitivo è commisurato alla
situazione di fatto esistente.
5
Espressione utilizzata per la prima volta da Elia, Le misure di prevenzione tra l’ art. 15 e 25 della
Costituzione, in Giur. Cost. 1964, p. 938; Pierro, op. cit. p. 22.
7
1966
6
. Il nuovo codice di procedura penale del 1988, ha cercato di conformare
la disciplina delle misure cautelari, contenuta nel quarto libro, ai principi generali
in materia enunciati da questi trattati. Nel sistema di tipo inquisitorio delineato
dal codice del 1930, l’unica misura cautelare prevista era la custodia preventiva,
che aveva come scopi quelli di indurre l’ imputato a confessare, prevenire la
commissione di nuovi reati, difendere la società e realizzare la pretesa punitiva
dello Stato. In pratica, tale misura svolgeva una funzione equiparabile a quella
della pena, perché vigeva un sistema in cui gli interessi collettivi, impersonali
dello Stato prevalevano su quelli eventualmente in contrasto dei singoli
individui. Le esigenze del singolo erano sacrificate innanzi alle superiori
esigenze di tutela della società: al centro del sistema, infatti, c’erano lo Stato e i
suoi organi, tanto che tutti i poteri erano concentrati nelle mani del giudice
inquisitore, per un migliore accertamento della verità, il quale poteva, per
placare l’allarme sociale creatosi in seguito alla commissione del reato, disporre
la custodia preventiva anche sulla base di semplici sospetti, cioè, su indizi e
non su elementi probatori notevoli, per il solo fatto che un reato era stato
commesso. L’imputato era considerato presunto colpevole ed inoltre la sua
difesa, nella fase istruttoria, era alquanto scarna: il difensore poteva prendere
visione degli atti e dei documenti ed estrarne copia solo dopo la requisitoria del
p.m., al quale, era attribuito il potere di disporre, al pari al giudice inquisitore, la
custodia preventiva in carcere. Tra l’altro, quale corollario del sistema, erano
anche previsti casi di cattura obbligatoria. In seguito all’entrata in vigore della
Costituzione si sono susseguite riforme parziali ma organiche, delle disposizioni
codicistiche, grazie anche agli interventi della Corte Costituzionale, volti ad
adeguare le norme codicistiche ai principi della Costituzione. L’effetto è stato
quello di pervenire oggi, con il codice vigente, ad un sistema misto ma
prevalentemente accusatorio, dove la libertà personale rappresenta la regola,
mentre la custodia preventiva, divenuta oggi cautelare, rappresenta l’eccezione,
e dove sono scomparse anche le ipotesi d’obbligatorietà nell’adozione del
6
Vedi artt. 5 e 6, n. 2 Conv. Europea diritti dell’uomo e Patto internazionale sui diritti civili e politici art.
9 e art. 14 n. 2.
8
provvedimento restrittivo; in pratica l’esatto opposto del sistema del codice
precedente
7
.
