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Esistono in letteratura vari studi che hanno messo in evidenza la capacità delle zeoliti di
ridurre la mobilità di alcuni metalli pesanti, tra cui piombo e zinco, e la loro ritenzione
da parte della fase solida del suolo (Chlopecka e Adriano, 1997; Chen et al., 2000;
Scolari, 2001).
La presente ricerca è stata finanziata nell’ambito del Piano Operativo Nazionale
(PON) 2000-2006 “Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta Formazione”,
Misura 1.3 – Settore Agro-industria, all’interno del progetto di ricerca “Applicazione di
zeoliti naturali per lo sviluppo di tecniche agronomiche innovative e per il
miglioramento della compatibilità ambientale”. In particolare la ricerca riguarda
l’obiettivo realizzativo “Messa a punto di tecnologie ottimali di phytoremediation con
uso di zeoliti” ed è stato promosso dal DIGITA – Università degli Studi di Cagliari in
collaborazione con Progemisa S.p.A., CRAS, CNR-CSGM e UNINA-DST.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di verificare se l’utilizzo delle zeoliti come
agenti ammendanti in un processo di fitostabilizzazione possa alleviare gli effetti di
tossicità sulle piante dei metalli pesanti presenti nel terreno, con particolare riferimento
a zinco e piombo, e ridurne la biodisponibilità e il rischio di diffusione. Si vuole
verificare inoltre l’effetto delle zeoliti caricate con ammonio, rispetto a quelle non
caricate, sullo sviluppo delle piante e sul processo complessivo di phytoremediation.
La specie vegetale scelta per questo esperimento è la Mirabilis jalapa che, pur
essendo una pianta infestante, ha un’alta produzione di biomassa e una buona resistenza
al piombo, come è emerso da alcuni studi condotti da Kambhampati et al. (2001). Essi
hanno dimostrato infatti come, in suoli contaminati con 3.000 ppm di piombo, la
Mirabilis jalapa possa assorbire nei propri tessuti fino a 1.500 ppm.
La ricerca prevede l’utilizzo di due differenti dosi di zeolite, 50 e 100 g/kg, su
due terreni commerciali uguali ma contaminati artificialmente con circa 4.000 ppm di
zinco o di piombo. Gli esperimenti sono condotti in doppio ed i risultati vengono
confrontati con gli stessi terreni ugualmente contaminati ma senza aggiunta di zeoliti
(prove di controllo).
La presenza delle zeoliti non sembra produrre l’effetto sperato di immobilizzare i
metalli sottraendoli alla frazione biodisponibile. In alcuni casi agevolano la crescita
vegetale e in altri favoriscono l’accumulo dei metalli nei tessuti della pianta, con
comportamenti differenti per lo zinco e per il piombo. La rimozione dal terreno sembra
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che venga significativamente influenzata, solo nel caso dei vasi a contaminazione da
zinco, dall’utilizzo delle zeoliti cariche.
Sono da approfondire gli effetti prodotti dalle zeoliti sia con dosaggi superiori a
quelli utilizzati in questo esperimento, sia su suoli con scarse proprietà agronomiche e
contaminati da più di un metallo pesante.
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Capitolo 1
Aspetti legislativi della bonifica dei siti contaminati
1.1 Normativa antecedente al Decreto Ronchi
Fino all’emanazione del D. Lgs. 22/97 (Decreto Ronchi) e del D.M. 471/99
l’attività di bonifica delle aree contaminate è stata disciplinata:
- dall’art. 5 della L. 441/87 e dalle sue successive modifiche ed integrazioni previste
dall’art. 9 ter della L. 475/88;
- dal DM 16 maggio 1989, che ha emanato i criteri e le linee guida per la
predisposizione dei Piani Regionali di Bonifica (PRB).
