4
Il secondo aspetto è che i minori saranno gli adulti di domani. Ciò significa che
essi importeranno nella società del futuro valori, stili di vita e modelli culturali così
come essi li hanno “appresi” oggi, anche o soprattutto attraverso la Tv, come vuole
la diffusa teoria secondo cui il mezzo televisivo avrebbe rimpiazzato in tutto o in
parte le tradizionali agenzie di socializzazione (famiglia, scuola, comunità
parrocchiale e quant’altro). C’è poi il dato scientifico: il pubblico dei minori è in
continua crescita esponenziale in tutto il mondo, e sempre più spesso esso diviene
bersaglio volontario e mirato della comunicazione televisiva.
Un ritratto sintetico ed efficace di come la televisione abbia, sin dai suoi albori,
rincorso il pubblico dei più giovani, è fornito da Enrico Menduni
2
: immediatamente
dopo l’avvento del piccolo schermo, bambini e ragazzi divennero spettatori avidi,
ma anche destinatari di molti prodotti pubblicizzati, consumatori potenziali in grado
di condizionare gli acquisti delle loro madri. La produzione dei cartoni animati negli
Usa vide crescere enormemente gli investimenti, e trasferì i propri sforzi dal cinema
alla Tv, mentre in una fase successiva furono i cartoni giapponesi, più a basso costo,
a dominare il mercato mondiale. Ma, di fronte al proliferare di trasmissioni per
l’infanzia, c’è una verità che non è mai venuta meno: <<I ragazzi non si sono mai
limitati a guardare i programmi loro dedicati>>.
Di estrema importanza anche i dati riportati nell’ultimo rapporto del Censis su
Media e minori nel mondo
3
, secondo cui non solo la Tv entra ormai nel 70 per cento
delle case del pianeta, ma esistono ben 87 canali dedicati esclusivamente ai minori,
di cui 50 creati solo negli ultimi tre anni. Inoltre ogni anno solo negli Usa 12
miliardi di dollari vengono investiti nel marketing rivolto ai minori
4
. Insomma <<i
bambini sono un grande affare e si avviano ad esserlo sempre di più>>. La
prospettiva in cui collocare il fenomeno, pertanto, è quella di un <<mercato globale
imponente>>, ansioso di conquistare i minori, che rappresentano il 36 per cento
della popolazione mondiale.
2
E. MENDUNI, La televisione, Il Mulino, Bologna, 1996, pagg. 68 sgg.
3
A cura del Censis, Media e minori nel mondo. Scenari internazionali, sfide per il futuro. 2002.
4
In Italia si calcola che gli introiti per gli spot indirizzati ai minori ammontino a 90 milioni di euro l’anno
per Publitalia e 18 milioni per la Rai. Cfr. i dati riportati nel libro di Antonio Marziale e Roberta Potasso
Baby sitter?, non questa, grazie! Alfadesis editrice, Milano, 2003, pagg.33-34.
5
Rifuggendo sia dall’allarmismo esasperato, sia dal rischio di una auto-assoluzione
superficiale che minimizzi gli effetti negativi dei media, il documento del Censis
invita ad affrontare il problema con una seria riflessione sul rapporto tra mezzi di
comunicazione e minori. Riflessione che, applicata alla televisione, conduce a
riscontrare l’esistere di due opposti interessi: da un alto quello del bambino,
dall’altro la legge del mercato che insegue l’audience a tutti i costi, trascurando le
esigenze del pubblico più giovane e non preoccupandosi di eventuali danni che ad
esso possono essere arrecati.
Danni che, secondo le più recenti ricerche, sarebbero numerosi e non lievi: da
quelli di carattere fisico (postura scorretta e alimentazione sbagliata), a quelli di
tipo psicologico, dall’imitazione della violenza, all’induzione al consumo, dalla
interiorizzazione di stereotipi culturali e sociali errati, a una visione alterata dei
rapporti sociali, dall’apprendimento della volgarità ad una precoce o distorta
educazione sessuale.
Il problema sarà allora vedere se quelle due opposte esigenze siano in qualche
modo conciliabili, senza demonizzare la televisione, ma senza nemmeno rifugiarsi
nell’alibi di una Tv “innocua”.