Il collegamento tra la Costituzione e la norma positiva è fornito in particolare,
dagli artt. 272 e 273, contenuti nel titolo I del libro quarto del codice di
procedura penale
8
. Mentre nel primo articolo è affermato il principio di
tassatività volto a creare un fondamento generale ed una delimitazione per
l’esercizio del potere cautelare,il secondo, reca le condizioni generali di
applicabilità delle misure. L’art. 273 pone come condizione generale per
l’adozione di provvedimenti limitativi della libertà personale, da parte dell’organo
giurisdizionale, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza
9
. La sussistenza
di tale indizi va valutata dal giudice sulla base delle risultanze esistenti al
momento dell’emissione della misura, proprio perché si tratta di un
provvedimento allo stato degli atti, basato su elementi di prova incompleti e
provvisori, quali sono quelli raccolti durante le indagini preliminari non ancora
sottoposti al vaglio del contraddittorio davanti al giudice. Il termine gravi indizi
evoca l’art. 192, secondo comma, che, nel disciplinare la valutazione delle
prove, richiede, per poter desumere l’ esistenza di un fatto da indizi, che essi
sian gravi, precisi, concordanti. Il codice non definisce il termine indizio; la
dottrina, lo segnala come equivoco e solo la Cassazione, con pronunce
7
La disciplina vigente prevede misure di vario tipo e variamente graduate: una prima distinzione, è quella
tra misure cautelari personali e reali. Le prime si dividono in tre categorie: misure coercitive (artt. 280-
286-bis) che limitano o la libertà personale (arresti domiciliari, custodia in luogo di cura e custodia in
carcere che, è la più affittiva e per questo a ragione, considerata estrema ratio) o, la libertà di circolazione
(divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, divieto ed obbligo di dimora e
allontanamento dalla casa familiare), misure interdittive (artt. 287-290) che pongono limiti all’esercizio di
determinati diritti, facoltà o potestà (sospensione della potestà genitoria per l’imputato, sospensione
dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio e divieto temporaneo di esercitare determinate attività
professionali o imprenditoriali) e misure di sicurezza provvisorie applicate a titolo di provvedimento
cautelare (artt. 312-313); le misure cautelari reali (artt. 316-325), invece, incidono sul patrimonio
determinando l’indisponibilità di cose e beni (sequestro conservativo e sequestro preventivo).
8
L’art. 272: ”Le libertà della persona possono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma del
presente titolo”.
L’art. 273: ” 1. Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi
indizi di colpevolezza.
1bis. Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli art. 192, commi
3 e 4, 195, comma 7,203 e 271, comma1(introdotto dalla legge n. 63\2001 che ha dato attuazione ai
principi del giusto processo).
2. Nessuna misura può esser applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di
giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di
estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata”.
9
Sostituendo la tradizionale formula dei “sufficienti indizi”, in vigore sotto l’abrogato codice. I “gravi
indizi” si differenziano non solo sotto il profilo quantitativo ma, anche qualitativo perché i singoli
elementi indiziari devono consentire di formulare un giudizio di alta probabilità della responsabilità
dell’indagato. Vedi Pierro, op., p. 61 ss..
9
reiterate nel tempo, è intervenuta a risolvere le questioni di tipo definitorio: non
solo, ha chiarito il concetto stesso di indizio
10
ma, ha distinto la nozione in
relazione alle diverse norme in cui il termine viene utilizzato. Con riguardo a
quest’ultima tematica la Cassazione ha contribuito a chiarire il senso del
termine adoperato nell’ art. 273 c.p.p., rispetto allo stesso utilizzato nell’ art.
192”. Nel primo caso, la parola fa riferimento sia alle prove cosiddette dirette,
che a quelle indirette o logiche “che devon…..far apparire probabile la
responsabilità dell’indagato in ordine al fatto per il quale si procede; mentre, nel
secondo caso, per indizi si intendono solo le prove cosiddette logiche o
indirette, attraverso le quali da un fatto certo, connotato da particolari
caratteristiche si risale, per massime di comune esperienza, ad uno incerto”
11
.
L’ art. 273, nell’indicare come condizione indispensabile per l’emissione di
misure cautelari, l’esistenza dei gravi indizi non menziona gli ulteriori requisiti
che l’art. 192 comma terzo, prevede intorno agli indizi assumibili come prova
12
.
La Corte si è pronunciata più volte intorno alla questione, ritenendo che la prima
norma, in ordine al triplice requisito richiesto dalla seconda, “non richiede anche
l’ univocità e la convergenza, bensì soltanto la gravità degli indizi, essendo
sufficiente per l’emissione di una misura cautelare, qualunque elemento
probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla
responsabilità dell’ indagato in ordine al reato contestatogli”
13
. A ben vedere,
nelle indagini preliminari quindi, l’ indizio grave già di per se contiene i requisiti
della concordanza e della precisione, altrimenti non sarebbe in grado di fondare
il giudizio prognostico sulla responsabilità dell’ indagato; al dibattimento invece,
la nozione di indizio essendo riferibile solo alle prove logiche o indirette, deve
10
Si veda, tra le tante: Cass. pen. sez. V, 30 luglio 1991 n. 780, Salvini, in Arch. nuova proc. pen. 1992,
p. 121.