La L. 441/87 “Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti” con
l’art. 5 imponeva alle Regioni la predisposizione dei PRB, senza però fornire i criteri di
definizione di area contaminata e senza dare alcuna indicazione sulle procedure
analitiche, di campionamento e di valutazione del rischio. Le differenti modalità di
elaborazione dei PRB pervenuti al Ministero hanno spinto lo stesso Ministero a definire
i “Criteri e linee guida per l’elaborazione e la predisposizione, con modalità uniformi
da parte di tutte le Regioni e Province Autonome, dei Piani di Bonifica, […]” con il
DM del 16 maggio 1989. Secondo quanto riportato dalla Relazione sullo Stato
dell’Ambiente del 1997, al 31 dicembre 1995 solo nove regioni avevano approvato i
propri PRB ricevendo l’approvazione ministeriale (Ministero dell’Ambiente, 1997).
Negli anni più recenti sono state elaborate normative nazionali che definiscono
con precisione le metodologie da adottare nella caratterizzazione dei siti inquinati e le
linee guida da osservare per la realizzazione delle successive bonifiche, identificandone
inoltre gli attori. Queste norme sono riportate nel D. Lgs. 22/97 (Decreto Ronchi) e nei
successivi D. Lgs. 152/99, in materia di tutela delle acque, e D.M. 471/99, in materia di
bonifica dei siti inquinati.
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1.2 Il Decreto Ronchi
L’emanazione del D. Lgs 22/97 ha introdotto i principi fondamentali della
normativa sulle bonifiche, pronunciati agli art. 17 (che rimanda alla promulgazione di
un apposito decreto applicativo, D.M. 471/99) e 51 bis, che sono di seguito in sintesi
riportati.
Per prima cosa ha introdotto l’obbligo di bonifica di un sito inquinato,
specificando che esso parte dal momento in cui si individua il superamento di almeno
uno dei limiti di accettabilità della contaminazione nella matrice considerata
Ha definito l’obiettivo della bonifica, che è quello di rientrare al di sotto dei
limiti stabiliti utilizzando le migliori tecnologie disponibili a costi accettabili.
Ha stabilito che in casi particolari, quando non è tecnicamente possibile rientrare
nei limiti stabiliti, è possibile effettuare un’analisi di rischio come criterio per una
bonifica meno spinta.
Ha individuato il responsabile dell’inquinamento, quale soggetto obbligato alla
bonifica (secondo il principio di “chi inquina paga”).
Ha definito l’onere reale e il privilegio speciale, quali meccanismi a tutela della
Pubblica Amministrazione, che interviene nella bonifica al posto del responsabile
dell’inquinamento che non provvede o che non è individuabile, e nei confronti della
proprietà dell’area contaminata.
Ha definito il ruolo fondamentale svolto dai Comuni per l’approvazione del
progetto di bonifica e dalla Provincia in sede di certificazione dell’avvenuta bonifica.
Ha introdotto inoltre il reato di omessa bonifica (art. 51 bis).
Il decreto Ronchi dava la seguente definizione di bonifica, oggi espressa in
modo più preciso dal D.M. 471/99: “ogni intervento di rimozione della fonte inquinante
e di quanto dalla stessa contaminato fino al raggiungimento dei valori limite conformi
all’utilizzo previsto dell’area.” (art. 6).
1.3 Il D. M. n. 471 del 25 ottobre 1999
A quasi tre anni dal Decreto Ronchi è stato emanato il decreto applicativo ai
sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 22/97. Si tratta del D.M. 471/99, intitolato
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“Regolamento che reca i criteri, le procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la
bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati […]”.
Il decreto dà, fra le altre, le seguenti definizioni (art. 2):
• Sito Inquinato: sito che presenta livelli di contaminazione o alterazioni chimiche,
fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque superficiali o delle
acque sotterranee tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per
l'ambiente naturale o costruito. Ai fini del decreto è inquinato il sito nel quale anche
uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel
sottosuolo o nelle acque sotterranee o nelle acque superficiali risulta superiore ai
valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal regolamento stesso.
• Messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento necessario ed urgente per
rimuovere le fonti inquinanti, contenere la diffusione degli inquinanti e impedire il
contatto con le fonti inquinanti presenti nel sito, in attesa degli interventi di bonifica
e ripristino ambientale o degli interventi di messa in sicurezza permanente.