Oggi infatti si ritiene ormai superata la cosiddetta Teoria del bambino competente,
secondo cui i bambini disporrebbero ormai di sufficienti strumenti interpretativi per
“filtrare” i contenuti dei messaggi televisivi: la competenza è in realtà solo di tipo
strumentale, dovuta alla capacità di utilizzare strumenti tecnologici fin dalla tenera
età, ma non di tipo intellettivo, poiché il bambino non dispone degli strumenti critici
sufficienti per comprendere, ed eventualmente rifiutare, i messaggi mediatici.
L’assunzione di responsabilità da parte dei gestori delle emittenti, dei produttori
televisivi, dei comunicatori, pertanto non può più essere rinviata e già da qualche
tempo ci si è resi conto della necessità di regolamentare la programmazione
televisiva in modo da eliminare o almeno limitare eventuali danni arrecati al
pubblico dei minori.
6
Nel 1989 La Convenzione Onu per i diritti del fanciullo pose con forza il
problema all’attenzione internazionale: l’articolo 17 si occupava dei mezzi di
comunicazione e sanciva il diritto del bambino a non essere danneggiato da essi
5
.
In Italia, sin dall’inizio degli anni Novanta, la linea fu quella di affidare la tutela
dei diritti dei minori davanti alla Tv a un Codice di autoregolamentazione. Si
trattava di una soluzione che avrebbe potuto apparire una sorta di escamotage, che
affidava la soluzione del problema alla coscienza e responsabilità individuale delle
emittenti firmatarie, vincolandole al rispetto di norme che esse stesse avevano
sottoscritto, ma allo stesso tempo evitava bene qualsiasi forma di censura, che
sarebbe stata per di più anticostituzionale. Un primo Codice venne sottoscritto dalle
emittenti private nel 1993, seguito successivamente da un documento di più ampia
portata, il Codice di autoregolamentazione del 1997, meglio noto come “Codice
Prodi”. Allo stesso tempo i diritti dei minori hanno trovato in primo riconoscimento
legislativo, sia nelle leggi che hanno regolato il sistema radiotelevisivo (la 223/90 e
la 249/1007) sia in disposizioni normative nate sulla spinta di alcune direttive
europee. Quanto ai programmi di informazione, la categoria giornalistica si è dotata
di numerosi codici deontologici, a partire dalla Carta dei Doveri del Giornalista,
fino alla Carta di Treviso, ma in essi oggetto della tutela sono i minori in quanto
oggetto dell’informazione, cioè nel caso specifico della televisione, solo i minori in
Tv e non i minori davanti alla Tv. Lo stesso per quanto riguarda le norme sulla
privacy, stabilite dalla legge 675 del 1996 e sottoscritte dai giornalisti nel Codice
relativo al trattamento dei dati personali.
Di tutti questi documenti e norme, che costituiscono i “precedenti” dell’attuale
Codice, ci occuperemo nel primo capitolo, per poi giungere all’argomento di nostro
specifico interesse: il Codice di autoregolamentazione sottoscritto il 29 novembre
5
Art.17:<<Gli Stati parti riconoscono l’importanza della funzione esercitata dai mass media e
vigilano affinché il fanciullo possa accedere a una informazione e a materiali provenienti da fonti nazionali e
internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale
nonché la sua salute fisica e mentale. A tal fine, gli Stati parti: a) incoraggiano i mass media a divulgare
informazioni e materiali che hanno una utilità sociale e culturale per il fanciullo e corrispondono allo spirito
dell’art. 29; b) incoraggiano la cooperazione internazionale in vista di produrre, di scambiare e di divulgare
informazioni e materiali di questo tipo provenienti da varie fonti culturali, nazionali e internazionali; c)
incoraggiano la produzione e la diffusione di libri per l’infanzia; d) incoraggiano i mass media a tenere conto
in particolar modo delle esigenze linguistiche dei fanciulli autoctoni o appartenenti a un gruppo minoritario;
e) favoriscono l’elaborazione di principi direttivi appropriati destinati a proteggere il fanciullo dalle
informazioni e dai materiali che nuocciono al suo benessere […]>>
7
2002 presso il Ministero delle Comunicazioni, che ha introdotto delle novità
significative rispetto ai codici che lo hanno preceduto, soprattutto perché prevede
che di tutti i procedimenti in corso sia data comunicazione all’Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni, la quale deciderà eventuali sanzioni. Per la prima
volta c’è un collegamento diretto con l’AGCOM e soprattutto diviene concreta la
possibilità, per le reti che violino il Codice, di incorrere sanzioni, per lo più
pecuniarie. Inoltre, non potremo non parlare di una piccola rivoluzione che si
profila all’orizzonte: la nuova legge per il riordino del Sistema radiotelevisivo (la
cosiddetta “legge Gasparri”) prevede un richiamo esplicito al rispetto del nuovo
Codice, per il quale il Ministro stesso si è fortemente impegnato. Completa il primo
capitolo un’analisi della composizione e del regolamento Comitato di applicazione
del Codice, chiamato a vigilare sull’applicazione e il rispetto del documento .