11
Vedi Cass. sez. III, 9 gennaio 2004 n. 306, Scotti, in Guida al diritto 17 aprile 2004 n. 15, p. 93;Cass.
sez. IV, 24 settembre 2003 n. 36610, Pilo, in Guida al diritto 31 gennaio 2004n. 4, p. 80; Cass. sez. II,
11 settembre 2003, n. 35443, Zanco, in Guida al diritto 24 gennaio 2004 n. 3, p. 75.
12
Per una definizione dei concetti di gravità, precisione è concordanza si vedano: Tonini, La prova
penale, II ed., Padova 1998, p. 16 ss., che definisce gravi gli indizi che sono in grado di resistere alle
obiezioni e che hanno quindi, una elevata persuasività; precisi quelli non suscettibili di altre diverse
interpretazioni e infine concordanti gli indizi che convergono verso la medesima conclusione; Siracusano,
Diritto processuale penale, Milano 2004, pp. 351-352.
13
Vedi Cass. sez. III, 9 gennaio 2004 n. 306, Scotti, in Guida al diritto 17 aprile 2004 n. 1, p. 93;
Cass. sez. IV, 24 settembre 2003 n. 36610, Pilo, in Guida al diritto 31 gennaio 2004 n. 4, p. 80. Ramajoli,
Le misure cautelari (personali e reali) nel codice di procedura penale, Padova 1993, p. 40, rileva che si
tratta di un silenzio voluto dal legislatore vista la diversa finalità dell’ istituto della misura cautelare e
dell’ istituto della formazione e valutazione della prova. In senso diverso si veda Marzaduri, Le misure
cautelari personali (principi generali e disciplina), in Dig. disc. pen., VIII, Torino 1994, pp. 66-67.
10
essere confermato dalla precisione e dalla concordanza. A questo punto si può
dedurre che, il problema, va risolto con riguardo al diverso tipo di giudizio sulla
colpevolezza: giudizio prognostico caratterizzato dalla provvisorietà e dalla
incompletezza delle valutazioni probatorie, in sede di indagini preliminari dove
per poter emanare una misura cautelare occorrono indizi gravi cioè, in grado di
dimostrare l’ esistenza di un reato e la rilevante probabilità che l’indagato ne sia
autore o coautore; giudizio definitivo di condanna, “informato a rigorosa
certezza”
14
nel dibattimento dove, l’ indizio, essendo riferibile solo alle prove
logiche
15
, deve essere confermato dalla precisione e dalla non divergenza
rispetto alle altre acquisizioni
16
. In conclusione, da una sentenza della Corte di
Cassazione
17
ricaviamo, come “il concetto di gravità dell’indizio di cui all’ art.
273 del c.p.p., non può essere identificato con quello di sufficienza di esso, da
cui si distingue sia quantitativamente che qualitativamente, in quanto postula
l’obbiettiva precisione dei singoli elementi indizianti che,……devono
essere,...tali da consentire di pervenire ad un giudizio,……di alta probabilità
dell’ attribuibilità del reato all’ indagato”. Tale giudizio deve potersi qualificare
“grave”, alla stregua delle regole di comune esperienza, in quanto capace di
resistere ad interpretazioni alternative”
18
. Un concetto quello di gravità intorno al
quale è impossibile comunque, pari al requisito di sufficienza richiesto dal
precedente codice, tracciare linee di demarcazione nettissime, si tratta, infatti
14
Espressione utilizzata da Gaito, La valutazione della prova nelle decisioni de libertate, Giusto proc.
1992, p. 143.
15
Per una distinzione tra prova diretta e indiretta si vedano: Pierro, op. cit., p. 50 ss.; Tonini, op. ult. cit.,
p. 11 ss.; Siracusano, op. cit., p. 349 ss per il quale: “è diretta la prova che perviene al fatto reato e
consente in via immediata la conclusione sulla sussistenza o insussistenza del fatto”è invece, indiretta, “la
prova che attiene ad un fatto reato diverso da quello oggetto di prova, e, se isolato, non determina alcuna
premessa rilevante ai fini della decisione”.