• Bonifica: l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le
sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti
nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee ad un
livello, uguale o inferiore ai valori di concentrazione limite accettabili (CLA)
stabiliti dal presente regolamento.
• Bonifica con misure di sicurezza: l'insieme degli interventi atti a ridurre le
concentrazioni delle sostanze inquinanti nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque
sotterranee o nelle acque superficiali a valori di concentrazione superiori ai valori di
concentrazione limite accettabili stabiliti per la destinazione d'uso prevista dagli
strumenti urbanistici qualora i suddetti valori di concentrazione limite accettabili
non possano essere raggiunti neppure con l'applicazione, secondo i principi della
normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili. In
tali casi per l'uso dei sito devono essere previste apposite misure di sicurezza, piani
di monitoraggio e controllo ed eventuali limitazioni rispetto alle previsioni degli
strumenti urbanistici. I valori di concentrazione residui di sostanze inquinanti
devono comunque essere tali da garantire la tutela della salute pubblica e la
protezione dell'ambiente naturale o costruito.
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• Ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica,
costituenti complemento degli interventi di bonifica nei casi in cui sia richiesto, che
consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la
destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici in vigore, assicurando la
salvaguardia della qualità delle matrici ambientali.
• Messa in sicurezza permanente: insieme degli interventi atti a isolare in modo
definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti qualora le
fonti inquinanti siano costituite da rifiuti stoccati e non sia possibile procedere alla
rimozione degli stessi pur applicando le migliori tecnologie disponibili a costi
sopportabili, secondo i principi della normativa comunitaria. In tali casi devono
essere previste apposite misure di sicurezza, piani di monitoraggio e controllo, ed
eventuali limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici. I valori
di concentrazione delle sostanze inquinanti nelle matrici ambientali influenzate
dall'inquinamento derivante dai rifiuti stoccati non devono superare nel suolo,
sottosuolo, acque sotterranee e acque superficiali i valori previsti nell'Allegato 1.
In pratica vengono distinti tre tipi di intervento:
• Bonifica e ripristino ambientale. Questo è evidentemente il caso più favorevole.
Una volta raggiunto lo scopo della bonifica si procede al Ripristino ambientale.
• Bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza. Quando l'adozione delle
migliori tecnologie non permette di raggiungere le CLA nelle matrici ambientali del
sito inquinato, il disinquinamento avverrà fino al raggiungimento dei valori residui
ed il progetto di bonifica sarà corredato da Misure di sicurezza (di contenimento
dell’inquinamento residuo) e da uno studio di Analisi del rischio, che dimostra come
tali concentrazioni residue, con le misure di sicurezza adottate, non rappresentino un
rischio per l’ambiente e la salute dell’uomo.
• Messa in sicurezza permanente. Questo tipo di intervento riguarda in genere i rifiuti
stoccati in passato, abusivamente o comunque con modalità incompatibili con la
sicurezza dell’ambiente e della salute umana, la cui volumetria sia tale da non
permettere la rimozione ed il trattamento. Il progetto di bonifica prevede il completo
e permanente isolamento dei rifiuti e la contestuale bonifica delle aree che sono state
inquinate a causa dello stoccaggio dei rifiuti.
Il Decreto definisce inoltre:
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• i limiti di accettabilità di contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e
sotterranee;
• le procedure per il prelievo e l'analisi dei campioni di suolo e di acque;
• i criteri generali per la progettazione degli interventi di bonifica;
• le linee direttrici dell'analisi di rischio (cioè il rischio corso dall’ambiente e
dall’uomo in presenza di certi livelli di inquinamento)
In altre parole definisce le metodologie per stabilire se un sito è inquinato o no e
l’insieme di regole e procedure da seguire.
L'Allegato 1 al Decreto fissa, alla Tabella l, per le sostanze più frequentemente
rilevate nei siti inquinati e per ognuna di esse, il valore di concentrazione limite
accettabile (CLA) dei contaminanti in suolo, sottosuolo (Tabella 1) ed acque sotterranee
(Tabella 2) in dipendenza dell'uso del sito, distinguendo tra siti ad uso verde pubblico,
privato e residenziale e siti ad uso commerciale e industriale.
