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Introduzione
Per progettare e realizzare questo corso on-line é parso necessario, innanzi tutto, inquadrare lo
stato dell’arte in materia di E-learning, per contestualizzare il lavoro all’interno del panorama
attuale, facendo riferimento, in particolare, ai corsi erogati dall’Università Cattolica, ma anche a
quelli di altri atenei, sia nazionali che internazionali.
La prima parte é, quindi, rivolta ad una dissertazione teorica che nel primo capitolo mostra
l’evoluzione del rapporto fra comunicazione e didattica in relazione ai progressi tecnologici: la
diade docente-discente nel corso dei secoli ha subito fortemente l’influenza dei supporti
attraverso i quali veniva veicolata la parola, poiché, inizialmente, la cultura era orale, il
linguaggio e l’insegnamento non potevano prescindere dalla corporeità, dalla presenza. La
scrittura prima, e la stampa a caratteri mobili poi, hanno emancipato l’atto educativo dalla
contemporaneità di tempo e luogo, ma questa prima rivoluzione é avvenuta molto lentamente e
non senza ostacoli. Socrate e Platone sono i simboli di questa avversità, generata da profonde
convinzioni rispetto all’inadeguatezza della parola scritta come strumento educativo, in quanto
interpretabile in maniera distorta e corrotta. Nonostante ciò la cultura scritta ha regnato per
lungo tempo nella galassia Gutenberg fino a quando Marconi non ha aperto le porte all’era dei
mass-media: radio e televisione hanno trasformato la comunicazione rendendola accessibile ad
un immenso numero di persone. Questo ritorno all’oralità (secondaria) ha naturalmente
coinvolto anche la didattica, che però nella sua forma istituzionale, si può dire che ne abbia
risentito solo in parte, relegando l’utilizzo e lo studio dei mass media a momenti sporadici ed
isolati. Per contrastare l’egemonia della lezione in presenza si é dovuto attendere l’avvento dei
media digitali ed in particolare di Internet: la Rete é diventata il nuovo luogo degli scambi, delle
relazioni, dell’educazione. L’istruzione sia é trasformata in un processo di negoziazione della
conoscenza, poiché é attraverso l’interazione e la collaborazione che si costruiscono i significati.
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E’ nel secondo capitolo che é stata posta particolare attenzione al percorso storico della
formazione a distanza, dai corsi postali fino a quelli on-line, per arrivare ad inquadrare il
rapporto fra Università ed E-learning. Si evidenzia il fatto che sono nate nuove “aule” e nuovi
“gruppi” ma soprattuto il paradigma educativo si é arricchito di nuovi modelli che mescolano
tutte le risorse disponibili, generando infinite possibilità di apprendimento, e fornendo allo
studente un’ampia libertà di scelte, non solo relativa ai tempi ed ai luoghi della fruizione, ma
anche rispetto alle metodologie ed ai percorsi. La situazione attuale presenta, quindi un
rinnovato rapporto tra un discente, più attivo e consapevole, ed un docente che diventa più
simile ad un tutor e ad un “programmatore” di apprendimento.
All’interno di questo solco si inserisce il corso “erogato” nella seconda parte (e nel terzo
capitolo) che é stato pensato seguendo i criteri del modello “blended”, cioé di appendimento
misto, ma che cerca di fare a meno dell’aula, basandosi principalmente su dei moduli didattici
on-line autosufficienti. Naturalmente é prevista la presenza di un docente e di alcuni tutor che
supportano lo studente soprattutto nelle attività da svolgere e nel caso in cui non sia in grado di
utilizzare al meglio tutte le risorse che l’infrastruttura tecnologica gli riserva.
La “scommessa” risiede dunque nel riuscire a liberarsi dal giogo della lezione in aula, o almeno
nel comprendere quali sono le strategie e gli strumenti da adottare per raggiungere questo scopo.