16
Ferraioli, Il riesame dei provvedimenti sulla libertà personale, Milano 1989, p. 344 definisce la
valutazione dei gravi indizi in seno alle due norme come “differenti operazioni mentali, ricollegabili,
l’una, alla formulazione a carico di un soggetto di una ben precisa imputazione, e, l’altra, alla valutazione
della fondatezza del giudizio di probabile colpevolezza ipotizzato dall’ inquirente. Solo la prima rileva ai
fini cautelari, perché l’altra attiene al merito del processo e va verificata secondo i principi naturali del
giudizio”.
17
Si veda Cass, pen. sez. III, 9 gennaio 2004 n. 306, Scotti, in Guida al diritto, 17 aprile 2004, n. 15, p.
92.
18
Sul concetto di gravità si vedano: nota 12 del presente capitolo; sentenza della Cass. sez. fer., 27 agosto
1991, Gusmerini, in Cass.pen. 1992, 372, p. 699 dove la gravità dell’ indizio è “intesa come, la capacità
dimostrativa, la pertinenza, cioè, del dato rispetto al thema probandum“ e, relativa nota di Ramajoli il
quale rileva che, solamente attribuendo un simile significato al termine,“si può superare il principio di
non colpevolezza e sacrificare il diritto alla libertà costituzionalmente garantito, attribuendo il reato all’
imputato in termini di rilevante probabilità”. Baudi, Il potere cautelare nel nuovo processo penale,
Milano 1990, p. 46 dove definisce la gravità come: “consistenza dell’ indizio posta a rafforzare la qualità
del giudizio e la sua implicita precisione e concludenza”.
11
di termini incommensurabili che non permettono di cogliere precisamente il
loro significato oggettivo
19
. Alle condizioni generali d’applicabilità del 273 c.p.p.
si aggiunge un ulteriore requisito: le misure de libertate possono esser applicate
solo quando esista in concreto almeno uno dei periculum libertatis cioè, una
delle esigenze cautelari indicate tassativamente all’art. 274 del c.p.p.. Si tratta
di una norma che tutela in modo esplicito la salvaguardia della prova riguardo
alla sua acquisizione e alla sua genuinità e mira anche ad impedire che nel
tempo richiesto per il giudizio l’indagato comprometta lo svolgimento dell’
attività giudiziaria ed eventualmente il risultato. Le esigenze indicate nella
disposizione riguardano innanzitutto solo le misure cautelari personali e non
anche quelle reali: lo ha espressamente dichiarato anche la Corte di
Cassazione
20
ed inoltre le tre ipotesi disciplinate nelle lett. a),b) e c) della norma
sono da considerarsi alternative concorrenti tra loro nel senso che, il giudice di
merito, una volta individuato un elemento, non è tenuto a dimostrare l’esistenza
delle altre condizioni per procedere a limitare la libertà personale dell’ indagato
o dell’ imputato
21
. La prima delle esigenze indicate dall’art. 274 c.p.p.,
contrassegnata dalla lettera a), riguarda il concreto e attuale pericolo per
l’acquisizione o la genuinità della prova (c.d. pericolo di inquinamento
probatorio). In seguito alle modifiche apportate dall’art. 3 legge n. 332 del
1995
22
, le esigenze probatorie devono essere non solo inderogabili ma anche
specifiche; il pericolo determinato dallo stato di libertà in cui versa l’indagato,
deve essere concreto, attuale e specifico ossia, riferirsi al procedimento a suo
carico
23
oltre che desumersi da elementi di fatto oggetto di una valutazione in
19
Vedi Ramajoli, op. cit., p. 39.
20
Vedi Cass. pen. sez. VI, 7 giugno 1991 n. 2273, Mattiolo, in Arch. nuova proc. pen., 1992, p. 121.