I limiti di tabella previsti dal Decreto non riguardano le aree destinate alla
produzione agricola e all’allevamento. In questi casi, gli accertamenti circa la rilevanza
della situazione di inquinamento ai fini della bonifica dovranno essere effettuati caso
per caso, applicando in analogia le disposizioni del Decreto stesso. Inoltre, le
disposizioni del Decreto non si applicano neanche alle aree caratterizzate da
inquinamento diffuso, definito come contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o
biologiche del suolo o del sottosuolo o delle acque sotterranee imputabili alla
collettività indifferenziata e determinate da fonti diffuse (per esempio deposizioni
atmosferiche o pratiche agricole). Spetta alle Regioni disciplinare questi casi con
appositi piani (art. 5, comma 5; art. 2, lett. j).
In presenza di corpi idrici sensibili, di aree vulnerabili o al fine di tutelare le
acque potabili, gli interventi di bonifica possono prevedere dei limiti più restrittivi
rispetto a quelli fissati dalle tabelle dell’Allegato 1 al Decreto (art. 4, comma 3). Mentre
sono previsti limiti meno restrittivi nel caso in cui si dimostri che i valori del fondo
naturale, nell’intorno non influenzato dalla contaminazione, siano superiori per la stessa
sostanza a quelli riportati nell’Allegato 3 (art. 4, comma 2) oppure che i valori limite
non siano raggiungibili applicando le migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili
(BAT: Best Available Technologies).
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Nel caso in cui i valori di concentrazione nei terreni e/o nelle acque sotterranee
risultino superati anche per uno solo degli agenti inquinanti indicati nell'allegato, con
una tolleranza del 10%, ovvero nelle acque superficiali a valle dell'area si riscontri una
concentrazione dei contaminanti superiore a quelle riscontrate a monte, il sito è
considerato inquinato.
Il soggetto che deve provvedere alla bonifica è il responsabile dell'inquinamento
o il titolare di un diritto reale sul sito. Lo stesso soggetto deve eseguire le indagini
preliminari mirate all'accertamento del superamento dei valori di CLA quando il sito, a
causa di attività produttive o di gestione di rifiuti o di incidenti, sia oggetto di fenomeni
di inquinamento o lo sia stato in passato. Se il soggetto anzidetto non ritiene di dover
intervenire, l'accertamento potrà essere eseguito dal Comune interessato o, nel caso
siano interessati più Comuni, dalla Regione.
Le indagini preliminari mirano ad individuare le fonti della contaminazione, i
bersagli (categorie ambientali) e tutte le possibili vie di migrazione delle sostanze
inquinanti.
Le analisi del suolo e del sottosuolo devono essere effettuate separando le
frazioni di dimensione superiore a 2 mm da quelle di dimensione inferiore. I risultati
ottenuti su queste ultime devono essere comparati con i valori di CLA per suolo e
sottosuolo (Tabella 1). La frazione superiore a 2 mm va invece sottoposta a test di
cessione ed i valori di concentrazione nell’eluato vanno raffrontatati con i CLA per le
acque sotterranee (Tabella 2).
Qualora le analisi delle matrici ambientali dimostrino il superamento anche di
uno solo dei valori di CLA, si ha l'obbligo della bonifica. Il Progetto di Bonifica deve
essere presentato al Comune o, nel caso di più Comuni interessati, alla Regione di
competenza.
Il Decreto stabilisce che il progetto di bonifica debba essere articolato in tre fasi
con diversi livelli di approfondimento:
• Piano di caratterizzazione;
• Progetto preliminare;
• Progetto definitivo.