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1. COMUNICAZIONE E DIDATTICA FRA PRESENZA ED ASSENZA
La parola ed il linguaggio sono i primi veri sistemi comunicativi di cui l’uomo si é servito per
esprimere la sua natura di narratore e consumatore di storie, poiché, come scrive lo psicologo
irlandese Bruner, «noi organizziamo la nostra esperienza e la nostra memoria degli eventi
principalmente sotto la forma di narrazioni: storie, spiegazioni, miti, motivi per fare e non
fare».
1
Larry Gross, professore di comunicazione presso l’Università della Pennsylvania,
aggiunge: «L’unicità della specie umana non consiste nel fatto che siamo esseri sociali.
Centinaia di specie, prima di quella umana, si organizzano in società. L’esistenza sociale ha
creato l’umanità, non il contrario. Ciò che ci rende unici é che la cultura é la nostra natura. Ci
evolviamo come animali che creano significati, e le storie che ci raccontiamo rappresentano il
modo primario con cui costruiamo e conserviamo significati e li condividiamo al di là dei
confini di spazio e di tempo».
2
Il linguaggio ha permesso ai nostri antenati, cioè ai primi uomini moderni che vivevano nel
paleolitico, di vivere non solo il presente ma anche il passato ed il futuro: raccogliere,
conservare e tramandare la memoria individuale e di gruppo e renderla attuale attraverso il
ricordo; proiettarsi nel futuro, progettare, costruire strategie e soluzioni per eventi prossimi.
«Tutte le società umane - osserva ancora Gross - hanno risposto alle fondamentali questioni
dell’esistenza sotto forma di storie. Facciamo ancora questo raccontando storie ai giovani e
ripetendo alcune di queste storie abbastanza spesso per ricordare agli adulti le credenze
fondamentali della società
3
».
Si tratta di un processo di diffusione della cultura che utilizza
favole, miti, credenze religiose per diffondere interpretazioni del mondo e modelli a cui gli
individui fanno riferimento ed a cui devono attenersi, che genera, quindi, una mentalità
altamente tradizionalistica e conservatrice. In questo ambito la conoscenza é preziosa e difficile
da raggiungere, per cui la società tiene in gran considerazione i vecchi saggi che hanno il
compito di conservarla e tramandarla.
1
J. Bruner, Experiences & Mith, New York
2
L. Gross, Mass Media and their impact on society, International multidisciplinary workshop on the evolution, 1992
3
ibidem
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La cultura orale genera un pensiero situazionale, partecipativo, esperienziale e, come osserva
Ong, «non riesce a pensare in termini di figure geometriche, categorie astratte, logica formale,
definizioni, o anche descrizioni inclusive o auto-analisi articolate che derivano tutte non
semplicemente dal pensiero in sé ma dal pensiero condizionato dalla scrittura
4
». La logica
cognitiva é quella dell’esempio, dell’apprendistato, del coinvolgimento affettivo con l’oggetto
del proprio conoscere.
5
4
W. Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna, 1986 (p. 86)
5
P. C. Rivoltella, Teoria della comunicazione, La Scuola, Brescia, 1998, (pp. 134-136)
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1.1 Comunicazione in presenza
Nella comunicazione in presenza gli attori della comunicazione si trovano nello stesso posto
nello stesso momento: essa é unica, immediata , irripetibile e si annulla nell’istante in cui si
produce; le modalità possono variare da una relazione uno a molti, come nella lezione d’aula, ad
una del tipo uno a uno, propria del dialogo.
La caratteristica peculiare della “presenza” é la possibilità di comunicare attraverso due
linguaggi:
- digitale o numerico, se usiamo codici simbolici, astratti, complicati (come quelli verbali) che
ci consentono di esprimere concetti e di porre relazioni tra essi;
- analogico, se invece utilizziamo codici paralinguistici (altezza, enfasi, tono della voce),
mimico-gestuali (postura, movimento, espressione del volto) e prossemici (avvicinamento,
allontanamento fisico).