21
Così Cass. pen., sez. V, 10 settembre 1991, n. 859, Mocerino ed altro, in Arch. nuova proc. pen., 1992,
p. 602.
22
Si tratta della legge 8 agosto 1995 n. 332, intitolata: ”Modifiche al codice di procedura penale in tema
di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa“, che Riviezzo, Custodia
cautelare e diritto di difesa, Milano 1995, p. 3, valuta come una legge di “grandi aspettative e piccoli
risultati” in ragione del fatto che le modifiche non sono state poi così rilevanti, salvo qualche particolare
eccezione. Sicuramente, dice l’autore, ha ampliato la tutela della dignità della persona, rafforzando le
garanzie a favore dell’indagato o imputato ed è intervenuta con poche ma significative norme in materia
di diritto di difesa; però, per quanto concerne la semplificazione del procedimento nulla è accaduto.
L’unica disposizione in tal senso, potrebbe risultare la modifica dell’ art. 309, comma quarto,che oggi
consente la richiesta di riesame delle misure cautelari anche con telegramma o con raccomandata.
23
In tal senso vedi sentenza della Cass. pen., sez. VI, 23 aprile 2003 n 19048, Messina, in Riv. pen.,
aprile 2004, p. 464.
12
concreto, ricavabili dagli atti del procedimento
24
. Siffatti elementi vanno poi,
illustrati analiticamente, a pena di nullità rilevabile d’ufficio, nel provvedimento
che applica la misura
25
. Il legislatore della riforma ha anche introdotto
un’ulteriore disposizione prevedendo, nell’ultima parte della lettera a) dell’art.
274 che, dal “silenzio” dell’imputato o dalla sua mancata ammissione degli
addebiti, non può ricavarsi l’esistenza del pericolo di inquinamento probatorio
26
.
Quale successivo periculum libertatis previsto alla lettera b) della norma, la
quale non è stata oggetto di modifiche da parte dell’ intervenuta legge di
riforma, troviamo il pericolo di fuga attinente al rischio che l’indagato si
sottragga al processo e all’espiazione della pena, dandosi appunto, alla fuga.
Occorre tuttavia, che il giudice attraverso un giudizio prognostico, valuti che
potrà esser irrogata nei confronti dell’imputato,con la futura sentenza, una pena
superiore a due anni di reclusione; al di sotto di tale limite il legislatore vieta di
dar rilevanza al pericolo di fuga. Infine, la lettera c) prevede il pericolo di
reiterazione nel reato quale ultima, tra le esigenze cautelari, anch’essa oggetto
di modifica ad opera della legge n. 332 del 1995. Si tratta dell’unica esigenza
che non mira a salvaguardare lo svolgimento e gli effetti del processo, bensì a
tutelare la collettività, consentendo di provvedere in altre parole, alla difesa
24
Cristiani, Misure cautelari e diritto di difesa, Torino 1995, p. 15 definisce quest’intervento del
legislatore come un “generoso sforzo di specificazione e aggettivazione” in pratica non dice nulla di
nuovo rispetto a ciò che si ricavava dalla formulazione originaria del codice. Tuttavia, Illuminati
(Presupposti delle misure cautelari e procedimento applicativo, in Grevi, Misure cautelari e diritto di
difesa nella legge 8 agosto 1995 n. 332 ,Milano 1996, p. 78 ss.) propone una chiave di lettura delle
modifiche: l’ intenzione del legislatore è stata quella di permettere al giudice di conoscere fin da subito l’
oggetto della tutela, riconducendo le esigenze cautelari considerate come volte ad assicurare le singole
acquisizioni probatorie evitando quindi, che la coercizione cautelare divenga uno strumento di ricerca
della prova, operante per tutto il tempo necessario alle indagini conseguendo a ciò l’ illegittimità delle
misure cautelari adottate quando ancora non si conoscono la natura delle prove e gli atti di indagine da
compiere. A conferma di ciò mette in evidenza la modifica dell’ art. 301 c.p.p.( limitazione drastica del
termine di custodia cautelare) e la precisazione contenuta nella norma, che le indagini devon riferirsi ai
fatti per i quali si procede vietando di ricercare prove di fatti diversi.