Il Piano di caratterizzazione deve essere presentato dal responsabile del sito
entro 30 giorni dall'avvenuto accertamento del superamento dei valori di CLA (o del
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concreto pericolo di superamento). Esso ha lo scopo di valutare il rischio derivante
dall’inquinamento e consiste nella descrizione dettagliata di tutti gli elementi
conoscitivi riguardanti il sito, mettendo in evidenza:
• gli elementi conoscitivi che permettono di ricostruire tutte le attività antropiche
sviluppate nel sito nel presente e nel passato;
• le correlazioni tra le attività sviluppate ed il tipo, la localizzazione e l’estensione
della possibile contaminazione;
• gli elementi che descrivono le caratteristiche ambientali e territoriali sia all'interno
del sito che nelle aree da esso influenzate.
Sulla base di questi elementi è formulato il Modello Concettuale preliminare,
che definisce i rapporti tra la sorgente dell'inquinamento, le possibili vie di trasporto e
migrazione dei contaminanti ed i possibili bersagli esposti all'inquinamento.
Viene infine predisposto il Piano di campionamento, che programma
l’approfondimento della precisione e del dettaglio delle analisi e a tale scopo indica il
numero e l’ubicazione precisa dei punti di campionamento.
Una volta approvato il Piano di Caratterizzazione, vengono eseguite le indagini
e le analisi in esso indicate, i risultati delle quali sono elaborati al fine di definire
l'estensione areale della contaminazione per i principali contaminanti rilevati, i volumi
di suolo e sottosuolo interessati dall'inquinamento e le variazioni di concentrazione nelle
acque sotterranee per ciascun contaminante nel tempo e nello spazio.
Il Progetto Preliminare definisce gli obiettivi della bonifica e presenta la
rassegna delle tecnologie che possono essere adottate per il loro raggiungimento sulla
base delle informazioni tratte dal Piano di caratterizzazione e contiene in particolare:
• i risultati delle attività di caratterizzazione, elaborati sotto forma di rappresentazioni
cartografiche;
• il Modello Concettuale, elaborato con un elevato livello di dettaglio.
Il Progetto Definitivo espone dettagliatamente gli interventi da realizzare, le
tecnologie ed i relativi costi e definisce il piano dei controlli e monitoraggi da eseguire
post operam e le eventuali limitazioni all'uso del sito richieste dall'autorità competente.
La selezione delle tecnologie da adottare nel sito da bonificare deve essere fatta
secondo i seguenti criteri (Allegato 3):
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• privilegiare le tecniche che riducono permanentemente e significativamente la
concentrazione nelle diverse matrici ambientali, gli effetti tossici e la mobilità delle
sostanze inquinanti, senza ricorrere al trasporto di suolo fuori dal sito;
• privilegiare le tecniche di trattamento del suolo inquinato in situ e, fra le tecniche ex
situ, quelle on site, con conseguente riduzione dei rischi derivanti dal trasporto e
messa a discarica del terreno inquinato;
• privilegiare le tecniche che minimizzano sia i costi relativi agli interventi immediati,
sia quelli relativi ai controlli e alla gestione successiva alle operazioni di
disinquinamento;
• ridurre quanto più possibile il ricorso al conferimento in discarica dei suoli inquinati
non sottoposti a trattamento, nonché la produzione di ulteriori rifiuti in seguito alle
operazioni di bonifica, limitandoli ai soli casi di constatata inefficacia delle
tecnologie disponibili e dell'adozione di misure di sicurezza.
La predilezione del decreto verso le tecnologie in situ deriva dal fatto che esse
presentano importanti vantaggi: non richiedono la totale rimozione del terreno
contaminato; la costruzione di impianti e strutture è limitata rispetto a quanto necessario
per i trattamenti on site; l’occupazione di aree è decisamente minore; sono in genere più
economici.
Per contro hanno anche alcuni svantaggi, che ne possono limitare l’utilizzo: è
necessario che il terreno sia sufficientemente omogeneo e permeabile per consentire una
distribuzione uniforme degli agenti impiegati nel trattamento; le operazioni sono più
lente perché è più difficile far avvenire il contatto contaminante/agente in tutto il
volume; non si può avere lo stesso controllo del processo che si ha con i trattamenti ex
situ.