Il linguaggio digitale é un potente strumento di informazione poiché preciso e quindi capace di
comunicare un contenuto, ma é il linguaggio analogico che quasi sempre rivela la reale
intenzione del parlante poiché fornisce informazioni supplementari. Esiste quindi un piano di
contenuto veicolato dal messaggio digitale ed uno di relazione chiarito dal linguaggio
analogico.
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La cultura orale ci ha insegnato che la presenza degli interlocutori é un requisito indispensabile
per la comunicazione, ma soprattutto ci ha dato l’illusione della “democrazia partecipativa”:
ancora oggi gran parte del lavoro delle scuole e delle aziende si svolge attraverso riunioni che
spesso risultano essere inconcludenti.. Oltre agli evidenti limiti spazio-temporali ne esistono
altri forse meno conosciuti:
6
V. Sarracino, Progettare la formazione, Pensa Multimedia, Lecce, 1997, (pp. 76-77)
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- limitatezza del tempo a disposizione per risolvere i problemi;
- sequenzialità, bisogna parlare uno alla volta;
- costrittività, ogni partecipante é costretto ad ascoltare l’oratore di turno;
- disuguaglianza, difficilmente tutti i partecipanti hanno le stesse possibilità di parlare;
- inibizioni, l’emotività e la timidezza possono inibire la partecipazione attiva;
- dispersività, le divagazioni di un singolo possono fuorviare dall’obiettivo preposto.
Per essere uno strumento efficace la riunione dev’essere orientata, tenuta sotto controllo nei suoi
fattori di disturbo e semplificata al limite dell’assenso-dissenso nei riguardi di una lista di
enunciazioni già preimpostate.
7
7
A. Calvani, M. Rotta, Comunicazione e apprendimento in Internet, Erickson, Trento, 1999, (pp. 33-35)
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1.1.1 La didattica in presenza
La lezione
Quali sono le caratteristiche che, ancora oggi, rendono la lezione in presenza lo strumento più
diffuso nel campo dell’insegnamento?
La possibilità di interazione alunno-docente, l’inflessione, il tono, la gestualità, la mimica, la
ridondanza stessa della comunicazione orale aiutano a fissare nella mente concetti più o meno
significativi. Inoltre la viva parola del docente, con ripetizioni ed enfasi, permette allo studente
di comprendere meglio cosa é importante che egli faccia, quali parti studiare e quali tralasciare
nella preparazione. “L’essere alla lezione” può soddisfare reconditi bisogni sociali e sancire
un’identità all’interno di un gruppo, poiché ottenere un cenno di consenso può assumere un
valore di appartenenza iniziatica.
Altri elementi di forza della lezione in presenza sono la semplicità di erogazione, unita alla
capacità di adattamento rispetto ai feed-back degli allievi e l’economicità . Non bisogna
dimenticare poi, che si é stati abituati sin dall’infanzia alla presenza fisica del docente che ci
esonera dal compito di organizzare il lavoro e ci vincola allo studio: pratiche necessarie per
molti soggetti, anche adulti, che non hanno una reale capacità di autogestione.
Tuttavia, questo strumento presenta anche degli inconvenienti, che sono riconducibili al ruolo
passivo cui il discente é relegato, il che comporta la scarsa memorizzazione dei concetti , la
rapida caduta del livello di attenzione ed un apprendimento circoscritto agli aspetti teorici senza
collegamenti effettivi con la pratica quotidiana personale. Per poter migliorare l’efficacia della
lezione é necessario affiancarla ad una attività esercitativa, individuale e/o in sottogruppi
ristretti, ma é soprattutto nell’accuratezza della preparazione che risiede la parte maggiore del
successo finale. Gli elementi della progettazione sono: l’ordine di presentazione degli argomenti,
l’uso di sussidi visivi e il materiale di supporto da distribuire.