L’attuazione del nuovo Codice è ancora in una fase di rodaggio: Il Comitato di
controllo si è insediato il 28 gennaio scorso, i primi “casi” di violazioni registrate e
le prime decisioni non si sono fatti attendere, ma la situazione è per ora ancora
fluida, sia per quanto attiene all’interpretazione del Codice stesso, sia per quanto
riguarda le sanzioni da adottare, per cui non ci sono precedenti cui richiamarsi. Al
bilancio di questi primi mesi di attività è dedicato il secondo capitolo, con
particolare attenzione ai casi in cui sono state riscontrate violazioni. Un’intervista al
dott. Emilio Rossi, presidente del Comitato di controllo sul Codice di
autoregolamentazione, chiarirà inoltre tutti i nodi problematici riscontrati nei primi
mesi di attività, e ci guiderà in riflessioni interessanti su pregi e limiti della
normativa. Porremo infine attenzione anche a come le televisioni hanno cercato di
adattarsi al nuovo status quo, talvolta con qualche “furbizia”, e con l’occhio di
comuni spettatori ci chiederemo “se” e “come” stia cambiando la televisione
italiana.
Nel capitolo conclusivo cercheremo di esaminare invece i problemi applicativi del
Codice, entrando nel dibattito culturale sul tema. Si è deciso di dare la parola a due
associazioni che si sono molto battute per difendere i diritti dei minori in rapporto
alla televisione, incidendo, direttamente o indirettamente, sulla nascita del Codice
stesso:
8
L’Osservatorio sui diritti dei minori e il Moige (Movimento Italiano Genitori). I
loro punto di vista è espresso rispettivamente nell’intervista ad Antonio Marziale,
presidente dell’Osservatorio e protagonista di primo piano nella genesi del Codice,
e in quella alla dottoressa Elisabetta Scala, pedagogista dell’Osservatorio Tv del
Moige. Abbiamo inoltre voluto accennare alle soluzioni alternative rispetto al nostro
Codice, sia fornendo un quadro di come alcuni Paesi europei abbiano regolamentato
il rapporto tra televisione e minori, sia accennando ai dispositivi tecnologici per il
cosiddetto “controllo parentale”, dal V-chip al tasto-blind, che consentono ai
genitori di filtrare da casa i contenuti dei programmi o di limitare l’accesso al
mezzo da parte dei bambini.
Alcune riflessioni conclusive proporranno infine spunti critici per una riflessione
sul Codice, sui limiti dell’autoregolamentazione e sulla necessità di una
condivisione di responsabilità tra chi fa televisione e chi la guarda.
9
CAPITOLO I
IL NUOVO CODICE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE
I.1- I PRECEDENTI E LA NORMATIVA IN MATERIA
L’idea di adottare un Codice di autoregolamentazione per disciplinare il rapporto
tra la televisione e i minori è nata da una doppia esigenza: da un lato quella di una
norma chiara e univoca che ponesse dei criteri vincolanti per tutte le emittenti,
dall’altro quella di conservare intatta la liberà di espressione e di informazione,
costituzionalmente garantita, che si esercita anche nella comunicazione televisiva. Il
Codice di autoregolamentazione, per sua stessa natura, si presta bene a soddisfare
entrambe le esigenze: pone delle regole, che pur non avendo valore di legge,
impegnano le parti sottoscrittrici al rispetto di norme precise e vincola quindi
quantomeno ad essere coerenti con gli impegni presi; dall’altro lato, evita il rischio
della “censura”, affidando il controllo preventivo sulla propria programmazione alle
emittenti stesse, nella forma appunto, di un “auto-controllo”.