Per quanto riguarda i trattamenti ex situ, essi hanno il grande vantaggio di poter
operare in condizioni ottimali ed in tempi decisamente più brevi grazie al maggior
controllo dei parametri di processo, ma è necessario il trattamento dei flussi liquidi e
gassosi e complessivamente comportano costi maggiori rispetto ai trattamenti in situ.
In ogni caso fra le tecnologie ex situ sono preferite quelle on site, le quali
utilizzano attrezzature ed apparecchiature mobili, che possono essere riutilizzate altrove
una volta decontaminato il sito.
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La valutazione comparativa dei costi deve prendere in esame non solo i costi
degli interventi immediati ma anche quelli connessi con il monitoraggio e la gestione
post operam. Il valore di questi ultimi può infatti far propendere per altre soluzioni.
All’Allegato 3 sono inoltre fissati i criteri per gli interventi in cui si faccia
ricorso a batteri, ceppi batterici mutanti e stimolanti di batteri naturalmente presenti nel
suolo. Tuttavia, nel caso in cui vengano utilizzati Microrganismi Geneticamente
Modificati, le operazioni di bonifica devono rispondere a determinati requisiti e devono
avvenire in bioreattori, ovvero in sistemi chiusi e controllati. Nel caso invece in cui si
vogliano rafforzare le comunità microbiche autoctone, già presenti nelle matrici
contaminate (bioaugmentation), non sono previste particolari limitazioni, salvo la non
patogenicità degli stessi organismi per uomo, animali e piante.
Ad oggi anche altri Stati hanno previsto l’impiego di queste tecnologie nelle
bonifiche dei siti inquinati, soprattutto l’uso di tecnologie di bioremediation rizosfera-
dipendente, dove le radici delle piante stimolano la degradazione microbica dei
contaminanti organici (Martella et al., 2002).
1.4 Il Programma Nazionale di Bonifica
Con la Legge n. 468/2001 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio, d’intesa con la Conferenza Stato–Regioni e previo parere delle Commissioni
Parlamentari competenti, ha approvato il Programma Nazionale di bonifica e ripristino
ambientale dei siti inquinati, previsto dalla L. 426/98. Esso individua gli interventi
prioritari di interesse nazionale ed i possibili beneficiari dei contributi pubblici per le
bonifiche. Il Piano ha previsto un primo stanziamento di circa 547 milioni di € per la
bonifica di 41 siti di interesse nazionale, stabilendo un ordine di priorità di intervento in
base ad un’analisi dei rischi. Il Piano prevede inoltre incentivazioni per il trattamento in
situ: “ai fini del trattamento è importante la promozione di nuove tecnologie facilmente
accessibili alle aziende purché contenute nei costi e nelle dimensioni”.
Per quanto riguarda la Sardegna il Piano ha individuato fra i siti di bonifica di
interesse nazionale l’area del Sulcis – Iglesiente – Guspinese.
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1.5 Correttivi legislativi al “Sistema Ronchi”
Le prime correzioni legislative alla disciplina sulle bonifiche prevista dal
Decreto Ronchi sono state apportate con la Legge n. 388/2000 (Legge Finanziaria
2001). È stata prevista una sanatoria di alcuni illeciti penali pregressi (in sostanza quasi
tutti già prescritti) in seguito alla spontanea attivazione del responsabile per la bonifica.
Si specifica inoltre il concetto di costi sopportabili in relazione alla bonifica integrale
del sito inquinato. In tal senso il Legislatore ha proposto il criterio del fatturato annuo
dell’impresa e dell’assenza di un blocco prolungato delle attività produttive.
Nuove correzioni in materia di bonifiche sono intervenute con il successivo
collegato alla Legge Finanziaria 2001. Si precisa che la bonifica dei siti può e deve
avvenire anche in presenza di sequestro penale. Sono definite inoltre delle norme
specifiche in tema di terre e rocce di scavo e si indica che la bonifica deve essere
realizzata in qualsiasi sito indipendentemente dalla tipologia, dalle dimensioni e dalle
caratteristiche del sito stesso e dell’inquinamento.
Con la L. 179/2002 (Collegato Ambientale alla Legge Finanziaria 2002) si
introduce, per la realizzazione delle bonifiche, una procedura simile al project
financing.