25
Questa sanzione volta a rafforzare l’obbligo di motivazione, è considerata poco comprensibile da molti
poiché gia prevista dall’ art. 292 c.p.p. si veda: Illuminati, op. cit., p. 80 e vedi anche nota 45; Riviezzo,
op. cit., pp. 45-46; Cristiani, op. cit., p. 45 dove addirittura la definisce “quartum genus” perché si tratta
di una categoria di nullità nuova non inquadrabile né, tra le nullità relative né, tra quelle assolute dell’ art.
179 c.p.p. e che non ha nemmeno il carattere delle nullità a regime intermedio.
26
Secondo Tonini, Manuale di procedura penale, Milano 2001, p. 303: ”Doveva ricavarsi già
implicitamente dal sistema ed esplicitamente dall’art. 14, comma 3, lettera g, del Patto internazionale sui
diritti civili e politici”. Per Illuminati, op. cit., p. 80 ss.: il principio era già implicito nel sistema visto che
la custodia in carcere non poteva esser vista come strumento per indurre l’imputato a confessare, però il
legislatore doveva intervenire rendendolo esplicito visto che, la prassi giurisprudenziale considerava il
silenzio dell’ imputato come circostanza che rendeva concreta l’attualità’ del pericolo per l’ acquisizione
delle fonti di prova; portando in questo modo la custodia in carcere a trasformarsi da mezzo per tutelare la
prova, a mezzo per ottenerla.
13
sociale
27
. Il pericolo va dedotto, secondo la prescrizione, da “specifiche
modalità e circostanze del fatto”, analizzando i dati deducibili dall’episodio
criminoso in questione; ”dalla personalità dell’imputato o della persona
sottoposta alle indagini
28
, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi
precedenti penali,” che vanno poi specificatamente indicati
29
. Dalla prescrizione
emerge che nel valutare, il giudice deve considerare unicamente situazioni
riferibili solo a colui che deve esser sottoposto al provvedimento non potendo,
far riferimento all’ambiente in cui il soggetto agisce, né in particolare, operare
“valutazioni a carattere generale…non correlate con i fatti del procedimento”
30
.
È rimasto invariato, in seguito alla riforma, l’elenco delle categorie di delitti cui
far riferimento, anche se, è stata aggiunta la precisazione attinente al limite
massimo edittale della pena, stabilito in quattro anni, per l’ applicazione della
custodia cautelare nell’ipotesi di reiterazione dei delitti della stessa specie
31
.Il
limite edittale è lo stesso di quello previsto dall’ art. 280 c.p.p. per l’applicazione
della custodia cautelare in carcere con riferimento, in questo caso, al reato per
cui si procede. Ne deriva che, nell’ipotesi di prognosi relativa a diritti della
stessa specie puniti con la pena della reclusione inferiore nel massimo a quattro
anni, è comunque valutabile l’applicazione di misure cautelari diverse dalla
custodia in carcere, facendo ritenere così, che nella qualifica di “gravi”, prevista
per le altre fattispecie indicate all’art. 274 c.p.p., questi delitti (puniti con la
reclusione inferiore nel massimo a quattro anni) non vi rientrerebbero
32
. Ultima
27
In tal senso si veda Riviezzo, op. cit., p. 48.
28
Tale formula ha sostituito la precedente che si riferiva all’imputato come se volesse operare un
equiparazione che però era già prevista in virtù dell’ art. 61 c.p.p.. In ragione di ciò, c’è chi ritiene inutile
l’ aggiunta fatta dal legislatore perché non sussistevano comunque dubbi che i criteri per il giudizio sulla
personalità valessero anche per l’ indagato, si veda Illuminati, op. cit., p. 83 ss.;c’é chi pone, invece, in
evidenza come la norma usi in maniera superficiale i due termini, si veda Riviezzo, op. cit., p. 5.