La comprensione del messaggio
dipende quindi, in larga parte, da come il docente organizza il materiale cognitivo che vuole
trasmettere e naturalmente esistono diversi modi per strutturare una lezione: deduttivo,
induttivo, per problemi, storico-temporale.
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Il modo utilizzato più frequentemente per impostare una lezione é quello deduttivo basato su:
a. premessa iniziale , nella quale si introducono gli scopi della lezione e si danno eventuali
precisazioni teoriche e metodologiche;
b. esposizione dei principi generali, riguardanti la teoria che si vuole presentare o dei
presupposti da cui si é partiti per sviluppare un certo progetto;
c. sviluppo dei singoli punti , in cui si articola il discorso, sempre con una sequenza “a cascata”,
e cioè dagli aspetti di ordine logico superiore a quelli di ordine inferiore;
d. conclusioni , conseguenze pratiche ed eventuali esempi.
Questa forma di insegnamento é tipica di chi si trova a preparare una lezione, per la prima volta,
in una materia di cui é particolarmente esperto. E’ un percorso adatto per trasmettere
definizioni, per dare molte informazioni in poco tempo e per veicolare una forte sensazione di
competenza, ma presenta anche dei rischi potenziali come, nel caso di un pubblico di neofiti, la
non comprensibilità di tutta la parte iniziale e la noia, poiché vengono privilegiati gli aspetti
teorici a scapito degli esempi, delle applicazioni, di tutto ciò che favorisce la partecipazione
attiva.
Il percorso induttivo procede invece in maniera inversa:
a. esame di casi particolari che suscitano interrogativi, curiosità o problemi;
b. riflessioni su quei casi, sulle loro possibili spiegazioni, sulle conseguenze ipotizzabili;
c. formalizzazione di uno o più concetti teorici delle riflessioni fatte;
d. conseguenze applicative, anche attraverso l’esame di altri casi particolari.
Il percorso induttivo ripropone l’iter classico della scoperta scientifica, mentre il percorso
deduttivo é molto più simile al modo in cui si formalizza la scienza. Esso risulta, quindi, più
adatto quando ci si rivolge ad un pubblico di neofiti e nel caso in cui si tratti di concetti
particolarmente astratti o complessi. I rischi sono legati ai tempi di docenza che potrebbero
risultare troppo dilatati a causa della presenza delle prime due fasi che sono dei veri e propri
momenti di apprendimento; un secondo rischio é la banalizzazione del discorso causata dell’uso
di esempi troppo semplici o scontati.
Un’altra tipologia di insegnamento é quella “per problemi” basata sulle seguenti fasi:
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a. domande significative rivolte all’uditorio allo scopo di “catturarlo”;
b. illustrazione dello scopo del discorso attraverso la sottolineatura dell’importanza delle teorie
che si vogliono presentare o delle conseguenze pratiche che se ne potranno ricavare.
c. trattazione delle domande presentate in apertura mediante lo sviluppo dei concetti che meglio
si prestano per trovare delle soluzioni.
d. conclusione attraverso una riformulazione dei punti chiave.
Il maggior pregio di questo metodo é la facilità con cui tutti riescono a seguire il discorso ed a
collocare i concetti teorici all’interno di un contesto di impiego. Il limite maggiore deriva dal
rischio di non porre le giuste domande guida in apertura, poiché il docente non riesce ad
immedesimarsi correttamente nei discenti. Inoltre questa sequenza poco si adatta ad un pubblico
di esperti e ad un pubblico abituato a maneggiare simboli e a procedere per astrazioni.
L’ultima sequenza é quella “storico-temporale” che si articola nell’esposizione delle tappe
storiche in cui si é sviluppato un certo discorso, o nelle fasi di un processo tecnico. Essa é adatta
per tutte le lezioni basate sull’esame di fasi sequenziali ma il rischio sta nell’eccessiva analiticità
delle singole fasi che potrebbe dilatare i tempi di docenza.
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M. Castagna, Progettare la formazione, Franco Angeli, Milano, 1991, (pp. 46-56)