L’antecedente diretto del nostro Codice di autoregolamentazione è il cosiddetto
“Codice Prodi”, sottoscritto nel 1997 e i cui contenuti erano del tutto simili a quello
attuale
6
. Su di essi pertanto non ci dilungheremo, limitandoci a sottolineare la
differenza fondamentale rispetto al Codice attuale: mentre le regole erano più o
meno le stesse che ritroviamo oggi, le sanzioni erano praticamente inesistenti.
Soprattutto non era previsto il collegamento con l’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni, istituita con la legge 249/1997, né tanto meno con quello che allora
era il Garante, ma il Comitato si limitava a riscontrare le violazioni emettendo delle
risoluzioni e trasmettendole esclusivamente all’emittente interessata.
6
Il testo di questo Codice è facilmente reperibile su internet. In ogni caso, questo e tutti i codici che citeremo
successivamente sono consultabili in F. ABRUZZO, “Codice dell’informazione”, Centro di documentazione
giornalistica, Roma, IV edizione, 2003, vol.I.
10
Sostanzialmente il Comitato di controllo aveva poteri solo formali, e la sua attività
difficilmente avrebbe potuto produrre effetti concreti. Si trattò pertanto di un
tentativo fallito, proprio perché la mancanza di sanzioni ne limitava l’efficacia.
Ancora prima del “Codice Prodi” però, le televisioni avevano tentato di darsi
diverse forme di autoregolamentazione: nel dicembre 1995 fu sottoscritta la Carta
dell’informazione e della programmazione a garanzia degli utenti e degli operatori
del Servizio pubblico radiotelevisivo
7
, in cui la Rai si impegnava al rispetto di
determinati principi, affidando il monitoraggio, il controllo e la valutazione di
eventuali segnalazioni di violazione alla “Consulta - qualità”. Questo documento
non prevede un capitolo dedicato esclusivamente ai minori, ma se ne occupa
marginalmente: quando, a proposito delle trasmissioni di informazione, si richiama
alla sobrietà delle immagini, rifiutando immagini crude e violente, si afferma:
<<Non va dimenticato che i bambini affollano l’audience anche in ore in cui si
riteneva che essa fosse di soli adulti>>. Più avanti, a proposito delle trasmissioni di
intrattenimento, la Carta si dilunga sulla tutela dei minori, impegnando la Rai a:
preparare i giovani a un uso migliore della televisione, per fare in modo che
l’esposizione alla Tv non sia prolungata o incontrollata; non trasmettere spot che
utilizzino i bambini in contrasto con le indicazioni della “Carta di Treviso”; non
diffondere in seconda serata programmi che possano suscitare l’interesse dei minori
spingendoli a restare alzati fino a tardi; limitare e selezionare le trasmissioni
destinate ai bambini e prodotte all’estero, che potrebbero proporre modelli culturali
differenti dai nostri; produrre trasmissioni per bambini, che pur non proponendo una
visione edulcorata della realtà, ne sottolineino gli aspetti positivi e indichino come i
bambini possono concorrere a migliorarla; prevedere la partecipazione degli
adolescenti alle trasmissioni solo nel pieno rispetto della loro persona ed evitando
strumentalizzazioni. Seguivano poi alcune prescrizioni più generiche, a garanzia di
tutto il pubblico, riguardanti l’immagine della donna, la rappresentazione della
violenza e del dolore, la qualità dei film e delle fiction.
7
Ivi, pagg.654-661.