1.6 Il VI Programma Comunitario d’Azione
Con la Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 1600/2002/CE del
22 luglio 2002 è stato adottato il VI Programma Comunitario d’Azione in materia di
Ambiente. La tutela del suolo dall’inquinamento e il risanamento dei siti contaminati
rappresentano una tematica fondamentale della politica ambientale comunitaria e dei
singoli Stati Membri e si prevede che entro il 2004 sarà presentata una “strategia
comunitaria tematica per il suolo” che terrà conto dei principi di precauzione, di
anticipazione e di responsabilità ambientale. A livello comunitario è data grandissima
rilevanza al risanamento dei siti contaminati in funzione del loro recupero per usi
produttivi o urbanistici.
Un caso interessante è rappresentato dall’assenso dato recentemente dalla
Commissione Europea ad un progetto del Governo del Regno Unito, che punta a
sostenere la riconversione dei siti contaminati o di terreni industriali in siti
decontaminati disponibili. Questi terreni attualmente non utilizzabili lo diverranno in
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seguito agli interventi di bonifica previsti: in tal modo si ridurrà la pressione su aree
“vergini”. Il progetto, denominato Support for Land Remediation, ha l’obiettivo di
promuovere il riutilizzo di questi siti per la costruzione di alloggi o attività commerciali.
La stretta collaborazione prevista tra operatori pubblici e privati consentirebbe di
superare i costi di tali interventi, troppo onerosi sia per il Pubblico sia per il Privato
qualora dovessero intervenire da soli (Martella et al., 2002).
In Italia il VI Programma Comunitario d’Azione in materia di Ambiente è stato
approvato con la Deliberazione n. 57 del 2 agosto 2002 del CIPE “Strategia d’azione
ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”. Al paragrafo 5.8 “Bonifica dei siti
inquinati”, essa fissa i seguenti obiettivi prioritari:
• migliorare il grado di conoscenza e di monitoraggio delle aree inquinate;
• creare le condizioni per la rapida cantierabilità dei progetti;
• sviluppare la ricerca e la sperimentazione delle tecnologie basate sull’utilizzo di
processi biologici a basso impatto ambientale (ad esempio bioremediation e
phytoremediation), che non richiedono infrastrutture complesse e possono essere
utilizzate anche per aree di modeste dimensioni.
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Capitolo 2
Proprietà del suolo e idrogeologia del sito
2.1 Concetti generali
Un sito è contaminato quando il suo livello di contaminazione o di alterazione
chimico-fisico-biologica è tale da determinare pericolo per la salute pubblica o per
l’ambiente naturale o costruito. Le matrici ambientali del sito che possono essere
interessate dalla contaminazione sono il suolo, le acque (intese sia come acquiferi che
come acqua contenuta nel suolo) e l’atmosfera (in particolare il gas interstiziale
dell’insaturo). Il contaminante può essere inoltre presente anche come fase a sé stante
come liquido immiscibile (NAPL: Non Acqueous Phase Liquids), che galleggia sulla
falda tra saturo ed insaturo quando ha densità inferiore a quella dell’acqua (LNAPL:
Lighter Non Acqueous Phase Liquids) oppure si deposita sulla roccia madre al fondo
della falda quando ha densità superiore all’acqua (DNAPL: Denser Non Acqueous
Phase Liquids).
Le cause di contaminazione possono essere suddivise in quattro classi:
• eventi catastrofici naturali, ad esempio terremoti, inondazioni o frane;
• attività antropiche non direttamente correlate con la produzione e la gestione di
materiali di scarto, ad esempio attività di deforestazione, che possono essere
all'origine dell'erosione dei versanti e della modificazione dei bacini imbriferi,
oppure attività edili;
• attività antropiche associate con la produzione di rifiuti, ad esempio demolizioni,
scarichi di sostanze pericolose o fuoriuscite di tali sostanze da depositi di
stoccaggio;
• inquinamento di terreni e di sistemi acquiferi da sorgenti diffuse, ad esempio attività
agricole che impiegano fertilizzanti o pesticidi.