29
Secondo la Cass., sez. III, 9 gennaio 2004 n. 306, Scotti, in Guida al diritto, 1 maggio 2004 n. 17, p. 95
“il pericolo di reiterazione può esser fondato anche su fatti criminosi in corso di accertamento giudiziale,
ivi compreso quello per il quale la misura cautelare viene adottata, senza che ciò violi la presunzione di
innocenza del cittadino, trattandosi di giudizio incidentale, allo stato degli atti”.
30
In tal senso Cass., sez. III, 9 gennaio 2004 n. 306, Scotti, in Guida al diritto,1 maggio 2004 n. 17, p.
94; vedi Riviezzo, op. cit., pp. 48-49; Illuminati, op. cit, p. 85.
31
Per la cui definizione vedi, sentenza Cass., sez. III, 9 gennaio 2004 n. 306, Scotti, in Guida al diritto 1
maggio n. 17, p. 95.
32
Vedi Riviezzo, op. cit., p. 50; Illuminati, op. cit., pp. 86-87 il quale, ha anche osservato come desti
qualche perplessità la prognosi di commissione dei reati con riguardo ad una fattispecie astratta, perché
potrebbe indurre a ritenere automatica l’ applicazione della custodia cautelare ogni volta che sia
prevedibile la reiterazione dei delitti della stessa specie puniti con reclusione non inferiore nel massimo a
quattro anni. Peraltro la perplessità può esser risolta facilmente, con riferimento al principio di
adeguatezza di cui all’ art. 275, primo comma, c.p.p.il quale impone una valutazione che potrebbe far
optare per l’applicazione anche di una misura cautelare di tipo diverso.
14
norma attinente ai presupposti delle misure cautelari è proprio il suddetto art.
275 c.p.p. anch’esso profondamente modificato dagli art. 4 e 5 della legge di
riforma. La versione originaria della disposizione rappresentava la nuova
impostazione in materia di misure cautelari che, abbandonando ogni idea
d’applicazione automatica delle misure stesse a cui era ispirato il codice Rocco,
adottava, come criterio generale, l’affidamento alla discrezionalità dell’organo
giudicante per la ricerca dell’equilibrio tra le esigenze cautelari dell’art. 274 e la
tutela della libertà personale costituzionalmente garantita. Ne risultava un
sistema fondato sulla valutazione dei singoli casi concreti rispetto ai quali
verificare, di volta in volta, l’opportunità’ di esercitare il potere cautelare, previo
l’accertamento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’
art. 273, individuando così, il tipo di misura in concreto adottabile in base ai
criteri di proporzionalità e adeguatezza dell’ art. 275 e senza dimenticare, il
carattere di extrema ratio della custodia in carcere; la disciplina delle misure
cautelari aveva carattere di omogeneità per tutti i reati. La riforma ha lasciato
invariati il primo e il secondo comma, i quali prevedono che, nel disporre la
misura, il giudice deve verificare l’idoneità’ della misura stessa rispetto alle
esigenze cautelari da soddisfare (c.d.principio d’adeguatezza) e la
proporzionalità della misura rispetto all’entità del fatto e ad alla sanzione che si
ritiene irrogabile (c.d. principio di proporzionalità). Dall’ analisi della disposizione
emerge chiaramente che, in materia, vige un principio generale di gradualità
delle misure cautelari perché, le esigenze cautelari vanno soddisfatte con il
minor sacrificio possibile della libertà personale, in conformità anche, alla
concezione della custodia cautelare, applicabile solo quando si profili come
unica ed esclusiva per apprestare tutela ai pericula da salvaguardare. La
riforma del 1995 ha contribuito a rafforzare il principio di proporzionalità,
introducendo il comma secondo-bis, il quale pone il divieto di disporre la misura
della custodia in carcere nel caso in cui il giudice ritenga possa essere
concessa la sospensione condizionale della pena: si tratta, praticamente, di
impedire che all’ imputato venga richiesto un sacrificio che non gli sarà
probabilmente inflitto neanche con la condanna.