11
Un vero e proprio Codice deontologico era invece stato sottoscritto a Roma dalla
FRT (Federazione radio e televisioni, associazione di categoria di 150 imprese
televisive private) e 21 associazioni di consumatori, insegnanti, genitori e utenti
dedite alla tutela dei minori, il 19 maggio 1993 (poi modificato e integrato nel
1996)
8
. Si tratta del cosiddetto Codice di regolamentazione convenzionale che si
limita a riconoscere e a ribadire una serie di disposizioni già esistenti, come gli
articoli della Costituzione e del Codice penale posti a tutela del minore, nonché la
Carta di Treviso, la Convenzione Onu del 1989 e la legge 223/90, tutte norme di cui
parleremo fra poco. In più questo Codice prescrive che: i programmi per i minori,
in qualsiasi fascia oraria, devono essere ispirati a valori positivi e al rispetto della
dignità della persona; in più nella fascia tra le 16 e le 19 occorre <<eliminare
ragioni oggettive di pregiudizio per lo sviluppo dei minori>>; nei 15 minuti
precedenti e successivi ai programmi per i minori non devono essere contenute,
nemmeno negli spot, sequenze che possano turbarli; nei programmi indirizzati ai
minori non vanno inseriti promo e trailers non adatti a loro; si promuova sulle reti
la trasmissione di programmi per i minori durante la fascia oraria loro dedicata;
durante tale programmazione si elimini la pubblicità di prodotti che, come alcol o
medicinali, può essere dannosa per i bambini; si comunichi attraverso la stampa
l’esistenza di programmi dedicati ai minori; si rispettino gli orari indicati per la
messa in onda, farcendo in modo che la produzione di programmi destinati ai
minori tenga conto dei valori di cui al punto 1. Infine, si prevedeva l’istituzione di
un <<Comitato di attuazione>> con funzioni di controllo. Il Comitato Tv e minori
fu effettivamente istituito, e ancora oggi esso è molto attivo, operando nel
monitoraggio televisivo, partecipando a seminari e tavole rotonde e promuovendo
importanti ricerche in collaborazione con le università, non ultima quella relativa
alla regolamentazione del rapporto Tv e minori in alcuni Paesi dell’Ue, ricerca di
cui avremo modo di parlare in seguito
9
. Tutte le informazioni relative, compreso il
testo del Codice, sono reperibili anche sul sito www.comitatotveminori.it.
8
Ivi, pagg.663-664.
9
Cfr. III.3.
12
Un capitolo a parte è costituito dai codici deontologici riguardanti la categoria
giornalistica: essi chiaramente possono essere riferiti solo ai programmi di
informazione in senso stretto, gestiti appunto dai giornalisti, anche se recepiscono le
norme penali che garantiscono l’anonimato ai minorenni coinvolti a vario titolo nel
procedimento penale.
Un riferimento ai minori è previsto sia nella Carta dei Doveri del giornalista del
1993, nel paragrafo “Minori e soggetti deboli”, sia nella Carta di Treviso del 1990 e
nel successivo Vademecum del 1995, entrambe interamente dedicate ai minori, sia
nel Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio
dell’attività giornalistica all’articolo 7, che fa seguito alla legge n. 675 del 31
dicembre 1996
10
.
Tutti questi documenti in linea di massima pongono limiti alle informazioni
riguardanti i minori, per evitare notizie che possano danneggiare la loro dignità o il
loro sviluppo o che possano produrre strumentalizzazioni da parte degli adulti, e
obbligano a non diffondere le generalità dei minori coinvolti in casi di cronaca, sia
come artefici che come vittime di reati, sia come partecipanti a fatti che non siano
specificamente reati.
All’anonimato si può derogare solo in casi assolutamente eccezionali, quando la
diffusione delle generalità sia nell’interesse oggettivo del minore, come ad esempio
nei casi di rapimento. Ma questi documenti sono appunto codici deontologici
riguardanti una specifica categoria, come quella giornalistica, l’unica vincolata a
rispettarli. Essi inoltre tutelano il minore in quanto oggetto dell’informazione più
che in quanto utente del mezzo di comunicazione. Non riguardano insomma, se non
in via del tutto marginale, il minore in quanto spettatore.
In ambito internazionale il referente base per la tutela dei minori, anche in
rapporto ai media, resta la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo ratificata a
New York il 20 novembre 1989, e divenuta legge dello stato nel 1991.
10
I testi di questi codici deontologici sono riportati in Appendice come allegati
13
La Convenzione si occupa dei mezzi di comunicazione all’articolo 17
11
.
Esistono inoltre alcune direttive europee, ratificate dalla Stato italiano, che si
occupano, sia pur occasionalmente, della tutela dei minori rispetto al mezzo
televisivo, come la Direttiva sulla televisione senza frontiere n. 89/552/CEE
dell’ottobre 1989, modificata dalla direttiva n. 97/36/CE giugno 1997, poi ratificata
dalla Legge 30 aprile 1998, n. 122. La prima stabilisce limitazioni soprattutto per la
pubblicità: gli spot di bevande alcoliche non devono rivolgersi ai minorenni né
presentare minorenni intenti al consumo di bevande alcoliche (art.15); la pubblicità
non deve inoltre arrecare danni ai minori esortandoli all’acquisto di un prodotto
(art.16)
12
. Per quanto riguarda i programmi, fondamentale l’articolo 22, che così
suona nella formulazione del 1997: <<1-Gli Stati membri adottano le misure atte a
garantire che le trasmissioni delle emittenti televisive soggette alla loro
giurisdizione non contengano alcun programma che possa nuocere gravemente allo
sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, in particolare programmi che
contengano scene pornografiche o di violenza gratuita. 2- I provvedimenti di cui al
paragrafo 1 si applicano anche agli altri programmi che possono nuocere allo
sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, a meno che la scelta dell'ora di
trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni che si
trovano nell'area di diffusione assistano normalmente a tali programmi. 3-
11
<<Gli Stati parti riconoscono l’importanza della funzione esercitata dai mass media e vigilano affinché il
fanciullo possa accedere a una informazione e a materiali provenienti da fonti nazionali e internazionali varie,
soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica
e mentale. A tal fine, gli Stati parti: a) incoraggiano i mass media a divulgare informazioni e materiali che
hanno una utilità sociale e culturale per il fanciullo e corrispondono allo spirito dell’art. 29; b) incoraggiano
la cooperazione internazionale in vista di produrre, di scambiare e di divulgare informazioni e materiali di
questo tipo provenienti da varie fonti culturali, nazionali e internazionali; c) incoraggiano la produzione e la
diffusione di libri per l’infanzia; d) incoraggiano i mass media a tenere conto in particolar modo delle
esigenze linguistiche dei fanciulli autoctoni o appartenenti a un gruppo minoritario; e) favoriscono
l’elaborazione di principi direttivi appropriati destinati a proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai
materiali che nuocciono al suo benessere in considerazione delle disposizioni degli artt. 13 e 18>>. Il testo
integrale della Convenzione è in F. ABRUZZO, cit., pagg.635 sgg.
12
<<La pubblicità televisiva non deve arrecare un pregiudizio morale o fisico ai minorenni e deve pertanto
rispettare i seguenti criteri a loro tutela: a) non esortare direttamente i minorenni ad acquistare un prodotto o ,
sfruttandone l'inesperienza o la credulità; b) non esortare direttamente i minorenni a persuadere genitori o
altre persone ad acquistare tali prodotti o servizi; c) non sfruttare la particolare fiducia che i minorenni
ripongono nei genitori, negli insegnanti o in altre persone; d) non mostrare, senza motivo, minorenni in
situazioni pericolose>>. La direttiva del 1997 introduce la seguente modifica: <<All'articolo 16 il testo
attuale diviene paragrafo 1 ed è aggiunto il seguente paragrafo: «2. La televendita deve rispettare i requisiti di
cui al paragrafo 1 e non deve, inoltre, esortare i minorenni a stipulare contratti di compravendita o di
locazione di prodotti e servizi>>.
14
Inoltre, qualora tali programmi siano trasmessi in chiaro, gli Stati membri fanno sì
che essi siano preceduti da un'avvertenza acustica ovvero siano identificati mediante
la presenza di un simbolo visivo durante tutto il corso della trasmissione>>. Nel
1997 è anche introdotto l’articolo 22 ter, con il progetto di valutare, a seguito di una
apposita indagine della Commissione, l’opportunità di ulteriori provvedimenti per la
tutela dei minori davanti al piccolo schermo
13
.
Da menzionare anche la Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera
firmata a Strasburgo il 5 maggio 1989 e ratificata dalla legge 5 Ottobre 1991, n.327,
in cui si parla dei minori a proposito della pubblicità: la pubblicità di bevande
alcoliche non deve essere rivolta espressamente ai minori, né coinvolgere minori
nella realizzazione
14
.
Infine la legge del 1 marzo 2002 n.39 (legge comunitaria 2001), che all’articolo
51 conferisce all’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni il potere di
sospendere trasmissioni provenienti da Stati dell’Ue in caso siano riscontrate certe
violazioni come quelle indicate al comma 3 punti a e b: <<a) violazione manifesta,
seria e grave del divieto di trasmissione di programmi che possano nuocere
gravemente allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, in particolare di
programmi che contengano scene pornografiche o di violenza gratuita; b) violazione
manifesta, seria e grave del divieto di trasmissione di programmi che possano
nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni, a meno che la scelta
dell'ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i
minorenni che si trovano nell'area di diffusione assistano normalmente a tali
programmi>>.
13
<<Nella relazione di cui all'articolo 26, la Commissione considera con particolare attenzione l'applicazione
del presente capitolo. 2. Entro un anno dalla data di pubblicazione della presente direttiva, la Commissione
effettua, di concerto con le autorità competenti degli Stati membri, un'indagine sugli eventuali vantaggi e
inconvenienti di ulteriori provvedimenti volti a facilitare ai genitori o ai tutori il controllo dei programmi che
potrebbero essere visti dai minori. Tale studio implica tra l'altro l'esame dell'opportunità di: prescrivere che i
nuovi apparecchi televisivi siano dotati di dispositivi tecnici che consentano ai genitori o tutori di inibire la
visione di taluni programmi; predisporre adeguati sistemi di classificazione; incoraggiare politiche di visione
per le famiglie e altre misure di carattere educativo o di sensibilizzazione; tener conto dell'esperienza
acquisita in questo campo in Europa o altrove e dell'opinione delle parti interessate, quali emittenti,
produttori, educatori, specialisti di comunicazione e relative associazioni>>.
14
In F.ABRUZZO, op.cit., pag. 695.
15
L’articolo 52 riguarda invece le televendite, delle quali al comma 22 si dice: <<La
televendita non deve esortare i minorenni a stipulare contratti di compravendita o di
locazione di prodotti e di servizi. La televendita non deve arrecare pregiudizio
morale o fisico ai minorenni e deve rispettare i seguenti criteri a loro tutela: a) non
esortare direttamente i minorenni ad acquistare un prodotto o un servizio,
sfruttandone l'inesperienza o la credulità; b) non esortare direttamente i minorenni a
persuadere genitori o altri ad acquistare tali prodotti o servizi; c) non sfruttare la
particolare fiducia che i minorenni ripongono nei genitori, negli insegnanti o in altri;
d) non mostrare, senza motivo, minorenni in situazioni pericolose>>.
Anche le leggi italiane relative al riordino del sistema radiotelevisivo si sono
occupate marginalmente della tutela dei minori, con norme che sono tenute presenti
e richiamate anche nel Codice di autoregolamentazione. La Legge Mammì
223/1990 all’articolo 15 comma 10 recita: <<è vietata la trasmissione di programmi
che possano nuocere allo sviluppo psichico o morale dei minori, che contengano
scene di violenza gratuita o pornografiche, che inducano ad atteggiamenti di
intolleranza basati su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità>>.
All’articolo 8 comma 1 si dice inoltre che la pubblicità <<non deve arrecare
pregiudizio morale o fisico ai minorenni, e ne è vietato l’inserimento nei programmi
di cartoni animati>> .
La legge 249/1997 che istituisce l’Autorità per le garanzie delle comunicazioni ci
interessa particolarmente, perché il nuovo Codice di autoregolamentazione fa ad
essa riferimento diretto: vedremo infatti che nel Codice il potere di attribuire le
sanzioni è delegato proprio all’Autorità, secondo i criteri stabiliti in questa legge.
All’articolo 1 comma 6 lettera b n.6 si dice che l’Autorità <<verifica il rispetto nel
codici di autoregolamentazione relativi al rapporto tra televisione e minori e degli
indirizzi della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei
servizi radiotelevisivi>>. Ai commi 31 e 32 si tratta appunto delle sanzioni in caso
di violazione, di cui parleremo tra poco a proposito del Codice. Infine, il contratto
di servizio Rai per il triennio 2003-2005 all’articolo 6 prevede norme a tutela dei
minori, con un controllo sui contenuti e la qualità della programmazione nella fascia